34 gradi a Helsinki

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34 gradi. Sono a Helsinki per lavoro da due settimane e ci sono 34 fottutissimi gradi. L'ufficio non ha il condizionatore ovviamente. “È l'estate più calda degli ultimi 100 anni!” mi confida sorridente il direttore della filiale finlandese. Esco dall'ufficio e mi dirigo verso la metro. Sento il vestito nero aderire alla mia schiena bagnata di sudore, una goccia salata scende lenta nell’incavo del seno facendomi il solletico mentre entro nella stazione centrale. Sovrappensiero leggo il cartello che recita “rautatientori”. Cazzo non mi ricorderò mai tutti questi nomi. Le scarpe alte di pelle nera stringono i piedi rendendo la discesa delle scale ancora più sofferta. Ovviamente niente condizionatore nemmeno qui. Mi siedo sulla panchina al lato del binario. Il caldo afoso è insopportabile. I capelli ricci e morbidi si attaccano alla schiena sudata, automaticamente li raccolgo tra le mani e mi maledico quando mi rendo conto di non avere nemmeno un elastico. Cerco una penna sul fondo della borsa e sistemo i capelli velocemente mentre, sferragliando, arriva il treno. Le persone si ammassano davanti alle porte, il caldo è insopportabile. Schiacciata da altri corpi sudati mi faccio largo dentro al vagone. Devo trovare un posto libero, queste scarpe mi stanno facendo impazzire... finalmente mi siedo mollemente accanto al finestrino e sospiro esausta. Davanti a me è seduta una signora anziana che guarda apatica fuori.
Sette fermate e sarò all'albergo. Potrò farmi una doccia fresca e mi berrò una birra ghiacciata prima di cena.
Il treno rallenta, una voce metallica scandisce Kaisaniemi. Sei fermate e questo inferno rovente avrà fine... La signora si alza per scendere. Sposto le gambe di lato per permetterle di passare. Il posto davanti a me viene immediatamente occupato. Gambe lunghe, così lunghe da toccare involontariamente le mie ginocchia già schiacciate contro la parete. Che sfiga... con questo caldo mi tocca pure stare spiaccicata contro il muro. Il treno parte e le nostre ginocchia si toccano di nuovo. Gambe lunghe, abbronzate ricoperte da peluria bionda. All stars verdi petrolio e shorts di jeans. Tiene tra le mani uno zainetto. Probabilmente è uno studente... le mani sono grandi, vene in rilievo percorrono strade visibili fino all’avanbraccio. Alzo lo sguardo, indossa una semplice polo bianca che fascia un petto ampio e due spalle scolpite. Azzardo un'occhiata veloce al viso e rimango incantata. Avrà 20 anni, tratti nordici marcati. Il mento virile, il naso perfettamente dritto, occhi chiari ed intensi, una bocca rosa che sembra disegnata. I capelli arrivano agli zigomi, morbidi e scomposti e ricadono sulla fronte sudata creando un contrasto tra il biondo chiaro e la pelle arrossata del viso non abituato a tutto questo sole. Guarda fuori dal finestrino con fare distaccato, sembra stanco... chiude gli occhi e abbandona il capo contro il vetro.
Il treno frena, le nostre ginocchia si toccano di nuovo. La voce metallica annuncia Hakaniemi. 5 fermate e sarò nel mio albergo. Il treno riparte e lo zainetto sfugge dalle mani del ragazzo davanti a me... Non se ne accorge nemmeno. Le sue mani rimangono socchiuse... non riesco a smettere di guardare le sue mani. Mani inesperte che rudemente esplorano il mio corpo con urgenza. Mi afferrano le natiche spingendomi contro la parete della carrozza. Mani grandi che corrono sul mio corpo sudato cercando l'accesso al mio vestito. Mani che esplorano ogni centimetro delle mie cosce fino ad arrivare al mio centro già bagnato dal sudore e dai miei umori.
Il treno frena strappandomi alla mia fantasia, la voce metallica annuncia Sörnäinen.
Cazzo avrà 10 anni meno di me ma che mi passa per la testa?
Il caldo è insopportabile e mi assale mentre i passeggeri scendono e salgono.
Il treno riparte. Lui ha ancora gli occhi chiusi quando porta una mano al viso appoggiandovi il mento. Due dita sfiorano le labbra... una bocca rosa che sembra dipinta. Labbra salate che cercano con urgenza le mie, una bocca affamata che succhia, morde, lecca... che lentamente disegna strade proibite sul mio collo scendendo sempre di più. Labbra che mordono lentamente il mio capezzolo attraverso la stoffa del vestito e del reggiseno. Labbra affamate che lasciano segni, che arroganti pretendono e prendono... il treno frena all'improvviso.
