La vendetta di un impiegato, da vittima a carnefice – Capitolo 5

di
genere
dominazione

Ester prese l’olio al peperoncino unse abbondantemente il fallo in silicone e si avvicinò alle spalle di Monica che, sempre a quattro zampe, continuava a leccare il culo di Cesare, beatamente sdraiato nella poltrona:
“Basta puttana! mi hai stuzzicato abbastanza adesso succhiami cazzo e palle!”
Nel frattempo Ester posizionava la punta del fallo sul buco del culo di Monica e iniziava a spingere. Al sentire la pressione della punta che si faceva strada nel suo ano, Monica allontanò la bocca dai genitali dell’uomo come ad opporsi, ma Cesare la bloccò immediatamente afferrandole la testa con le sue grosse mani e spingendo il suo uccello quasi completamente in gola alla sua schiava. Gli occhi di Monica si accesero un po’ per il soffocamento e un po’ per il bruciore che l’olio stava causando da subito al primo ingresso. In pochi minuti la Valli era una maschera di sofferenza! Ester non dimostrava alcuna pietà e viaggiava come un treno dentro il secondo canale della malcapitata, mentre Cesare non le consentiva di rifiatare, mantenendo costantemente il proprio membro dentro la sua bocca. L’effetto dell’olio si faceva sentire incrementando l’irritazione causata dal continuo attrito del fallo sulle pareti anali: le lacrime di Monica si mischiavano tra sofferenza e conati. Ad un certo punto Cesare lanciò un urlo: aveva raggiunto l’orgasmo e, estratto il pene dalla bocca, aveva scaricato tutto lo sperma sul viso di Monica. Poco dopo anche Ester rallentò il suo forsennato andirivieni e si fermò, tuttavia mantenendo tutto il fallo in silicone dentro il sedere di Monica:
“Mi deve scusare dottoressa… ma oggi mi sento un po’ stanca! Cesare! aiutami a tenere largo questo buco di culo”.
Così dicendo Ester sfilava il fallo dal sedere di Monica, mentre Cesare, avvicinatosi, infilava due dita per mano e teneva allargato il foro anale. La Valli sempre in posizione canina appariva sfiancata e con la testa appoggiata per terra come si fosse arresa, tuttavia era estremamente impaurita da ciò che la sadica coppia aveva ancora intenzione di fare. Quindi, mentre Cesare teneva aperto il buco del culo della Valli, Ester inseriva all’interno la chiave del lucchetto.
“Ecco così, facciamogliela ingoiare ben in profondità…”
Monica si rese conto che qualcosa era stato infilato nel suo sedere, ma non sapeva cosa fino a che Ester non le spiegò cosa sarebbe successo di lì a poco.
“Allora vacca! per oggi la serata qui da noi è conclusa. Ho una gran voglia di farmi fottere dal mio uomo e tu saresti di troppo, ma stai tranquilla che da domani non saremo così buoni con te come lo siamo stati oggi. Adesso fuori da questa casa…e dimenticavo… il tuo ultimo compito per oggi…”
Cesare prese la Valli per i capelli e la trascinò verso la porta di ingresso, che Ester aveva appena aperto, quindi passò i capelli alla compagna che portò la schiava verso il cancelletto d’ingresso.
Monica era rimasta nuda, con il sedere e le cosce unte dal terribile olio usato da Ester, e si muoveva a quattro zampe con estrema difficoltà, dovendo portare appresso la catena con la pesante palla di ferro. Non le era stato concesso né di rivestirsi, né di ripulirsi la faccia ancora ricoperta dello sperma di Cesare. Era tarda sera e fuori c’era freddo!
“Vedi come sono gentile: accompagno gli ospiti al cancello!”
Alla ironica battuta di Ester, Cesare, che aveva lanciato la tuta e le scarpe di Monica lungo il cortiletto d’ingresso, fece una grassa risata, salutando la Valli:
“Ci vediamo domani puttana! Mi raccomando sexy e puntuale!”
