Beach volley
di
Yuko
genere
esibizionismo
Il seno solleva la corta canotta lasciando la pancia scoperta.
Sotto solo il costume.
Fa caldo nonostante il pomeriggio inoltrato.
Agito il lembo dell'indumento per rinfrescarmi il petto, madido di sudore, come del resto lucido è tutto il mio corpo.
La battaglia prosegue, faticosa, ma non cediamo sebbene in svantaggio.
Scruto i due ingegneri al di là della rete sfidandoli con lo sguardo.
Lancio la palla alta sulla testa, salto e rovescio la battuta al di là nel loro campo, con un urlo strozzato.
Lapo raccoglie in bagher, senza neanche eccessiva difficoltà.
Jos alza e, nonostante il muro di Bea, nel nostro terreno arriva una cannella che sembra una saetta inviata dal padre degli dei.
Mi tuffo cercando di intercettare la traiettoria.
Trovo la palla in qualche modo, ma la mando dalla parte sbagliata.
Beatrice insegue, tenta un recupero disperato, ma la palla finisce in rete, e non stiamo giocando a calcio.
Abbiamo perso la battuta.
Mi rialzo e con orrore constato che quello che prima era il mio corpo bagnato di sudore, ora sembra una cotoletta impanata di sabbia.
Nella caduta mi sono inabissata nella spiaggia come una trivella per pozzi artesiani, e la sabbia si è infilata fin sotto la maglietta.
Spostando un poco l'indumento contemplo il mio seno diventato di colpo color grigio fumo di Londra.
Oltretutto è parecchio fastidiosa tutta questa sabbia sotto il tessuto.
Beatrice mi viene incontro preoccupata.
Mi sbircia dentro alla scollatura e constata il motivo della mia indignazione, ma sorride.
La guardo maliziosa e tra noi, senza neanche il bisogno di pronunciar favella, scatta l'intesa malvagia.
“Raga, io così insabbiata non ce la faccio a giocare!” faccio, rivolta agli avversari.
Sguardi interrogativi si trasformano in divertita sorpresa quando mi sfilo la canotta rimanendo a petto nudo.
“Vuoi darti una sciacquata?” chiede Jos premuroso.
“Macchè! Giochiamo, che siamo calde!”
“Giochi così?” Lapo, incredulo.
“No, ha detto 'giochiamo'!” e anche Beatrice si sfila la maglietta rimanendo a petto nudo.
Sguardi da pesce lessi. Ma davvero sono tutti e due laureati in ingegneria?
“Scusa, Bea, ma come fate a giocare vestite così?”
“Lapo, e come fate voi? Giochiamo ad armi pari!”
Botta e risposta. Tra moglie e marito non metter dito.
Jos dà di gomito, l'altro sorride grattandosi il mento. Una frase in toscano che non riesco a decifrare suggella il nuovo assetto.
Il match riparte con la battuta agli uomini.
Dall'angolo in fondo, l'olandese lancia un proiettile di obice che Bea riesce solo a rimandare oltre la rete, ustionandosi i polsi.
Lapo reimposta la manovra offensiva, ma io e Bea ci prendiamo le tette in mano e, sotto rete, al suono di vocalizzi primordiali ci scuotiamo la latteria ancheggiando come due infoiate.
I due manzi rimangono inebetiti, indecisi se seguire la palla da gioco o le rotondità dei nostri seni.
Si scontrano e la palla finisce tra i loro piedi.
Cambio battuta.
“Eh no! Così non vale!” imposta una linea di accusa il tosco.
“Certo che vale!” chiosa la rispettiva moglie e prima che i due si riorganizzino dirige un missile terra-terra nel loro campo che rimbalza nel terreno di gioco.
Punto.
Jos raccoglie la palla ma rifiuta di darmela.
Lo minaccio con un paio di pose di arti marziali e un'invettiva di ideogrammi e, visto che non si lascia convincere, gli strappo il pallone di mano da sotto la rete e lo lancio alla socia.
Per evitare di perdere altro terreno, gli uomini abbandonano le argomentazioni e ricevono in formazione la nuova staffilata di Bea.
Solito schema.
Bagher difensivo, alzata di Lapo, ma sul momento buono, davanti ai loro sguardi stupefatti Bea si tira i capezzoli e la schiacciata olandese si ammoscia sulla rete come un soufflé sfornato troppo presto.
