Laser
di
Yuko
genere
etero
È la brezza che fa ridestare la superficie dormiente, blu cobalto, del lago.
Ochette bianche, rapidi sbuffi di schiuma, artigliano la superficie aquosa, variegata come un marmo prezioso. Richiamo malizioso ad un gioco sensuale.
Spiaggia di sassi mista a sabbia, ragazzi del posto corteggiano tonde signorine distese annoiate sugli asciugamani, quando appare una donna che trascina a fatica uno scafo azzurro.
Le ruote del carrello si incastrano, ma la discesa agevola il suo incerto incedere e una mora dai capelli scompigliati dal vento deposita una barca sul limitare della zona bagnanti.
Gli sguardi dei presenti si magnetizzano su una giovane orientale che si aggiusta i capelli bloccandoli con una coda nel laccetto del cappellino da baseball che riproduce i colori della bandiera nipponica.
Maglietta bianca con un indecifrabile ideogramma che rappresenta il suo nome, oscuro ed impenetrabile enigma.
Calzoncini pubici in scolorito tessuto di jeans e sandali aperti su vezzose unghie pennellate di smalto fucsia.
Occhiali da sole ne accentuano il “sintomatico mistero”.
Inatteso e provvidenziale diversivo nel noioso pomeriggio, gli sguardi dei paesani seguono manovre complicate, finchè un lungo albero viene issato sciorinando un’immensa vela dal candore abbagliante.
Un sole rosso dai sottili e lunghi raggi asimmetrici, disegnato sul tessuto candido, identifica il natante come un Laser: piccola barca a vela con una superficie esposta al vento esagerata in proporzione allo scafo, di dimensioni contenute.
Promesse di salti, schizzi ed emozioni nel rude e dinamico gioco col vento.
Manovre complicate per montare cunningham, vang ed archetto, il gioco delle scotte e dei paranchi, le stecche nella vela, deriva e timone.
Sembra tutto pronto, no, anzi, ora è la velista che deve prepararsi.
Sguardi senza alcun ritegno, mentre la giapponese si toglie la maglietta rimanendo a seno nudo, e si sfila i jeans. Una aderente muta da tre millimetri, calzone lungo e manica corta, la riveste di una nuova pelle blu e fucsia, nascondendo all’improvvisata platea il bel seno sodo ed alto.
Solo nell’immaginazione si percepisce una nota di accorato di disappunto per la visione celata, ma la velista fa comunque la sua figura nell’aderente muta bicolore.
La giovane si riaggiusta i capelli, si stringe il cappellino e attraverso gli impenetrabili occhiali da sole si guarda in giro in cerca di una mano.
Tre manzi le saltano immediatamente incontro avvolti in una odorosa nube di androgeni.
Un sorriso timido e due indicazioni per riportare il carrello della barca a riva, quando l’asiatica avrà preso il vento, i ragazzi lucidano i muscoli, sorrisi convincenti nelle mandibole in prognatismo.
Un’occhiata alla direzione del vento, deriva mezza sollevata a lambire il boma, pala del timone alzata, Yuko accorcia la scotta della randa, sale a bordo, cazza la vela e viene catapultata nel parco giochi dalla prima raffica di vento.
Lo scafo si piega, un forte colpo di timone lo controlla. Giù tutta la deriva e la pala del timone, in pochi secondi la riva è già lontana.
La nipponica accorcia la vela all’andatura di traverso, lo scafo si inclina, schizzi di acqua frizzante come unghiate di aquile selvagge si infrangono sullo scafo e sulla conducente.
“Yaaaaahh!” urla la giapponese, come cavalcando un focoso destriero; si sporge sulla murata per bilanciare l’inclinazione dello scafo, sferzato dal vento.
Si butta tutta in fuori, oltre il bordo; la deriva da sotto lo scafo sporge dalle acque, ferite dalla scia del natante.
La barra in titanio del timone si inarca per trattenere l’impeto di una nuova raffica, a poppa strisce bianche di spuma si allargano come le cosce di una donna che si prepara all’atto sessuale.
Ma la direzione è opposta e ancora la prua si immerge per impennarsi oltre le onde, sollevando spume ribollenti.
Yuko spinge la barra, forzando l’andatura contro il vento.
La vela cazzata allo spasimo, tirata e trattenuta corta, ora gli schizzi attraversano lo scafo per il lungo, infrangendosi sulla velista, secchiate di flutti la bagnano dal capo fino ai piedi, nudi, nel pozzetto.
Gocce che grondano e venti che sfilaccia i lembi delle onde; con cupi tonfi, la prua si inalbera e scompare sotto il livello del blu.
La scotta arrotolata attorno alla mano per non scivolare, i piedi sotto le cinghie, pronta a buttarsi in fuori per contrastare le raffiche, la vela arranca nell’andatura di bolina, sfidando i venti ed i flutti.
