Doccia nippo-olandese. Il nadir
di
Yuko
genere
etero
Scrivere di una doccia con una donna, su un sito di racconti erotici, è scontato; ormai si rischia di finire sul banale. Io pure ho esordito su questo sito con il racconto di una doccia saffica, oltre un anno fa.
Se proprio si vuole scrivere di una doccia occorre quindi cercare situazioni inedite o almeno per nulla scontate.
Be', per farla breve, vi dirò che il resoconto di una doccia con un hooligan olandese forse non rappresenta una situazione scontata e quindi di questo vi rendiconterò.
So già che la maggior parte delle situazioni non saranno inedite. Gli olandesi forse non sono poi peggio degli altri europei. Sugli altri continenti non mi esprimo.
Ma la doccia con un olandese rappresenta quanto di meno sexy si possa immaginare e forse dovrei mettere l'etichetta iniziale: “No erotic content!” per evitare di deludere qualcuno.
Se si possono immaginare apici di sublime erotismo, arte di seduzione e situazioni eccitanti concentrate in una delle attività che l'immaginazione pone tra le situazioni più erotiche, ecco, per contro la doccia con l'olandese riesce a scardinare i concetti più fantasiosi di “profondità” in senso geografico, cioè all'esatto opposto dei vertici, delle cime, delle vette dell'erotismo.
Qui siamo al nadir, la fossa delle Marianne, la grotta più profonda del mondo.
C'è da mettersi le mani nei capelli.
Sì quell'altra piacevole situazione, quella bella sensazione di farsi pettinare, di sentirsi passare le dita tra i capelli, di farsi fare uno shampoo morbido e schiumoso ancora si può ribaltare e, quindi, mettersi le mani nei capelli, fatto da sole, rappresenta l'esatto opposto.
Insomma.
Fa freddo e la neve è poca e frammista ai sassi, ghiacciata e poco sciabile in questa settimana che precede le festività.
Si torna a casa presto, un poco scontenti e molto raffreddati dalle escursioni dolomitiche che ci stiamo concedendo.
Il bombardino o il punch al mandarino ci stanno, se non si ha il tempo di prepararsi un vin brulé, ma il vero riscatto della giornata, in attesa della cena e del dopo cena, potrebbe focalizzarsi in una calda e vaporosa, schiumosa e sensuale doccia a due.
Almeno in teoria.
Ed è quello che propongo al tulipano, mio compagno, quando gli ammicco, già vestita del solo accappatoio, lo shampoo in una mano e il sapone all'eucaliptolo nell'altra.
E lui, lui che stava già avventandosi su di me, lui che aveva già una mano sulla cintura di spugna dell'accappatoio fucsia, lui che in meno di pochi secondi mi avrebbe spogliata nuda e sbattuta sul tavolo con le gambe aperte, ecco, lui resta come interdetto. Gli brillano gli occhietti con un'espressione un po' porcina.
Ma forse erano gli effetti del bombardino, anche se i due metri cubi di panna montata che ci ha messo sopra, a più riprese, devono, almeno in parte, aver tamponato gli effetti dell'alcool.
Mi guarda, ancora con il bicchiere di birra olandese in mano.
Già, perché nonostante siamo prossimi all'Alto Adige e io in persona abbia riempito il frigo di Franziskaner weissbier, lui continua a bersi la birra che si è portato da casa.
Lo invito con un cenno della testa e salgo all'ultimo piano dove, appunto, c'è la doccia condominiale.
“Togliti quei vestiti luridi e mettiti l'accappatoio, almeno!”
Non vorrei trovarmelo vestito nella doccia. Nulla è scontato.
Ci vuole un po' per scaldare le tubature gelide dell'acqua calda e quando Jos arriva sono già avvolta da volute di vapori sotto un energico getto di acqua bollente.
La priorità è scardinare il freddo che si è incastonato nelle ossa nella discesa effettuata poco fa, in una valle ormai in ombra.
Lui entra in bagno, chiude a chiave, si spoglia e accosta la porta del box doccia alle sue spalle.
Una grattatina ai marones fatta sovrappensiero viene coronata dall'inevitabile gesto di portarsi le dita al naso, per assaporare i propri aromi per l'ultima volta. Un classico. Già l'erotismo precipita negli abissi e a nulla vale una donna orientale nuda sotto una doccia fumante. Non c'è competizione.
La pelle lucida, le stille che scorrono sul corpo e si raccolgono gocciolando dai capezzoli, l'acqua che converge sui peli del pube riunendo i percorsi sul ventre e sul sedere in una cascatella fra le gambe.
Tutto vanificato.
