La taverna (parte 4)
di
Kugher
genere
sadomaso
Probabilmente in quel momento era una maschera irriconoscibile.
I capelli ormai non avevano più niente che ricordasse la perfetta pettinatura dell’uscita dalla villa.
Il trucco era sfatto e dagli occhi scendevano le righe dell’eyeliner.
Il vestito era stato strappato fino all’inguine per consentire la penetrazione, e sul petto per far loro leccare e mordere le sue tette.
Dicevano che era bagnata.
Non era bagnata, era umiliata, cazzo!!!
Quella maledetta umiliazione che non le faceva capire più nulla e l’avrebbe portata a fare tutto ciò che le venisse ordinato.
Lei, gran Signora, omaggiata, riverita, viziata da tutti, trattata con deferenza, lei si eccitava nell’essere umiliata, e in quel momento lo era e la figa bagnata lo stava rivelando.
Cominciò a essere parte attiva nella cavalcata.
“La troia sta danzando, allora facciamola ballare”.
Ballare?
Cosa significava?
La fecero alzare e liberarono il centro del locale.
Cosa avevano in mano?
Se ne accorse quando venne colpita sulla schiena.
Era una frusta. No, erano tre fruste.
Loro avevano formato un ampio cerchio e lei era in mezzo, leonessa tra domatori o schiava tra Padroni?
Cercava di scappare ma appena si allontanava verso l’estremità del cerchio degli aguzzini le arrivava una frustata che la richiamava.
Così correva da un’altra parte e le arrivava un'altra frustata.
Tra un passaggio e l’altro le strappavano con la frusta o con le mani quel che restava del costosissimo vestito che le era stato regalato per il suo compleanno.
Già, il suo compleanno. Lei stava andando a festeggiare il suo compleanno.
L’abito firmato che le fasciava il corpo era a brandelli e lo trovavano eccitante.
Si vedevano la figa, le tette, i segni della frusta.
Il trucco sfatto e i capelli in disordine le davano un eccitantissimo aspetta da preda.
Ecco, preda. Era una preda da catturare e domare.
Frustate.
Aveva perso il conto e loro erano sempre più eccitati.
La sua schiena era segnata.
Le avevano colpito anche le tette.
Cazzo se ci sapevano fare con quell’arnese!!!
L’aveva sempre eccitata la frusta sulla sua pelle.
L’umiliazione nel sentirsi preda le faceva tremare lo stomaco. Non si accorgeva del lago tra le cosce.
Gli uomini apprezzarono la sua figa. Lei stessa ne era sempre stata orgogliosa. Aveva una figa bellissima, curata e depilata.
Sospesero di frustarla per farla piegare a 90 gradi ed ammirarla.
Quanto si sentiva esposta in quella posizione, con quei tre uomini che la guardavano come fosse una preda catturata.
Ma lei era una preda catturata.
Umiliazione, ancora umiliazione.
“Ma è bagnata davvero questa gran Signora”.
Ripresero a frustarla sempre tenendola nel cerchio.
Cadde a terra.
Strisciò verso uno di loro implorando di smettere.
Stava piangendo, complice anche la tensione. Non aveva iniziato in quel momento ma tempo addietro. Quanto addietro? Non lo sapeva.
Da quanto era lì?
Non lo sapeva.
Guardò l’orologio da parete.
Le 4? Ma a che ora era entrata? Era uscita da casa a mezzanotte.
Dove non arrivò la pietà intervenne l’eccitazione.
Eccola, col busto sul tavolo, con le caviglie legate alle gambe del mobile.
Anche le braccia immobilizzate.
La figa esposta ed il viso al bordo.
Non dovettero faticare i cazzi ad entrare in lei. Non quello nella figa e nemmeno quello in bocca.
Non seppe quanto impiegarono a godere, sentì solo il liquido caldo che le scendeva dalle cosce.
Quello in bocca non aveva finito.
