Nudo di ragazza che dorme
di
Yuko
genere
saffico
Una ragazza nuda, molto giovane, sdraiata su un letto, vista frontalmente.
É addormentata. Il volto orientale, gli zigomi alti, gli occhi molto allungati, capelli neri, lisci... Probabilmente giapponese.
Il corpo è lascivamente abbandonato. La bocca socchiusa, i capelli corti ricadono sulla federa azzurra di un cuscino e in due ciocche contigue, sul volto, coprendole in parte un occhio, giungendo fino all'angolo della bocca e al labbro superiore. In un millimetro di fessura tra le labbra biancheggiano gli incisivi. La testa è piegata di lato, sulla spalla sinistra, il braccio omolaterale è sollevato dal dorso, il gomito piegato; la mano arriva sul cuscino vicino ai capelli.
L'ascella è depilata e curata. Il seno è giovane e sporgente, nonostante la posizione sdraiata, i capezzoli grossi e un po' scuri. La mano destra sul ventre. Il dito anulare copre l'ombelico. Vita abbastanza stretta, ma si nota che la ragazza è un po' robustina, sicuramente non magra.
Ma le si può perdonare il lieve sovrappeso perchè è davvero giovane.
Così giovane da non avere ancora quei problemi mentali per cercare di essere più magra, di curare la linea.
È bella comunque e la giovinezza supera tutto.
Un corpo poco più che adolescenziale, un corpo da liceale.
I peli del pube sono vezzosamente decorati. Una parziale depilazione ne ha ridotto l'estensione ad una stretta striscia che dalla vulva si inoltra guardinga sul monte di Venere, che sporge appena sul ventre, polposo e un po' cicciottello.
Non si vede la vulva, tagliata dalla foto, né tantomeno le cosce. Ma la foto è ben composta.
Tutta l'attenzione è dirottata verso il volto dormiente ed il seno prorompente, sapientemente al centro della foto. Il corpo è nudo, e tanto basta. L'organo sessuale appena accennato, presente e rappresentato, ma a latere. Giusto per far capire che la ragazza è davvero completamente nuda e che, giovane e sbarazzina, si è decorata il pelo del pube per piacere ad altri e non per sé stessa.
Sono io.
Età: alla fine del liceo. Diciotto anni, forse anche meno.
Questa foto me l'ha fatta Jadine, la mia amica e, a quel tempo, compagna di studi; a casa sua, sul suo letto, dopo un'intensa notte d'amore.
Dio mio come eravamo giovani.
Giovani ed inesperte, soprattutto io, completamente all'oscuro delle gioie del sesso, delle potenzialità del mio corpo, del corpo di una donna, di una ragazza.
Di quanto potevo provare e far provare, ad un'altra donna e poi, con il tempo e l'esperienza, ad un uomo.
Di cosa un uomo esperto, un uomo generoso e attento, avrebbe potuto farmi provare, farmi godere.
Più facilmente con una donna, evidentemente più esperta su come stimolare e far godere un'altra donna, ma sicuramente più dolce ed altruista, nel regalare e condividere il piacere ad una compagna.
Una donna legata ad un'altra donna da un intenso coinvolgimento emotivo.
Una ragazza che ama un'altra ragazza.
Una ragazza africana, senegalese, molto smaliziata, dichiaratamente bisessuale, che si appassiona e si innamora di una compagna di classe giapponese, imbranata, timida ed imbarazzata.
Nessuna esperienza sessuale, nessun approccio da parte di un uomo, nessuna da parte di una donna.
Nessun interesse, il sesso inteso come un tabù. Il sesso come esperienza imbarazzante, troppo intima, troppo rischiosa per chi ha paura ad esporsi. Troppo provocante per chi non si sente accettata, per chi si sente emarginata.
Fino a quando la giovane africana invita la giapponese a studiare insieme.
Come eravamo giovani.
Spensierate, spudorate, innamorate.
Perse irrimediabilmente una nel cuore dell'altra, e poi una nel corpo dell'altra.
