La taverna (parte 3)

di
genere
sadomaso

Non si accorse nemmeno di avere il cazzo in bocca.
Quando le era entrato? Lo aveva preso lei? Gliel’avevano forzato?
Non ricordava. Non sapeva.
Succhiava.
Una cosa pensava: avrebbe dovuto soddisfarli, doveva fare in modo che fossero contenti di lei, così forse l’avrebbero risparmiata se avessero goduto in fretta. O forse se fosse stata eccitante l’avrebbero scopata più volte ciascuno.
Perchè sentiva quella cosa strana allo stomaco, vicino al piacere, all’idea che fossero contenti di lei?
Cosa doveva fare? Come doveva leccare?
“E’ brava la gran Signora”.
“Ma lei sarà abituata ai cazzi dell’alta società”.
“Bhè, diventano duri anche quelli con una lingua così”.
Risero.
Ma quanto ridevano?
Cosa avevano da ridere?
Che vibrazione c’era nella loro voce mentre ridevano?
Si sentiva umiliata. Era umiliata.
Si era già sentita umiliata quando Marzio la costringeva a servire sessualmente i suoi amici assumendo pose indecenti.
Conosceva l’umiliazione, la eccitava.
Adesso era umiliata.
Cosa era quella roba allo stomaco? Eccitazione? No, non poteva essere.
Si sentì scendere lacrime dal viso e si sentì lo stomaco sottosopra, ancora, come quando strisciava ai piedi degli amici di Marzio o doveva leccare la figa delle loro mogli.
Il bel trucco agli occhi le era colato sulle guance e intaccato il trucco che aveva curato con attenzione per essere bellissima.
In effetti era bellissima in quel momento.
“Vieni da me”.
Con un piede venne spinta verso l’altra poltroncina.
Non l’aveva nemmeno vista l’altra poltroncina. Solo allora si accorse che erano tre sulle quali gli occupanti stavano seduti con il cazzo già duro.
“Salta le palle e passa al cazzo, bella Signora di classe”.
Se lo ritrovò in bocca in un attimo. Anche per questo non capì se lo aveva preso lei o se gliel’avevano forzato.
Capì solo che doveva leccare, succhiare, farlo diventare ancora più duro. Farlo contento, far sì che fosse soddisfatto di lei.
Ancora quella sensazione al pensiero che qualcuno fosse soddisfatto del suo lavoro di bocca.
“Sapete che quelle dell’alta società lo succhiano meglio delle nostre?”
Sentì una mano tra le cosce.
Non capì più nulla, sentiva voci e cazzi in bocca, non capiva quando li cambiava e quanto durava il tempo per ciascuno.
Non capì nemmeno quando uno di loro rise dicendo che la sua figa era bagnata.
Non poteva avercela con lei. Era di un’altra donna, sicuro. Doveva essere così.
Non respirava. Il cazzo era tutto in bocca. Fino in fondo. Ma quanto era grosso? Ma che domande si stava facendo? Che importava?
Aria, voleva respirare e mentre lo pensava succhiava e dietro la toccavano dopo averle alzato il vestito.
Il perizoma!!!
Era nuovo!!!
Ma cosa pensava?
Che importanza aveva quel tessuto strappato che le aveva provocato dolore?
Era solo dolore?
No, maledizione, c’era la sua intimità ora nuda.
La umiliava sempre stare con la figa nuda davanti a persone vestite, e nuovamente quella roba alla bocca dello stomaco la tormentava.
“Alzati bella Signora”.
L’avrebbero fatta andare via? La lasciavano andare?
Perchè non riusciva ad andarsene?
Cosa la tratteneva?
Le avevano incatenato il polso?
No, era la mano di uno di quegli uomini che la tratteneva e la attirava a sé.
Gli guardava il cazzo.
Ma come era possibile che stesse pensando al bel lavoro che aveva fatto?
Era sempre così, più la umiliavano più riusciva a dare piacere, più provava piacere.
Le avevano sempre detto che i migliori lavori al cazzo li faceva dopo avere strisciato.
“Vieni qui, puttana, siediti sopra la tua opera d’arte”.
Si ritrovò ad essere assurdamente compiaciuta nel sentirsi riconoscere la sua opera nell’averglielo fatto diventare duro.
Si sedette sopra ed entrò subito. Si aspettava resistenza, invece entrò subito.
Fu come uno schiaffo la frase che sentì.
“Questa è una troia ragazzi, è bagnata da fare schifo. E’ scivolata dentro in maniera meravigliosa”.
Perchè la compiacque questo?
Altra umiliazione. Puttana, troia, la trattavano come tale.
Ebbe un sussulto.
Oddio!!! Se ne erano accorti?
Non lo seppe perché un uomo alle sue spalle le strappò il vestito rivelando le tette.
Perché ridevano dei suoi capezzoli turgidi?
Anzi, perché erano turgidi i suoi capezzoli?
Perché la bocca dello stomaco mandava riflessi all’inguine?
Puttana, troia, così la stavano chiamando, anzi, “La Signora gran troia”.
Le tenevano i polsi uniti dietro alla schiena ma senza fatica. Perchè non stava reagendo?
Era bloccata.
Quello che la stava scopando le morse un capezzolo.
Fitte!!!
Ebbe un sussulto.
Piacere? Lo stesso piacere che provava quando Marzio le metteva le pinzette ai capezzoli.
Le avevano ordinato di fare la cavalcata e la faceva. Era durissimo quel cazzo.
Guardò in faccia l’uomo. Era un altro.
Era in trance, non si era accorta che l'avevano tenuta per i capelli, fatta alzare e spostata sul cazzo di un altro.
di
scritto il
2021-12-15
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