In ascensore 1

di
genere
etero

Quarantasei anni, sposata, divorziata, un figlio ormai grande che studia all’estero, lavoro in un grande studio di commercialisti in centro a Savona.
È un venerdì sera di metà giugno, fa caldo, molto caldo, mi sono fermata in ufficio fino a tardi, ben oltre l’ora di cena, ma le scadenze del mese sono tante, il personale poco, e un po’ di straordinari in busta paga fanno sempre comodo, soprattutto se lo stipendio con cui devi vivere è uno solo.
Raccolgo le mie cose, vado in bagno a fare pipì e mi incammino per il corridoio deserto, tutto l’edificio pare essere deserto, prendo l’ascensore pensando a cosa potrei prepararmi per cena, visto che il frigo è praticamente vuoto.
L'ascensore si ferma al sesto piano e sale un ragazzo carino, avrà giusto uno o due anni più di mio figlio, l’ho già incontrato altre volte, mi sembra che lavori per lo studio di consulenti del lavoro che si trova due piani sotto il nostro.
Ci salutiamo cordialmente e ognuno si rifugia nei propri pensieri, sento il suo sguardo indugiare sul mio fondoschiena, posso capire, avrò il doppio dei suoi anni ma il mio sedere è ancora un gran bel pezzo da esposizione, le tette si sono lasciate un po’ andare, soprattutto dopo l’allattamento, ma il sedere... di quello vado veramente fiera.
Del resto con tutte le ore che passo in palestra, vorrei vedere...
Stavo pensando a questo quando con uno stridore metallico l'ascensore si ferma, con uno scossone che a momenti ci manda a gambe all’aria e mi costringe ad appoggiarmi a lui per non cadere.
Buio, silenzio, poi zzzz si accende una minuscola luce di sicurezza rossa che colora come per uno strano effetto cinematografico le nostre facce preoccupate.
Ci guardiamo perplessi, nel palazzo non c’è nessuno e probabilmente non arriverà nessuno fino a domenica sera quando arriverà l’impresa di pulizie.
Per prima cosa proviamo a telefonare al numero verde indicato su un adesivo sotto la pulsantiera, ovviamente risponde una segreteria, dobbiamo lasciare un messaggio indicando la posizione del palazzo, il nostro numero di cellulare e spettare di essere contattati...
Ti pareva.
Visto che la fiducia nell’assistenza non è molta decidiamo di telefonare anche ai vigili del fuoco, che per fortuna rispondono e ci rassicurano dicendoci che manderanno una squadra al più presto.
Non ci resta che aspettare.
Fa un caldo boia, siamo a giugno ed è stata una giornata torrida, chiusi in due in quel microscopico sgabuzzino i nostri corpi accaldati riscaldano il piccolo ambiente che ormai sembra un forno.
Ci saranno almeno quaranta gradi.
Rivoli di sudore cominciano a scendermi lungo la schiena, li sento colare fino in mezzo ai glutei, solleticandomi l’ano e non è molto piacevole.
Non ci penso due volte, lo guardo e gli dico di fare come crede, ma io non resisto e così comincio a slacciarmi la camicetta, un bottoncino alla volta, mi diverte guardare la sua faccia, un’espressione di finto disinteresse che non risulta per niente credibile, soprattutto quando, sfilata la camicetta dalle spalle mi calo anche la gonna, sfilandomela maliziosamente dalle lunghe gambe.
Ora indosso solo il mio completo intimo, nero, vagamente trasparente, un leggero pizzo lo decora, ma niente di particolarmente sfacciato, certo unito al fatto che indossi solo quello è un paio di décolleté tacco 12, rende l’insieme piuttosto sexy, me ne rendo conto guardando il ragazzo deglutire e allargarsi il nodo della cravatta.
Non so cosa mi prende, probabilmente il senso di pericolo della situazione, un attimo di follia? Fatto sta che mi avvicino a lui e completo il suo gesto sfilandogli completamente la cravatta, proseguo slacciando i bottoni della sua camicia, mentre lui mi guarda con la bocca quasi spalancata e un’espressione abbastanza comica dipinta sul volto.
Apro i lembi della camicia, il petto è liscio ad eccezione di un timido gruppo di peli.
Gli uomini li preferisco pelosi, ma per questa volta vedrò di accontentarmi.
