Notte fonda, entrami dentro
di
Yuko
genere
etero
È tardi quando Jos viene a letto.
Abbandonata sotto le coperte, addormentata prona, avvolgo il cuscino nel mio abbraccio mentre mi abbandono ai primi sogni.
Alla luce fioca che evapora dal comodino l'olandese solleva le coperte scoprendomi le cosce. Il suo sguardo dai miei piedi risale lungo le gambe per arrestarsi sul bordo della camicina, proprio dove le cosce confluiscono.
Solleva il lembo e mi guarda il sedere.
L'ombra si infittisce dove le cosce si riuniscono; tra le rotondità dei glutei lo sguardo scivola dove inizia la vulva, tra i primi peli.
Delicatamente mi sposta una coscia per focalizzare l'oggetto del suo interesse.
Si mette comodo, si appoggia con le mani sui miei muscoli ed avvicina la lingua.
Nel mio sonno disturbato percepisco qualcosa di umido che mi scivola sul sedere.
Mi riscuoto, la lingua si insinua in basso, la fronte Jos mi spinge sul sedere.
Mi sveglio.
Con fatica qualcuno si spinge tra le labbra, ma la posizione è scomoda.
Faccio mente locale e ricostruisco la situazione.
Mi punto sulle ginocchia e sollevo il sedere per permettere a Jos di arrivare dove desidera.
Gli sporgo la vulva e lui vi entra.
Ora la sua lingua affonda dentro di me, mi percorre tra le pieghe e si inoltra dove trova il passaggio più all'interno.
Il mio respiro si fa profondo, restituendo tra le cosce eloquenti segni saturi di sentori ed umidità.
Lui mi allarga di più le cosce, afferrandole con decisione, ed affonda il muso.
Alterna leccate alla vulva con lunghe carezze bagnate sul sedere.
I miei fianchi iniziano a muoversi con un ritmo cadenzato, che il mio corpo comanda fuori dal controllo della mia coscienza.
Ad ogni movimento spingo la vulva verso la lingua che mi cerca e sento entrare l'umida curiosità; l'ostinato ospite incede tra le mie mucose più interne.
La saliva si mescola ai miei umori e scivola sulle lenzuola quando sento interrompersi il lavoro di lubrificazione.
Una stretta più decisa sulle cosce mi fa capire che Jos sta sollevando il volto dal gelato.
Aspetto ad occhi chiusi.
La mia camicina si solleva scoprendomi la schiena. Alzo il busto per agevolare l'azione.
Mi sento sbucciare come una cipolla, un'arancia dalla scorza spessa.
Piccola resistenza quando il tessuto si incastra sul seno. Punto i gomiti e mi sfilo il cotone.
Nuda sotto gli occhi del mio compagno mi lascio guardare, percependo sulla pelle la carezza del suo sguardo.
Resto ad occhi chiusi, gli lascio l'iniziativa agevolandolo nelle sue manovre.
Sorriso pregustando i prossimi passi.
Jos mi scivola addosso appoggiandosi alle mie spalle.
Sento dietro qualcosa che armeggia tra le cosce, cerca l'entrata, spinge e cede, ritenta.
Allungo una mano sotto il ventre, prendo la penna tra le dita e la indirizzo nel calamaio.
L'inchiostro è caldo e abbondante e la stilografica vi scivola dentro senza attrito, grazie alla preparazione eseguita con gli esercizi di lingua straniera.
È un attimo, ma è il primo attimo, uno tra i più belli di tutto l'atto sessuale.
Sento il corpo estraneo che si fa strada dentro di me, qualcosa che non è mio e che alberga i miei spazi più intimi ed interni.
Indescrivibile quella sensazione di penetrazione, di sentirsi allargata da dentro, di fare spazio a qualcosa che entra, caldo, liscio e grosso.
Quella sensazioni di piacere incoercibile, di stiramento delle mucose, di distensione interna, rivestita di vibrazioni positive, riflessi che si riverberano sui capezzoli e sui seni, sulle terminazioni nervose che comandano al fiore di sbocciare riversando il nettare che ho immagazzinato nelle ghiandole vaginali. L'olandese arriva al fondo, rimane a godersi la stretta calda intorno all'asta, mentre l'eco del mio gemito non represso si spegne nelle sue orecchie.
Le sue mani mi si appoggiano sulle spalle, come per tenermi bene stretta, per trattenermi incontro alla sua avanzata.
Mi spinge ed io scivolo avanti ed indietro sulle lenzuola, assecondando, riverberando i suoi movimenti.
Ad ogni affondo il suo pube mi si appoggia sul sedere e il piacere dell'entrata, quel piacere ripetuto di avanzata trionfale e di riempimento dentro di me, si arricchisce della carezza dei suoi peli sulle curve del sedere.
Inizio a gemere, la voce si sostituisce ai sospiri, il volume aumenta, mentre inarco la schiena, mi attacco al legno del letto e sollevo il bacino per farmi riempire più in profondità.
