La poltrona
di
fabrizio
genere
gay
Quando lo sconosciuto, con un’ultima spinta, mi venne dentro, alzai gli occhi al mio amante, che seduto scomposto su una poltrona prospiciente il letto, si stava accarezzando.
Dimentichi del terzo, che discretamente si rivestì e si allontanò, Maurizio mi si avvicinò, e finendo di masturbarsi mi schizzò sul volto; raccolsi con la lingua un po’ del suo seme e, baciandolo profondamente, gliene passai qualche goccia.
Scusa… scusa scusa scusa…
Avevo timore di quelle parole… eravamo mollemente coricati a letto, io a pancia in giù, Maurizio con la testa appoggiata all’insellatura della mia schiena, il braccio sollevato a carezzarmi le natiche…
Avevamo appena fatto l’amore, anzi, lui l’aveva fatto a me; io mi ci ero applicato, ma non ero riuscito a far sviluppare quello che ora appariva un bottoncino di carne, nascosto fra la fitta e riccia peluria del suo inguine.
Già nei momenti migliori il suo pene non riusciva ad ergersi più lungo del mio dito mignolo, e c’è da dire che io ho le mani abbastanza piccole; ma in questi ultimi tempi, fra lo stress del lavoro e le preoccupazioni per la sua famiglia, riuscire a fargli avere un’erezione apprezzabile era diventata un’impresa.
Certo, essere posseduto mi piace molto, ma davvero con lui non ne sentivo la mancanza: Maurizio è una persona buona, come non se ne trovano più, e la sua amicizia mi riempiva di serenità più di qualsiasi prestazione sessuale; poi, per compensare le sue difficoltà, a letto era una furia, e non mi dava tregua fino ad avermi sfinito per bene con ripetuti orgasmi procurati con qualsiasi mezzo.
Eppure, nonostante la sua dedizione, e le rassicurazioni, che in maniera verbale e fisica gli assicuravo, Maurizio era pieno di sensi di colpa per non riuscire a farmi godere analmente.
E torna a proporre di farmi penetrare da altri.
Chiarisco che davvero, non è problema; ma non se ne persuade, si sente di deludermi ogni volta e non vuole privarmi di quel tipo di piacere.
Alla fine pare essere una questione di principio, e cedo, a patto che sia lui ad occuparsi delle candidature, e che mi stia vicino mentre mi intratterrò con i selezionati.
Inizia così una girandola di uomini che Maurizio accoglie alla porta, accompagna alla stanza dove io giaccio nudo e pronto, e che mi usano per procurarsi piacere.
Io, di mio, ricordo solo odori, voci, gusti, lunghezze, diametri e ritmi diversi; non riconosco neppure un volto se non quello del mio amante che, seduto scomposto su una poltrona prospicente il letto, si accarezza tentando di dare erezione alla eccitazione della mia vista.
La richiesta di bendarmi mi suona strana; sapevo che quel reciproco contatto oculare fosse il ritagliarsi, nel carosello di sconosciuti, il nostro spazio di intimità; e che rinunciare a quel restare noi, fra ignoti che mi scavavano, avrebbe significato perderci. Fidandomi di lui, accetto.
Così chiudo gli occhi al mondo, mi bendo con una sciarpa, e attendo; sento il consueto scalpiccio di passi che si avvicinano, il fruscio di abiti sfilati e appoggiati, il cigolio della poltrona dove il mio amante si sistema per osservarmi. Nel buio, sento afferrarmi una mano e portarla a un pene flaccido; lo sento inturgidirsi sotto le mie dita, sfilarlo dalla presa e forzarmi le labbra perchè lo accolgano; infine, a completa erezione, ritrarlo dalla bocca, appoggiarlo allo sfintere e, con una lieve pressione, introdurlo.
Poi, il consueto coito, dapprima lento e lungo, poi accelerato, poi frenetico fino alle contrazioni e all’ejaculazione.
Mi sdraio sulla pancia col fiato corto, e nell’abitudine di cercare il mio amante, la cui vista i manca come l’aria, scosto la sciarpa… e la poltrona è vuota!
Mentre lo sconosciuto si allontana, cerco con gli occhi li attorno, e poi nelle stanze, e poi nelle scale e in strada… nulla, Maurizio è scomparso…
Sulla poltrona, un piccolo bigliettino ripiegato e coperto dalla sua scrittura che conferma le mie paure… se ami qualcuno, lascialo libero… scopi troppo bene per accontentarti di me…
Nelle ore, nei giorni seguenti lo cercai disperato, al telefono non rispondeva, ai messaggi neppure… le perlustrazioni nei nostri posti furono inutili… ero rimasto solo.
Così ancora una volta e come ogni volta, dopo che lo sconosciuto, con un’ultima spinta, mi viene dentro, io alzo gli occhi sperando di trovare il mio amante che seduto scomposto si sta accarezzando; ma trovo solo la poltrona prospiciente il letto, vuota.
