Perché
di
AmoreePsiche
genere
prime esperienze
Perché?
Perché tutto questo?
Quarantotto anni di assoluta castità e vergogna, paura degli uomini, rinuncia ad ogni approccio intimo col mondo maschile per paura di… di cosa?
Tre ore e scoprire che non sono quella che pensavo, tre ore di sesso e giacere sul letto sperando che tutto ricominci. Ho fissato questo tempo nella mia mente, nel mio corpo e non voglio più rinunciarvi ma questo mi spaventa, mi destabilizza... mi fa rabbia, una forte e indicibile rabbia. Chi sono veramente? Dove sono tutte le mie convinzioni, che fine hanno fatto tutte le mie certezze? Cosa sarò adesso? Tre ore… ma quali tre ore, pochi minuti e tutte le mie barriere sono crollate.
Guardo lo specchio davanti a me e mi chiedo “chi sei?” le mani corrono sul mio corpo a continuare l’estasi, il piacere provato fino a poco prima e la mente ritorna… Sotto la minaccia di una pistola puntata su mia sorella si sono presi tutto di me… la violenza iniziale, la paura, le parole di mio cognato, poi la sua delicatezza nell’attimo in cui tutto è cambiato, la durezza, rigidità che mi rubano la verginità, la vita, l’invito continuo ad abbandonarmi ad un destino a cui non potevo sottrarmi, quegli uomini, violenti, decisi, e le donne, morbide, voluttuose che insieme mi accompagnano in un mondo sconosciuto, rifiutato.
Il mio corpo ha deciso per me. Ho provato a resistere, la mia mente ha cercato di tenere lontano quelle sensazioni nuove che scuotevano il mio corpo, come scosse che dal mio scrigno inviolato si irradiavano in tutte le terminazioni nervose. Ho visto i miei seni gonfiarsi, ho sentito i capezzoli pretendere attenzioni violente, dolorose e il clitoride, così l’hanno chiamato i miei sequestratori, protendersi come un piccolo pene lucido a me sconosciuto, sfacciato e impertinente.
Nemmeno alle attenzioni delle donne ho saputo resistere, le loro mani, le loro lingue sul mio corpo… sono ancora su di me, ne sento ancora il tocco. La pienezza dei loro seni che premono sui miei, le bocche che succhiano i miei capezzoli che nessuno prima ha mai sfiorato, nemmeno un figlio. E le lingue, quelle lingue a raccogliere i miei succhi, a solleticare, profanare la mia intimità ripetutamente continuamente sempre più insistenti, sempre più in profondità. E dietro, in quel buchetto tanto oscuro e avvolto di vergogna.
Dolore, certo, tanto, ma presto, troppo presto sopraffatto dal piacere che il forzato avanti e indietro di quei membri maschili ha fatto sgorgare dal mio ventre, si sgorgare come una sorgente d’acqua limpida, pura. Squirta come un idrante, così hanno detto, non ho mai sentito questa parola ma fino a poche ore fa non avevo nemmeno mai visto un membro maschile.
Davanti e didietro a turno e insieme mentre le donne giocavano con i miei seni, con la mia lingua a rubarmi quella purezza sino ad oggi tanto protetta.
E sono qui, nel mio letto, nel mio nuovo letto, quel letto che da oggi doveva accogliermi nella mia nuova casa, in questa mia nuova vita da single, finalmente staccata dai miei genitori.
Guardo mia sorella accanto a me, dorme nuda imbrattata di seme maschile riversatole addosso dopo che mi avevano profanata in tutti i miei buchi, a me hanno lasciato solo quello di mio cognato che ho dovuto bere dopo un lungo e sempre più piacevole lavoro di bocca. Ho ancora il suo sapore e mi accorgo che mi piace. Lui è li, davanti a me, legato alla poltrona vinto dalla stanchezza e dall’impossibilità di reagire alla violenza usata su sua moglie. Hanno usato mia sorella come fosse una bambola di pezza. A nulla sono valse le grida, le suppliche di lasciarla stare. Anche a lei hanno riservato le stesse attenzioni che hanno usato con me. Solo che lei apparentemente ha cercato di resistere fino alla fine. Apparentemente si, perché quando ho posato la mia bocca, la mia lingua sul suo sesso l’ho sentito aprirsi, pulsare, cercare il contatto fino a riversare un nettare dolce e vischioso mentre gli spasmi dell’orgasmo la scuotevano. E la cosa si è ripetuta molte volte. Con me, con le altre donne e anche quando quegli uomini l’hanno presa, penetrata davanti e didietro ripetutamente le grida di dolore, rabbia paura non erano così vere, sembravano più un tentativo di proteggere la propria immagine davanti al marito. Sarò cattiva ma sono sicura, e questo mi rende più serena, che anche lei ha goduto abbondantemente del trattamento.
E credo, anzi ne sono certa che da oggi in poi il nostro legame sarà ancor più saldo e farò di tutto perché questa esperienza non rimanga solo uno spiacevole (spiacevole?) ricordo.
Con questo proposito, mi alzo dal letto dò un casto bacio a mia sorella e a mio cognato e vado a farmi una doccia sperando che stanchezza e rabbia vengano lavate via dall’acqua. Per me voglio tenere solo l’immenso piacere provato.
