Il professore
di
fabrizio
genere
gay
Sentivo il suo peso sulla schiena, e quella sensazione mi dava sicurezza; i suoi piedi trattenevano le mie ginocchia, il suo pube gonfio appoggiava fra le natiche, la pancia sui miei lombi, il petto contro le spalle. Puntellato sulle braccia riusciva a trasmettermi il giusto equilibrio fra leggerezza e presenza mentre con la lingua esplorava l’orecchio, l’attaccatura dei capelli, il collo. Mi rilassai e assaporai le sue attenzioni affidandomi a lui e senza pensare ad altro se non che stava per succedere davvero.
Il desiderio di fare l’amore, più specificamente di farmi penetrare da un uomo si era fatto assillante; ci pensavo notte e giorno, era la fantasia che animava le mie masturbazioni e la frenesia con cui cercavo, nella folla, il candidato a cui offrire la mia verginità. Come nei filmati, come nelle riviste, mi vedevo sottomesso a strabuzzare gli occhi, a guaire violato nella intimità subendo monte frenetiche e quei membri che stantuffavano ritraendosi fulmineamente e aspergendomi di sperma le natiche e la schiena.
Assieme a tanti difetti ho due pregi: sono curioso, di quella curiosità che arde dentro finchè non viene soddisfatta; e non ho paura delle etichette, di scoprirmi checca o degenerato, o che. Volevo quell’esperienza, e l’avrei avuta.
La scelta cadde su un professore del liceo che frequentavo, fortemente indiziato di essere omosessuale; così, durante un intervallo, lo raggiunsi e con franchezza gli espressi il mio desiderio.
Accertatosi che fossi maggiorenne - cosa sulla quale ovviamente mentii - e che non fosse uno scherzo organizzato fra compagni di scuola, mi diede appuntamento a casa sua.
Mi spogliò, me lo liberò e fece per prenderlo in bocca; quando gli ripetei che non era per quello che ero li, si staccò e mi condusse nella stanza da letto, mi fece stendere prono, ed anche lui si liberò dei vestiti.
Il contatto della sua pelle, coperta da una fitta peluria argentea, fu uno shock; rispetto alla mia immaginazione, mi stavo immergendo in un mondo inaspettato di odori, di stimoli tattili, di suoni, di sensazioni che mi invadevano senza che riuscissi a controllarli.
Si sedette a fianco, e con mano leggera comincio ad accarezzarmi lungamente e lentamente, dal collo alla schiena, alle natiche, giù fino alle gambe e poi risalendo.
Dopo un tempo che mi sembrò infinito si mise a cavalcioni, si stese su di me e cominciò a leccarmi, l’orecchio, l’attaccatura dei capelli, il collo, le spalle fin dove riusciva ad arrivare; sentivo il suo sesso teso che nonostante le contorsioni del busto non lasciava il morbido alloggiamento fra le mie natiche.
Si staccò dalla posizione, e accoccolandosi fra le mie gambe aperte, proseguì leccandomi i fianchi, i lombi, le natiche.
Mano a mano che la sua lingua inumidiva la mia pelle mi sentivo rilassare e volare in un morbido vuoto, e l’approssimarsi alla soddisfazione della mia ossessione, in maniera così piacevole, mi faceva desiderare che quella sensazione durasse per sempre e assieme che finisse presto per poterla rivivere da capo.
Divaricati i glutei, la sua lingua si insinuò indugiando sullo sfintere, percorrendone la circonferenza e lubrificandone il bordo, e aprendo la strada alle sue dita che morbidamente ne dilatavano l’apertura così da offrire alla sua bocca nuovi lembi di carne da assaporare.
Dopo un tempo che mi parve infinito e assieme istantaneo, sentii il suo glande appoggiarsi all’apertura; istintivamente mi irrigidii, ma mentre aspettavo la sua penetrazione, lui tornò a distendersi sulla mia schiena con insistenti colpi di lingua lungo il collo.
I suoi lombi accentuarono leggermente la pressione del glande che, con naturalezza, sgusciò dentro. Dio mio, l’avevo dentro, avevo un uomo dentro di me, e la sensazione era piacevolissima… niente strabuzzamenti di occhi, niente guaiti di dolore… solo quella sensazione di tiepida pienenezza...