La passione, la scoperta del proprio corpo, delle zone sensibili, delle zone erogene; di quelle zone che da sensibili, diventano erogene quando cresce l'eccitazione sessuale.
Giovani e piene di energie.
La ragazza sul letto è stravolta dopo una nottata di sesso, con ben poche pause.
Quanta energia in quelle notti, quanta sete di scoperta.
Ragazze insaziabili, ragazze che temono di non aver abbastanza tempo o di dover recuperare esperienze perdute.
La cena insieme, lasciata a metà per saltarsi subito addosso.
Impazienza.
La birra aperta a svaporare nelle bottiglie di Adelscott.
Troppo allupate per ubriacarsi, troppo interessate a fare l'amore per finire una noiosa cena fuorviante.
Le ragazze si saltano subito addosso, i vestiti volano, strappati coi denti.
Macchè rituali, macchè gradualità.
Quella sarebbe venuta dopo.
Solo sesso sfrenato, voglia incontenibile.
Ci si spogliava al volto per affondare subito la faccia nei seni, per pennellarsi di lingua il collo, le labbra, i seni, i capezzoli.
Limonate che duravano un'intera riproduzione di un CD.
Occhi chiusi, lingue in bocca e le mani che se ne andavano in giro.
Dita sui capezzoli, dita tra le cosce, dita a tirarsi i peli del pube.
Vagine gocciolanti di ebbrezza, ondate di piacere.
Odori di sesso, di donne eccitate.
L'ambiente saturo di odore di figa, detergente intimo e sudore.
L'odore acre e pungente delle adolescenti, delle fighe fradicie.
Chi la sentiva la temperatura, il caldo d'estate o il freddo di inverno.
Sempre nude a scoparsi. Solo dopo ci si rifugiava sotto una trapunta o sotto una doccia fresca.
Un sorriso malizioso, due occhi che ti bucavano, ti avvolgevano.
Il desiderio che si palesava di nuovo, appena finito di fare l'amore.
Uno sguardo ancora e subito una sopra l'altra, a fare di nuovo l'amore.
Le dita nel sedere, le dita che sguazzavano nelle tope.
Giochi di lingue. Come ci annusavamo quando affondavamo la faccia nelle vulve, quando avanzavamo tra le cosce, come pantere in calore, per impiantarci nei solchi vaginali, sui clitoridi esposti a colpi di lingua.
Odore d'Africa, forte e selvaggio. Odore d'oriente.
Il bagno insieme, i giochi con i piedi, sui seni e tra le cosce.
La mani nelle chiappe, le sberle, i segni rossi che rimanevano sulla pelle.
“Ouh! Ma sei impazzita!” uno sberlone sul culo, e lei, Jadine, che mi guarda con aria di sfida e si morde il labbro, e aspetta per vedere cosa farò.
I morsi sui capezzoli, di quelle strizzate di tette quasi da urlare.
“Cazzo, cazzo, cazzo, Yuko, mi fai male, figa!”
“Vieni qui, troietta!”
“Mangiami!”
Abbracciarsi e rotolarsi fino a cadere dal letto.
Le cosce avvinghiate. Culi e tette che rotolano sulle lenzuola.
Mamma mia, che scopate.
Se quei muri, se quei cuscini potessero parlare e raccontare!
Lenzuola bagnate di umori femminili, le macchie umide sul materasso di Jadine.
Poi abbiamo imparato a metterci un asciugamano sotto.
Ma quanto sbrodavamo sulle lenzuola quell'ultimo anno di liceo?
Non era solo saliva, sicuramente non il sudore.
Il culo di Jadine che si bagnava quando ci mettevo le dita dentro, come una vagina.
Ci mettevo le dita dentro e vedevo le gocce che colavano dalla vagina, come un rubinetto che perde.
Avrei potuto riempirci una tazzina da caffè.
E poi, quando mi ha insegnato il sesso anale, quando ha iniziato ad esplorarmi, a farmi capire come godere. La gradualità, qui sì che ci voleva, per stimolare la mucosa anale a provare piacere.
