Pantere
di
Yuko
genere
saffico
Spiaggia affollata, bagnanti incerti cercano motivazioni per immergersi nell'acqua un po' troppo fresca, bimbi si rincorrono urlando il proprio entusiasmo, qualcuno prova a palleggiare con racchette da volano, grasse signore in nuvole di creme solari, devoti al dio sole si concentrano nell'elioterapia, venditori ambulanti promettono affari imperdibili, parole crociate completate sbirciando le soluzioni, giochi a carte tra ragazzi scottati, opulenti focacce garantiscono un'eredità a Pantagruel.
Di colpo tutto sembra tacere.
Non è che realmente tutto si fermi e scompaiano i rumori e gli schiamazzi, piuttosto ogni suono gradualmente viene ovattato, i ritmi sembrano rallentarsi, i secondi scanditi come lente rotazioni di galassie.
Il movimento, le leggi della fisica sembrano rallentare.
O forse questa è solo un'impressione di qualcuno che, sollevato lo sguardo da un libro di cui impietosamente continua a rileggere la stessa pagina da tre giorni...
Un altro che si distrae dalla pallina abbastanza lontana dalla portata della sua racchetta...
Un mangiatore di focaccia che mette a fuoco oltre la prima spanna di unte cipolle...
Giovanotti indecisi tra una birra appannata e il corteggiamento delle signorine che accompagnano...
Due donne sono comparse come dal nulla sulla battigia.
Incedono lente, coinvolte in un dialogo di cui nessuno avverte il significato.
Come una scena al rallentatore.
Alte, molto alte.
Una sfiora la ionosfera, col suo cappello di cotone bianco, un nastro azzurro scompigliato dal vento, rossi ricci ribelli sfuggono incorniciando il suo collo per sfrangiarsi all'inseguimento del fiocco, rapiti anch'essi dal vento.
L'altra poco meno alta. Cappello di paglia a larga tesa, nastro fucsia, gemello del suo vicino; lisci capelli neri, molto lunghi, danno forma al vento che li anima, si lasciano trasportare senza un lamento, occhi orientali.
Costumi al minimo, generosa offerta di vaste pianure di pelle e seno decoroso, appena celato, ma non ostentato.
Morbide ondeggiature del petto, ritmate coi passi, ventri sottili e vita stretta sui fianchi piacevolmente più tondi.
Molto simili nella foggia, ma la rossa ha la pelle più chiara, protetta dalle scottature, ma non abbastanza, e una sfumatura cremisi su un principio di abbronzatura non sfugge agli occhi più attenti. La giapponese più scura, la pelle lucida per non eccedere nell'irraggiamento.
Solo sottili laccetti a reggere gli slip ed i reggiseni per un'estasi di pelli da accarezzare, le coppe che concedono preziosi scorci.
Incedono lente ed aggraziate, chiacchierando e sorridendo, tenendosi per due dita della mano.
E sembrano avvolte da un'aura, un'atmosfera che respirano solo loro, impermeabile a suoni e rumori, una realtà separata.
Camminano a pochi centimetri dal suolo, eppure le onde ne cancellano le effimere orme.
La giapponese parla alla compagna e la guarda fissa, mentre l'altra sorride guardandosi le punte dei piedi.
E il mondo sembra fermo intorno a loro. Pure gli elettroni sembrano rallentare mentre attraversano lo spicchio di spiaggia, il campo visivo di pochi che si sono paralizzati a guardarle.
Cosce lunghe e snelle, le unghie dei piedi impreziosite da smalti che rimandano ai colori dei loro fiocchi.
Cosa si staranno dicendo?
La più alta ride, l'orientale le appoggia la testa sulla spalla e riceve in cambio una carezza sul volto.
Poi è la mora a cingere un fianco alla compagna e l'altra ricambia.
Scorrono lente in una nuova dimensione tra la terra ed il cielo, tra il mare e la spiaggia.
Sembrano attraversare le persone, le situazioni, cristallizzando i suoni ed i movimenti del mondo intorno a loro.
Alcuni sguardi attoniti le fissano, radiografandone i lineamenti, perdendosi nel contorno armonioso delle loro curve, i sederi sodi e appena sporgenti, il seno alto, le schiene sinuose.
Una pantera nera ed un puma fulvo, due felini trasformate in donne.
La giapponese, dalla schiena, infila le dita nel costume della compagna, segue sulla pelle i movimenti del sedere, mentre le due continuano a camminare, come in una danza lungo ritmi esotici.
Occhi magnetizzati su schiene e cosce che lentamente si allontanano.
Le due donne si fermano, come rispondendo ad desiderio subconscio inespresso da chi si è distratto a osservarle.
Si prendono per le dita, una di fronte all'altra.
L'asiatica si alza un poco sulle dita smaltate e, protette dalle tese dei loro cappelli, le loro labbra si congiungono per un bacio senza tempo.
Le loro mani scivolano sulle schiene una dell'altra, come serpenti, e si avvinghiano, stringendo i loro corpi in sensuale contatto.
Poi si distaccano rimanendo a guardarsi negli occhi, vicinissime, quasi a contatto con la punta del naso.