Passo le mie mani sulla sua pelle bollente e umida di sudore, ha un buon odore, sento i piccoli capezzoli reagire al tocco leggero delle mie dita, gli sfilo la camicia dalle spalle, mi guarda, lo guardo.
Le mie mani scendono, incontrano un altro ciuffo di peli che dall’orlo delle mutande sale verso l’ombelico, li accarezzo arrotolandomeli tra le dita, arrivo alla fibbia della cintura, la slaccio con un gesto imperioso, slaccio anche il primo bottone dei calzoni, poi di seguito tutti gli altri.
Lui non proferisce nemmeno una sillaba, mi guarda come allucinato, anche io lo guardo in silenzio, me lo sto mangiando con gli occhi.
Allargo i lembi dei calzoni, il suo cazzo già preme prepotentemente chiedendo di essere liberato.
Ma io non lo libero, non ancora, tiro giù i calzoni a mezza coscia, ma lascio le mutande al loro posto, sformate dalla prepotente erezione.
Avvicino la faccia, anche l’odore della sua intimità è buono, per fortuna è un tipo pulito, apro la bocca, la avvicino e gli alito sul cazzo, il mio fiato caldo glielo fa rizzare ancora di più, glielo prendo tra le labbra, lo sento fremere attraverso il leggero tessuto elasticizzato dei boxer. Scendo verso i testicoli, ne mordicchio uno delicatamente, lo sento gemere, si appoggia con la schiena alla parete Metallica dell’ascensore e si abbandona, al mio lavoro di bocca.
Infilo la lingua sotto l’orlo delle mutande e gli do una rapida leccata ai testicoli che sono sempre più sensibili.
Prendo tra le dita l’orlo dei suoi boxer e li tiro verso il basso, si impigliano nel suo membro, li libero e li sfilo verso il basso.
Ahhh, geme ancora, la tensione e l’energia esplosiva del suo cazzo ancora giovane, lo fanno rimbalzare verso l’alto come una molla, teso come una spranga di ferro.
Mmmmmmm proprio il tipo di uccello che mi fa impazzire, non troppo lungo, ma bello spesso, grosse vene ne percorrono la superficie disegnando sentieri che mi metto a percorrere con la punta della lingua.
Non è circonciso, dal cappuccio di pelle solo la punta della cappella fa capolino, una goccia trasparente è li che aspetta solo di essere raccolta, la prendo sulla punta di due dita e me la spalmo sui polpastrelli prima di portamela tra le labbra, mmmmm buona…
Lo sento sospirare di gemere di voglia lassù, lo guardo dalbasso e vedo che strabuzza gli occhi per la tensione erotica.
Prendo quella grossa cappella tra le labbra e ne spingo la pelle verso il basso, liberandola completamente.
E‘ grossa, umida, la accolgo nella mia bocca e me la spingo verso la gola.
La prendo dentro di me e proseguo ingoiando anche il resto del cazzo, lo introduco quasi completamente e comincio ad andare su e giù lentamente, tenendogli la base dell’asta con una mano e i grossi testicoli con l’altra.
Freme, ho paura che non durerà molto.
Infatti ad un certo punto mi prende la testa con le mani, la allontana dal suo fallo e mi guarda con uno sguardo colpevole.
Non faccio a tempo a dire che va bene così, che può anche venirmi in bocca ma prima che possa parlare un getto potente di sperma mi esplode in faccia.
La mia testa fa uno scatto indietro, colta un po’ di sorpresa, allontano il viso, non per il ribrezzo ma per godermi meglio la scena del suo cazzo che vibra e mi spara addosso schizzi di roba bianca e calda.
La sua sborra mi cola lungo le guance, sul petto, raccolgo e sostengo le tette con le braccia per far sì che più crema possibile vi si adagi, disegnando sul mio seno una serie di decori vischiosi e appiccicosi.
Ne raccolgo un rivolo con un dito, lo porto alla bocca, mmmm quasi dolce, lo lecco mentre guardo la sua espressione sconvolta da sotto in su.
Sembra distrutto, bagnato di sudore come un pulcino, mi rialzo mentre sentiamo la sirena dei pompieri che si avvicina.
Ci rivestiamo quasi senza guardarci.
Ma non penso che finirà qui.
La sera è ancora lunga, l’estate è ancora lunga...
di
scritto il
2018-07-08
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