In ascensore 2
di
beast
genere
etero
L’ascensore scende, ed io scendo con lui, la giornata di lavoro è terminata.
Dentro siamo solo in due.
Lui mi guarda.
Io lo guardo.
Un bell’uomo non c’è che dire.
Completo grigio di fresco di lana a tre bottoni, sotto la giacca, sbottonata con noncuranza, porta una camicia azzurra con piccole righine bianche, colletto slacciato, la cravatta piegata è infilata nel taschino a mo’ di pochette.
Mi guarda.
Lo guardo.
Si accarezza il labbro inferiore col polpastrello del pollice, non posso fare a meno di notare che porta la fede, è sposato, meglio.
Tende la mano verso di me, sembra voglia toccarmi invece sorpassa il mio braccio e arriva alla pulsantiera.
Schiaccia il bottone con scritto Alt e l’ascensore si ferma con un botto.
Mi guarda.
Lo guardo.
Avvicina di nuovo la mano ma questa volta mi abbranca per un fianco, mi ghermisce e mi tira a sé.
La sua bocca arpiona la mia.
Le mie labbra sono già aperte, la mia lingua si allaccia alla sua lingua.
Il suo corpo preme contro il mio, mi spinge contro la parete dell’abitacolo che ondeggia.
Preme il bacino contro il mio, preme il suo pene eretto contro il mio pube, preme il suo petto contro il mio.
Mi schiaccia col suo corpo massiccio e spinge i lombi contro i miei.
Intanto le nostre lingue danzano, si allacciano, spingono, esplorano.
Sento una mano che si infila sotto la t-shirt, arriva al seno sinistro lo prende tutto nel palmo e lo strizza per saggiarne la consistenza.
È tutta roba naturale bello mio!
Due dita ghermiscono il capezzolo, lo strizzano, ahhh! un gemito mi sfugge.
Gli mordo un labbro per fargli capire che non sono una preda inerme.
La mano lascia la mia tetta, si porta all’orlo della mia gonna e la solleva scoprendo le mie mutandine di pizzo nero, già abbondantemente fradice.
Infila due dita sotto l’orlo e mi accarezza la fregna con le nocche dure.
Spinge con le nocche, le struscia, mi martoria la fica che si bagna sempre di più.
Gemo, lo voglio, lui lo sa benissimo.
Estrae la mano e si lecca le nocche assaporando il miele dolce che la mia passera sta producendo in abbondanza.
Porta la mano alla patta, si slaccia i bottoni e con una certa fatica estrae il suo uccello, non posso vederlo ma so che è grosso, duro, già pronto.
Lo appoggia contro la mia fica, lo sento premere attraverso la stoffa fradicia delle mie mutandine.
Alzo una gamba e la metto attorno al suo corpo come per agganciarmi a lui.
Infila di nuovo la mano, scosta l’orlo delle mutande, mi allarga le labbra con due dita e ci preme sopra la cappella.
Preme, spinge, strofina, la cappella trova la strada ed entra, ahh, mi inarco appoggiandomi alla parete.
Entra ancora.
Esce un poco, entra di più.
Il suo cazzo è grosso ma io sono bagnata fino al midollo e lo accolgo senza sentire alcun dolore, anzi.
Il primo ingresso è sempre fantastico.
Esce, entra, esce, entra...
I suoi lombi ondeggiano contro i miei, ora alzo anche l’altra gamba e lui mi facilita l’acrobazia mettendomi entrambe le mani sotto il sedere e sorreggendomi mentre mi aggrappo a lui con braccia e gambe.
Mi scopa spingendomi e schiacciandomi contro la parete dell'ascensore che ondeggia e sbatte al ritmo dei suoi colpi.
Mi scopa, entra, esce, entra, esce, preme, spinge, ondeggia, rolla, sbatte. Ansimo, gemiamo insieme, mi aggrappo a lui con braccia e gambe.
Ormai ansimiamo allo stesso ritmo, sto per venire, lui lo sente, si eccita ancora di più.
I colpi sono ancora più violenti, il suo cazzo mi batte dentro, contro la carne, i peli del suo pube sfregano contro il mio clitoride ricettivo al massimo.
Ecco, vengo, ecco! Ohh mmmm Vengo!!!
Viene anche lui, squassandomi con tre o quattro colpi ancora più furiosi.
Mi esala un “Siiii, vengooo” nell’orecchio destro e dopo un po’ si ferma.
Dio mio! Sono morta, esausta, schiantata!
Mi slaccio, mi stacco da lui, ci appoggiamo alle pareti e ci rivestiamo senza guardarci.
La sua mano mi sfiora, penso voglia farmi una carezza ma mi sbaglio di nuovo, vuole solo far ripartire l’ascensore.
Arriviamo al piano terra, scende, scendo, la gente indispettita e forse insospettita sale, mi sembra che ci guardi in modo strano.
Non una parola, non uno sguardo, ognuno va veloce per la sua strada.
Ci rivedremo tra una mezz’ora a casa, a cena parleremo del più e del meno senza nemmeno un cenno alla bellissima scopata che abbiamo appena fatto.