Profumi e sguardi, passione e brama.
Riprendono poi il cammino, inoltrandosi verso il mare aperto.
E così come sono comparse, sembrano dissolversi in foschie contro lo scintillio che il mare scalfisce alle onde.
In molti giureranno di non aver visto nulla.
Di colpo tutto sembra tacere.
Non è che realmente tutto si fermi e scompaiano i rumori e gli schiamazzi, piuttosto ogni suono gradualmente viene ovattato, i ritmi sembrano rallentarsi, i secondi scanditi come lente rotazioni di galassie.
Il movimento, le leggi della fisica sembrano rallentare.
O forse questa è solo un'impressione di qualcuno che, sollevato lo sguardo da un libro di cui impietosamente continua a rileggere la stessa pagina da tre giorni...
Un altro che si distrae dalla pallina abbastanza lontana dalla portata della sua racchetta...
Un mangiatore di focaccia che mette a fuoco oltre la prima spanna di unte cipolle...
Giovanotti indecisi tra una birra appannata e il corteggiamento delle signorine che accompagnano...
Due donne sono comparse come dal nulla sulla battigia.
Incedono lente, coinvolte in un dialogo di cui nessuno avverte il significato.
Come una scena al rallentatore.
Alte, molto alte.
Una sfiora la ionosfera, col suo cappello di cotone bianco, un nastro azzurro scompigliato dal vento, rossi ricci ribelli sfuggono incorniciando il suo collo per sfrangiarsi all'inseguimento del fiocco, rapiti anch'essi dal vento.
L'altra poco meno alta. Cappello di paglia a larga tesa, nastro fucsia, gemello del suo vicino; lisci capelli neri, molto lunghi, danno forma al vento che li anima, si lasciano trasportare senza un lamento, occhi orientali.
Costumi al minimo, generosa offerta di vaste pianure di pelle e seno decoroso, appena celato, ma non ostentato.
Morbide ondeggiature del petto, ritmate coi passi, ventri sottili e vita stretta sui fianchi piacevolmente più tondi.
Molto simili nella foggia, ma la rossa ha la pelle più chiara, protetta dalle scottature, ma non abbastanza, e una sfumatura cremisi su un principio di abbronzatura non sfugge agli occhi più attenti. La giapponese più scura, la pelle lucida per non eccedere nell'irraggiamento.
Solo sottili laccetti a reggere gli slip ed i reggiseni per un'estasi di pelli da accarezzare, le coppe che concedono preziosi scorci.
Incedono lente ed aggraziate, chiacchierando e sorridendo, tenendosi per due dita della mano.
E sembrano avvolte da un'aura, un'atmosfera che respirano solo loro, impermeabile a suoni e rumori, una realtà separata.
Camminano a pochi centimetri dal suolo, eppure le onde ne cancellano le effimere orme.
La giapponese parla alla compagna e la guarda fissa, mentre l'altra sorride guardandosi le punte dei piedi.
E il mondo sembra fermo intorno a loro. Pure gli elettroni sembrano rallentare mentre attraversano lo spicchio di spiaggia, il campo visivo di pochi che si sono paralizzati a guardarle.
Cosce lunghe e snelle, le unghie dei piedi impreziosite da smalti che rimandano ai colori dei loro fiocchi.
Cosa si staranno dicendo?
La più alta ride, l'orientale le appoggia la testa sulla spalla e riceve in cambio una carezza sul volto.
Poi è la mora a cingere un fianco alla compagna e l'altra ricambia.
Scorrono lente in una nuova dimensione tra la terra ed il cielo, tra il mare e la spiaggia.
Sembrano attraversare le persone, le situazioni, cristallizzando i suoni ed i movimenti del mondo intorno a loro.
Alcuni sguardi attoniti le fissano, radiografandone i lineamenti, perdendosi nel contorno armonioso delle loro curve, i sederi sodi e appena sporgenti, il seno alto, le schiene sinuose.
Una pantera nera ed un puma fulvo, due felini trasformate in donne.
La giapponese, dalla schiena, infila le dita nel costume della compagna, segue sulla pelle i movimenti del sedere, mentre le due continuano a camminare, come in una danza lungo ritmi esotici.
Occhi magnetizzati su schiene e cosce che lentamente si allontanano.
Le due donne si fermano, come rispondendo ad desiderio subconscio inespresso da chi si è distratto a osservarle.
Si prendono per le dita, una di fronte all'altra.
L'asiatica si alza un poco sulle dita smaltate e, protette dalle tese dei loro cappelli, le loro labbra si congiungono per un bacio senza tempo.
Le loro mani scivolano sulle schiene una dell'altra, come serpenti, e si avvinghiano, stringendo i loro corpi in sensuale contatto.
Poi si distaccano rimanendo a guardarsi negli occhi, vicinissime, quasi a contatto con la punta del naso.
Profumi e sguardi, passione e brama.
Riprendono poi il cammino, inoltrandosi verso il mare aperto.
E così come sono comparse, sembrano dissolversi in foschie contro lo scintillio che il mare scalfisce alle onde.
In molti giureranno di non aver visto nulla.
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