“Cazzo!”
“Uè, piano con le parole, ci sono delle signore!”
Dopo due punti consecutivi la concentrazione nella metà campo maschile torna alle stelle.
I due stalloni stanno per essere raggiunti sul tabellone dei punti.
Battuta radente alla rete, angolatissima.
Jos intuisce, ma troppo tardi e, forato il muro di Lapo, la palla scheggia le unghie del tulipano e si perde verso le cabine.
Undici pari e battuta ancora al duo tosco-nipponico.
Nuova sventagliata di Bea, che, quando solleva la palla e si lancia a colpire, con quel seno meraviglioso e quel corpo slanciato, davvero impedisce di pensare ad altro.
Risposta pronta di Jos, ma quando Lapo cerca di inquadrare la palla sotto rete, di colpo io mi abbasso gli slip mostrandogli come sono fatte sotto le giapponesi.
L'alzata diventa un floscio tiro oltre rete che Beatrice doma consegnandolo alle mie lunghe dita.
Alzata veloce e la rossa si eleva dall'alto di tutti i suoi centoottantacinque centimetri più un'elevazione da trampoliere che produce una schiacciata che si stampa entro la prima linea nel campo avversario, consegnando per la prima volta il vantaggio alla compagine estrogenica.
Sul 12 – 11 per noi e battuta a favore, il resto della partita è solo una passerella trionfale e un'umiliante e bruciante sconfitta che, anche nello scontro successivo, non cambierà le sorti per il duo tosco-olandese.
Consegnato l'incontro alle leggende, io e Bea ci avviamo verso il mare per sciacquarci sudore e sabbia.
Lei mi abbraccia la schiena mentre io le infilo una mano nel costume per sentire il suo gluteo sotto le dita.
Il sole rosseggia avvicinandosi all'orizzonte e la brezza ci rinfresca i corpi sudati, ricordandoci che siamo ancora in topless.
Ma la spiaggia si sta svuotando e il mare è tutto per noi.
I ragazzi ci inseguono per raggiungerci sciorinando sciocche argomentazioni che schiviamo accortamente.
Appoggio la testa alla spalla di Bea, mentre muoviamo i primi passi nelle fresche onde.
Che piacevole fare il bagno a seno nudo.
Sotto solo il costume.
Fa caldo nonostante il pomeriggio inoltrato.
Agito il lembo dell'indumento per rinfrescarmi il petto, madido di sudore, come del resto lucido è tutto il mio corpo.
La battaglia prosegue, faticosa, ma non cediamo sebbene in svantaggio.
Scruto i due ingegneri al di là della rete sfidandoli con lo sguardo.
Lancio la palla alta sulla testa, salto e rovescio la battuta al di là nel loro campo, con un urlo strozzato.
Lapo raccoglie in bagher, senza neanche eccessiva difficoltà.
Jos alza e, nonostante il muro di Bea, nel nostro terreno arriva una cannella che sembra una saetta inviata dal padre degli dei.
Mi tuffo cercando di intercettare la traiettoria.
Trovo la palla in qualche modo, ma la mando dalla parte sbagliata.
Beatrice insegue, tenta un recupero disperato, ma la palla finisce in rete, e non stiamo giocando a calcio.
Abbiamo perso la battuta.
Mi rialzo e con orrore constato che quello che prima era il mio corpo bagnato di sudore, ora sembra una cotoletta impanata di sabbia.
Nella caduta mi sono inabissata nella spiaggia come una trivella per pozzi artesiani, e la sabbia si è infilata fin sotto la maglietta.
Spostando un poco l'indumento contemplo il mio seno diventato di colpo color grigio fumo di Londra.
Oltretutto è parecchio fastidiosa tutta questa sabbia sotto il tessuto.
Beatrice mi viene incontro preoccupata.
Mi sbircia dentro alla scollatura e constata il motivo della mia indignazione, ma sorride.
La guardo maliziosa e tra noi, senza neanche il bisogno di pronunciar favella, scatta l'intesa malvagia.
“Raga, io così insabbiata non ce la faccio a giocare!” faccio, rivolta agli avversari.
Sguardi interrogativi si trasformano in divertita sorpresa quando mi sfilo la canotta rimanendo a petto nudo.
“Vuoi darti una sciacquata?” chiede Jos premuroso.
“Macchè! Giochiamo, che siamo calde!”
