Maturità, parte prima

di
genere
etero

Erano almeno due o tre anni che la tenevo d’occhio, e che lei teneva d’occhio me.
La prima volta venne a casa nostra con altri compagni di mia figlia per preparare una interrogazione collettiva.
Era veramente carina, magra e sinuosa, lunghi capelli neri, le cadevano morbidamente sulle spalle.
Occhi scuri dal taglio vagamente orientale mi lanciavano occhiate oblique che tagliavano per lungo la stanza e mi scendevano direttamente nello stomaco squarciandomi le viscere e facendomi sfrigolare i testicoli.
Una bocca assassina, due labbra che sembravano disegnate apposta sulla sua faccia per solleticare i pensieri più proibiti di un uomo.
Un seno di dimensioni contenute, da ragazzina, che sarebbe stato perfettamente contenuto nella classica coppa da champagne, proprio come piace a me, che non amo troppo le buzzicone.
Erano anni che la vedevo andare e venire per casa nostra, erano anni che le nostre rispettive occhiate rimbalzavano reciprocamente dalla sua bocca ai miei avambracci muscolosi e pelosi, al suo seno sodo e fresco da neo diciottenne, alla mia patta.
Questo era l’anno della maturità, mia figlia, lei e altre compagne spesso si trovavano ‭‬al pomeriggio a casa nostra per prepararsi insieme, era estate e ‘ste guaglione se ne stavano sdraiate per terra nel nostro soggiorno a studiare, praticamente mezze nude, un vero supplizio di Tantalo!
Lei era sdraiata a pancia in giù di fianco a mia figlia, indossava una minuscola gonnellina nera con piccoli fiorellini bianchi, un top nero elasticizzato, i bei capelli raccolti in uno chignon appena abbozzato mettevano in risalto il lungo collo e le spalle perfettamente disegnate, una gamba distesa e l'altra piegata da cui pendeva un infradito che lei faceva dondolare in modo molto sexy.
Quando transitavo per il soggiorno mi guardava da sotto in su mordicchiando la biro che teneva tra le dita, seguendomi con lo sguardo mentre passavo per andare in un’altra stanza.
Sentivo il suo sguardo accarezzarmi i glutei mentre mi rifugiavo in cucina.
Cercavo di togliermi dagli occhi le sue forme, i suoi sguardi provocanti, il modo in cui mordicchiava la biro, e soprattutto le microscopiche mutandine nere che si scorgevano quando l’orlo della gonnellina si alzava in modo inopportuno.
Ero in cucina, appoggiato al top di granito, assorto in un pensiero non proprio innocente, quando, proprio lei, la protagonista della torrida scena che stavo immaginando fece capolino dalla porta della cucina, si avvicinò ancheggiando un poco e mi mise una mano su un braccio.
Quella mano, quel tocco... mi si rizzarono i peli delle braccia, e non solo quelli!
“Signor Beastelli” cinguettò “Mi darebbe un bicchier d’acqua per favore?”
Le porsi il bicchiere e le nostre mani si sfiorarono, e così i nostri sguardi, i suoi occhi erano fissi nei miei, poi si spostarono verso il basso andando a posarsi proprio sulla mia malcelata erezione, un vago sorriso si disegnò sulle sue labbra, posò il bicchiere e mi accarezzò l’avambraccio, la sua mano era fredda per aver tenuto il bicchiere con l’acqua ghiacciata e mi fece venire i brividi.
Si avvicinò ancora di più, il suo corpo caldo premette contro il mio, il mio pene eretto premeva dolorosamente stritolato dai boxer e dai calzoni, la sua bocca era a pochi centimetri dalla mia, sentivo il suo fiato profumato accarezzarmi il viso.
Avvicinò le labbra dischiuse alle mie, la piccola lingua si affacciò e stavo per toccarla con la mia quando sentimmo dei passi avvicinarsi e ci separammo appena in tempo.
Mia figlia comparve, grazie al cielo non si insospettì di nulla, prese anche lei un bicchiere d’acqua e se ne tornò in soggiorno dalle altre amiche.
Giulia, così si chiamava la stronzetta, veloce come una saetta si alzò sulla punta dei piedi e mi diede un bacio sulla bocca, un bacio veloce ma che mi fece ribollire il sangue, perché infilò la punta della lingua nell’angolo delle mie labbra andando a scardinare, con quel tocco umido ogni mia promessa di mantenere un comportamento rispettabile.
Quel veloce tocco delle nostre lingue fu l’inizio della mia rovina.
di
scritto il
2018-07-08
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