Ma Ester aveva in serbo un’ultima diavoleria: aprì il lucchetto con la seconda chiave che aveva a disposizione liberando momentaneamente la caviglia di Monica, quindi legò la catena al polso della schiava facendo in modo che la catena passasse attraverso le maglie metalliche dell’inferriata e che la palla in ferro si trovasse dall’altra parte del cancelletto. In tal modo, se non si fosse liberata dalle catene, la Valli sarebbe stata bloccata e non avrebbe potuto lasciare la casa.
“La chiave ce l’hai nel culo! Per cui cagala fuori, apri il lucchetto e sparisci. Ah, se riesci ad andar via, chiudi il cancello!”
Ester rientrò dentro casa ridendo, mentre Monica continuava a vivere un vero e proprio incubo.
Nuda, sporca e dolorante si ritrovava legata ad un cancello sul cemento del cortile di una squallida casa: doveva trovare al più presto una soluzione! La luce del lampione della strada andava e veniva, e questo un po’ la salvava, considerando che era tardi e non c’era più nessuno in strada o almeno quasi.
Il suo sedere era un fuoco dentro e fuori. Qualsiasi azione che implicasse toccare il proprio ano era una sofferenza, ma doveva assolutamente estrarre quella chiave. Così si mise seduta accovacciata sui piedi, in posizione tipo squat, e fece lo sforzo di aprirsi lo sfintere anale come se stesse defecando; in un secondo momento si aiutò con le mani e dopo una ventina di minuti di tentativi estenuanti, tra pianti e imprecazioni, riuscì a sputare fuori la chiave e ad aprire il lucchetto. Poi raccolse le sue cose e se ne andò via.
Inutile dire che anche quella notte Monica Valli non chiuse occhio, un po’ per i dolori fisici, comunque compensati da opportuni medicinali, e un po’ per quello che sarebbe stato il suo destino.
Il giorno successivo fu decisamente peggiore: il delirio del sadismo! Tutto fu molto più intenso e doloroso perché la Valli risentiva di quello che aveva subito il giorno prima: il sedere era ancora arrossato fuori e infiammato dentro. Cesare ed Ester ci andarono pesanti battendola a ripetizione prima dopo e durante le varie sodomizzazioni che andarono avanti per tutta la notte soprattutto ad opera di Ester, che già dall’arrivo di Monica in casa aveva espresso la propria volontà di divertirsi a tempo indeterminato:
“Domani è il mio giorno libero per cui non lavoro e posso fare le ore piccole…!”
Poi avvicinandosi all’orecchio di Monica continuò:
“In altre parole, ti inculo tutta la notte e non solo, mi divertirò ad utilizzare mestoli, ciabatte, cucchiai per batterti fino a trovare quello che ti farà urlare di più. Allora ti piace il programma puttana!!!”
La Valli era disperata ma non riusciva a spiegarsi del perché di tanta cattiveria.
“Ma perché mi state facendo questo? È vero, ho commesso degli errori, ho esercitato il mio potere come non dovevo, ma perché questa violenza? …non lo capisco…che cosa vi ho fatto?”
E mentre la Valli singhiozzava, Ester scopriva le carte:
“Perché Marzia Corti era mia zia!”
Gelo. La Signora Corti era stata una delle tante vittime della Valli. Era andata in pensione due anni prima, ma era deceduta l’anno successivo dopo una breve malattia, si diceva, probabilmente, causata dal dispiacere.
Fu una notte infernale al termine della quale la dottoressa Valli si sarebbe recata direttamente a lavoro; quella notte Monica Valli fu investita in pieno dalla potenza del rimorso che aveva aperto un solco profondo nella sua coscienza e forse solo ora poteva comprendere tutto il male che aveva generato.
Fortunatamente per lei, il giorno successivo rimase a casa e poi sarebbe stato weekend da Simone.
La location presso la villa al mare di Simone era bellissima, in sostanza l’opposto del tugurio di Ester e Cesare. Monica arrivò presto verso le 08.15 del mattino, quando Simone ancora non era presente. Si era messa indosso un tubino nero che partiva da poco sopra il ginocchio e delle scarpette rosse con tacco non eccessivamente pronunciato.
Ad aprire la porta trovò una ragazza giovane intenta a fare le pulizie.
