La vendetta di un impiegato, da vittima a carnefice – Capitolo 4

di
genere
dominazione

“Allora, apri bene le orecchie e memorizza quanto ti dirò:
- Continuerai ad osservare il tuo normale orario di lavoro, al termine del quale ti recherai nella tua nuova casa, un merdoso appartamento in periferia, dove ci saranno ad attenderti delle personcine a modo che si prenderanno cura di te abusando in ogni cazzo di maniera, se necessario fino al mattino quando ti dovrai recare a lavoro;
- Nel weekend sarai mia ospite nella mia casa al mare, dove organizzeremo festini e giochi speciali ideati appositamente per te nonché tutte le punizioni che ti sarai meritata durante la settimana, qualora non avessi soddisfatto le nostre aspettative. Faremo in modo che, di tanto in tanto, Ilenia possa assistere dal vivo o in remoto alla tua trasformazione in zoccola di terza categoria ed essere testimone della tua discesa nella più estrema depravazione;
- Fai una sola cazzata e Ilenia entrerà nel pieno del gioco”
Mentre parlava Simone continuava a rigirare e spingere il dito medio completamente in profondità. Una volta illustrate le fasi della nuova agenda settimanale di Monica Valli, Simone estraeva il dito e lo avvicinava sotto il naso di Ilenia, seduta di lato al tavolo:
“Che odore senti Ilenia?”
Ilenia provava a farfugliare qualcosa probabilmente senza rispondere alla domanda di Simone e mostrando tutta la sua rabbia. Subito dopo Simone metteva il dito in bocca a Monica:
“Succhia troia! E fallo per bene ogni volta che ti ripulisco il culo…”
Mentre una lacrima colava sul viso di Ilenia, la madre stringeva i denti e cercava di rimanere impassibile come a mostrare la propria forza. Intanto, Simone rimetteva il dito dentro il sedere di Monica e riprendeva a spingere e ruotare. Ad un cenno di Simone uno dei due scagnozzi si spostava dalla sua posizione e si metteva di fronte a Monica. Quindi si slacciava la cintura e tirava fuori un cazzo di discrete dimensioni che svettava rigido poco sopra il piano del tavolo e con i testicoli appoggiati sullo stesso piano a pochi centimetri dal volto della Valli, che di riflesso allontanava la testa come a rifiutare il rapporto orale. Il gesto di Monica non passò inosservato a Simone che subito si sporse avvicinandosi al suo orecchio e sussurrando in modo che solo lei potesse sentire.
“Continua così e vedrai che concederò più attenzioni al sederino di tua figlia, la faccio violentare senza sosta e le apriamo talmente tanto il culo che ti farò guardare dentro per vedere la luce filtrare dalla gola!”
Monica, terrorizzata dalle parole di Simone aprì la bocca e ingoiò l’uccello. Dopo due o tre affondi lenti come per prendere ritmo e misure, il ragazzone iniziò a scopare la bocca di Monica con una tale brutalità da provocarle continui conati di vomito. La scena che si presentava ad Ilenia, ad un metro di distanza, era estremamente dura: la madre completamente nuda e a quattro zampe sopra una vecchia scrivania, i seni schiacciati sul piano in legno e la testa impalata in un cazzone, mentre dall’altro lato Simone continuava la penetrazione anale ficcando dentro le dita che nel frattempo erano diventate due. Simone frugava nella profondità anale, avendo cura di stantuffarla lentamente in contrasto alla più intensa velocità con cui veniva scopata in bocca.
Dopo un lunghissimo quarto d’ora il primo scagnozzo si scaricò dentro la bocca di Monica: lo sperma colava lungo il mento e si depositava sulla scrivania; il suo viso era rosso paonazzo e anche i suoi occhi presentavano innumerevoli rigagnoli rossi. Intanto, il secondo scagnozzo aveva iniziato a sbottonarsi i jeans e si avvicinava a Monica mentre il collega riprendeva la sua posizione, in piedi, accanto ad Ilenia seduta e ancora immobilizzata, e non perdendo occasione di infierire umiliando ancora di più sia mamma che figlia:
“Uh è rimasta un po’ di sborra nelle dita, cosa dici Simone, gliela facciamo vedere alla piccola?”