La pressione aumentò ancora leggermente, e al glande fece seguito un primo tratto della sua asta; e poi ancora, e poi ancora sino a quando sentii la peluria ispida del suo pube solleticarmi le natiche.
Arrivato al fondo, ristette un attimo; il petto, liberato dal puntello dalle braccia, aderì completamente alla mia schiena mentre le sue mani mi accarezzavano i capelli.
Lo sentii ritrarsi lentamente e nuovamente affondarmi dentro; il ritmo era molto lento e regolare, il suo ventre e i miei glutei si accompagnavano in un moto congiunto, e solo agli estremi della spinta e della risacca la sua asta scivolava per un breve tratto lungo le mie viscere; nei suoi successivi ritorni le sue mani scivolarono sotto il mio petto, si portarono ai capezzoli e cominciarono a stuzzicarli; ed io di nuovo venni avvolto da quell’insieme di sensazioni che non avevo immaginato e che stavano rendendo quella mia prima volta un’esperienza indimenticabile.
Sentii le sue mani scendere ai miei fianchi, afferrarli e contemporaneamente al suo arretrare, tirarmi a sé; avevo le gambe ripiegate ai lati del tronco, le natiche esposte, il petto e la testa appoggiate al letto; non avevo più la pressione del suo peso addosso, l’intreccio delle gambe era perso, e tutte le sensazioni ci concentravano sul suo penetrarmi, che stava cominciando leggermente ad accelerare. Riconobbi le sue prime pulsazioni che accompagnavano l’arrochirsi del suo respiro… allungai una mano al mio sesso, ma lui dolcemente la scostò e mi afferrò, accoppiando il ritmo della masturbazione con quello delle sue spinte; sentii che stavo per venire ma lui ammorbidì la presa spostandola ai testicoli così da ritardare il mio piacere e sincronizzarlo con il fluire del suo.
Smise di accarezzarmi e le contrazioni che lo portarono all’eiaculazione si trasmisero a tutto il mio ventre facendomi venire pochi istanti dopo lui…
Premurosamente mi pulì del suo sperma, poi mi girò sulla schiena: aveva il fiatone, il volto congestionato, qualche gocciolina di sudore gli imperlava i peli del torace.
Io chiusi gli occhi, e mentre con dolcezza mi puliva pensai che purtroppo non avevo superato l’ossessione di farmi penetrare da un uomo; l’avevo solo sostituita con quella di farlo di nuovo.
Il desiderio di fare l’amore, più specificamente di farmi penetrare da un uomo si era fatto assillante; ci pensavo notte e giorno, era la fantasia che animava le mie masturbazioni e la frenesia con cui cercavo, nella folla, il candidato a cui offrire la mia verginità. Come nei filmati, come nelle riviste, mi vedevo sottomesso a strabuzzare gli occhi, a guaire violato nella intimità subendo monte frenetiche e quei membri che stantuffavano ritraendosi fulmineamente e aspergendomi di sperma le natiche e la schiena.
Assieme a tanti difetti ho due pregi: sono curioso, di quella curiosità che arde dentro finchè non viene soddisfatta; e non ho paura delle etichette, di scoprirmi checca o degenerato, o che. Volevo quell’esperienza, e l’avrei avuta.
La scelta cadde su un professore del liceo che frequentavo, fortemente indiziato di essere omosessuale; così, durante un intervallo, lo raggiunsi e con franchezza gli espressi il mio desiderio.
Accertatosi che fossi maggiorenne - cosa sulla quale ovviamente mentii - e che non fosse uno scherzo organizzato fra compagni di scuola, mi diede appuntamento a casa sua.
Mi spogliò, me lo liberò e fece per prenderlo in bocca; quando gli ripetei che non era per quello che ero li, si staccò e mi condusse nella stanza da letto, mi fece stendere prono, ed anche lui si liberò dei vestiti.
Il contatto della sua pelle, coperta da una fitta peluria argentea, fu uno shock; rispetto alla mia immaginazione, mi stavo immergendo in un mondo inaspettato di odori, di stimoli tattili, di suoni, di sensazioni che mi invadevano senza che riuscissi a controllarli.
Si sedette a fianco, e con mano leggera comincio ad accarezzarmi lungamente e lentamente, dal collo alla schiena, alle natiche, giù fino alle gambe e poi risalendo.
