La schiava bianca (parte II) – La prima punizione
di
Kugher
genere
sadomaso
Lui si accorse che stava prendendo sempre più potere su di lei che, conseguentemente, si affidava sempre più. Era pur sempre una 23enne privata di colpo del supporto dei genitori e lui, con i suoi 46 anni, le dava sicurezze.
Lo eccitava sapere di avere su lei tanto ascendente.
La sera successiva stavano cenando.
“Sai tesoro, stare accucciata ai tuoi piedi, dopo cena, in posizione sdraiata, mi crea qualche difficoltà di digestione, anche perché dopo devo stare piegata in avanti a darti piacere come piace a te”.
Lui continuò a mangiare e senza guardarla le disse che da quella sera avrebbe mangiato solo frutta e verdura, per stare leggera.
“Ma così avrò fame”.
Fu fermo nella risposta: “E’ più importante che tu me lo succhi. Mangerai di più a colazione la mattina”.
“Sì, va bene, farò come vuoi”.
Dopo cena, come di consueto, lei si spogliò e si accucciò ai suoi piedi seduto in poltrona.
In attesa che gli venisse voglia di essere servito dalla sua bocca, le appoggiò sopra prima un piede, e poi l’altro.
Trovò molto comoda la posizione.
“Stenditi sulla schiena vicino alla poltrona”.
Il tono era calmo ma risoluto.
Lei eseguì subito e lui le appoggiò comodamente sopra i piedi, usandola come poggiapiedi.
La ragazza non disse nulla.
Lo eccitava saperla affamata, usata come un tappeto, mentre lui aveva mangiato in abbondanza. Aveva provato piacere a cenare mentre lei lo guardava, senza aver praticamente quasi toccato cibo, per poterlo servire bene dopo.
Il marito iniziò la visione di un film e, dopo mezz’ora, lei si mosse un poco per alleviare il fastidio alla schiena, stando sul duro pavimento.
“Stai ferma!”
“Ma mi fa male la schiena”.
Mise in pausa la televisione, si sporse in avanti e ammirò la sua bella e giovane moglie bianca, nuda, sotto i suoi piedi.
“Apri la bocca”.
Prese la mira e lasciò cadere la saliva. Il primo colpo lo sbagliò ma al secondo riuscì a centrare la bocca.
“Pulisciti e poi stai perfettamente ferma, non voglio che tu mi disturbi mentre guardo il film. Se ti fa male la schiena, resisti, poi ti passerà. Voglio stare comodo e questo è ciò che deve contare per te”.
“Va bene, scusa”.
Si riappoggiò allo schienale e sistemò i piedi sul morbido corpo, disinteressandosi del dolore di sua moglie e pensando solo alla propria comodità.
Dopo altri 15 minuti, la fece inginocchiare. Quella volta si tolse il pantaloni perché prima che glielo prendesse in bocca, pretese che gli leccasse i testicoli molto a lungo.
Era diventata particolarmente brava a lavorare con la bocca e lui era eccitatissimo. Finchè non mise in pausa il film, la prese per i capelli e la fece stendere a terra, le si sdraiò sopra e la usò fino al godimento.
“Prepara la bocca che sto per godere!”.
Le diresse la testa sul membro godendole in gola.
Si accasciò su di lei restandole sdraiato sopra per riprendersi, finché non si sedette nuovamente in poltrona.
“Vieni a pulirmi”.
Mentre lei eseguiva lui la accarezzava dolcemente e se la tenne inginocchiata al fianco, accarezzandole testa, spalle e schiena, fino alla fine del film.
Lei non accennò nemmeno ad alzarsi.
A letto la abbracciò e accarezzò, dandole quel senso di protezione che a lei serviva.
Quello era un loro momento intimo. Parlavano sempre a lungo. Lei si apriva e lui la ascoltava. Si affidava sempre più ed accettava il suo sempre più marcato dominio.
“Hai fame?”
“Sì tesoro, ma non importa, mangerò domattina. Sei stato bene e questo mi da piacere”.