La stimolazione associata a quella del clitoride, per imparare poi a godere senza più doversi sgrillettare per forza.
Le pernacchie sulla pelle bagnata di saliva delle tette.
Quelle tette color mogano, lucide di sudore e della mia lingua.
Gli esperimenti del capezzolo sul clitoride, contorsionismi, scivolate, voli e risate come due sceme.
Risate fino a rimanere senza respiro.
Di quelle risate che ti vengono di quegli addominali come un body builder.
Altrochè tartarughe.
“Che ginnastica fai per avere quel fisico, quegli addominali?”
“Rido mezz'ora al giorno”
Solo pochi minuti tra un orgasmo e un altro e si ripartiva subito. Non ci si stancava mai.
E poi gli orgasmi multipli, gli orgasmini e i preorgasmi.
Gli orgasmi clitoridei, gli orgasmi vaginali e poi, più difficili, gli orgasmi anali.
La prima volta nel culo...
Mi bagno solo al pensiero, mi viene il fiatone e mi si strizzano i capezzoli.
Vent'anni, diciotto anni, il liceo.
Le serate di studio. Sì, altrochè serate di studio. Studi di anatomia femminile, fisiologia della riproduzione, sessuologia.
“Ma', vado da Jadine a studiare, mi fermo da lei a dormire!”
“Brava Yuko, salutami Jadine”
Che scopate...
Che spensieratezza, quando piangevi per un 3 in matematica, quando non si capiva un cazzo delle formule di Maxwell, quando prendevamo per il culo la prof di latino.
Le ore di ginnastica, quelle tette giovani che ballavano quando correvamo in cerchio. Jadine che si spogliava a petto nudo nello spogliatoio, mentre io mi sarei messa anche l'accappatoio o la muta da sub per non far vedere neanche una caviglia, un piede nudo, un centimetro di pelle o l'ombelico.
E lei che se ne andava in giro a petto nudo a chiedere una sigaretta. E se la secchiona della classe le diceva qualcosa, la squadrava dalla testa ai piedi e poi le diceva qualcosa in dialetto senegalese, qualcosa che non riusciva neanche a tradurre.
Quel culo sporgente da africana, da diciottenne del Senegal, quelle chiappe di marmo, quel seno di bronzo.
Poi le prime occhiate verso di me, i primi approcci, fino a quel pomeriggio a casa sua, e poi la notte a dormire insieme nel suo letto.
Lei che mi toccava ed io che scappavo, viola e imbarazzata.
Il primo bacio sulla bocca, i primi giochi con la lingua.
Jadine che mi insegna come limonare e poi noi due che facciamo le prove pratiche.
E quella matta che mentre mi limona mi prende in mano una tetta; e scopre che ho i capezzoli eccitati.
“Mais très bien, Yuko! Vraiment très très bien, ma petite!”
Il primo orgasmo, la scoperta degli orgasmi multipli.
L'amore con la musica, il bagno insieme.
Jadine che mi spoglia ed io che mi copro.
Jadine che mi abbassa la spallina della canottiera per guardarmi una tetta.
“Fammi vedere come avete i capezzoli voi orientali”
“Ma tu sei tutta scema, Jadine!”
Risate.
“E metti giù le mani, maiala!”
Sculacciata sul culo.
I suoi peli ricci ed i miei peli dritti, quando non ci depilavamo.
Mamma mia, beata giovinezza.
Ed ora che ho nelle mie mani la vita delle persone, che se sbaglio una valutazione, una terapia, rischio la vita di un essere umano.
Ora che mi addormento davanti al computer quando, alle cinque di mattina, ho lavorato tutta la notte, cinque ricoveri, un paziente in edema polmonare acuto, uno in angina, le glicemie impazzite, i deliri degli anziani in insufficienza respiratoria.
E sbircio tra le nebbie di Milano per sapere quanto manca all'alba.
Voglia di giovinezza, voglia di spensieratezza, di sesso libero, scoperta e risate.
Voglia di carezze tra donne.
Una foto.
Una ragazza giapponese che dorme su un letto sfatto, dopo una notte di sesso con una ragazza senegalese.