Jos non fa rumore, basto io, ma sento il suo respiro diventare più profondo e percepibile, solo un accenno sonoro al fondo della sua spinta.
Le sue mani si spostano sui miei seni. Mi pizzica i capezzoli gonfi, e subito mi stringe le tette per arpionarmi e trattenermi sotto le sue spinte.
Spinge come un portento, tutto il mio corpo è spostato dall'energia vitale, questa forza riproduttiva. Resto attaccata con le dita al legno e mi lascio trasportare, sbattere.
Solo qualche pausa in cui il collo diviene preda dei suoi baci, la barba mi punge fra le scapole. Con una mano mi gira il capo per baciarmi sulle labbra.
Socchiudo gli occhi e lo guardo con desiderio, apro le labbra per chiedergli la lingua.
Riprende a spingere, e io a gemere.
Così, raffiche di colpi, epicentro di potenza virile, e poi pause di dolcezza. Mi sento gonfiare dentro e sciogliere fuori. Le tette gli riempiono i palmi delle mani. Schiacciata dai suoi lombi che mi spingono da dietro, le sue mani mi affondano nei seni.
E poi rallenta il ritmo e mi dilato più in fondo, in quell'attimo sospeso in cui il tempo si ferma prima dell'esplosione dei sensi.
Il resto è lento scioglimento di baci, quando si ferma in me, quando mi tocca l'utero e mi gira dentro, con movimenti rotatori del suo ventre.
Poi esce e ritorna, mi inocula, mi insemina, mi fertilizza, mi permea, mi inietta, mi colma.
Allora allungo la mia mano sotto il ventre per toccarmi.
Lui dentro ed io fuori, mi stimolo e mi gonfio.
Il dito veloce mi percorre e la gola si contrae, mi carico prima che il roco rantolo esploda.
Eccomi, animale selvaggio, donna posseduta; gemo e mi dimeno, ringhio come un felino ferito.
Stridor di denti mentre lo voglio ancora. Spingimi, sbattimi, stringimi, fatti strada ancora di più dentro di me. Digrigno roca, lo spirito immondo mi possiede.
Urlo la mia ossessione, il desiderio appagato.
Poi le mie dita abbandonano il clitoride e si aggrappano alle lenzuola.
Mi distendo e mi allungo come un'ombra al tramonto mentre esalo ogni mia essenza.
Tu, ancora imprigionato, stretto dentro di me; non ti lascio e ti trascino nel mio deliquio.
E così, con la tua presenza, il tuo spessore nelle viscere, ritorno nel mondo dei vapori.
Inconscia.
Ma già tu ti prepari per il richiamo, la seconda dose del vaccino.
Abbandonata sotto le coperte, addormentata prona, avvolgo il cuscino nel mio abbraccio mentre mi abbandono ai primi sogni.
Alla luce fioca che evapora dal comodino l'olandese solleva le coperte scoprendomi le cosce. Il suo sguardo dai miei piedi risale lungo le gambe per arrestarsi sul bordo della camicina, proprio dove le cosce confluiscono.
Solleva il lembo e mi guarda il sedere.
L'ombra si infittisce dove le cosce si riuniscono; tra le rotondità dei glutei lo sguardo scivola dove inizia la vulva, tra i primi peli.
Delicatamente mi sposta una coscia per focalizzare l'oggetto del suo interesse.
Si mette comodo, si appoggia con le mani sui miei muscoli ed avvicina la lingua.
Nel mio sonno disturbato percepisco qualcosa di umido che mi scivola sul sedere.
Mi riscuoto, la lingua si insinua in basso, la fronte Jos mi spinge sul sedere.
Mi sveglio.
Con fatica qualcuno si spinge tra le labbra, ma la posizione è scomoda.
Faccio mente locale e ricostruisco la situazione.
Mi punto sulle ginocchia e sollevo il sedere per permettere a Jos di arrivare dove desidera.
Gli sporgo la vulva e lui vi entra.
Ora la sua lingua affonda dentro di me, mi percorre tra le pieghe e si inoltra dove trova il passaggio più all'interno.
Il mio respiro si fa profondo, restituendo tra le cosce eloquenti segni saturi di sentori ed umidità.
Lui mi allarga di più le cosce, afferrandole con decisione, ed affonda il muso.
Alterna leccate alla vulva con lunghe carezze bagnate sul sedere.
I miei fianchi iniziano a muoversi con un ritmo cadenzato, che il mio corpo comanda fuori dal controllo della mia coscienza.
Ad ogni movimento spingo la vulva verso la lingua che mi cerca e sento entrare l'umida curiosità; l'ostinato ospite incede tra le mie mucose più interne.
La saliva si mescola ai miei umori e scivola sulle lenzuola quando sento interrompersi il lavoro di lubrificazione.
Una stretta più decisa sulle cosce mi fa capire che Jos sta sollevando il volto dal gelato.
Aspetto ad occhi chiusi.
La mia camicina si solleva scoprendomi la schiena. Alzo il busto per agevolare l'azione.
Mi sento sbucciare come una cipolla, un'arancia dalla scorza spessa.