Dopo un tempo che mi sembrò infinito si mise a cavalcioni, si stese su di me e cominciò a leccarmi, l’orecchio, l’attaccatura dei capelli, il collo, le spalle fin dove riusciva ad arrivare; sentivo il suo sesso teso che nonostante le contorsioni del busto non lasciava il morbido alloggiamento fra le mie natiche.
Si staccò dalla posizione, e accoccolandosi fra le mie gambe aperte, proseguì leccandomi i fianchi, i lombi, le natiche.
Mano a mano che la sua lingua inumidiva la mia pelle mi sentivo rilassare e volare in un morbido vuoto, e l’approssimarsi alla soddisfazione della mia ossessione, in maniera così piacevole, mi faceva desiderare che quella sensazione durasse per sempre e assieme che finisse presto per poterla rivivere da capo.
Divaricati i glutei, la sua lingua si insinuò indugiando sullo sfintere, percorrendone la circonferenza e lubrificandone il bordo, e aprendo la strada alle sue dita che morbidamente ne dilatavano l’apertura così da offrire alla sua bocca nuovi lembi di carne da assaporare.
Dopo un tempo che mi parve infinito e assieme istantaneo, sentii il suo glande appoggiarsi all’apertura; istintivamente mi irrigidii, ma mentre aspettavo la sua penetrazione, lui tornò a distendersi sulla mia schiena con insistenti colpi di lingua lungo il collo.
I suoi lombi accentuarono leggermente la pressione del glande che, con naturalezza, sgusciò dentro. Dio mio, l’avevo dentro, avevo un uomo dentro di me, e la sensazione era piacevolissima… niente strabuzzamenti di occhi, niente guaiti di dolore… solo quella sensazione di tiepida pienenezza...
La pressione aumentò ancora leggermente, e al glande fece seguito un primo tratto della sua asta; e poi ancora, e poi ancora sino a quando sentii la peluria ispida del suo pube solleticarmi le natiche.
Arrivato al fondo, ristette un attimo; il petto, liberato dal puntello dalle braccia, aderì completamente alla mia schiena mentre le sue mani mi accarezzavano i capelli.
Lo sentii ritrarsi lentamente e nuovamente affondarmi dentro; il ritmo era molto lento e regolare, il suo ventre e i miei glutei si accompagnavano in un moto congiunto, e solo agli estremi della spinta e della risacca la sua asta scivolava per un breve tratto lungo le mie viscere; nei suoi successivi ritorni le sue mani scivolarono sotto il mio petto, si portarono ai capezzoli e cominciarono a stuzzicarli; ed io di nuovo venni avvolto da quell’insieme di sensazioni che non avevo immaginato e che stavano rendendo quella mia prima volta un’esperienza indimenticabile.
Sentii le sue mani scendere ai miei fianchi, afferrarli e contemporaneamente al suo arretrare, tirarmi a sé; avevo le gambe ripiegate ai lati del tronco, le natiche esposte, il petto e la testa appoggiate al letto; non avevo più la pressione del suo peso addosso, l’intreccio delle gambe era perso, e tutte le sensazioni ci concentravano sul suo penetrarmi, che stava cominciando leggermente ad accelerare. Riconobbi le sue prime pulsazioni che accompagnavano l’arrochirsi del suo respiro… allungai una mano al mio sesso, ma lui dolcemente la scostò e mi afferrò, accoppiando il ritmo della masturbazione con quello delle sue spinte; sentii che stavo per venire ma lui ammorbidì la presa spostandola ai testicoli così da ritardare il mio piacere e sincronizzarlo con il fluire del suo.
Smise di accarezzarmi e le contrazioni che lo portarono all’eiaculazione si trasmisero a tutto il mio ventre facendomi venire pochi istanti dopo lui…
Premurosamente mi pulì del suo sperma, poi mi girò sulla schiena: aveva il fiatone, il volto congestionato, qualche gocciolina di sudore gli imperlava i peli del torace.
Io chiusi gli occhi, e mentre con dolcezza mi puliva pensai che purtroppo non avevo superato l’ossessione di farmi penetrare da un uomo; l’avevo solo sostituita con quella di farlo di nuovo.
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