La schiava bianca (parte III) – La prima notte incatenata a terra
di
Kugher
genere
sadomaso
Lei era sempre più sottomessa e lui aveva iniziato a farsi servire sempre più.
Quando arrivava a casa lei doveva assisterlo alla svestizione. Lui faceva cadere a terra i vestiti e lei doveva raccoglierli e sistemarli.
Prima ancora, però, si sedeva, le ordinava di togliergli le scarpe e le calze e di rinfrescargli i piedi con la lingua. Adorava vedere quella bella e giovane donna leccargli i piedi sudati della giornata. Oltre alla sottomissione, gli piaceva umiliarla.
Una sera entrò in casa e la trovò nuda e prostrata a terra. Appena entrato lei si avvicinò alle sue scarpe e, piangendo, iniziò a leccargliele.
“E’ andato male ancora l’esame…”.
Attimi di silenzio. Si sentiva solo il suo pianto e la lingua passare sulla scarpe.
La sua voce era calma ma ferma.
Fu la calma a farla restare ulteriormente male.
Come ordinato, si mise inginocchiata con le mani appoggiate al muro.
Lui si tolse la cinghia e iniziò a frustarla.
Furono 20 i colpi al termine dei quali lei si gettò, piangente, ai suoi piedi.
La sua voce era ancora calma e questo la disorientò. Lui si diresse alla poltrona.
“Vieni a fare il tuo lavoro”.
Cominciò a leccargli i piedi ma sapeva che non era finita lì.
Si aspettava una sfuriata che non avvenne.
“Prepara la cena”.
“Sì”.
Non attese nemmeno l’ordine. Preparò solo per lui, sapendo che lei non avrebbe mangiato.
Gliela servì restando inginocchiata mentre lui mangiava.
Tra un boccone e l’altro lui le parlò, ma sempre con quella calma che lei trovava destabilizzante.
“Evidentemente non è servita l’altra volta e non te ne sei fatta niente di tutta la comprensione e l’aiuto che hai chiesto”.
Andò avanti a mangiare, ancora in silenzio, lasciandola in attesa.
“Leccami i piedi mentre mangio”.
Andò sotto il tavolo, gli tolse le ciabatte e cominciò a leccare.
“Metti le mani sotto i piedi”.
Anna obbedì per non fargli toccare il pavimento freddo con i piedi, mentre sul pavimento freddo doveva starci lei.
Dopo cena la scopò con forza, con possesso e, poi, se la tenne sotto i piedi fino alla fine del film, immobile.
Ogni tanto le metteva sul viso il piede che lei doveva leccare.
Ormai Anna doveva servirlo in tutto, anche nelle più piccole cose.
Adam aveva acquistato una campanellina.
Quando aveva bisogno di essere servito, per qualsiasi cosa, la faceva suonare e lei doveva andare da lui ed inginocchiarsi per attendere l’ordine.
Così, quando leggeva un libro e lei stava lavorando, se aveva sete gli bastava agitare la campanellina e lei accorreva da lui, si inginocchiava fronte a terra e attendeva di conoscere i suoi desideri.
A volte suonava la campanellina solo per il piacere di vederla accorrere e prostrarsi ai suoi piedi.
La teneva lì anche qualche decina di minuti, e poi la rimandava a lavorare.
Nei giorni successivi le trovò un lavoro, vista anche l’avvicinarsi dell’estate. Aveva bisogno di capire la vita.
Questo non le impediva, ovviamente, di servirlo a casa e di soddisfarlo a suo piacimento, sempre più docile e remissiva, anche a seguito della stanchezza.
Prima di addormentarsi la abbracciava e confortava, dandole quella protezione che a lei serviva, prendendosi cura di lei in tanti aspetti della vita, in cambio della sua sempre più crescente sottomissione.
Lei aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei ed aveva capito che in cambio doveva dare ciò che a lui piaceva. Quindi si sottoponeva a quanto stava accadendo.
Una sera nuovamente lo attese prostrata, nuda, piangente di un pianto disperato.