Perché tutto questo?
Quarantotto anni di assoluta castità e vergogna, paura degli uomini, rinuncia ad ogni approccio intimo col mondo maschile per paura di… di cosa?
Tre ore e scoprire che non sono quella che pensavo, tre ore di sesso e giacere sul letto sperando che tutto ricominci. Ho fissato questo tempo nella mia mente, nel mio corpo e non voglio più rinunciarvi ma questo mi spaventa, mi destabilizza... mi fa rabbia, una forte e indicibile rabbia. Chi sono veramente? Dove sono tutte le mie convinzioni, che fine hanno fatto tutte le mie certezze? Cosa sarò adesso? Tre ore… ma quali tre ore, pochi minuti e tutte le mie barriere sono crollate.
Guardo lo specchio davanti a me e mi chiedo “chi sei?” le mani corrono sul mio corpo a continuare l’estasi, il piacere provato fino a poco prima e la mente ritorna… Sotto la minaccia di una pistola puntata su mia sorella si sono presi tutto di me… la violenza iniziale, la paura, le parole di mio cognato, poi la sua delicatezza nell’attimo in cui tutto è cambiato, la durezza, rigidità che mi rubano la verginità, la vita, l’invito continuo ad abbandonarmi ad un destino a cui non potevo sottrarmi, quegli uomini, violenti, decisi, e le donne, morbide, voluttuose che insieme mi accompagnano in un mondo sconosciuto, rifiutato.
Il mio corpo ha deciso per me. Ho provato a resistere, la mia mente ha cercato di tenere lontano quelle sensazioni nuove che scuotevano il mio corpo, come scosse che dal mio scrigno inviolato si irradiavano in tutte le terminazioni nervose. Ho visto i miei seni gonfiarsi, ho sentito i capezzoli pretendere attenzioni violente, dolorose e il clitoride, così l’hanno chiamato i miei sequestratori, protendersi come un piccolo pene lucido a me sconosciuto, sfacciato e impertinente.
Nemmeno alle attenzioni delle donne ho saputo resistere, le loro mani, le loro lingue sul mio corpo… sono ancora su di me, ne sento ancora il tocco. La pienezza dei loro seni che premono sui miei, le bocche che succhiano i miei capezzoli che nessuno prima ha mai sfiorato, nemmeno un figlio. E le lingue, quelle lingue a raccogliere i miei succhi, a solleticare, profanare la mia intimità ripetutamente continuamente sempre più insistenti, sempre più in profondità. E dietro, in quel buchetto tanto oscuro e avvolto di vergogna.
Dolore, certo, tanto, ma presto, troppo presto sopraffatto dal piacere che il forzato avanti e indietro di quei membri maschili ha fatto sgorgare dal mio ventre, si sgorgare come una sorgente d’acqua limpida, pura. Squirta come un idrante, così hanno detto, non ho mai sentito questa parola ma fino a poche ore fa non avevo nemmeno mai visto un membro maschile.
Davanti e didietro a turno e insieme mentre le donne giocavano con i miei seni, con la mia lingua a rubarmi quella purezza sino ad oggi tanto protetta.
E sono qui, nel mio letto, nel mio nuovo letto, quel letto che da oggi doveva accogliermi nella mia nuova casa, in questa mia nuova vita da single, finalmente staccata dai miei genitori.
Guardo mia sorella accanto a me, dorme nuda imbrattata di seme maschile riversatole addosso dopo che mi avevano profanata in tutti i miei buchi, a me hanno lasciato solo quello di mio cognato che ho dovuto bere dopo un lungo e sempre più piacevole lavoro di bocca. Ho ancora il suo sapore e mi accorgo che mi piace. Lui è li, davanti a me, legato alla poltrona vinto dalla stanchezza e dall’impossibilità di reagire alla violenza usata su sua moglie. Hanno usato mia sorella come fosse una bambola di pezza. A nulla sono valse le grida, le suppliche di lasciarla stare. Anche a lei hanno riservato le stesse attenzioni che hanno usato con me. Solo che lei apparentemente ha cercato di resistere fino alla fine. Apparentemente si, perché quando ho posato la mia bocca, la mia lingua sul suo sesso l’ho sentito aprirsi, pulsare, cercare il contatto fino a riversare un nettare dolce e vischioso mentre gli spasmi dell’orgasmo la scuotevano. E la cosa si è ripetuta molte volte. Con me, con le altre donne e anche quando quegli uomini l’hanno presa, penetrata davanti e didietro ripetutamente le grida di dolore, rabbia paura non erano così vere, sembravano più un tentativo di proteggere la propria immagine davanti al marito. Sarò cattiva ma sono sicura, e questo mi rende più serena, che anche lei ha goduto abbondantemente del trattamento.
E credo, anzi ne sono certa che da oggi in poi il nostro legame sarà ancor più saldo e farò di tutto perché questa esperienza non rimanga solo uno spiacevole (spiacevole?) ricordo.
Con questo proposito, mi alzo dal letto dò un casto bacio a mia sorella e a mio cognato e vado a farmi una doccia sperando che stanchezza e rabbia vengano lavate via dall’acqua. Per me voglio tenere solo l’immenso piacere provato.
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26 giugno 2134
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