Gli faccio spazio nel box e lo tiro sotto il getto d'acqua, prima che gli venga in mente di chiedermi se voglio annusare anch'io.
Lui dimentica l'insano proposito e si rilassa nella cascata bollente.
Si rilassa anche troppo, forse, perché all'improvviso esplode con un rutto arabescato di sfumature cromatiche che spaziano in tutte le frequenze udibili e forse qualcuna anche non udibile. Non ho tempo di chiedermi se i cani l'abbiano percepite.
Lui scoppia a ridere, felice. Gioioso e beato, visibilmente soddisfatto per l'effetto sonoro ottenuto, superiore alle sue stesse aspettative, per la sua opera d'arte canora che denota in pieno l'ampia capacità vitale del suo petto e le potenzialità della sua laringe, che si è appena espressa in convincenti virtuosismi gutturali.
Il box della doccia ha fatto da cassa di risonanza e l'effetto è stato davvero esplosivo.
L'avranno sentito in tutto il condominio e con questo pensiero anticipo la sua inevitabile domanda che già trabocca di risposte soddisfatte.
Lui intanto continua a ridere, non ce la fa proprio a smettere, nonostante io continui a guardarlo severa.
Lo ringrazio giusto un attimo per l'accortezza di aver girato di lato la bocca, per non investirmi di miasmi e fetor ex ore di stampo alcoolico, e lo commisero con lo sguardo più colmo di riprovazione di cui sono capace.
Lui fa il faccino contrito, quello dell'accusato ingiustamente.
“L'ho fatto con la bocca!” osa pronunciare in un disperato tentativo di ammansirmi, con uno sguardo che vorrebbe assomigliare a quello di un condannato a morte.
“E ci mancherebbe anche!”
A nulla valgono alcune considerazioni in giapponese.
“Sei un porco, Jos!” gli pronuncio in un idioma che anche lui riesce a comprendere.
E mi guarda soddisfatto, come se gli avessi dato una medaglia, felice per l'inaspettato effetto ottenuto.
In tutto ciò siamo tutti e due nudi e sotto la doccia. Ma pare che questo sia un particolare del tutto trascurabile.
“Dai, rincoglionito, fammi uno shampoo!” devo anche suggerirgli e mi giro di spalle per prendermi il getto d'acqua calda in faccia e sulla fronte.
Col sedere lo spingo contro il plexiglass del box, a gelarsi lui il culo, facendogli credere di mettermi in una posizione provocante.
E infatti, mentre armeggia con il liquido saponoso e comincia a impastarmi la chioma, sento qualcosa che si alza, un argomento che mi strofina ripetutamente le chiappe.
Muovo i sedere incontro all'amico ritrovato e appoggio la testa sulla spalla che sento venirmi in soccorso da dietro.
Finalmente le cose cominciano ad andare per il verso giusto e quando la mia testa si satura di schiuma densa e profumata, percepisco finalmente le sue mani insaponate raggiungermi i seni e avvolgerli di panna montata al profumo di pino silvestre.
La schiuma scivola sul mio corpo e mentre io faccio del mio meglio per continuare a strofinargli i miei glutei su un'asta che sta diventando una trave di equilibrio, lui mi ripete l'operazione dello shampoo sui peli del pube.
Mi stringo a lui, il suo petto sulla mia schiena.
I suoi baci affiorano da sopra la mia spalla e mi assediano il collo, quando avverto una contrazione della sua gola.
La birra sta provocando effetti tardivi.
“Non provarci, Orange! Non pensarci nemmeno!” lo ammonisco preventivamente, “se non vuoi essere sbattuto fuori dalla doccia, in corridoio, in piena erezione!”
Lui con una torsione innaturale disinnesca l'ordigno e la detonazione si perde in un cupo e profondo brontolio, come un tuono remoto o il lontano bramito di un cervo in amore.
Un'ultima vibrazione che si trasmette ai corpi cavernosi mi ricorda a cosa mi stavo accingendo.
Allargo le cosce e accolgo l'ospite tanto atteso con una mano insaponata che pietosamente mi infilo sotto, tra le cosce, mentre uno sfiato di aria malsana viene espulso di lato al di sopra della mia spalla destra.
Lo percepisco scuotersi in una risata repressa e ancora mi chiedo cosa abbia fatto io di male per meritarmi tutto questo.
Ma finalmente le sue dita si presentano all'appello tra le mie cosce e inizia un dolce massaggio lungo le vie della seta e del piacere.
Vengo piegata in avanti e mi preparo come un tortellino ad accogliere un ripieno di carne, sperando già in una rapida ricarica che mi conceda un bis sotto la trapunta da qui a poco.
