Miele 2

di
genere
gay

Era ormai notte fonda, Ferdinando camminava con i pugni stretti nelle tasche del suo cappotto rabbrividendo dal freddo, lo sguardo attonito, nelle narici e sulle labbra sentiva ancora il dolcissimo sapore degli umori della giovane prostituta, non aveva molte esperienze con le ragazze, ai quei tempi non era facile avere rapporti sessuali se non con qualcuna delle donne delle tante case chiuse della città, e per farlo bisognava avere una certa disponibilità economica, condizione che il suo lavoro di artista non gli consentiva di certo.
Eppure qualcosa doveva fare, doveva assolutamente rivederla.
Non poteva nemmeno immaginare di non rivederla al più presto.
E per farlo doveva trovare dei soldi, e doveva trovarli in fretta.
I quattro o cinque schizzi che le aveva fatto mentre lei si masturbava sdraiata sul letto erano molto buoni, raramente si era sentito altrettanto ispirato e soddisfatto del risultato, aveva lavorato su quei fogli in modo quasi febbrile.
Ma non era solo quello, lei era, era... non gli veniva in mente la parola per esprimersi, del resto non era mai stato bravo con le parole, se la cavava molto meglio con i pennelli.
Lei era meravigliosa, ecco, e il suo sapore, il suo sapore... lo aveva gustato solo sulle dita di lei, poco prima, una scena che aveva già rivissuto mentalmente infinite volte mentre camminava verso casa, lui che la ritraeva seduto sulla seggiolina della toeletta mentre lei si masturbava nel piccolo letto della sua stanza, una delle tante della maison di Madame Chantalle.
Non avevano fatto sesso, il tempo a sua disposizione lo aveva passato a disegnare, ormai era scaduto e lui non aveva i soldi per pagarsi una “doppia” era quindi dovuto andarsene, con una dolorosa erezione che premeva dentro i suoi calzoni e quel dolcissimo sapore tra le labbra.
Era mattino presto quando salì le scale che portavano al suo piccolo studio, in una mansarda di Via Principe, scelse quasi a caso due tele, le fece su alla belle e meglio in un pesante foglio di carta da pacchi, le legò con uno spago e quasi correndo rifece le scale a due a due.
Per fortuna la casa del mercante d’arte non era distante, Via Po, esattamente sopra la sua famosa galleria d’arte, dovette suonare al citofono ben tre volte prima che una voce tanto assonnata quanto scocciata gli rispondesse.
Salì le scale quasi di corsa e bussò al portoncino, dovette aspettare un po’ prima che il gallerista venisse ad aprire, scostasse l’uscio e lo facesse entrare nella vecchia casa.
Si era infilato una logora vestaglia sul pigiama di seta, ai piedi portava un lezioso paio di ciabatte marocchine gialle.
Era vecchio e abbastanza in carne, almeno in confronto a Ferdinando, i radi capelli grigi venivano accuratamente riportati per cercare di coprire il cuoio capelluto ormai lucido, un folto paio di basette, altrettanto grigie scendevano ad ornargli le guance grasse e molli.
Prese il pacco dalle mani del ragazzo e si spostò in cucina.
L’appartamento era al piano nobile di uno dei più bei palazzi di Via Po, ma era trasandato e odorava di sporco, la cucina non era da meno, le vecchie piastrelle esagonali del pavimento in graniglia di cemento grigie e bordeaux non venivano lavate da chissà quanto, idem per le semplici piastrelle bianche che si trovavano sopra la cucina economica smaltata e sul vecchio lavello di ceramica crepato, questo era pieno di pentole e piatti con i resti delle cene di almeno una settimana, una fila di minuscole formiche arriva dal balcone disegnando un lungo percorso di piccoli puntini semoventi.
Al centro della stanza un grosso tavolo di noce dalle gambe tornite ingombro di ogni genere di masserizia, l’uomo ne spostò un po’ per far spazio al pacco, slegò il cordino e liberò la coppia di tele, esaminandole sotto la debole luce giallognola della lampadina che pendeva dal soffitto.
“Niente male, niente male” mormorò soddisfatto e uscì dalla cucina con i due quadri sotto il braccio, tornò dopo poco con una banconota da mille lire, sventolandola davanti al viso del giovane uomo.
Mille lire! Pensò stupefatto Ferdinando che si aspettava molto meno e allungò una mano per prendere la grande banconota.
Ma il gallerista lesto la allontanò tenendola verso l’alto.
“Lo sai caro che non bastano due tele per guadagnarsi queste vero?” Sussurrò il vecchio.
Ecco, sembrava troppo bello per essere vero, c’era un prezzo da pagare per poter affacciarsi al mercato dell’arte di Torino.
Lo sguardo del giovane si spense, mestamente abbassò le mani portandole all’altezza della cintura e la slacciò, proseguendo poi a slacciare anche i cinque bottoni della patta.
Lasciò che i calzoni scendessero lentamente lungo le cosce afflosciandosi attorno alle caviglie e tirò giù anche i mutandoni di cotone, portando alla luce il grosso membro, che moscio e accartocciato se ne stava al riparo di una folta peluria.
Il vecchio si avvicinò a Ferdinando, ripiegò la banconota e gliela infilò nel taschino della camicia, lo spinse contro la vecchia credenza e si inginocchiò davanti a lui…
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scritto il
2019-01-19
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