“Ma certo, bagnale un po’ il naso e falle capire che la mammina ha lo stomaco pieno!”
Il tizio si chinava verso la ragazza e le ungeva le narici mettendole lo sperma all’interno della cavità nasale. Per tutta risposta Ilenia sbraitava nei confronti dei suoi aguzzini, ma riuscendo solo a mettere in rilievo le vene nel collo. I due ridevano mentre l’altro uomo stava già pompando la bocca della Valli di gran lena.
Ci vollero altri dieci minuti intensi prima che anche il secondo gorilla si scaricasse i testicoli dopo un urlo liberatorio e un forte ansimare della Valli, visibilmente esausta dal duro trattamento subito. Simone liberò il culo della sua vittima estraendo le tre dita che da tempo avevano allargato per bene lo sfintere della donna, quindi se le ripulì nei capelli di Monica congedandosi e andando via con i suoi due uomini:
“Ora levatevi dai coglioni! Entro stasera avrai altre indicazioni su che cazzo dovrai fare e non fare”
I tre abbandonarono il seminterrato e andarono via con le loro auto. Nel frattempo Monica slegò Ilenia che subito si ripulì il naso strillando e pronunciando imprecazioni, invece la Valli sembrava rassegnata a seguire una nuova vita in cui avrebbe pagato a caro prezzo tutte le sue malefatte.
Quella stessa sera Monica ricevette un messaggio telegrafico in cui veniva indicato un indirizzo e un orario.
Non conosceva la zona ma sapeva come arrivarci; si trovava a venti minuti da casa sua, sarebbe uscita da lavoro, si sarebbe cambiata e sarebbe arrivata a quell’indirizzo all’orario fissato.
Dopo una notte insonne e una giornata lavorativa spenta, Monica rientrò a casa e si preparò rapidamente indossando una tuta da ginnastica con delle scarpe da tennis. Quindi prese l’auto e si avviò.
La strada era buia e pressoché deserta, particolarmente sporca e con diverse automobili parcheggiate, bruciate o incidentate. Le case e le palazzine presenti apparivano fatiscenti e vetuste: non era certamente il posto dove andare a fare una passeggiata! Monica giunse al numero civico indicato, il cancelletto d’ingresso era aperto, arrivò in prossimità del portoncino di ingresso e suonò il campanello.
“Chi è?”
“Sono Monica Valli”
Si sentì il rumore del chiavistello e la porta si aprì. Monica fece due passi ed entrò all’interno, il sudore contraddistingueva l’odore di un appartamento sporco, con pareti bianche ammuffite e scalcinate.
All’improvviso una voce profonda e rauca ruppe il silenzio e di fronte a lei si presentò un signore sulla sessantina, corpulento, calvo, alto circa 180cm e con indosso delle vecchie pantofole rosse, dei boxer bianchi e una canotta anch’essa bianca e madida di sudore.
“Chi cazzo ti ha detto di entrare, puttana!”
Monica non ebbe il tempo di rispondere che il tizio le diede un ceffone facendola crollare a terra. Immediatamente dopo chiuse la porta d’ingresso con tre mandate.
“Stai in ginocchio troia! Dentro questa casa ti muoverai solo a quattro zampe!”
In quel momento la dottoressa Monica Valli si rendeva conto del casino in cui si era cacciata: chi semina raccoglie! Certo, poteva andarsene via in qualsiasi momento, ma sapeva bene quali potevano essere le conseguenze per Ilenia.
Tutto ciò che aveva intorno la disgustava, ma di li a poco avrebbe avuto qualcosa di diverso di cui preoccuparsi…
“Neanche ti conosco e già mi fai girare i coglioni: mettiamo una cosa in chiaro tu sei la mia schiava e verrai punita ad ogni cazzo di errore che farai! Ma forse credo sia meglio farti provare da subito sulla pelle quello che ti accadrà quando non soddisferai ogni mio capriccio. Culo di fuori troia!!! Levati quei cazzo di pantaloni e mettiti qui davanti a me!”
