Lurida
di
Lucrezia
genere
etero
Dedicato a Thomas Anderson, così potrà gustarlo al meglio, fino in fondo, fino alla deflorazione finale.
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Colo saliva dalla bocca, mi chiedo quanta saliva può avere in corpo una persona prima che non ne produca più.
Poi mi chiedo anche che cazzo vado a pensare in certi momenti.
Mi hai stuprata la bocca col tuo arnese, io sdraiata su quel letto d'albergo, ancora semivestita ricevevo il tuo manganello di carne.
Lo sentivo scorrere nella bocca, fino in fondo, spingere prepotente l'epiglottide credevo di soffocare.
Impossibilitata a gridare dal tuo tappo, il viso rosso, la voglia d'aria che si fa prepotente e tu che mi solletichi il collo a cercare la rossa cappella sotto le dita, sotto la mia pelle.
Io con le mani che ti stringo le chiappe, vorrei farti uscire eppure continuo solo a stringere quasi a volerti far entrare in me ancora un altro po'.
Tu che finisci di spogliarmi lacerandomi il vestitino che indossavo.
Ho le tue palle tra naso e occhi, morbide me le spingi addosso, poi di colpo ti sollevi, lo estrai ed io tossisco bava che mi cola addosso lordando il volto, i capelli, il collo, sono ridotta una maschera, con il trucco che si è sciolto ed ora cola dagli occhi.
Faccio appena in tempo a riprendere aria e a dirti stronzo, che tu mi ritappi la bocca e ricominci.
Andiamo avanti un tempo indefinito, cinque minuti, forse dieci o un giorno intero, ma chi lo conta il tempo, ormai sono assuefatta a questo tuo martellare, dentro fuori dentro, quante volte non le ho contate, i miei conati, il rumore che fai quando stappi la mia bocca, ora solo tua.
Ogni volta ti dico una parolaccia, felice di poter parlare, alla fine voglio solo che tu godi e mi lasci in pace, sono esausta.
Ma niente, termini solo quando vedi che sono diventata una inutile bambola di pezza (di carne) ed allora ti togli sedendoti in poltrona.
Io ti guardo nel velo della bava che ricopre il mio volto, mi alzo, ti sorrido lasciva, mi siedo sul bordo del letto, con le mani raccolgo la saliva che ricopre i miei occhi, tiro fuori la lingua e faccio volare su di essa i filamenti di bava che ricoprono le mie mani, vorrei baciarti ora, in un bacio così osceno e sconcio da potermi portare esso stesso all'estasi dell'orgasmo.
Ma no, guardo il tuo cazzo ricoperto della mia stessa saliva, ti dico di masturbarti, ti dico che lo voglio duro, e tu cominci a fare scorrere la mano lungo l'asta, vedo la cappella apparire e poi scomparire nel prepuzio, sono felice di quello che vedo e non so perché, vado a ruota libera, rido e mi cola la saliva che ho in bocca, mi strozzo, tossisco e te la spruzzo addosso, ma che cazzo sto facendo.
Poi prendo quella che mi è colata tra i seni e me la spalmo sui capezzoli, li tiro ma mi sfuggono, lamenti di goduria e di dolore.
Scendo con le dita, mi dono piacere, allargo le gambe, mi prendo la carne tra le dita e mi allargo per farti vedere il rosso della mia figa, il mio volto muta in un sorriso lascivo.
Entro con due dita dentro, sono zuppa di voglia, il rumore osceno dei miei liquidi quando le dita entrano in me, poi le porto alla bocca per assaporarmi.
Alzo le gambe, vado all'indietro, prendo altra saliva dal mio viso e dalla bocca, vado direttamente all'ano, so che ti piacerà vedermi in questo stato, so che godrai della visione di me che scendo così in basso, sai che mi piace ridurmi così per te.
Chiudo gli occhi mentre entro nelle mie carni, piano ma senza fermarmi con due dita, e dalla bocca mi esce un sospiro mentre sento ricadere su di me gocce calde del tuo piacere.