Dentro siamo solo in due.
Lui mi guarda.
Io lo guardo.
Un bell’uomo non c’è che dire.
Completo grigio di fresco di lana a tre bottoni, sotto la giacca, sbottonata con noncuranza, porta una camicia azzurra con piccole righine bianche, colletto slacciato, la cravatta piegata è infilata nel taschino a mo’ di pochette.
Mi guarda.
Lo guardo.
Si accarezza il labbro inferiore col polpastrello del pollice, non posso fare a meno di notare che porta la fede, è sposato, meglio.
Tende la mano verso di me, sembra voglia toccarmi invece sorpassa il mio braccio e arriva alla pulsantiera.
Schiaccia il bottone con scritto Alt e l’ascensore si ferma con un botto.
Mi guarda.
Lo guardo.
Avvicina di nuovo la mano ma questa volta mi abbranca per un fianco, mi ghermisce e mi tira a sé.
La sua bocca arpiona la mia.
Le mie labbra sono già aperte, la mia lingua si allaccia alla sua lingua.
Il suo corpo preme contro il mio, mi spinge contro la parete dell’abitacolo che ondeggia.
Preme il bacino contro il mio, preme il suo pene eretto contro il mio pube, preme il suo petto contro il mio.
Mi schiaccia col suo corpo massiccio e spinge i lombi contro i miei.
Intanto le nostre lingue danzano, si allacciano, spingono, esplorano.
Sento una mano che si infila sotto la t-shirt, arriva al seno sinistro lo prende tutto nel palmo e lo strizza per saggiarne la consistenza.
È tutta roba naturale bello mio!
Due dita ghermiscono il capezzolo, lo strizzano, ahhh! un gemito mi sfugge.
Gli mordo un labbro per fargli capire che non sono una preda inerme.
La mano lascia la mia tetta, si porta all’orlo della mia gonna e la solleva scoprendo le mie mutandine di pizzo nero, già abbondantemente fradice.
Infila due dita sotto l’orlo e mi accarezza la fregna con le nocche dure.
Spinge con le nocche, le struscia, mi martoria la fica che si bagna sempre di più.
Gemo, lo voglio, lui lo sa benissimo.
Estrae la mano e si lecca le nocche assaporando il miele dolce che la mia passera sta producendo in abbondanza.
Porta la mano alla patta, si slaccia i bottoni e con una certa fatica estrae il suo uccello, non posso vederlo ma so che è grosso, duro, già pronto.
Lo appoggia contro la mia fica, lo sento premere attraverso la stoffa fradicia delle mie mutandine.
Alzo una gamba e la metto attorno al suo corpo come per agganciarmi a lui.
Infila di nuovo la mano, scosta l’orlo delle mutande, mi allarga le labbra con due dita e ci preme sopra la cappella.
Preme, spinge, strofina, la cappella trova la strada ed entra, ahh, mi inarco appoggiandomi alla parete.
Entra ancora.
Esce un poco, entra di più.
Il suo cazzo è grosso ma io sono bagnata fino al midollo e lo accolgo senza sentire alcun dolore, anzi.
Il primo ingresso è sempre fantastico.
Esce, entra, esce, entra...
I suoi lombi ondeggiano contro i miei, ora alzo anche l’altra gamba e lui mi facilita l’acrobazia mettendomi entrambe le mani sotto il sedere e sorreggendomi mentre mi aggrappo a lui con braccia e gambe.
Mi scopa spingendomi e schiacciandomi contro la parete dell'ascensore che ondeggia e sbatte al ritmo dei suoi colpi.
Mi scopa, entra, esce, entra, esce, preme, spinge, ondeggia, rolla, sbatte. Ansimo, gemiamo insieme, mi aggrappo a lui con braccia e gambe.
Ormai ansimiamo allo stesso ritmo, sto per venire, lui lo sente, si eccita ancora di più.
I colpi sono ancora più violenti, il suo cazzo mi batte dentro, contro la carne, i peli del suo pube sfregano contro il mio clitoride ricettivo al massimo.
Ecco, vengo, ecco! Ohh mmmm Vengo!!!
Viene anche lui, squassandomi con tre o quattro colpi ancora più furiosi.
Mi esala un “Siiii, vengooo” nell’orecchio destro e dopo un po’ si ferma.
Dio mio! Sono morta, esausta, schiantata!
Mi slaccio, mi stacco da lui, ci appoggiamo alle pareti e ci rivestiamo senza guardarci.
La sua mano mi sfiora, penso voglia farmi una carezza ma mi sbaglio di nuovo, vuole solo far ripartire l’ascensore.
Arriviamo al piano terra, scende, scendo, la gente indispettita e forse insospettita sale, mi sembra che ci guardi in modo strano.
Non una parola, non uno sguardo, ognuno va veloce per la sua strada.
Ci rivedremo tra una mezz’ora a casa, a cena parleremo del più e del meno senza nemmeno un cenno alla bellissima scopata che abbiamo appena fatto.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
In ascensore 1racconto sucessivo
Sesso nel dojo
Commenti dei lettori al racconto erotico