“E’ bagnata anche nel culo”.
In realtà era sudore, sicuramente il cazzo era bagnatissimo perchè appena uscito dalla bocca nella quale prese posto il terzo uomo.
Nessuno le godette in bocca.
La lasciarono lì dopo che ebbero finito.
Si stavano riposando.
No, in realtà lei capì non stavano riposando.
Erano in attesa dopo avere fatto una telefonata.
Qualcuno suonò, poco dopo, alla porta della locanda.
L’avventore che era andato ad aprire, una volta avutolo davanti, lo salutò con deferenza.
Viola lo vide arrivare.
Si stava dirigendo verso di lei. Le girò attorno per ammirare l’operato di quei tre.
La schiena di Viola era bellissima, così come lo era il viso ed i capelli. Un insieme carico di sensualità eccitante.
Si mise davanti alla sua bocca mentre era ancora legata.
Estrasse il cazzo e la scopò.
Viola capì perché nessuno dei tre le avesse goduto in bocca. Quella parte era riservata all’uomo che la stava usando in quel momento e che riversò il suo sperma per essere ingoiato.
Prima di toglierlo le accarezzò il capo.
“Buon compleanno, amore mio”.
Quella serata era stata il regalo di Marzio alla sua donna che godeva nell’umiliazione e nell’essere usata come un oggetto.
Lei sapeva che sarebbe successo ma non quando, dove e, soprattutto, come.
Marzio sapeva che l’auto si sarebbe guastata pochi chilometri dopo e le aveva tolto il telefono dalla borsetta.
L’aveva fatta seguire da una sua amica, la bellissima bionda che lo aveva avvisato che tutto era andato bene.
La slegò.
Lo volle fare lui, perché il suo regalo (i tre uomini) l’avevano legata, ma spettava a lui liberarla per prenderla tra le braccia e portarsela a casa.
Non poteva non viziarla e aveva detto alla cameriera di farle trovare la vasca piena di acqua calda e petali di rose.
Prima di uscire le spruzzò un po’ di profumo francese.
I capelli ormai non avevano più niente che ricordasse la perfetta pettinatura dell’uscita dalla villa.
Il trucco era sfatto e dagli occhi scendevano le righe dell’eyeliner.
Il vestito era stato strappato fino all’inguine per consentire la penetrazione, e sul petto per far loro leccare e mordere le sue tette.
Dicevano che era bagnata.
Non era bagnata, era umiliata, cazzo!!!
Quella maledetta umiliazione che non le faceva capire più nulla e l’avrebbe portata a fare tutto ciò che le venisse ordinato.
Lei, gran Signora, omaggiata, riverita, viziata da tutti, trattata con deferenza, lei si eccitava nell’essere umiliata, e in quel momento lo era e la figa bagnata lo stava rivelando.
Cominciò a essere parte attiva nella cavalcata.
“La troia sta danzando, allora facciamola ballare”.
Ballare?
Cosa significava?
La fecero alzare e liberarono il centro del locale.
Cosa avevano in mano?
Se ne accorse quando venne colpita sulla schiena.
Era una frusta. No, erano tre fruste.
Loro avevano formato un ampio cerchio e lei era in mezzo, leonessa tra domatori o schiava tra Padroni?
Cercava di scappare ma appena si allontanava verso l’estremità del cerchio degli aguzzini le arrivava una frustata che la richiamava.
Così correva da un’altra parte e le arrivava un'altra frustata.
Tra un passaggio e l’altro le strappavano con la frusta o con le mani quel che restava del costosissimo vestito che le era stato regalato per il suo compleanno.
Già, il suo compleanno. Lei stava andando a festeggiare il suo compleanno.
L’abito firmato che le fasciava il corpo era a brandelli e lo trovavano eccitante.
Si vedevano la figa, le tette, i segni della frusta.
Il trucco sfatto e i capelli in disordine le davano un eccitantissimo aspetta da preda.