Sempre che l'olandese non escogiti un'altra delle sue preziose trovate.
Se proprio si vuole scrivere di una doccia occorre quindi cercare situazioni inedite o almeno per nulla scontate.
Be', per farla breve, vi dirò che il resoconto di una doccia con un hooligan olandese forse non rappresenta una situazione scontata e quindi di questo vi rendiconterò.
So già che la maggior parte delle situazioni non saranno inedite. Gli olandesi forse non sono poi peggio degli altri europei. Sugli altri continenti non mi esprimo.
Ma la doccia con un olandese rappresenta quanto di meno sexy si possa immaginare e forse dovrei mettere l'etichetta iniziale: “No erotic content!” per evitare di deludere qualcuno.
Se si possono immaginare apici di sublime erotismo, arte di seduzione e situazioni eccitanti concentrate in una delle attività che l'immaginazione pone tra le situazioni più erotiche, ecco, per contro la doccia con l'olandese riesce a scardinare i concetti più fantasiosi di “profondità” in senso geografico, cioè all'esatto opposto dei vertici, delle cime, delle vette dell'erotismo.
Qui siamo al nadir, la fossa delle Marianne, la grotta più profonda del mondo.
C'è da mettersi le mani nei capelli.
Sì quell'altra piacevole situazione, quella bella sensazione di farsi pettinare, di sentirsi passare le dita tra i capelli, di farsi fare uno shampoo morbido e schiumoso ancora si può ribaltare e, quindi, mettersi le mani nei capelli, fatto da sole, rappresenta l'esatto opposto.
Insomma.
Fa freddo e la neve è poca e frammista ai sassi, ghiacciata e poco sciabile in questa settimana che precede le festività.
Si torna a casa presto, un poco scontenti e molto raffreddati dalle escursioni dolomitiche che ci stiamo concedendo.
Il bombardino o il punch al mandarino ci stanno, se non si ha il tempo di prepararsi un vin brulé, ma il vero riscatto della giornata, in attesa della cena e del dopo cena, potrebbe focalizzarsi in una calda e vaporosa, schiumosa e sensuale doccia a due.
Almeno in teoria.
Ed è quello che propongo al tulipano, mio compagno, quando gli ammicco, già vestita del solo accappatoio, lo shampoo in una mano e il sapone all'eucaliptolo nell'altra.
E lui, lui che stava già avventandosi su di me, lui che aveva già una mano sulla cintura di spugna dell'accappatoio fucsia, lui che in meno di pochi secondi mi avrebbe spogliata nuda e sbattuta sul tavolo con le gambe aperte, ecco, lui resta come interdetto. Gli brillano gli occhietti con un'espressione un po' porcina.
Ma forse erano gli effetti del bombardino, anche se i due metri cubi di panna montata che ci ha messo sopra, a più riprese, devono, almeno in parte, aver tamponato gli effetti dell'alcool.
Mi guarda, ancora con il bicchiere di birra olandese in mano.
Già, perché nonostante siamo prossimi all'Alto Adige e io in persona abbia riempito il frigo di Franziskaner weissbier, lui continua a bersi la birra che si è portato da casa.
Lo invito con un cenno della testa e salgo all'ultimo piano dove, appunto, c'è la doccia condominiale.
“Togliti quei vestiti luridi e mettiti l'accappatoio, almeno!”
Non vorrei trovarmelo vestito nella doccia. Nulla è scontato.
Ci vuole un po' per scaldare le tubature gelide dell'acqua calda e quando Jos arriva sono già avvolta da volute di vapori sotto un energico getto di acqua bollente.
La priorità è scardinare il freddo che si è incastonato nelle ossa nella discesa effettuata poco fa, in una valle ormai in ombra.
Lui entra in bagno, chiude a chiave, si spoglia e accosta la porta del box doccia alle sue spalle.
Una grattatina ai marones fatta sovrappensiero viene coronata dall'inevitabile gesto di portarsi le dita al naso, per assaporare i propri aromi per l'ultima volta. Un classico. Già l'erotismo precipita negli abissi e a nulla vale una donna orientale nuda sotto una doccia fumante. Non c'è competizione.
La pelle lucida, le stille che scorrono sul corpo e si raccolgono gocciolando dai capezzoli, l'acqua che converge sui peli del pube riunendo i percorsi sul ventre e sul sedere in una cascatella fra le gambe.
Tutto vanificato.
Gli faccio spazio nel box e lo tiro sotto il getto d'acqua, prima che gli venga in mente di chiedermi se voglio annusare anch'io.