Piccola resistenza quando il tessuto si incastra sul seno. Punto i gomiti e mi sfilo il cotone.
Nuda sotto gli occhi del mio compagno mi lascio guardare, percependo sulla pelle la carezza del suo sguardo.
Resto ad occhi chiusi, gli lascio l'iniziativa agevolandolo nelle sue manovre.
Sorriso pregustando i prossimi passi.
Jos mi scivola addosso appoggiandosi alle mie spalle.
Sento dietro qualcosa che armeggia tra le cosce, cerca l'entrata, spinge e cede, ritenta.
Allungo una mano sotto il ventre, prendo la penna tra le dita e la indirizzo nel calamaio.
L'inchiostro è caldo e abbondante e la stilografica vi scivola dentro senza attrito, grazie alla preparazione eseguita con gli esercizi di lingua straniera.
È un attimo, ma è il primo attimo, uno tra i più belli di tutto l'atto sessuale.
Sento il corpo estraneo che si fa strada dentro di me, qualcosa che non è mio e che alberga i miei spazi più intimi ed interni.
Indescrivibile quella sensazione di penetrazione, di sentirsi allargata da dentro, di fare spazio a qualcosa che entra, caldo, liscio e grosso.
Quella sensazioni di piacere incoercibile, di stiramento delle mucose, di distensione interna, rivestita di vibrazioni positive, riflessi che si riverberano sui capezzoli e sui seni, sulle terminazioni nervose che comandano al fiore di sbocciare riversando il nettare che ho immagazzinato nelle ghiandole vaginali. L'olandese arriva al fondo, rimane a godersi la stretta calda intorno all'asta, mentre l'eco del mio gemito non represso si spegne nelle sue orecchie.
Le sue mani mi si appoggiano sulle spalle, come per tenermi bene stretta, per trattenermi incontro alla sua avanzata.
Mi spinge ed io scivolo avanti ed indietro sulle lenzuola, assecondando, riverberando i suoi movimenti.
Ad ogni affondo il suo pube mi si appoggia sul sedere e il piacere dell'entrata, quel piacere ripetuto di avanzata trionfale e di riempimento dentro di me, si arricchisce della carezza dei suoi peli sulle curve del sedere.
Inizio a gemere, la voce si sostituisce ai sospiri, il volume aumenta, mentre inarco la schiena, mi attacco al legno del letto e sollevo il bacino per farmi riempire più in profondità.
Jos non fa rumore, basto io, ma sento il suo respiro diventare più profondo e percepibile, solo un accenno sonoro al fondo della sua spinta.
Le sue mani si spostano sui miei seni. Mi pizzica i capezzoli gonfi, e subito mi stringe le tette per arpionarmi e trattenermi sotto le sue spinte.
Spinge come un portento, tutto il mio corpo è spostato dall'energia vitale, questa forza riproduttiva. Resto attaccata con le dita al legno e mi lascio trasportare, sbattere.
Solo qualche pausa in cui il collo diviene preda dei suoi baci, la barba mi punge fra le scapole. Con una mano mi gira il capo per baciarmi sulle labbra.
Socchiudo gli occhi e lo guardo con desiderio, apro le labbra per chiedergli la lingua.
Riprende a spingere, e io a gemere.
Così, raffiche di colpi, epicentro di potenza virile, e poi pause di dolcezza. Mi sento gonfiare dentro e sciogliere fuori. Le tette gli riempiono i palmi delle mani. Schiacciata dai suoi lombi che mi spingono da dietro, le sue mani mi affondano nei seni.
E poi rallenta il ritmo e mi dilato più in fondo, in quell'attimo sospeso in cui il tempo si ferma prima dell'esplosione dei sensi.
Il resto è lento scioglimento di baci, quando si ferma in me, quando mi tocca l'utero e mi gira dentro, con movimenti rotatori del suo ventre.
Poi esce e ritorna, mi inocula, mi insemina, mi fertilizza, mi permea, mi inietta, mi colma.
Allora allungo la mia mano sotto il ventre per toccarmi.
Lui dentro ed io fuori, mi stimolo e mi gonfio.
Il dito veloce mi percorre e la gola si contrae, mi carico prima che il roco rantolo esploda.
Eccomi, animale selvaggio, donna posseduta; gemo e mi dimeno, ringhio come un felino ferito.
Stridor di denti mentre lo voglio ancora. Spingimi, sbattimi, stringimi, fatti strada ancora di più dentro di me. Digrigno roca, lo spirito immondo mi possiede.
Urlo la mia ossessione, il desiderio appagato.
Poi le mie dita abbandonano il clitoride e si aggrappano alle lenzuola.
Mi distendo e mi allungo come un'ombra al tramonto mentre esalo ogni mia essenza.
Tu, ancora imprigionato, stretto dentro di me; non ti lascio e ti trascino nel mio deliquio.
E così, con la tua presenza, il tuo spessore nelle viscere, ritorno nel mondo dei vapori.
Inconscia.
Ma già tu ti prepari per il richiamo, la seconda dose del vaccino.
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