Ecco, preda. Era una preda da catturare e domare.
Frustate.
Aveva perso il conto e loro erano sempre più eccitati.
La sua schiena era segnata.
Le avevano colpito anche le tette.
Cazzo se ci sapevano fare con quell’arnese!!!
L’aveva sempre eccitata la frusta sulla sua pelle.
L’umiliazione nel sentirsi preda le faceva tremare lo stomaco. Non si accorgeva del lago tra le cosce.
Gli uomini apprezzarono la sua figa. Lei stessa ne era sempre stata orgogliosa. Aveva una figa bellissima, curata e depilata.
Sospesero di frustarla per farla piegare a 90 gradi ed ammirarla.
Quanto si sentiva esposta in quella posizione, con quei tre uomini che la guardavano come fosse una preda catturata.
Ma lei era una preda catturata.
Umiliazione, ancora umiliazione.
“Ma è bagnata davvero questa gran Signora”.
Ripresero a frustarla sempre tenendola nel cerchio.
Cadde a terra.
Strisciò verso uno di loro implorando di smettere.
Stava piangendo, complice anche la tensione. Non aveva iniziato in quel momento ma tempo addietro. Quanto addietro? Non lo sapeva.
Da quanto era lì?
Non lo sapeva.
Guardò l’orologio da parete.
Le 4? Ma a che ora era entrata? Era uscita da casa a mezzanotte.
Dove non arrivò la pietà intervenne l’eccitazione.
Eccola, col busto sul tavolo, con le caviglie legate alle gambe del mobile.
Anche le braccia immobilizzate.
La figa esposta ed il viso al bordo.
Non dovettero faticare i cazzi ad entrare in lei. Non quello nella figa e nemmeno quello in bocca.
Non seppe quanto impiegarono a godere, sentì solo il liquido caldo che le scendeva dalle cosce.
Quello in bocca non aveva finito.
“E’ bagnata anche nel culo”.
In realtà era sudore, sicuramente il cazzo era bagnatissimo perchè appena uscito dalla bocca nella quale prese posto il terzo uomo.
Nessuno le godette in bocca.
La lasciarono lì dopo che ebbero finito.
Si stavano riposando.
No, in realtà lei capì non stavano riposando.
Erano in attesa dopo avere fatto una telefonata.
Qualcuno suonò, poco dopo, alla porta della locanda.
L’avventore che era andato ad aprire, una volta avutolo davanti, lo salutò con deferenza.
Viola lo vide arrivare.
Si stava dirigendo verso di lei. Le girò attorno per ammirare l’operato di quei tre.
La schiena di Viola era bellissima, così come lo era il viso ed i capelli. Un insieme carico di sensualità eccitante.
Si mise davanti alla sua bocca mentre era ancora legata.
Estrasse il cazzo e la scopò.
Viola capì perché nessuno dei tre le avesse goduto in bocca. Quella parte era riservata all’uomo che la stava usando in quel momento e che riversò il suo sperma per essere ingoiato.
Prima di toglierlo le accarezzò il capo.
“Buon compleanno, amore mio”.
Quella serata era stata il regalo di Marzio alla sua donna che godeva nell’umiliazione e nell’essere usata come un oggetto.
Lei sapeva che sarebbe successo ma non quando, dove e, soprattutto, come.
Marzio sapeva che l’auto si sarebbe guastata pochi chilometri dopo e le aveva tolto il telefono dalla borsetta.
L’aveva fatta seguire da una sua amica, la bellissima bionda che lo aveva avvisato che tutto era andato bene.
La slegò.
Lo volle fare lui, perché il suo regalo (i tre uomini) l’avevano legata, ma spettava a lui liberarla per prenderla tra le braccia e portarsela a casa.
Non poteva non viziarla e aveva detto alla cameriera di farle trovare la vasca piena di acqua calda e petali di rose.
Prima di uscire le spruzzò un po’ di profumo francese.
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