Senza tregua, senza respiro.
É addormentata. Il volto orientale, gli zigomi alti, gli occhi molto allungati, capelli neri, lisci... Probabilmente giapponese.
Il corpo è lascivamente abbandonato. La bocca socchiusa, i capelli corti ricadono sulla federa azzurra di un cuscino e in due ciocche contigue, sul volto, coprendole in parte un occhio, giungendo fino all'angolo della bocca e al labbro superiore. In un millimetro di fessura tra le labbra biancheggiano gli incisivi. La testa è piegata di lato, sulla spalla sinistra, il braccio omolaterale è sollevato dal dorso, il gomito piegato; la mano arriva sul cuscino vicino ai capelli.
L'ascella è depilata e curata. Il seno è giovane e sporgente, nonostante la posizione sdraiata, i capezzoli grossi e un po' scuri. La mano destra sul ventre. Il dito anulare copre l'ombelico. Vita abbastanza stretta, ma si nota che la ragazza è un po' robustina, sicuramente non magra.
Ma le si può perdonare il lieve sovrappeso perchè è davvero giovane.
Così giovane da non avere ancora quei problemi mentali per cercare di essere più magra, di curare la linea.
È bella comunque e la giovinezza supera tutto.
Un corpo poco più che adolescenziale, un corpo da liceale.
I peli del pube sono vezzosamente decorati. Una parziale depilazione ne ha ridotto l'estensione ad una stretta striscia che dalla vulva si inoltra guardinga sul monte di Venere, che sporge appena sul ventre, polposo e un po' cicciottello.
Non si vede la vulva, tagliata dalla foto, né tantomeno le cosce. Ma la foto è ben composta.
Tutta l'attenzione è dirottata verso il volto dormiente ed il seno prorompente, sapientemente al centro della foto. Il corpo è nudo, e tanto basta. L'organo sessuale appena accennato, presente e rappresentato, ma a latere. Giusto per far capire che la ragazza è davvero completamente nuda e che, giovane e sbarazzina, si è decorata il pelo del pube per piacere ad altri e non per sé stessa.
Sono io.
Età: alla fine del liceo. Diciotto anni, forse anche meno.
Questa foto me l'ha fatta Jadine, la mia amica e, a quel tempo, compagna di studi; a casa sua, sul suo letto, dopo un'intensa notte d'amore.
Dio mio come eravamo giovani.
Giovani ed inesperte, soprattutto io, completamente all'oscuro delle gioie del sesso, delle potenzialità del mio corpo, del corpo di una donna, di una ragazza.
Di quanto potevo provare e far provare, ad un'altra donna e poi, con il tempo e l'esperienza, ad un uomo.
Di cosa un uomo esperto, un uomo generoso e attento, avrebbe potuto farmi provare, farmi godere.
Più facilmente con una donna, evidentemente più esperta su come stimolare e far godere un'altra donna, ma sicuramente più dolce ed altruista, nel regalare e condividere il piacere ad una compagna.
Una donna legata ad un'altra donna da un intenso coinvolgimento emotivo.
Una ragazza che ama un'altra ragazza.
Una ragazza africana, senegalese, molto smaliziata, dichiaratamente bisessuale, che si appassiona e si innamora di una compagna di classe giapponese, imbranata, timida ed imbarazzata.
Nessuna esperienza sessuale, nessun approccio da parte di un uomo, nessuna da parte di una donna.
Nessun interesse, il sesso inteso come un tabù. Il sesso come esperienza imbarazzante, troppo intima, troppo rischiosa per chi ha paura ad esporsi. Troppo provocante per chi non si sente accettata, per chi si sente emarginata.
Fino a quando la giovane africana invita la giapponese a studiare insieme.
Come eravamo giovani.
Spensierate, spudorate, innamorate.
Perse irrimediabilmente una nel cuore dell'altra, e poi una nel corpo dell'altra.
La passione, la scoperta del proprio corpo, delle zone sensibili, delle zone erogene; di quelle zone che da sensibili, diventano erogene quando cresce l'eccitazione sessuale.