Lui aveva completamente smesso di aiutarla in casa e, anzi, si faceva servire sempre più, anche nelle piccole cose, pretendendo anche che in casa lei indossasse abiti succinti e senza mutandine. Gli piaceva, in qualsiasi momento, allungare una mano e trovare accesso a quella bellezza.
Anche quando, per stanchezza, non la voleva usare sessualmente, dopo cena la pretendeva ugualmente nuda accucciata ai suoi piedi come un cane o la usava come poggiapiedi.
Guardava un film, o leggeva. Lei doveva stare a terra sempre zitta a meno che non fosse lui a chiederle qualcosa. Accadeva raramente che parlassero, se non per darle qualche ordine quando voleva essere servito.
Il dialogo era destinato ad essere svolto la sera, nell’intimità del buio e del letto, abbracciati.
Fuori dalle lenzuola, era ormai un dato accertato che lei dovesse essere docile e servizievole.
Lei aveva iniziato a studiare sempre meno. Quella nuova situazione l’aveva scombussolata e tolto la concentrazione. L’allontanamento dei suoi che rifiutavano ogni contatto da lei ed ogni aiuto, l’aveva destabilizzata.
Anche l’asservimento al marito non la lasciava indifferente.
Era una ragazza bella, ricca e viziata, abituata a sentirsi forte sulla forza dei genitori. Venuto meno questa, si sentì persa. Trovò conforto nella forza del marito che, con i suoi 46 anni, le dava sicurezza e si sentiva protetta.
Gli esami però cominciarono ad andare male, sempre più spesso e, mentre Adam inizialmente era comprensivo, ora cominciava a mostrare segni di insofferenza. Studiare era il suo lavoro, doveva svolgerlo bene. Dopo il venir meno del sostegno economico dei suoi, se ne era fatto carico lui, ma si aspettava che lei studiasse.
Le ultime due volte lui si era arrabbiato molto per la bocciatura sempre per lo stesso esame.
Anche quel giorno le era andato male.
Aveva terrore a dirlo al marito dal quale si sentiva dipendere sempre più, anche psicologicamente.
L’aveva atteso al suo rientro. Al solito era vestita in maniera molto succinta e gli si mise a fianco sul divano, abbracciandolo, prima ancora che lui si cambiasse.
Quando glielo disse lui si arrabbiò molto.
La prese per i capelli e la fece inginocchiare davanti a sé.
Ormai era cosa normale che lei davanti a lui stesse inginocchiata.
“Non sei più nell’ovatta dei tuoi genitori! Adesso è iniziata la vita e tu la devi affrontare! Studiare è il tuo dovere e lo devi svolgere! E’ tanto che non dai un esame! Hai preso questa vita come un albergo?”
Tenendola per i capelli le diede uno schiaffo, non forte ma era il primo che le dava.
Invece di arrabbiarsi, lei chinò lo sguardo e chiese scusa.
Questa arrendevolezza gli piacque e se la sentì tra le mani.
La spinse a terra e le mise una scarpa sul viso per tenerla giù.
Lei subì e rimase ferma, docile.
Questo lo eccitò.
“Forse è il momento che tu riceva quello che i tuoi ti hanno sempre risparmiato, ragazzina viziata!!!”.
La guardò, eccitato, sotto la sua scarpa con la quale la schiacciava sul pavimento.
“Spogliati, mettiti inginocchio e mani contro il muro”.
Si tolse la cinghia e cominciò a frustarla.
Avanzò una protesta ma lui la prese per i capelli e la rimise in posizione.
“Ferma!”.
La frustò ancora.
Alla fine gliene diede 20. Aveva la schiena tutta arrossata.
Al termine le ordinò di prostrarsi ai suoi piedi, cosa che lei fece subito accennando anche un flebile “scusami”.
“Leccami le scarpe”.
Quell’ordine non era più per punizione ma per pura eccitazione. Una bella donna bianca che, appena frustata, gli leccava le scarpe.
“Prepara la cena. Solo per me. Me la servi. Tu questa sera non mangi”.
“Sì”.
