Alta marea
di
Yuko
genere
poesie
Come la marea che lentamente monta, all'inizio impercettibile, poi più vistosa ed audace.
Movimenti lunari si riflettono sulle dinamiche oceaniche, regolano il flusso dei mari tra gli scogli.
Sale timida e discreta la massa delle acque, si insinua oltre la riva.
Mi allarghi le cosce e ti avvicini silenzioso, lo so, vuoi entrarmi dentro.
L'acqua risale, invade ogni anfratto.
Ogni fessura, ogni pertugio ne viene colmato.
La brezza si leva ed increspa la superficie liquida.
Un flebile vento rinforza le onde.
I flutti si infrangono sugli scogli, la spuma misura l'energia che il vento convoglia sulle acque.
L'onda avanza e si ritrae, ritorna con veemenza e scema dalle rocce alle sabbie.
Con impeto maggiore il mare inonda le rientranze, spumeggia, ribolle.
Si ritira ancora per ancora colpire la pietra, scolpirsi sui graniti.
Avanza e abbandona e quando ritorna è più forte.
Nessuna fessura resiste, tutto è scosso da vita ed energia.
Ti sento dentro, mi riempi e mi svuoti.
Il tuo petto sulla mia schiena, i tuoi fianchi premono sul mio sedere.
Avanzi e mi abbandoni, e ancora mi penetri e ti sento più in profondità, caldo e pieno.
Aumenta il flusso ondoso, aumenta la potenza.
Una nuova onda, un artiglio, come la liquida mano unghiata sullo sfondo del monte Fuji.
Poi il mare si nasconde.
Riemerge giovane di flutti.
Si cheta.
Esplode come destriero carico di ormoni, sconquassa gli scogli, li possiede, li penetra.
Mite riposa scivolando dalle rocce.
Di nuovo all'assalto, alza la spada ed affonda tra i calcari, più forte, più alto, più dentro.
Ogni volta più vivace, ogni volta più potente.
Entra ed esce e sempre lascia una carezza sulle rocce.
La sua mano si muove su ogni asperità, le sue dita scivolano sui contorni.
Abbandona la lotta per ritornarvi più veemente.
I miei sospiri si mescolano ai tuoi, i gemiti si intensificano.
Più forte mi spingi, più dentro ti sento.
Entri ed esci, mi sollevi e mi adagi, finchè il ritmo raggiunge il suo colmo.
Un'ultima ondata mi riempie della tua forza, il tiepido brodo vitale mi permea.
Con più calma ancora mi cerchi dentro di me e ancora il fiotto del tuo seme riempie il mio vuoto.
Poi ti sedi e scivoli mollemente sulla mia schiena.
La luna ha passato lo zenit e la marea si allontana, accompagnandola nel suo lento moto intorno alla Terra.
Ultime molli onde si muovono tra le rocce, mentre lo tsunami si assopisce.
Il grande vecchio scivola verso le profondità delle sabbie, lasciando gli scogli lucidi del suo passaggio.
Ancora qualche onda, più mesta e delicata e ti sento scivolare fuori.
Lento declinare di un sole al tramonto, brillano gli ultimi raggi mentre lentamente mi svuoto di te.
Ti ritrai come il mare che abbandona gli scogli dopo l'apice della sua impetuosità.
Le acque ritornano piatte e desolate, dimentiche dei fasti e delle onde, della spuma e degli schizzi.
Le pietre si asciugano.
Ti scosti dal mio interno e mi avvolgi nella tua dolce stretta.
Il mio corpo scompare dentro al tuo, come poc'anzi il tuo è scomparso dentro al mio.
Il flusso caldo scivola da me, mollemente abbandonata nella calda coltre del tuo abbraccio.
Il mare ritorna al suo profondo, narrando di gesta, di onde e di possesso.
La Luna si allontana lungo la sua strada ed il flusso delle acque si abbandona al quieto riposo.
Movimenti lunari si riflettono sulle dinamiche oceaniche, regolano il flusso dei mari tra gli scogli.
Sale timida e discreta la massa delle acque, si insinua oltre la riva.
Mi allarghi le cosce e ti avvicini silenzioso, lo so, vuoi entrarmi dentro.
L'acqua risale, invade ogni anfratto.
Ogni fessura, ogni pertugio ne viene colmato.
La brezza si leva ed increspa la superficie liquida.
Un flebile vento rinforza le onde.
I flutti si infrangono sugli scogli, la spuma misura l'energia che il vento convoglia sulle acque.
L'onda avanza e si ritrae, ritorna con veemenza e scema dalle rocce alle sabbie.
Con impeto maggiore il mare inonda le rientranze, spumeggia, ribolle.
Si ritira ancora per ancora colpire la pietra, scolpirsi sui graniti.
Avanza e abbandona e quando ritorna è più forte.
Nessuna fessura resiste, tutto è scosso da vita ed energia.
Ti sento dentro, mi riempi e mi svuoti.
Il tuo petto sulla mia schiena, i tuoi fianchi premono sul mio sedere.
Avanzi e mi abbandoni, e ancora mi penetri e ti sento più in profondità, caldo e pieno.
Aumenta il flusso ondoso, aumenta la potenza.
Una nuova onda, un artiglio, come la liquida mano unghiata sullo sfondo del monte Fuji.
Poi il mare si nasconde.
Riemerge giovane di flutti.
Si cheta.
Esplode come destriero carico di ormoni, sconquassa gli scogli, li possiede, li penetra.
Mite riposa scivolando dalle rocce.
Di nuovo all'assalto, alza la spada ed affonda tra i calcari, più forte, più alto, più dentro.
Ogni volta più vivace, ogni volta più potente.
Entra ed esce e sempre lascia una carezza sulle rocce.
La sua mano si muove su ogni asperità, le sue dita scivolano sui contorni.
Abbandona la lotta per ritornarvi più veemente.
I miei sospiri si mescolano ai tuoi, i gemiti si intensificano.
Più forte mi spingi, più dentro ti sento.
Entri ed esci, mi sollevi e mi adagi, finchè il ritmo raggiunge il suo colmo.
Un'ultima ondata mi riempie della tua forza, il tiepido brodo vitale mi permea.
Con più calma ancora mi cerchi dentro di me e ancora il fiotto del tuo seme riempie il mio vuoto.
Poi ti sedi e scivoli mollemente sulla mia schiena.
La luna ha passato lo zenit e la marea si allontana, accompagnandola nel suo lento moto intorno alla Terra.
Ultime molli onde si muovono tra le rocce, mentre lo tsunami si assopisce.
Il grande vecchio scivola verso le profondità delle sabbie, lasciando gli scogli lucidi del suo passaggio.
Ancora qualche onda, più mesta e delicata e ti sento scivolare fuori.
Lento declinare di un sole al tramonto, brillano gli ultimi raggi mentre lentamente mi svuoto di te.
Ti ritrai come il mare che abbandona gli scogli dopo l'apice della sua impetuosità.
Le acque ritornano piatte e desolate, dimentiche dei fasti e delle onde, della spuma e degli schizzi.
Le pietre si asciugano.
Ti scosti dal mio interno e mi avvolgi nella tua dolce stretta.
Il mio corpo scompare dentro al tuo, come poc'anzi il tuo è scomparso dentro al mio.
Il flusso caldo scivola da me, mollemente abbandonata nella calda coltre del tuo abbraccio.
Il mare ritorna al suo profondo, narrando di gesta, di onde e di possesso.
La Luna si allontana lungo la sua strada ed il flusso delle acque si abbandona al quieto riposo.
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