Giovani e piene di energie.
La ragazza sul letto è stravolta dopo una nottata di sesso, con ben poche pause.
Quanta energia in quelle notti, quanta sete di scoperta.
Ragazze insaziabili, ragazze che temono di non aver abbastanza tempo o di dover recuperare esperienze perdute.
La cena insieme, lasciata a metà per saltarsi subito addosso.
Impazienza.
La birra aperta a svaporare nelle bottiglie di Adelscott.
Troppo allupate per ubriacarsi, troppo interessate a fare l'amore per finire una noiosa cena fuorviante.
Le ragazze si saltano subito addosso, i vestiti volano, strappati coi denti.
Macchè rituali, macchè gradualità.
Quella sarebbe venuta dopo.
Solo sesso sfrenato, voglia incontenibile.
Ci si spogliava al volto per affondare subito la faccia nei seni, per pennellarsi di lingua il collo, le labbra, i seni, i capezzoli.
Limonate che duravano un'intera riproduzione di un CD.
Occhi chiusi, lingue in bocca e le mani che se ne andavano in giro.
Dita sui capezzoli, dita tra le cosce, dita a tirarsi i peli del pube.
Vagine gocciolanti di ebbrezza, ondate di piacere.
Odori di sesso, di donne eccitate.
L'ambiente saturo di odore di figa, detergente intimo e sudore.
L'odore acre e pungente delle adolescenti, delle fighe fradicie.
Chi la sentiva la temperatura, il caldo d'estate o il freddo di inverno.
Sempre nude a scoparsi. Solo dopo ci si rifugiava sotto una trapunta o sotto una doccia fresca.
Un sorriso malizioso, due occhi che ti bucavano, ti avvolgevano.
Il desiderio che si palesava di nuovo, appena finito di fare l'amore.
Uno sguardo ancora e subito una sopra l'altra, a fare di nuovo l'amore.
Le dita nel sedere, le dita che sguazzavano nelle tope.
Giochi di lingue. Come ci annusavamo quando affondavamo la faccia nelle vulve, quando avanzavamo tra le cosce, come pantere in calore, per impiantarci nei solchi vaginali, sui clitoridi esposti a colpi di lingua.
Odore d'Africa, forte e selvaggio. Odore d'oriente.
Il bagno insieme, i giochi con i piedi, sui seni e tra le cosce.
La mani nelle chiappe, le sberle, i segni rossi che rimanevano sulla pelle.
“Ouh! Ma sei impazzita!” uno sberlone sul culo, e lei, Jadine, che mi guarda con aria di sfida e si morde il labbro, e aspetta per vedere cosa farò.
I morsi sui capezzoli, di quelle strizzate di tette quasi da urlare.
“Cazzo, cazzo, cazzo, Yuko, mi fai male, figa!”
“Vieni qui, troietta!”
“Mangiami!”
Abbracciarsi e rotolarsi fino a cadere dal letto.
Le cosce avvinghiate. Culi e tette che rotolano sulle lenzuola.
Mamma mia, che scopate.
Se quei muri, se quei cuscini potessero parlare e raccontare!
Lenzuola bagnate di umori femminili, le macchie umide sul materasso di Jadine.
Poi abbiamo imparato a metterci un asciugamano sotto.
Ma quanto sbrodavamo sulle lenzuola quell'ultimo anno di liceo?
Non era solo saliva, sicuramente non il sudore.
Il culo di Jadine che si bagnava quando ci mettevo le dita dentro, come una vagina.
Ci mettevo le dita dentro e vedevo le gocce che colavano dalla vagina, come un rubinetto che perde.
Avrei potuto riempirci una tazzina da caffè.
E poi, quando mi ha insegnato il sesso anale, quando ha iniziato ad esplorarmi, a farmi capire come godere. La gradualità, qui sì che ci voleva, per stimolare la mucosa anale a provare piacere.
La stimolazione associata a quella del clitoride, per imparare poi a godere senza più doversi sgrillettare per forza.