Lasciandola a terra andò a farsi la doccia, con il membro già durissimo, eccitato da quell’evolversi improvviso degli eventi a suo favore.
La moglie, nuda, lo servì e lui pretese che durante la consumazione del pasto lei stesse inginocchiata.
Dopo cena era troppo eccitato e, sulla poltrona, si fece servire subito dalla bocca, finché non resistette più e, trascinandola per i capelli a 4 zampe, se la portò sul letto per usarla fino a godere.
La fece stendere sul ventre e la prese da dietro, per godere della vista della schiena tutta segnata dalle sue cinghiate.
Mentre la penetrava le teneva una mano sulla testa per schiacciargliela sul materasso.
Come al solito le godette in bocca, senza curarsi se, tirandolo fuori dall’ano, fosse o meno sporco.
Senza ordine, appena lui si accasciò sul letto, lei andò a pulirlo.
“Ho finito, sei pulito bene”.
“Vieni qui”.
Lei si stese al suo fianco, ancora timorosa ma sollevata nel vederlo rilassato ed avergli sentito la voce più morbida.
“Sono stato duro con te”.
“Sì, molto, ma me lo sono meritato. Non ho fatto il mio dovere”.
Parlarono molto. Lei si sciolse e si rilassò, Parlarono del suo stato d’animo, di come lei si sentisse in quel periodo, della sua sensazione di abbandono ma di ritrovata sicurezza tra le sue braccia. Fu lei a dirgli che le dava piacere dedicarsi a lui. Lei capiva che lui la stava proteggendo e dando quello che le mancava dalla sua famiglia e trovava giusto dargli le attenzioni che a lui piacevano, pensando solo a lui.
Parlarono due ore e lei si aprì come da tempo non faceva.
Lui si era scaricato, ma quel suo affidamento gli aveva procurato un certo formicolio.
Le ordinò di andare tra le sue gambe e di leccargli le palle, cosa che lei fece con evidente passione.
Quando fu soddisfatto si girò sul ventre e le ordinò di leccargli il culo, e lei obbedì con la medesima attenzione, lavorando intorno ed entrando con la lingua, finché lui non fu stufo del servizio.
A quel punto si addormentarono.
La leccata al culo prima di addormentarsi divenne parte della loro routine.
Lo eccitava sapere di avere su lei tanto ascendente.
La sera successiva stavano cenando.
“Sai tesoro, stare accucciata ai tuoi piedi, dopo cena, in posizione sdraiata, mi crea qualche difficoltà di digestione, anche perché dopo devo stare piegata in avanti a darti piacere come piace a te”.
Lui continuò a mangiare e senza guardarla le disse che da quella sera avrebbe mangiato solo frutta e verdura, per stare leggera.
“Ma così avrò fame”.
Fu fermo nella risposta: “E’ più importante che tu me lo succhi. Mangerai di più a colazione la mattina”.
“Sì, va bene, farò come vuoi”.
Dopo cena, come di consueto, lei si spogliò e si accucciò ai suoi piedi seduto in poltrona.
In attesa che gli venisse voglia di essere servito dalla sua bocca, le appoggiò sopra prima un piede, e poi l’altro.
Trovò molto comoda la posizione.
“Stenditi sulla schiena vicino alla poltrona”.
Il tono era calmo ma risoluto.
Lei eseguì subito e lui le appoggiò comodamente sopra i piedi, usandola come poggiapiedi.
La ragazza non disse nulla.
Lo eccitava saperla affamata, usata come un tappeto, mentre lui aveva mangiato in abbondanza. Aveva provato piacere a cenare mentre lei lo guardava, senza aver praticamente quasi toccato cibo, per poterlo servire bene dopo.
Il marito iniziò la visione di un film e, dopo mezz’ora, lei si mosse un poco per alleviare il fastidio alla schiena, stando sul duro pavimento.
“Stai ferma!”
“Ma mi fa male la schiena”.
Mise in pausa la televisione, si sporse in avanti e ammirò la sua bella e giovane moglie bianca, nuda, sotto i suoi piedi.
“Apri la bocca”.
