La moglie schiava - Ai piedi anche della suocera (parte 3)
di
Kugher
genere
sadomaso
Anna era giunta ad una nuova prova con sé stessa, nella quale veniva messa allo specchio per guardarsi attentamente.
Era nuda, accucciata a terra ai piedi della suocera mentre suo marito, del quale era schiava, ora condivideva emozioni e sentimenti con l’altra donna seduta in poltrona, superiore a lei.
Una cosa è pensare che Diego avrebbe trovato altra compagna. Altra cosa è vederla in carne ed ossa, davanti a lei e stare ai suoi piedi.
Eppure, passato il momento iniziale, sentì ancor di più il potere di Diego e, parallelamente, la propria sottomissione, quella bestia che la divorava dentro e le faceva desiderare di stare a terra al servizio del Padrone, proseguendo quel percorso che avevano iniziato assieme tanti anni fa.
Avrebbe amato anche quella donna e, incredibilmente, il fatto di essere quasi ignorata dal marito, l’aveva fatta sentire ancor di più sua, col suo potere di umiliarla ignorandola, facendola sentire inesistente, poco importante.
L’umiliazione la eccitava.
L’appartenenza la eccitava.
Ora si stava eccitando.
Grace le sciolse la catena.
Anna fu tentata di precipitarsi ai piedi del marito che da mesi non vedeva né sentiva, pur assistendo alle telefonate che faceva con sua madre, la quale, a volte, gli narrava anche di lei e della sua schiavitù.
Tante volte li sentiva parlare al telefono come se lei non esistesse, mentre leccava la vagina della suocera che, distrattamente, giocava coi suoi capelli.
Non osò prendere iniziative e, nel dubbio, cominciò a fare ciò che era stata abituata ad eseguire al rientro della Padrona, cioè leccarle le scarpe.
Era un servizio insegnatole sin dal primo giorno.
La suocera le diede due frustate forti sulla schiena con l'immancabile frustino sempre vicino alla poltrona.
“Stupida bestia, devi andare prima dall’ospite”.
Le diede una spinta col piede per spingerla verso Edith.
Ciò che la ferì non furono le frustate (ne aveva prese tante, due in più erano nulla) e nemmeno il tono della suocera o l’epiteto di “bestia”, in quanto era normale che la suocera la trattasse come un animale.
La ferirono invece le parole di suo marito.
“Cretina, avevo parlato di te ad Edith come di una brava schiava, e tu mi fai fare brutta figura”.
Questo la fece stare male, quella frase che era uno schiaffo in viso, ma uno schiaffo che non eccita perchè è una umiliazione diversa che la toccava nel suo orgoglio di schiava.
“Scusi Padrone, scusi Signora Suocera”.
Suo marito si fece dare il frustino da Grace e le diede altre due frustate forti sulla schiena.
“Ma allora sei proprio stupida! Non ricordi più l’educazione, cane? Devi chiedere scusa ad Edith”.
Furono “chilometri” quei pochi centimetri che la sua anima percorse strisciando per poter posare la testa a terra, davanti a quella donna di colore per eseguire l’ordine del marito che l’aveva fatta sentire in difetto.
“Buongiorno Signora Edith, mi scusi Signora Edith”.
Non ricevette risposta alcuna da quella donna altezzosa che le incuteva timore.
Fu in questo momento che arrivò la conferma dell’ulteriore spinta verso il basso, che le fece fare d’un salto gli ulteriori gradini dandole l’effettiva conferma del cambiamento della sua vita.
Diego era ancora in piedi accanto a lei. Le mise un piede sulla schiena schiacciandola.
“Edith è la tua Padrona”.
Era nuda, accucciata a terra ai piedi della suocera mentre suo marito, del quale era schiava, ora condivideva emozioni e sentimenti con l’altra donna seduta in poltrona, superiore a lei.
Una cosa è pensare che Diego avrebbe trovato altra compagna. Altra cosa è vederla in carne ed ossa, davanti a lei e stare ai suoi piedi.
Eppure, passato il momento iniziale, sentì ancor di più il potere di Diego e, parallelamente, la propria sottomissione, quella bestia che la divorava dentro e le faceva desiderare di stare a terra al servizio del Padrone, proseguendo quel percorso che avevano iniziato assieme tanti anni fa.
Avrebbe amato anche quella donna e, incredibilmente, il fatto di essere quasi ignorata dal marito, l’aveva fatta sentire ancor di più sua, col suo potere di umiliarla ignorandola, facendola sentire inesistente, poco importante.
L’umiliazione la eccitava.
L’appartenenza la eccitava.
Ora si stava eccitando.
Grace le sciolse la catena.
Anna fu tentata di precipitarsi ai piedi del marito che da mesi non vedeva né sentiva, pur assistendo alle telefonate che faceva con sua madre, la quale, a volte, gli narrava anche di lei e della sua schiavitù.
Tante volte li sentiva parlare al telefono come se lei non esistesse, mentre leccava la vagina della suocera che, distrattamente, giocava coi suoi capelli.
Non osò prendere iniziative e, nel dubbio, cominciò a fare ciò che era stata abituata ad eseguire al rientro della Padrona, cioè leccarle le scarpe.
Era un servizio insegnatole sin dal primo giorno.
La suocera le diede due frustate forti sulla schiena con l'immancabile frustino sempre vicino alla poltrona.
“Stupida bestia, devi andare prima dall’ospite”.
Le diede una spinta col piede per spingerla verso Edith.
Ciò che la ferì non furono le frustate (ne aveva prese tante, due in più erano nulla) e nemmeno il tono della suocera o l’epiteto di “bestia”, in quanto era normale che la suocera la trattasse come un animale.
La ferirono invece le parole di suo marito.
“Cretina, avevo parlato di te ad Edith come di una brava schiava, e tu mi fai fare brutta figura”.
Questo la fece stare male, quella frase che era uno schiaffo in viso, ma uno schiaffo che non eccita perchè è una umiliazione diversa che la toccava nel suo orgoglio di schiava.
“Scusi Padrone, scusi Signora Suocera”.
Suo marito si fece dare il frustino da Grace e le diede altre due frustate forti sulla schiena.
“Ma allora sei proprio stupida! Non ricordi più l’educazione, cane? Devi chiedere scusa ad Edith”.
Furono “chilometri” quei pochi centimetri che la sua anima percorse strisciando per poter posare la testa a terra, davanti a quella donna di colore per eseguire l’ordine del marito che l’aveva fatta sentire in difetto.
“Buongiorno Signora Edith, mi scusi Signora Edith”.
Non ricevette risposta alcuna da quella donna altezzosa che le incuteva timore.
Fu in questo momento che arrivò la conferma dell’ulteriore spinta verso il basso, che le fece fare d’un salto gli ulteriori gradini dandole l’effettiva conferma del cambiamento della sua vita.
Diego era ancora in piedi accanto a lei. Le mise un piede sulla schiena schiacciandola.
“Edith è la tua Padrona”.
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