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Colo saliva dalla bocca, mi chiedo quanta saliva può avere in corpo una persona prima che non ne produca più.
Poi mi chiedo anche che cazzo vado a pensare in certi momenti.
Mi hai stuprata la bocca col tuo arnese, io sdraiata su quel letto d'albergo, ancora semivestita ricevevo il tuo manganello di carne.
Lo sentivo scorrere nella bocca, fino in fondo, spingere prepotente l'epiglottide credevo di soffocare.
Impossibilitata a gridare dal tuo tappo, il viso rosso, la voglia d'aria che si fa prepotente e tu che mi solletichi il collo a cercare la rossa cappella sotto le dita, sotto la mia pelle.
Io con le mani che ti stringo le chiappe, vorrei farti uscire eppure continuo solo a stringere quasi a volerti far entrare in me ancora un altro po'.
Tu che finisci di spogliarmi lacerandomi il vestitino che indossavo.
Ho le tue palle tra naso e occhi, morbide me le spingi addosso, poi di colpo ti sollevi, lo estrai ed io tossisco bava che mi cola addosso lordando il volto, i capelli, il collo, sono ridotta una maschera, con il trucco che si è sciolto ed ora cola dagli occhi.
Faccio appena in tempo a riprendere aria e a dirti stronzo, che tu mi ritappi la bocca e ricominci.
Andiamo avanti un tempo indefinito, cinque minuti, forse dieci o un giorno intero, ma chi lo conta il tempo, ormai sono assuefatta a questo tuo martellare, dentro fuori dentro, quante volte non le ho contate, i miei conati, il rumore che fai quando stappi la mia bocca, ora solo tua.
Ogni volta ti dico una parolaccia, felice di poter parlare, alla fine voglio solo che tu godi e mi lasci in pace, sono esausta.
Ma niente, termini solo quando vedi che sono diventata una inutile bambola di pezza (di carne) ed allora ti togli sedendoti in poltrona.
Io ti guardo nel velo della bava che ricopre il mio volto, mi alzo, ti sorrido lasciva, mi siedo sul bordo del letto, con le mani raccolgo la saliva che ricopre i miei occhi, tiro fuori la lingua e faccio volare su di essa i filamenti di bava che ricoprono le mie mani, vorrei baciarti ora, in un bacio così osceno e sconcio da potermi portare esso stesso all'estasi dell'orgasmo.
Ma no, guardo il tuo cazzo ricoperto della mia stessa saliva, ti dico di masturbarti, ti dico che lo voglio duro, e tu cominci a fare scorrere la mano lungo l'asta, vedo la cappella apparire e poi scomparire nel prepuzio, sono felice di quello che vedo e non so perché, vado a ruota libera, rido e mi cola la saliva che ho in bocca, mi strozzo, tossisco e te la spruzzo addosso, ma che cazzo sto facendo.
Poi prendo quella che mi è colata tra i seni e me la spalmo sui capezzoli, li tiro ma mi sfuggono, lamenti di goduria e di dolore.
Scendo con le dita, mi dono piacere, allargo le gambe, mi prendo la carne tra le dita e mi allargo per farti vedere il rosso della mia figa, il mio volto muta in un sorriso lascivo.
Entro con due dita dentro, sono zuppa di voglia, il rumore osceno dei miei liquidi quando le dita entrano in me, poi le porto alla bocca per assaporarmi.
Alzo le gambe, vado all'indietro, prendo altra saliva dal mio viso e dalla bocca, vado direttamente all'ano, so che ti piacerà vedermi in questo stato, so che godrai della visione di me che scendo così in basso, sai che mi piace ridurmi così per te.
Chiudo gli occhi mentre entro nelle mie carni, piano ma senza fermarmi con due dita, e dalla bocca mi esce un sospiro mentre sento ricadere su di me gocce calde del tuo piacere.
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