Prese la mira e lasciò cadere la saliva. Il primo colpo lo sbagliò ma al secondo riuscì a centrare la bocca.
“Pulisciti e poi stai perfettamente ferma, non voglio che tu mi disturbi mentre guardo il film. Se ti fa male la schiena, resisti, poi ti passerà. Voglio stare comodo e questo è ciò che deve contare per te”.
“Va bene, scusa”.
Si riappoggiò allo schienale e sistemò i piedi sul morbido corpo, disinteressandosi del dolore di sua moglie e pensando solo alla propria comodità.
Dopo altri 15 minuti, la fece inginocchiare. Quella volta si tolse il pantaloni perché prima che glielo prendesse in bocca, pretese che gli leccasse i testicoli molto a lungo.
Era diventata particolarmente brava a lavorare con la bocca e lui era eccitatissimo. Finchè non mise in pausa il film, la prese per i capelli e la fece stendere a terra, le si sdraiò sopra e la usò fino al godimento.
“Prepara la bocca che sto per godere!”.
Le diresse la testa sul membro godendole in gola.
Si accasciò su di lei restandole sdraiato sopra per riprendersi, finché non si sedette nuovamente in poltrona.
“Vieni a pulirmi”.
Mentre lei eseguiva lui la accarezzava dolcemente e se la tenne inginocchiata al fianco, accarezzandole testa, spalle e schiena, fino alla fine del film.
Lei non accennò nemmeno ad alzarsi.
A letto la abbracciò e accarezzò, dandole quel senso di protezione che a lei serviva.
Quello era un loro momento intimo. Parlavano sempre a lungo. Lei si apriva e lui la ascoltava. Si affidava sempre più ed accettava il suo sempre più marcato dominio.
“Hai fame?”
“Sì tesoro, ma non importa, mangerò domattina. Sei stato bene e questo mi da piacere”.
Lui aveva completamente smesso di aiutarla in casa e, anzi, si faceva servire sempre più, anche nelle piccole cose, pretendendo anche che in casa lei indossasse abiti succinti e senza mutandine. Gli piaceva, in qualsiasi momento, allungare una mano e trovare accesso a quella bellezza.
Anche quando, per stanchezza, non la voleva usare sessualmente, dopo cena la pretendeva ugualmente nuda accucciata ai suoi piedi come un cane o la usava come poggiapiedi.
Guardava un film, o leggeva. Lei doveva stare a terra sempre zitta a meno che non fosse lui a chiederle qualcosa. Accadeva raramente che parlassero, se non per darle qualche ordine quando voleva essere servito.
Il dialogo era destinato ad essere svolto la sera, nell’intimità del buio e del letto, abbracciati.
Fuori dalle lenzuola, era ormai un dato accertato che lei dovesse essere docile e servizievole.
Lei aveva iniziato a studiare sempre meno. Quella nuova situazione l’aveva scombussolata e tolto la concentrazione. L’allontanamento dei suoi che rifiutavano ogni contatto da lei ed ogni aiuto, l’aveva destabilizzata.
Anche l’asservimento al marito non la lasciava indifferente.
Era una ragazza bella, ricca e viziata, abituata a sentirsi forte sulla forza dei genitori. Venuto meno questa, si sentì persa. Trovò conforto nella forza del marito che, con i suoi 46 anni, le dava sicurezza e si sentiva protetta.
Gli esami però cominciarono ad andare male, sempre più spesso e, mentre Adam inizialmente era comprensivo, ora cominciava a mostrare segni di insofferenza. Studiare era il suo lavoro, doveva svolgerlo bene. Dopo il venir meno del sostegno economico dei suoi, se ne era fatto carico lui, ma si aspettava che lei studiasse.
Le ultime due volte lui si era arrabbiato molto per la bocciatura sempre per lo stesso esame.
Anche quel giorno le era andato male.
Aveva terrore a dirlo al marito dal quale si sentiva dipendere sempre più, anche psicologicamente.
L’aveva atteso al suo rientro. Al solito era vestita in maniera molto succinta e gli si mise a fianco sul divano, abbracciandolo, prima ancora che lui si cambiasse.