Era stata licenziata ed aveva fatto perdere molti soldi al datore di lavoro che, adesso, l’aveva minacciata per richiedere i danni.
Un fallimento dietro l’altro.
Lui subito si infuriò, poi le ordinò di mettersi in posizione.
Furono una 50ina i colpi di cinghia. Una trentina sulla schiena e la restante parte sui seni e sul ventre.
Alla fine era tutta segnata, quando si gettò, piangente, ai suoi piedi.
La fece stendere sulla schiena e le mise con forza una scarpa sui seni, schiacciandola, poi le mise la suola davanti alla bocca.
“Lecca la suola, giusto questo puoi fare”.
Tirò fuori la lingua e cominciò ad eseguire.
La lasciò lì e andò a farsi la doccia e a cambiarsi.
Il giorno dopo avrebbe chiamato l’ex datore di lavoro e cercato di capire cosa fosse successo.
Nonostante tutto provò qualcosa al basso ventre per come l’aveva trattata.
A cena, lei era inginocchiata con la fronte a terra.
“Da questa sera tu non mangerai più con me per lungo tempo. Dovrai servirmi stando nuda ed inginocchiata, ma non solo durante la cena. In casa ti voglio sempre nuda ed inginocchiata. In mia presenza, fino a nuovo ordine, ti sono precluse le sedie, le poltrone ed i divani. Devi sempre stare a terra e quando sei stanca ti stendi sul tappeto”.
“Sì”.
“Sei un fallimento in ogni cosa. Adesso ci metti pure in difficoltà per i danni che hai fatto dopo nemmeno un mese di lavoro. Evidentemente ti meriti ben altro rispetto alla bambagia nella quale ti hanno cresciuta i tuoi genitori. Finchè non deciderò diversamente, non potrai più uscire da casa, dovrai solo fare la serva, pulire tutto il giorno e servirmi. Ogni tanto, quando deciderò, ti frusterò”.
Si aspettava una replica, invece arrivò un “Sì”.
“Leccami i piedi mentre mangio”.
La ragazza eseguì.
La relazione ebbe una ulteriore improvvisa accelerazione.
Si eccitò. Voleva portarla sempre più giù. La voleva ridurre sua schiava.
Dopo cena andò in garage. Tornò con una catena e due lucchetti. Le mise la catena al collo e la legò con un lucchetto in modo da farle da collare e guinzaglio. La usò sessualmente sul pavimento, con forza e decisione tenendo in mano il guinzaglio e tirandolo all’occorrenza per farle sentire che era lui ad avere il potere su di lei, che era sua.
Quella sera le godette nel sesso e si fece pulire tenendo il guinzaglio corto avvolto tra le mani. Se la tenne ai piedi e le impedì di andarsi a pulire.
Accese la televisione e la usò come poggiapiedi, dopo avere legato il guinzaglio molto corto alla gamba della poltrona. Lei non osò muoversi.
Alla fine del film era nuovamente eccitato.
La nuova situazione gli faceva circolare il sangue. Averla usata duramente e averla tenuta, docile, sotto i suoi piedi, gli smosse ancora il basso ventre. La sapeva digiuna per suo volere e con il bel corpo tutto segnato.
La bella mogliettina giovane incatenata era eccitantissima.
Tenendola al guinzaglio, facendola muovere a 4 zampe, per la prima volta, la potrò in bagno e le consentì di scaricarsi la vescica.
La portò in camera, sempre a 4 zampe. Legò la catena del guinzaglio col lucchetto al termosifone spento vista la stagione estiva, la fece mettere inginocchio e le scopò la bocca tenendola per i capelli. Quando fu soddisfatto della durezza, le ordinò di stendersi, le si sdraiò sopra e la usò ancora sessualmente.
Al termine si alzò e la guardò stesa ai suoi piedi.
“Per dormire a letto te lo devi meritare. Per un gran pezzo dormirai lì sul tappeto, incatenata”.
Andò a letto e, rilassato dalle due godute, dormì bene, comodo nel letto, pensando alla giovane donna incatenata a terra, come un cane, come una schiava che aveva accettato tutto, in silenzio.