Dimentichi del terzo, che discretamente si rivestì e si allontanò, Maurizio mi si avvicinò, e finendo di masturbarsi mi schizzò sul volto; raccolsi con la lingua un po’ del suo seme e, baciandolo profondamente, gliene passai qualche goccia.
Scusa… scusa scusa scusa…
Avevo timore di quelle parole… eravamo mollemente coricati a letto, io a pancia in giù, Maurizio con la testa appoggiata all’insellatura della mia schiena, il braccio sollevato a carezzarmi le natiche…
Avevamo appena fatto l’amore, anzi, lui l’aveva fatto a me; io mi ci ero applicato, ma non ero riuscito a far sviluppare quello che ora appariva un bottoncino di carne, nascosto fra la fitta e riccia peluria del suo inguine.
Già nei momenti migliori il suo pene non riusciva ad ergersi più lungo del mio dito mignolo, e c’è da dire che io ho le mani abbastanza piccole; ma in questi ultimi tempi, fra lo stress del lavoro e le preoccupazioni per la sua famiglia, riuscire a fargli avere un’erezione apprezzabile era diventata un’impresa.
Certo, essere posseduto mi piace molto, ma davvero con lui non ne sentivo la mancanza: Maurizio è una persona buona, come non se ne trovano più, e la sua amicizia mi riempiva di serenità più di qualsiasi prestazione sessuale; poi, per compensare le sue difficoltà, a letto era una furia, e non mi dava tregua fino ad avermi sfinito per bene con ripetuti orgasmi procurati con qualsiasi mezzo.
Eppure, nonostante la sua dedizione, e le rassicurazioni, che in maniera verbale e fisica gli assicuravo, Maurizio era pieno di sensi di colpa per non riuscire a farmi godere analmente.
E torna a proporre di farmi penetrare da altri.
Chiarisco che davvero, non è problema; ma non se ne persuade, si sente di deludermi ogni volta e non vuole privarmi di quel tipo di piacere.
Alla fine pare essere una questione di principio, e cedo, a patto che sia lui ad occuparsi delle candidature, e che mi stia vicino mentre mi intratterrò con i selezionati.
Inizia così una girandola di uomini che Maurizio accoglie alla porta, accompagna alla stanza dove io giaccio nudo e pronto, e che mi usano per procurarsi piacere.
Io, di mio, ricordo solo odori, voci, gusti, lunghezze, diametri e ritmi diversi; non riconosco neppure un volto se non quello del mio amante che, seduto scomposto su una poltrona prospicente il letto, si accarezza tentando di dare erezione alla eccitazione della mia vista.
La richiesta di bendarmi mi suona strana; sapevo che quel reciproco contatto oculare fosse il ritagliarsi, nel carosello di sconosciuti, il nostro spazio di intimità; e che rinunciare a quel restare noi, fra ignoti che mi scavavano, avrebbe significato perderci. Fidandomi di lui, accetto.
Così chiudo gli occhi al mondo, mi bendo con una sciarpa, e attendo; sento il consueto scalpiccio di passi che si avvicinano, il fruscio di abiti sfilati e appoggiati, il cigolio della poltrona dove il mio amante si sistema per osservarmi. Nel buio, sento afferrarmi una mano e portarla a un pene flaccido; lo sento inturgidirsi sotto le mie dita, sfilarlo dalla presa e forzarmi le labbra perchè lo accolgano; infine, a completa erezione, ritrarlo dalla bocca, appoggiarlo allo sfintere e, con una lieve pressione, introdurlo.
Poi, il consueto coito, dapprima lento e lungo, poi accelerato, poi frenetico fino alle contrazioni e all’ejaculazione.
Mi sdraio sulla pancia col fiato corto, e nell’abitudine di cercare il mio amante, la cui vista i manca come l’aria, scosto la sciarpa… e la poltrona è vuota!
Mentre lo sconosciuto si allontana, cerco con gli occhi li attorno, e poi nelle stanze, e poi nelle scale e in strada… nulla, Maurizio è scomparso…
Sulla poltrona, un piccolo bigliettino ripiegato e coperto dalla sua scrittura che conferma le mie paure… se ami qualcuno, lascialo libero… scopi troppo bene per accontentarti di me…
Nelle ore, nei giorni seguenti lo cercai disperato, al telefono non rispondeva, ai messaggi neppure… le perlustrazioni nei nostri posti furono inutili… ero rimasto solo.
Così ancora una volta e come ogni volta, dopo che lo sconosciuto, con un’ultima spinta, mi viene dentro, io alzo gli occhi sperando di trovare il mio amante che seduto scomposto si sta accarezzando; ma trovo solo la poltrona prospiciente il letto, vuota.
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