Lui dimentica l'insano proposito e si rilassa nella cascata bollente.
Si rilassa anche troppo, forse, perché all'improvviso esplode con un rutto arabescato di sfumature cromatiche che spaziano in tutte le frequenze udibili e forse qualcuna anche non udibile. Non ho tempo di chiedermi se i cani l'abbiano percepite.
Lui scoppia a ridere, felice. Gioioso e beato, visibilmente soddisfatto per l'effetto sonoro ottenuto, superiore alle sue stesse aspettative, per la sua opera d'arte canora che denota in pieno l'ampia capacità vitale del suo petto e le potenzialità della sua laringe, che si è appena espressa in convincenti virtuosismi gutturali.
Il box della doccia ha fatto da cassa di risonanza e l'effetto è stato davvero esplosivo.
L'avranno sentito in tutto il condominio e con questo pensiero anticipo la sua inevitabile domanda che già trabocca di risposte soddisfatte.
Lui intanto continua a ridere, non ce la fa proprio a smettere, nonostante io continui a guardarlo severa.
Lo ringrazio giusto un attimo per l'accortezza di aver girato di lato la bocca, per non investirmi di miasmi e fetor ex ore di stampo alcoolico, e lo commisero con lo sguardo più colmo di riprovazione di cui sono capace.
Lui fa il faccino contrito, quello dell'accusato ingiustamente.
“L'ho fatto con la bocca!” osa pronunciare in un disperato tentativo di ammansirmi, con uno sguardo che vorrebbe assomigliare a quello di un condannato a morte.
“E ci mancherebbe anche!”
A nulla valgono alcune considerazioni in giapponese.
“Sei un porco, Jos!” gli pronuncio in un idioma che anche lui riesce a comprendere.
E mi guarda soddisfatto, come se gli avessi dato una medaglia, felice per l'inaspettato effetto ottenuto.
In tutto ciò siamo tutti e due nudi e sotto la doccia. Ma pare che questo sia un particolare del tutto trascurabile.
“Dai, rincoglionito, fammi uno shampoo!” devo anche suggerirgli e mi giro di spalle per prendermi il getto d'acqua calda in faccia e sulla fronte.
Col sedere lo spingo contro il plexiglass del box, a gelarsi lui il culo, facendogli credere di mettermi in una posizione provocante.
E infatti, mentre armeggia con il liquido saponoso e comincia a impastarmi la chioma, sento qualcosa che si alza, un argomento che mi strofina ripetutamente le chiappe.
Muovo i sedere incontro all'amico ritrovato e appoggio la testa sulla spalla che sento venirmi in soccorso da dietro.
Finalmente le cose cominciano ad andare per il verso giusto e quando la mia testa si satura di schiuma densa e profumata, percepisco finalmente le sue mani insaponate raggiungermi i seni e avvolgerli di panna montata al profumo di pino silvestre.
La schiuma scivola sul mio corpo e mentre io faccio del mio meglio per continuare a strofinargli i miei glutei su un'asta che sta diventando una trave di equilibrio, lui mi ripete l'operazione dello shampoo sui peli del pube.
Mi stringo a lui, il suo petto sulla mia schiena.
I suoi baci affiorano da sopra la mia spalla e mi assediano il collo, quando avverto una contrazione della sua gola.
La birra sta provocando effetti tardivi.
“Non provarci, Orange! Non pensarci nemmeno!” lo ammonisco preventivamente, “se non vuoi essere sbattuto fuori dalla doccia, in corridoio, in piena erezione!”
Lui con una torsione innaturale disinnesca l'ordigno e la detonazione si perde in un cupo e profondo brontolio, come un tuono remoto o il lontano bramito di un cervo in amore.
Un'ultima vibrazione che si trasmette ai corpi cavernosi mi ricorda a cosa mi stavo accingendo.
Allargo le cosce e accolgo l'ospite tanto atteso con una mano insaponata che pietosamente mi infilo sotto, tra le cosce, mentre uno sfiato di aria malsana viene espulso di lato al di sopra della mia spalla destra.
Lo percepisco scuotersi in una risata repressa e ancora mi chiedo cosa abbia fatto io di male per meritarmi tutto questo.
Ma finalmente le sue dita si presentano all'appello tra le mie cosce e inizia un dolce massaggio lungo le vie della seta e del piacere.
Vengo piegata in avanti e mi preparo come un tortellino ad accogliere un ripieno di carne, sperando già in una rapida ricarica che mi conceda un bis sotto la trapunta da qui a poco.
Sempre che l'olandese non escogiti un'altra delle sue preziose trovate.
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