Esuberanza femminile, il Laser incide la superficie del lago, ferisce il manto variegato di schizzi; a bordo una donna nell’apice di un atto sessuale consumato e mai concluso, sempre al vertice, in una sequenza di orgasmi ed urla animali.
Governare il vento, domare le onde, simbiosi umile e rispettosa con le forze della natura, la sfida incauta e coraggiosa dello scafo da 4 metri e la velatura abbondante.
La jap incita il vento come un amante, lo chiama, lo sfida, ne accoglie con urla di giubilo le unghiate aggressive; bordate da una riva all’altra del fiordo comasco.
La Breva, selvaggia, il vento impetuoso che scorrazza libero sul lago, stallone indomato, avversario adeguato alla donna in assetto da caccia.
Schizzi dalle minute goccioline brillanti, il sole scompone la sua luce attraverso miliardi di prismi tendendo evanescenti arcobaleni oltre i bordi del vento.
I capelli bagnati, sbandate governate dal vento, il fragile scafo attraversa le furie della natura, ancora, e poi ancora in nuove poussé di ardore amoroso.
Corpi bagnati si cercano, si avvinghiano, si donano e si rifuggono, si concedono e subito dopo lottano strenuamente.
Urlo e grinta, denti stretti e muscoli tesi, l’asiatica non molla, sfidante tenace per il vento gagliardo.
Scuffia, si rialza, riparte, lotta, tira e stringe, poggia e orza, cazza e lasca, la mano stretta nella scotta di randa, l’ampia vela le riflette in faccia i raggi del sole, come specchi ustori a bruciarle la pelle bagnata dai flutti.
Lunga sessione di sesso, posizioni reciproche, scambi di situazioni, orgasmi multipli dai forti accenti lirici.
Nel mezzo lunghe bordate al lasco di poppa per riguadagnare il terreno conquistato dal vento ed asciugare i capelli, svuotare il pozzetto dall’acqua che ne è entrata.
Ma con un solo colpo di timone, la pugna riprende. Quello che era un amico in laconica simbiosi con le andature di poppa, diventa feroce avversario al traverso e spumeggiante felino quando il vento gli si abbatte addosso frontalmente. Un tira e molla, un cedi e conquista, il gioco del gatto col topo, il vento se la ride di lei, la piccola barca con la tenace orientale. La solleva e la deposita, la torce e la ribalta, la affonda e la proietta sopra le onde, la copre di schizzi e la riconsegna alle pietose mani del sole.
E sempre quella pazza dai capelli sconvolti dal vento, le labbra contratte nella tensione, il giovane corpo pennellato di fucsia e di blu.
Ecco, ora Yuko è appagata, ne ha contati di orgasmi, ha faticato e ha cavalcato, si è lasciata conquistare e penetrare, ha urlato, ha posseduto, ha governato, ha manovrato e si è lasciata accarezzare e lusingare.
Carezze di vento, sussurri contesi ai gabbiani, pennellate di luce, seduzioni bagnate da perle cristalline, ora la giapponese strizza i capelli gocciolanti di lago.
Solleva il petto in respiri profondi allargando la randa al vento in poppa. Solleva la deriva e la pala del timone e si slaccia la muta abbassandosela fino ai fianchi.
Vento in poppa chiama poppe al vento.
La nipponica a seno nudo si sdraia sul fondo del pozzetto, consegnandosi al sole bollente. Il timone tenuto ormai senza sforzo, risale lungo il lago ritornando verso casa.
Si asciuga e si rilassa dopo il coito selvaggio, l’erotica punga con gli elementi, in cui ha dominato ed è stata posseduta, in un gioco di continue inversioni di ruoli.
Vicino alla riva si riveste e si prepara al rientro, slega le scotte e, con andatura decisa punta diretta alla spiaggia.
Virata finale e vela controvento, il Laser si paralizza. La donna salta in acqua e trascina lo scafo a riva.
I ragazzotti che ne hanno seguito da lontano le sensuali evoluzioni coi venti le si fanno ora incontro col carrello dello scafo, e la vela è issata a secco. Saluti e ringraziamenti, poi è solo una rilassata sequenza di gesti scontati lungo il disarmo dei pali e delle scotte.
Il vento, appagato del bagno di sesso con la giovane asiatica, si placa e corre ad insinuarsi nelle valli laterali in cerca di scherzi da giocare.
Yuko si sfila la muta e in topless si immerge a lavarsi sudore ed emozioni nelle fresche acque del blu più profondo.
L’acqua le accarezza le braccia e le ascelle, le lambisce il collo soggiogandone i capelli, le avvolge il seno ed i fianchi, si infila impudente tra le cosce.
