Ora siamo solo noi.

di
genere
dominazione


Rientro. Lui è alla scrivania. Sa benissimo dove sia stata e che cos'abbia fatto. Come sempre mi guarda con espressione da presa in giro. Vede subito che sono piuttosto arrabbiata. Di solito, in questi casi sono amareggiata, ma non come stavolta. Qui ci sono soltanto delusione e arrabbiatura.
Scambiamo due parole, lui cambia espressione. Nel frattempo ho tolto il vestito. Non gli chiedo perdono, gli domando di andare un po' oltre, di lavorare con la fantasia. Le uniche cose peggiori delle sue perversioni sono le mie. Mi fa scendere dai tacchi e mi prende per mano. Prende uno zainetto, quello zainetto. Sono pronta per essere presa. Usciamo sul prato, nell'aria piatta, andiamo verso la vigna. La casa in cui ci siamo trasferiti è fuori dal paese, su un dosso da cui si vedono baluginare le luci della pianura. Qui possiamo fare ciò che ci pare, è difficile che ci possano vedere, anche adesso coi lampi. Cammino sull'erba, eccitata e ancora arrabbiata. Mi ferma, mi dà un ovetto e un plug anale. Li infilo: col primo si vede un fulmine, col secondo si sente il rombo di un tuono. Sono lontani. C'è un soffio di vento, mi si scompigliano i capelli.
Mi lega per i polsi a due pali della vigna, braccia spalancate. Qualche insetto si posa su di me. Brividi di paura e di eccitazione. Una zanzara mi punge su una coscia. Spero sia una zanzara. E se fosse un ragno? Che schifo! Disgustoso. Sollevo la gamba e la poso subito per terra, pestando un'ortica. Grido di rabbia, grido per il prurito intenso. Ansimo: paura, fastidio, voglia, eccitazione, vibrazioni per l'ovetto che intanto lui ha avviato. Un primo orgasmo. Vorrei saltargli addosso e riempirmi di lui, ma sono legata. Lampi più frequenti, tuoni più vicini, vento. Non un soffio come quando siamo usciti, adesso c'è vento sempre più forte. Mio marito intensifica le vibrazioni dell'ovetto. Cominciano gli orgasmi seriali. Comincia anche a piovere: goccioloni che mi pungono, freddi, appuntiti. Vorrei essere distesa e scopata a piena forza. Mi sembra d'impazzire. Le sensazioni contrastanti mi stravolgono. Il caldo dell'eccitazione contro il freddo della pioggia. Godo e mi sento insoddisfatta, come quando sono tornata a casa, come sempre quando torno da un tradimento. Voglio esser presa qui, subito. Voglio tornare al chiuso e farmi sfinire di baci e di morsi. Voglio essere scopata a tutta forza. Voglio? No, ho bisogno, sempre più. Ma sempre più mi sento legata a subire l'inclemenza di questa che ormai si può solo definire bufera. Le gocce mi scivolano da tutto il corpo, trafitte da altre che il vento mi sputa addosso. Vengo, ripetutamente; mi sento priva di forze. Vengo, ma non mi basta. Spero di svenire, così finirà quest'interminabile supplizio, che vorrei assumesse accenti ancora più intensi, travolgenti. Da quanto dura? Da troppo poco.
Lui s'avvicina, gioca con le barrette dei capezzoli da sotto il suo telo impermeabile: scosse forti che mi travolgono tutta. Non capisco nulla, mi rendo conto di tutto, tranne riconoscere ciò che mi provoca quella sensazione in quel momento. Sono fradicia. Lui spegne l'ovetto, mi slega, mi sorregge. Non mi copre, ma mi conduce verso casa. Sento il bagnato dell'erba mischiarsi al bagnato della pioggia e della sua cerata. Al bagnato della mia passera stravolta e bramosa. Sento erbe morbide o ispide o pungenti e urticanti. Sento il plug rispondere ignaro ai miei passi. Sento il pavimento di pietra asciutto sotto il porticato. Ho freddo. Mio marito s'è tolto la cerata. Mi spinge sul dondolo. Divarico le gambe. Si tuffa su di me, mi spara la lingua sul clitoride. Mi muove il piercing, mi succhia le labbra. Credo le tiri fino nello stomaco. Schizzo; lui continua, sempre più intensamente. Mi ripeto, ansimo, grido, rantolo: schizzo; mi stringo le tette, tiro i capezzoli, schizzo. Ora le sue mani mi passano morbide su tutto il corpo, giungono fra le chiappe. Con una mi svuota l'ano, con l'altra inizia una processione di ceffoni sulle chiappe. M'infilza entrando del tutto con un solo colpo. Sono meno della chiazza bagnata per le mie gocce sul pavimento. Sono il paradiso delle mie contrazioni che strozzano la sua carne dentro di me. Sono ancora sua moglie, la sua amante, la sua troia, una lurida troia. Me lo dice mentre lo dico io. Ora siamo noi, siamo solo noi. Il mondo s'è dissolto. Attorno a noi, mentre c'infiliamo sotto le lenzuola, c'è un abbraccio che scivola nel sonno.
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2021-09-25
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