La Valli era intontita dalla sequenza di minacce ricevute al punto che agendo come un automa si levava i pantaloni e prendeva posizione. L’uomo, seduto sulla sua poltrona, metteva una gamba sopra la schiena di Monica posta a quattro zampe di fronte a sé e iniziava a batterle le natiche con la mano destra. Andò avanti per diversi minuti e Monica stringendo i denti resistette benché il suo sedere aveva ormai assunto una colorazione uniforme rossa, poi finalmente si fermò.
“Cazzo mi duole la mano! Levati le mutandine troia! E poi cerca di mettere qualcosa di più sexy, un tanga, un perizoma o comunque qualcosa di più adatto ad una zoccola, anche perché hai proprio un bel culetto e penso che mi divertirò a percuoterlo”.
Monica sentiva il calore della pelle che stava aumentando, quando all’improvviso l’omone riprese a colpire il culetto martoriato mediante l’ausilio di una pantofola. I colpi si fecero più energici e la sequenza sembrava non terminare più. Monica piangeva disperata e chiedeva pietà, ma il tizio era fermamente decido a darle una lezione da tenere presente per il proseguo del suo “soggiorno” in quella casa. Intanto, il peso della gamba dell’uomo aveva fatto cedere Monica che si era spanciata per terra. Fu in quel momento che i colpi terminarono.
“Io sono Cesare, troia! ...e questa sarà la tua compagna in questa casa”
Nel pronunciare queste parole Cesare aveva legato alla caviglia sinistra di Monica, una grossa e pesante palla di ferro, che era provvista di un lucchetto e di una catena di circa un metro e doveva pesare trenta chili.
“Ora girati verso di me e leccami il buco del culo, forza non farmi aspettare e ringraziami del colorito che ho regalato alle tue chiappe!”. Cesare si era praticamente sdraiato con la schiena sulla poltrona e aveva sollevato le gambe dando libero accesso alla sua schiava. Alla sofferenza causata dalle percosse ricevute si era aggiunto il voltastomaco di avere messo la faccia nel sedere di Cesare; l’odore nauseabondo induceva Monica ad avere continui conati di vomito. Lei cercava di celare la cosa nella speranza che Cesare non se ne accorgesse: la sua paura era quella che l’uomo potesse infierire con una nuova razione di sculacciate oppure prolungando la permanenza della sua lingua nel culo dell’uomo. Mentre l’estenuante prestazione orale di Monica continuava, alle sue spalle si udì lo sbattere della porta seguita da una voce femminile: Ester la compagna di Cesare.
“OHH!!! finalmente è arrivata la nostra puttana e vedo che l’hai già messa al lavoro Cesare!”
“Si, le ho già dato una ripassata alle chiappone così per mettere in chiaro chi comanda!”
“Wow! Vedo che ci sei andato pesante…ti dispiace se me la inculo a dovere?”
“Assolutamente, ma penso sia poco più che vergine, non credo che nel suo culo abbiano viaggiato molti cazzi!”
“Ho capito! Prenderò lo strap-on più piccolo ...almeno per cominciare…ah, ah, ah”
Anche Cesare rideva del programma di Ester, mentre la Valli sembrava aver perso ogni briciolo della sua arroganza: era terrorizzata dalle parole dei suoi aguzzini e sempre più disgustata dagli odori rivoltanti che le stavano saturando la testa. In un batter d’occhio Ester si presentò con lo strap-on indosso e una bottiglia di olio.
“Cazzo! Mi devi scusare, troia!! ma questo è l’unico lubrificante che mi ritrovo in casa…per cui, o così o a secco!”
Si trattava di olio al peperoncino! Alla vista del barattolino, in cui i peperoncini rossi si trovavano immersi nell’olio, Monica sbiancò singhiozzando e supplicando Ester di non utilizzarlo:
“La prego Signora Ester, non lo faccia… oddio… mi farà male!!!”
Continua… (per eventuali commenti o suggerimenti - dukeduke1069@yahoo.com)
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2021-12-09
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