“Sei in ritardo! C’è un po’ da fare e dobbiamo finire entro le 10.00. Tieni!”
La ragazza si sfilò il camice da lavoro e lo diede alla Valli invitandola a seguirla.
“Prendi quella spugnetta abrasiva e comincia dal cesso!”
Dopo un’ora di pulizie, sempre inginocchiata a sfregare in ogni angolo di pavimento che di fatto era già abbastanza pulito, arrivò Simone in compagnia di un gruppetto di ragazzi. Simone congedò la ragazza delle pulizie che andò via e chiamò a sé la Valli.
“Ciao zoccola! Vieni ti presento un po’ di amici”
I tre giovani si misero tutti intorno a lei e mentre Simone faceva le presentazioni, sei mani cominciavano ad esplorare il corpo della donna, che sembrava intimidita e imbarazzata con il volto evidentemente rosso dalla vergogna, nonostante fosse da giorni che subiva ogni sorta di molestia e violenza.
Pian piano i ragazzi sfilarono il tubino e continuarono il processo di ispezione sotto la biancheria intima, un completo sexy rosso costituito da un reggiseno push-up e da un perizoma. Poi le tolsero anche gli ultimi indumenti lasciandola solo con scarpe, calze velate e reggicalze. Durante la svestizione qualcuno più loquace si lasciò andare a pesanti insulti:
“Uhm… che belle poppe da mungere!!!”
“Si, non sono proprio grosse come quelle di una vacca da latte, ma scommetto che gode come una cagna a prenderlo nel culo!”
“Allora Simone, ci dai carta bianca?”
“Certo! Ma scordatevi la fica! Questa puttana deve godere solo con il culo, sempre che ci riesca perché credo sia ancora irritato!”
I tre ragazzi erano rimasti nella sala da pranzo e avevano preso possesso del tavolo in cui Monica era stata messa di peso, supina, con le gambe aperte e tenute sollevate da due di essi, e con i piedi per aria portati all’altezza delle spalle; il suo sesso era completamente esposto così come il suo buchetto che sarebbe stato il loro obiettivo finché avrebbero avuto energie.
La Valli si lasciava fare, ormai rassegnata all’idea di essere diventata l’oggetto delle perversioni di Simone e dei suoi amici. Così ognuno di loro tre si era concentrato su una parte del corpo di Monica, che veniva stuzzicata e torturata tra dolore e piacere in un turbinio di sensazioni, che ben presto sarebbe scemato. Infatti, dopo che tre dita avevano ben aperto e lubrificato il suo ano, il più intraprendente dei tre si faceva strada con il suo membro. La penetrazione anale fu lentissima, il gioco con cui la cappella entrava e usciva allargando lo sfintere anale era continuo. Intanto, gli altri due ragazzi si masturbavano, sbattevano i loro uccelli duri sulle guance di Monica e le leccavano ognuno i piedi: la donna frignava e rideva rabbiosamente soggetta a quello snervante solletico, fino allo sfinimento.
Dopo aver sadicamente giocato con il suo sedere, il ragazzo iniziò a penetrare Monica con affondi sempre più profondi e decisi tali da toglierle il fiato, che di fatto già le mancava perché si ritrovava contemporaneamente ad ingoiare a turno gli altri due uccelli, con la testa sporgente dal bordo del tavolo.
I tre ragazzi non le davano tregua e si davano cambi regolari in modo da tenere sempre pieno il sedere della Valli, il cui volto era coperto da saliva e lacrime. Ad un certo punto, in preda all’isteria e alla profonda irritazione dell’ano brutalmente lavorato, Monica si lasciò sfuggire una supplica:
“Vi prego, non ce la faccio più! SCOPATEMI! Cazzo, prendete anche la mia fica!”
Ma sapeva bene che Simone aveva imposto ai ragazzi di lavorarle solo il secondo canale.
Intanto, Simone osservava e rideva soddisfatto della situazione che però voleva rendere più infuocata: prese il telefono smartphone della Valli e compose il numero di Ilenia in videochiamata.
Continua… (per eventuali commenti o suggerimenti - dukeduke1069@yahoo.com)
di
scritto il
2021-12-15
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