Le pernacchie sulla pelle bagnata di saliva delle tette.
Quelle tette color mogano, lucide di sudore e della mia lingua.
Gli esperimenti del capezzolo sul clitoride, contorsionismi, scivolate, voli e risate come due sceme.
Risate fino a rimanere senza respiro.
Di quelle risate che ti vengono di quegli addominali come un body builder.
Altrochè tartarughe.
“Che ginnastica fai per avere quel fisico, quegli addominali?”
“Rido mezz'ora al giorno”
Solo pochi minuti tra un orgasmo e un altro e si ripartiva subito. Non ci si stancava mai.
E poi gli orgasmi multipli, gli orgasmini e i preorgasmi.
Gli orgasmi clitoridei, gli orgasmi vaginali e poi, più difficili, gli orgasmi anali.
La prima volta nel culo...
Mi bagno solo al pensiero, mi viene il fiatone e mi si strizzano i capezzoli.
Vent'anni, diciotto anni, il liceo.
Le serate di studio. Sì, altrochè serate di studio. Studi di anatomia femminile, fisiologia della riproduzione, sessuologia.
“Ma', vado da Jadine a studiare, mi fermo da lei a dormire!”
“Brava Yuko, salutami Jadine”
Che scopate...
Che spensieratezza, quando piangevi per un 3 in matematica, quando non si capiva un cazzo delle formule di Maxwell, quando prendevamo per il culo la prof di latino.
Le ore di ginnastica, quelle tette giovani che ballavano quando correvamo in cerchio. Jadine che si spogliava a petto nudo nello spogliatoio, mentre io mi sarei messa anche l'accappatoio o la muta da sub per non far vedere neanche una caviglia, un piede nudo, un centimetro di pelle o l'ombelico.
E lei che se ne andava in giro a petto nudo a chiedere una sigaretta. E se la secchiona della classe le diceva qualcosa, la squadrava dalla testa ai piedi e poi le diceva qualcosa in dialetto senegalese, qualcosa che non riusciva neanche a tradurre.
Quel culo sporgente da africana, da diciottenne del Senegal, quelle chiappe di marmo, quel seno di bronzo.
Poi le prime occhiate verso di me, i primi approcci, fino a quel pomeriggio a casa sua, e poi la notte a dormire insieme nel suo letto.
Lei che mi toccava ed io che scappavo, viola e imbarazzata.
Il primo bacio sulla bocca, i primi giochi con la lingua.
Jadine che mi insegna come limonare e poi noi due che facciamo le prove pratiche.
E quella matta che mentre mi limona mi prende in mano una tetta; e scopre che ho i capezzoli eccitati.
“Mais très bien, Yuko! Vraiment très très bien, ma petite!”
Il primo orgasmo, la scoperta degli orgasmi multipli.
L'amore con la musica, il bagno insieme.
Jadine che mi spoglia ed io che mi copro.
Jadine che mi abbassa la spallina della canottiera per guardarmi una tetta.
“Fammi vedere come avete i capezzoli voi orientali”
“Ma tu sei tutta scema, Jadine!”
Risate.
“E metti giù le mani, maiala!”
Sculacciata sul culo.
I suoi peli ricci ed i miei peli dritti, quando non ci depilavamo.
Mamma mia, beata giovinezza.
Ed ora che ho nelle mie mani la vita delle persone, che se sbaglio una valutazione, una terapia, rischio la vita di un essere umano.
Ora che mi addormento davanti al computer quando, alle cinque di mattina, ho lavorato tutta la notte, cinque ricoveri, un paziente in edema polmonare acuto, uno in angina, le glicemie impazzite, i deliri degli anziani in insufficienza respiratoria.
E sbircio tra le nebbie di Milano per sapere quanto manca all'alba.
Voglia di giovinezza, voglia di spensieratezza, di sesso libero, scoperta e risate.
Voglia di carezze tra donne.
Una foto.
Una ragazza giapponese che dorme su un letto sfatto, dopo una notte di sesso con una ragazza senegalese.
Senza tregua, senza respiro.
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