Una coda di vento, dispettoso, le ruba il cappellino con il sol levante.
Ochette bianche, rapidi sbuffi di schiuma, artigliano la superficie aquosa, variegata come un marmo prezioso. Richiamo malizioso ad un gioco sensuale.
Spiaggia di sassi mista a sabbia, ragazzi del posto corteggiano tonde signorine distese annoiate sugli asciugamani, quando appare una donna che trascina a fatica uno scafo azzurro.
Le ruote del carrello si incastrano, ma la discesa agevola il suo incerto incedere e una mora dai capelli scompigliati dal vento deposita una barca sul limitare della zona bagnanti.
Gli sguardi dei presenti si magnetizzano su una giovane orientale che si aggiusta i capelli bloccandoli con una coda nel laccetto del cappellino da baseball che riproduce i colori della bandiera nipponica.
Maglietta bianca con un indecifrabile ideogramma che rappresenta il suo nome, oscuro ed impenetrabile enigma.
Calzoncini pubici in scolorito tessuto di jeans e sandali aperti su vezzose unghie pennellate di smalto fucsia.
Occhiali da sole ne accentuano il “sintomatico mistero”.
Inatteso e provvidenziale diversivo nel noioso pomeriggio, gli sguardi dei paesani seguono manovre complicate, finchè un lungo albero viene issato sciorinando un’immensa vela dal candore abbagliante.
Un sole rosso dai sottili e lunghi raggi asimmetrici, disegnato sul tessuto candido, identifica il natante come un Laser: piccola barca a vela con una superficie esposta al vento esagerata in proporzione allo scafo, di dimensioni contenute.
Promesse di salti, schizzi ed emozioni nel rude e dinamico gioco col vento.
Manovre complicate per montare cunningham, vang ed archetto, il gioco delle scotte e dei paranchi, le stecche nella vela, deriva e timone.
Sembra tutto pronto, no, anzi, ora è la velista che deve prepararsi.
Sguardi senza alcun ritegno, mentre la giapponese si toglie la maglietta rimanendo a seno nudo, e si sfila i jeans. Una aderente muta da tre millimetri, calzone lungo e manica corta, la riveste di una nuova pelle blu e fucsia, nascondendo all’improvvisata platea il bel seno sodo ed alto.
Solo nell’immaginazione si percepisce una nota di accorato di disappunto per la visione celata, ma la velista fa comunque la sua figura nell’aderente muta bicolore.
La giovane si riaggiusta i capelli, si stringe il cappellino e attraverso gli impenetrabili occhiali da sole si guarda in giro in cerca di una mano.
Tre manzi le saltano immediatamente incontro avvolti in una odorosa nube di androgeni.
Un sorriso timido e due indicazioni per riportare il carrello della barca a riva, quando l’asiatica avrà preso il vento, i ragazzi lucidano i muscoli, sorrisi convincenti nelle mandibole in prognatismo.
Un’occhiata alla direzione del vento, deriva mezza sollevata a lambire il boma, pala del timone alzata, Yuko accorcia la scotta della randa, sale a bordo, cazza la vela e viene catapultata nel parco giochi dalla prima raffica di vento.
Lo scafo si piega, un forte colpo di timone lo controlla. Giù tutta la deriva e la pala del timone, in pochi secondi la riva è già lontana.
La nipponica accorcia la vela all’andatura di traverso, lo scafo si inclina, schizzi di acqua frizzante come unghiate di aquile selvagge si infrangono sullo scafo e sulla conducente.
“Yaaaaahh!” urla la giapponese, come cavalcando un focoso destriero; si sporge sulla murata per bilanciare l’inclinazione dello scafo, sferzato dal vento.
Si butta tutta in fuori, oltre il bordo; la deriva da sotto lo scafo sporge dalle acque, ferite dalla scia del natante.
La barra in titanio del timone si inarca per trattenere l’impeto di una nuova raffica, a poppa strisce bianche di spuma si allargano come le cosce di una donna che si prepara all’atto sessuale.
Ma la direzione è opposta e ancora la prua si immerge per impennarsi oltre le onde, sollevando spume ribollenti.
Yuko spinge la barra, forzando l’andatura contro il vento.
La vela cazzata allo spasimo, tirata e trattenuta corta, ora gli schizzi attraversano lo scafo per il lungo, infrangendosi sulla velista, secchiate di flutti la bagnano dal capo fino ai piedi, nudi, nel pozzetto.
Gocce che grondano e venti che sfilaccia i lembi delle onde; con cupi tonfi, la prua si inalbera e scompare sotto il livello del blu.
La scotta arrotolata attorno alla mano per non scivolare, i piedi sotto le cinghie, pronta a buttarsi in fuori per contrastare le raffiche, la vela arranca nell’andatura di bolina, sfidando i venti ed i flutti.