Quando arrivava a casa lei doveva assisterlo alla svestizione. Lui faceva cadere a terra i vestiti e lei doveva raccoglierli e sistemarli.
Prima ancora, però, si sedeva, le ordinava di togliergli le scarpe e le calze e di rinfrescargli i piedi con la lingua. Adorava vedere quella bella e giovane donna leccargli i piedi sudati della giornata. Oltre alla sottomissione, gli piaceva umiliarla.
Una sera entrò in casa e la trovò nuda e prostrata a terra. Appena entrato lei si avvicinò alle sue scarpe e, piangendo, iniziò a leccargliele.
“E’ andato male ancora l’esame…”.
Attimi di silenzio. Si sentiva solo il suo pianto e la lingua passare sulla scarpe.
La sua voce era calma ma ferma.
Fu la calma a farla restare ulteriormente male.
Come ordinato, si mise inginocchiata con le mani appoggiate al muro.
Lui si tolse la cinghia e iniziò a frustarla.
Furono 20 i colpi al termine dei quali lei si gettò, piangente, ai suoi piedi.
La sua voce era ancora calma e questo la disorientò. Lui si diresse alla poltrona.
“Vieni a fare il tuo lavoro”.
Cominciò a leccargli i piedi ma sapeva che non era finita lì.
Si aspettava una sfuriata che non avvenne.
“Prepara la cena”.
“Sì”.
Non attese nemmeno l’ordine. Preparò solo per lui, sapendo che lei non avrebbe mangiato.
Gliela servì restando inginocchiata mentre lui mangiava.
Tra un boccone e l’altro lui le parlò, ma sempre con quella calma che lei trovava destabilizzante.
“Evidentemente non è servita l’altra volta e non te ne sei fatta niente di tutta la comprensione e l’aiuto che hai chiesto”.
Andò avanti a mangiare, ancora in silenzio, lasciandola in attesa.
“Leccami i piedi mentre mangio”.
Andò sotto il tavolo, gli tolse le ciabatte e cominciò a leccare.
“Metti le mani sotto i piedi”.
Anna obbedì per non fargli toccare il pavimento freddo con i piedi, mentre sul pavimento freddo doveva starci lei.
Dopo cena la scopò con forza, con possesso e, poi, se la tenne sotto i piedi fino alla fine del film, immobile.
Ogni tanto le metteva sul viso il piede che lei doveva leccare.
Ormai Anna doveva servirlo in tutto, anche nelle più piccole cose.
Adam aveva acquistato una campanellina.
Quando aveva bisogno di essere servito, per qualsiasi cosa, la faceva suonare e lei doveva andare da lui ed inginocchiarsi per attendere l’ordine.
Così, quando leggeva un libro e lei stava lavorando, se aveva sete gli bastava agitare la campanellina e lei accorreva da lui, si inginocchiava fronte a terra e attendeva di conoscere i suoi desideri.
A volte suonava la campanellina solo per il piacere di vederla accorrere e prostrarsi ai suoi piedi.
La teneva lì anche qualche decina di minuti, e poi la rimandava a lavorare.
Nei giorni successivi le trovò un lavoro, vista anche l’avvicinarsi dell’estate. Aveva bisogno di capire la vita.
Questo non le impediva, ovviamente, di servirlo a casa e di soddisfarlo a suo piacimento, sempre più docile e remissiva, anche a seguito della stanchezza.
Prima di addormentarsi la abbracciava e confortava, dandole quella protezione che a lei serviva, prendendosi cura di lei in tanti aspetti della vita, in cambio della sua sempre più crescente sottomissione.
Lei aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei ed aveva capito che in cambio doveva dare ciò che a lui piaceva. Quindi si sottoponeva a quanto stava accadendo.
Una sera nuovamente lo attese prostrata, nuda, piangente di un pianto disperato.
Era stata licenziata ed aveva fatto perdere molti soldi al datore di lavoro che, adesso, l’aveva minacciata per richiedere i danni.