La voce metallica scandisce inesorabile la parola per me impronunciabile Kalasatama. 4 fermate. Solo 4 fermate per poter godere ancora di questa fantasia assurda.
Il treno riparte, le nostre ginocchia ormai in contatto. Il mio sguardo si sofferma sulle spalle ben formate e sul petto ampio e muscoloso ma in qualche modo ancora leggermente acerbo. Un petto che mi schiaccia e intrappola a terra. Spalle forti che mi costringono nei movimenti mentre goffamente abusi del mio corpo sudato. Spalle da graffiare e mordere senza pietà, spalle da incidere fino a farti gemere di dolore nel tentativo subdolo di innescare in te una reazione di vendetta...
Una frenata improvvisa. L’odiosa voce annuncia Kulosaari. Sono talmente eccitata da avere la mente annebbiata... tre fermate. Apre gli occhi e si guarda intorno... Non te ne andare... ti prego... non scendere, non ora... il treno riparte e lui cambia posizione. Si accomoda nel sedile, chiude gli occhi e divarica leggermente le gambe schiacciando ancora di più le mie ginocchia nell'angolo... Sento la stoffa delle mie mutandine bagnata... contraggo i muscoli delle cosce e trattengo a stento un gemito mentre i miei occhi languidi frugano i suoi pantaloni...
Sono in ginocchio, le mie mani strattonato il tessuto dei jeans nella foga di liberare quel pezzo di carne che pretendo. Libero l’erezione che maestosa svetta da sotto la stoffa. Sorrido constatando che i peli pubici sono dorati, come i suoi capelli. Lentamente avvicino la mia bocca alla punta...la mia lingua assaggia le prime gocce: salato e leggerete acre. Lo prendo in bocca come accoglierei in bocca una cosa sacra, pura. Mi muovo lentamente prendendoti, avendo cura di te, ascoltando il tuo respiro crescere. La mia lingua si muove lentamente mentre serro la bocca intorno alla tua cappella. I peli biondi mi solleticano il naso mentre affondo. Ti sento gemere. Mi sorprendi prendendo i miei capelli e tirando leggermente imponendomi un nuovo ritmo. Il tuo corpo si tende all'improvviso, mi dici qualcosa che non capisco ma posso avvertire che stai per venire, aumento il ritmo serrando la bocca intorno alla tua virilità... il treno frena all'improvviso. La borsa mi cade dalle gambe finendo in mezzo alle sue, si sveglila di soprassalto mentre la voce annuncia Herttoniemi. Ne manca solo una. Una fermata...
...Non scendere, ti prego non scendere...
Si china in avanti, prende la borsetta e me la porge con un sorriso gentile sul volto. Dio se sei bello... e dio se sei giovane... “scusami, sono piuttosto stanca...” gli dico in inglese. “Nessun problema.” risponde... la tua voce è la goccia che fa traboccare il vaso.
Sei dietro di me, la tua mano mi tiene entrambi i polsi bloccati sopra la testa. “Voglio scoparti tutta la notte, voglio vederti godere mentre ti uso come meglio mi aggrada...” Mi schiacci contro il muro e le tue dita entrano dentro di me senza preavviso. Mi inarco sotto il tuo peso spingendo il bacino verso di te. Lo so che non puoi resistere... sei giovane, troppo giovane per potermi comandare. Emetti un verso gutturale mentre il mio culo spinge sulla tua erezione... Ti sfili i pantaloni e mi penetri con irruenza. La tua è una corsa pazza, mi schiacci contro il muro prendendoti ogni centimetro della mia intimità fradicia. Sei dentro di me quando improvvisamente ti allontani. Mi fai piegare in avanti e senza cerimonie inizi a sforzarmi il culo... Il treno frena. La voce metallica scandisce la sua sentenza: Siilitie. La mia fermata.
Mi alzo in piedi barcollante, sono bagnata ben oltre le mutandine. Tu sposti le tue lunghe gambe per farmi passare ma io sono ferma. Mi guardi e sorridi... imbarazzata mi sfilo dall'incastro delle tue gambe. Sono quasi nel corridoio quando mi blocco un'altra volta... Cosa cazzo sto facendo? Cosa cazzo sto facendo?! La mia intimità pulsa insoddisfatta... Mi giro di scatto e mi chino veloce sulle labbra di quello spettacolo nordico. Lui sorpreso rimane fermo come marmo. Gli sorrido e gli dico semplicemente “Scusa, sei troppo bello.” Corro come una forsennata prima che le porte si chiudano. Le scarpe col tacco non aiutano, non so come ma riesco a sgusciare fuori dalla porta in tempo. Mi guardi basito dal vetro del finestrino “come ti chiami?!” mi chiede mentre la metro riparte “Luna!” gli grido in risposta sorridendo mentre le mie parole si perdono nel rumore assordante della metro in partenza.
scritto il
2018-07-23
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