“Giochi così?” Lapo, incredulo.
“No, ha detto 'giochiamo'!” e anche Beatrice si sfila la maglietta rimanendo a petto nudo.
Sguardi da pesce lessi. Ma davvero sono tutti e due laureati in ingegneria?
“Scusa, Bea, ma come fate a giocare vestite così?”
“Lapo, e come fate voi? Giochiamo ad armi pari!”
Botta e risposta. Tra moglie e marito non metter dito.
Jos dà di gomito, l'altro sorride grattandosi il mento. Una frase in toscano che non riesco a decifrare suggella il nuovo assetto.
Il match riparte con la battuta agli uomini.
Dall'angolo in fondo, l'olandese lancia un proiettile di obice che Bea riesce solo a rimandare oltre la rete, ustionandosi i polsi.
Lapo reimposta la manovra offensiva, ma io e Bea ci prendiamo le tette in mano e, sotto rete, al suono di vocalizzi primordiali ci scuotiamo la latteria ancheggiando come due infoiate.
I due manzi rimangono inebetiti, indecisi se seguire la palla da gioco o le rotondità dei nostri seni.
Si scontrano e la palla finisce tra i loro piedi.
Cambio battuta.
“Eh no! Così non vale!” imposta una linea di accusa il tosco.
“Certo che vale!” chiosa la rispettiva moglie e prima che i due si riorganizzino dirige un missile terra-terra nel loro campo che rimbalza nel terreno di gioco.
Punto.
Jos raccoglie la palla ma rifiuta di darmela.
Lo minaccio con un paio di pose di arti marziali e un'invettiva di ideogrammi e, visto che non si lascia convincere, gli strappo il pallone di mano da sotto la rete e lo lancio alla socia.
Per evitare di perdere altro terreno, gli uomini abbandonano le argomentazioni e ricevono in formazione la nuova staffilata di Bea.
Solito schema.
Bagher difensivo, alzata di Lapo, ma sul momento buono, davanti ai loro sguardi stupefatti Bea si tira i capezzoli e la schiacciata olandese si ammoscia sulla rete come un soufflé sfornato troppo presto.
“Cazzo!”
“Uè, piano con le parole, ci sono delle signore!”
Dopo due punti consecutivi la concentrazione nella metà campo maschile torna alle stelle.
I due stalloni stanno per essere raggiunti sul tabellone dei punti.
Battuta radente alla rete, angolatissima.
Jos intuisce, ma troppo tardi e, forato il muro di Lapo, la palla scheggia le unghie del tulipano e si perde verso le cabine.
Undici pari e battuta ancora al duo tosco-nipponico.
Nuova sventagliata di Bea, che, quando solleva la palla e si lancia a colpire, con quel seno meraviglioso e quel corpo slanciato, davvero impedisce di pensare ad altro.
Risposta pronta di Jos, ma quando Lapo cerca di inquadrare la palla sotto rete, di colpo io mi abbasso gli slip mostrandogli come sono fatte sotto le giapponesi.
L'alzata diventa un floscio tiro oltre rete che Beatrice doma consegnandolo alle mie lunghe dita.
Alzata veloce e la rossa si eleva dall'alto di tutti i suoi centoottantacinque centimetri più un'elevazione da trampoliere che produce una schiacciata che si stampa entro la prima linea nel campo avversario, consegnando per la prima volta il vantaggio alla compagine estrogenica.
Sul 12 – 11 per noi e battuta a favore, il resto della partita è solo una passerella trionfale e un'umiliante e bruciante sconfitta che, anche nello scontro successivo, non cambierà le sorti per il duo tosco-olandese.
Consegnato l'incontro alle leggende, io e Bea ci avviamo verso il mare per sciacquarci sudore e sabbia.
Lei mi abbraccia la schiena mentre io le infilo una mano nel costume per sentire il suo gluteo sotto le dita.
Il sole rosseggia avvicinandosi all'orizzonte e la brezza ci rinfresca i corpi sudati, ricordandoci che siamo ancora in topless.
Ma la spiaggia si sta svuotando e il mare è tutto per noi.
I ragazzi ci inseguono per raggiungerci sciorinando sciocche argomentazioni che schiviamo accortamente.
Appoggio la testa alla spalla di Bea, mentre muoviamo i primi passi nelle fresche onde.
Che piacevole fare il bagno a seno nudo.
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