Un fallimento dietro l’altro.
Lui subito si infuriò, poi le ordinò di mettersi in posizione.
Furono una 50ina i colpi di cinghia. Una trentina sulla schiena e la restante parte sui seni e sul ventre.
Alla fine era tutta segnata, quando si gettò, piangente, ai suoi piedi.
La fece stendere sulla schiena e le mise con forza una scarpa sui seni, schiacciandola, poi le mise la suola davanti alla bocca.
“Lecca la suola, giusto questo puoi fare”.
Tirò fuori la lingua e cominciò ad eseguire.
La lasciò lì e andò a farsi la doccia e a cambiarsi.
Il giorno dopo avrebbe chiamato l’ex datore di lavoro e cercato di capire cosa fosse successo.
Nonostante tutto provò qualcosa al basso ventre per come l’aveva trattata.
A cena, lei era inginocchiata con la fronte a terra.
“Da questa sera tu non mangerai più con me per lungo tempo. Dovrai servirmi stando nuda ed inginocchiata, ma non solo durante la cena. In casa ti voglio sempre nuda ed inginocchiata. In mia presenza, fino a nuovo ordine, ti sono precluse le sedie, le poltrone ed i divani. Devi sempre stare a terra e quando sei stanca ti stendi sul tappeto”.
“Sì”.
“Sei un fallimento in ogni cosa. Adesso ci metti pure in difficoltà per i danni che hai fatto dopo nemmeno un mese di lavoro. Evidentemente ti meriti ben altro rispetto alla bambagia nella quale ti hanno cresciuta i tuoi genitori. Finchè non deciderò diversamente, non potrai più uscire da casa, dovrai solo fare la serva, pulire tutto il giorno e servirmi. Ogni tanto, quando deciderò, ti frusterò”.
Si aspettava una replica, invece arrivò un “Sì”.
“Leccami i piedi mentre mangio”.
La ragazza eseguì.
La relazione ebbe una ulteriore improvvisa accelerazione.
Si eccitò. Voleva portarla sempre più giù. La voleva ridurre sua schiava.
Dopo cena andò in garage. Tornò con una catena e due lucchetti. Le mise la catena al collo e la legò con un lucchetto in modo da farle da collare e guinzaglio. La usò sessualmente sul pavimento, con forza e decisione tenendo in mano il guinzaglio e tirandolo all’occorrenza per farle sentire che era lui ad avere il potere su di lei, che era sua.
Quella sera le godette nel sesso e si fece pulire tenendo il guinzaglio corto avvolto tra le mani. Se la tenne ai piedi e le impedì di andarsi a pulire.
Accese la televisione e la usò come poggiapiedi, dopo avere legato il guinzaglio molto corto alla gamba della poltrona. Lei non osò muoversi.
Alla fine del film era nuovamente eccitato.
La nuova situazione gli faceva circolare il sangue. Averla usata duramente e averla tenuta, docile, sotto i suoi piedi, gli smosse ancora il basso ventre. La sapeva digiuna per suo volere e con il bel corpo tutto segnato.
La bella mogliettina giovane incatenata era eccitantissima.
Tenendola al guinzaglio, facendola muovere a 4 zampe, per la prima volta, la potrò in bagno e le consentì di scaricarsi la vescica.
La portò in camera, sempre a 4 zampe. Legò la catena del guinzaglio col lucchetto al termosifone spento vista la stagione estiva, la fece mettere inginocchio e le scopò la bocca tenendola per i capelli. Quando fu soddisfatto della durezza, le ordinò di stendersi, le si sdraiò sopra e la usò ancora sessualmente.
Al termine si alzò e la guardò stesa ai suoi piedi.
“Per dormire a letto te lo devi meritare. Per un gran pezzo dormirai lì sul tappeto, incatenata”.
Andò a letto e, rilassato dalle due godute, dormì bene, comodo nel letto, pensando alla giovane donna incatenata a terra, come un cane, come una schiava che aveva accettato tutto, in silenzio.
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