Esuberanza femminile, il Laser incide la superficie del lago, ferisce il manto variegato di schizzi; a bordo una donna nell’apice di un atto sessuale consumato e mai concluso, sempre al vertice, in una sequenza di orgasmi ed urla animali.
Governare il vento, domare le onde, simbiosi umile e rispettosa con le forze della natura, la sfida incauta e coraggiosa dello scafo da 4 metri e la velatura abbondante.
La jap incita il vento come un amante, lo chiama, lo sfida, ne accoglie con urla di giubilo le unghiate aggressive; bordate da una riva all’altra del fiordo comasco.
La Breva, selvaggia, il vento impetuoso che scorrazza libero sul lago, stallone indomato, avversario adeguato alla donna in assetto da caccia.
Schizzi dalle minute goccioline brillanti, il sole scompone la sua luce attraverso miliardi di prismi tendendo evanescenti arcobaleni oltre i bordi del vento.
I capelli bagnati, sbandate governate dal vento, il fragile scafo attraversa le furie della natura, ancora, e poi ancora in nuove poussé di ardore amoroso.
Corpi bagnati si cercano, si avvinghiano, si donano e si rifuggono, si concedono e subito dopo lottano strenuamente.
Urlo e grinta, denti stretti e muscoli tesi, l’asiatica non molla, sfidante tenace per il vento gagliardo.
Scuffia, si rialza, riparte, lotta, tira e stringe, poggia e orza, cazza e lasca, la mano stretta nella scotta di randa, l’ampia vela le riflette in faccia i raggi del sole, come specchi ustori a bruciarle la pelle bagnata dai flutti.
Lunga sessione di sesso, posizioni reciproche, scambi di situazioni, orgasmi multipli dai forti accenti lirici.
Nel mezzo lunghe bordate al lasco di poppa per riguadagnare il terreno conquistato dal vento ed asciugare i capelli, svuotare il pozzetto dall’acqua che ne è entrata.
Ma con un solo colpo di timone, la pugna riprende. Quello che era un amico in laconica simbiosi con le andature di poppa, diventa feroce avversario al traverso e spumeggiante felino quando il vento gli si abbatte addosso frontalmente. Un tira e molla, un cedi e conquista, il gioco del gatto col topo, il vento se la ride di lei, la piccola barca con la tenace orientale. La solleva e la deposita, la torce e la ribalta, la affonda e la proietta sopra le onde, la copre di schizzi e la riconsegna alle pietose mani del sole.
E sempre quella pazza dai capelli sconvolti dal vento, le labbra contratte nella tensione, il giovane corpo pennellato di fucsia e di blu.
Ecco, ora Yuko è appagata, ne ha contati di orgasmi, ha faticato e ha cavalcato, si è lasciata conquistare e penetrare, ha urlato, ha posseduto, ha governato, ha manovrato e si è lasciata accarezzare e lusingare.
Carezze di vento, sussurri contesi ai gabbiani, pennellate di luce, seduzioni bagnate da perle cristalline, ora la giapponese strizza i capelli gocciolanti di lago.
Solleva il petto in respiri profondi allargando la randa al vento in poppa. Solleva la deriva e la pala del timone e si slaccia la muta abbassandosela fino ai fianchi.
Vento in poppa chiama poppe al vento.
La nipponica a seno nudo si sdraia sul fondo del pozzetto, consegnandosi al sole bollente. Il timone tenuto ormai senza sforzo, risale lungo il lago ritornando verso casa.
Si asciuga e si rilassa dopo il coito selvaggio, l’erotica punga con gli elementi, in cui ha dominato ed è stata posseduta, in un gioco di continue inversioni di ruoli.
Vicino alla riva si riveste e si prepara al rientro, slega le scotte e, con andatura decisa punta diretta alla spiaggia.
Virata finale e vela controvento, il Laser si paralizza. La donna salta in acqua e trascina lo scafo a riva.
I ragazzotti che ne hanno seguito da lontano le sensuali evoluzioni coi venti le si fanno ora incontro col carrello dello scafo, e la vela è issata a secco. Saluti e ringraziamenti, poi è solo una rilassata sequenza di gesti scontati lungo il disarmo dei pali e delle scotte.
Il vento, appagato del bagno di sesso con la giovane asiatica, si placa e corre ad insinuarsi nelle valli laterali in cerca di scherzi da giocare.
Yuko si sfila la muta e in topless si immerge a lavarsi sudore ed emozioni nelle fresche acque del blu più profondo.
L’acqua le accarezza le braccia e le ascelle, le lambisce il collo soggiogandone i capelli, le avvolge il seno ed i fianchi, si infila impudente tra le cosce.
Una coda di vento, dispettoso, le ruba il cappellino con il sol levante.
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