Quando glielo disse lui si arrabbiò molto.
La prese per i capelli e la fece inginocchiare davanti a sé.
Ormai era cosa normale che lei davanti a lui stesse inginocchiata.
“Non sei più nell’ovatta dei tuoi genitori! Adesso è iniziata la vita e tu la devi affrontare! Studiare è il tuo dovere e lo devi svolgere! E’ tanto che non dai un esame! Hai preso questa vita come un albergo?”
Tenendola per i capelli le diede uno schiaffo, non forte ma era il primo che le dava.
Invece di arrabbiarsi, lei chinò lo sguardo e chiese scusa.
Questa arrendevolezza gli piacque e se la sentì tra le mani.
La spinse a terra e le mise una scarpa sul viso per tenerla giù.
Lei subì e rimase ferma, docile.
Questo lo eccitò.
“Forse è il momento che tu riceva quello che i tuoi ti hanno sempre risparmiato, ragazzina viziata!!!”.
La guardò, eccitato, sotto la sua scarpa con la quale la schiacciava sul pavimento.
“Spogliati, mettiti inginocchio e mani contro il muro”.
Si tolse la cinghia e cominciò a frustarla.
Avanzò una protesta ma lui la prese per i capelli e la rimise in posizione.
“Ferma!”.
La frustò ancora.
Alla fine gliene diede 20. Aveva la schiena tutta arrossata.
Al termine le ordinò di prostrarsi ai suoi piedi, cosa che lei fece subito accennando anche un flebile “scusami”.
“Leccami le scarpe”.
Quell’ordine non era più per punizione ma per pura eccitazione. Una bella donna bianca che, appena frustata, gli leccava le scarpe.
“Prepara la cena. Solo per me. Me la servi. Tu questa sera non mangi”.
“Sì”.
Lasciandola a terra andò a farsi la doccia, con il membro già durissimo, eccitato da quell’evolversi improvviso degli eventi a suo favore.
La moglie, nuda, lo servì e lui pretese che durante la consumazione del pasto lei stesse inginocchiata.
Dopo cena era troppo eccitato e, sulla poltrona, si fece servire subito dalla bocca, finché non resistette più e, trascinandola per i capelli a 4 zampe, se la portò sul letto per usarla fino a godere.
La fece stendere sul ventre e la prese da dietro, per godere della vista della schiena tutta segnata dalle sue cinghiate.
Mentre la penetrava le teneva una mano sulla testa per schiacciargliela sul materasso.
Come al solito le godette in bocca, senza curarsi se, tirandolo fuori dall’ano, fosse o meno sporco.
Senza ordine, appena lui si accasciò sul letto, lei andò a pulirlo.
“Ho finito, sei pulito bene”.
“Vieni qui”.
Lei si stese al suo fianco, ancora timorosa ma sollevata nel vederlo rilassato ed avergli sentito la voce più morbida.
“Sono stato duro con te”.
“Sì, molto, ma me lo sono meritato. Non ho fatto il mio dovere”.
Parlarono molto. Lei si sciolse e si rilassò, Parlarono del suo stato d’animo, di come lei si sentisse in quel periodo, della sua sensazione di abbandono ma di ritrovata sicurezza tra le sue braccia. Fu lei a dirgli che le dava piacere dedicarsi a lui. Lei capiva che lui la stava proteggendo e dando quello che le mancava dalla sua famiglia e trovava giusto dargli le attenzioni che a lui piacevano, pensando solo a lui.
Parlarono due ore e lei si aprì come da tempo non faceva.
Lui si era scaricato, ma quel suo affidamento gli aveva procurato un certo formicolio.
Le ordinò di andare tra le sue gambe e di leccargli le palle, cosa che lei fece con evidente passione.
Quando fu soddisfatto si girò sul ventre e le ordinò di leccargli il culo, e lei obbedì con la medesima attenzione, lavorando intorno ed entrando con la lingua, finché lui non fu stufo del servizio.
A quel punto si addormentarono.
La leccata al culo prima di addormentarsi divenne parte della loro routine.
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