L’amico di mio marito - 3
di
Handrea
genere
tradimenti
Più giù di così non potevo capitare: ancora adesso ci penso e lo ricordo come il periodo più trasgressivo, intrigante e, insieme, degradante della mia vita!
Rodolfo mi voleva ogni volta che tornava a terra tra una crociera e l'altra e, ogni volta, cercavo ogni pretesto per non assecondarlo, ma finivo sempre in un solo modo: scopata!
Non c'era amore tra noi, solo passione sessuale, una bramosia da parte sua che finiva col contagiarmi, anche se, appena tornavo a casa, il peso della situazione calava su di me rendendomi scontrosa e distratta al tempo stesso, almeno in quei giorni nei quali Rodolfo era presente..
Mio marito, che non sapeva cosa mi stesse accadendo, mi rimproverava la totale assenza di interesse nei suoi riguardi o, in caso contrario, i miei scatti nervosi incontrollati. Erano più le volte che litigavamo che quelle in cui eravamo in pace!
Diventai bisbetica e nevrastenica, finendo col risultare odiosa anche agli occhi di mia figlia tanto che cominciarono, lei e il padre, a chiedersi cosa potesse essermi successo, arrivando alla conclusione che il troppo lavoro mi stressava così tanto da rendere necessario un controllo medico. Ovviamente mi rifiutai, accrescendo così la loro ansia.
Per fortuna Rodolfo non stava mai molto tempo a terra, al massimo un paio di settimane e, quindi, potevo riprendermi nei giorni i cui era assente, anche se il ritorno alla normalità era sempre più lento.
Per il mio aguzzino ormai ero una terra conquistata di cui poteva disporre come voleva, a suo piacimento. Sperimentava con me ogni sorta di gioco sessuale, portando all'esasperazione ogni amplesso, rendendo ogni coito diverso dal precedente e, se possibile, sempre più estremo.
Non scopavamo solo nel suo appartamento, ma lo facevamo anche in auto, nei motel che affittavano camere a ora, nelle case di suoi amici che, ormai, sospettavo fossero a conoscenza della nostra tresca.
Ogni volta era una lotta, un susseguirsi di rifiuti da parte mia che non portavano a nulla di fatto se non ad avere orgasmi furiosi dopo ore di estenuanti sottomissioni.
Al "caro amico di mio marito" piaceva vedermi inerme alla sua mercé, pronta a cedere ogni suo desiderio, anche il più lascivo e abietto.
Ogni incontro seguiva, almeno all'inizio, il solito schema che prevedeva una mia iniziale resistenza, cui seguiva, invariabilmente, il suo spogliarmi in maniera convulsa e precipitosa, che si concludeva spesso con la lacerazione dei mie slip o lo scucirsi di una gonna nella foga di vedermi nuda. Subito dopo seguivano baci dolorosi sulle mie tette, intervallati da morsi che lasciavano il segno e che dovevo celare alla vista del mio consorte quando facevamo l'amore (cominciai a farlo al buio con mio marito, cosa che lo rendeva ancor più perplesso!).
Adorava giocarci per molti, dolorosi minuti, torturando letteralmente i miei capezzoli che artigliava quando mi tirava i seni in tutte le direzioni, prediligendo alla fine portarli verso il basso. In tal modo si passava alla fase due, quella in cui mi vedeva messa alla pecorina con lui dietro di me, il cazzo duro strisciato nel mio solco tra i glutei, le sue mani che mungevano le mie mammelle allungandole in maniera esagerata e strofinandomi i capezzoli turgidi, ormai insensibili a causa delle incessanti manipolazioni, sul lenzuolo. Quindi passava alla chiavata vera e propria appena si accorgeva che, nonostante il suo doloroso manipolarmi, il mio sesso cominciava a bagnarsi e a rispondere ai suoi assalti. Mi prendeva così, senza preavviso, impalandosi totalmente dentro di me, lasciandomi senza fiato per l'improvviso assalto che portava il suo membro enorme a riempirmi totalmente.
Normalmente la scopata alla pecorina durava poco, perché voleva vedermi in viso mentre mi prendeva. Così facendo finivo a gambe larghe tra le sue braccia, il suo pene dentro di me come un martello pneumatico e le tette ora compresse dal suo petto, ora libere di oscillare assumendo un moto rotatorio sotto i suoi colpi, la tetta destra roteando in senso orario, la sinistra in senso antiorario. E, così facendo, ora si allontanavano l'una dall'altra, ora si incontravano scontrandosi all'altezza dello sterno, accelerando o rallentando questi urti a seconda di come il mio amante accelerava o rallentava il movimento di penetrazione.
Quello che mi sconvolgeva, però, era il suo baciarmi la bocca (o anche il sesso): così totale, così profondo, così cannibalesco! Lui non si limitava a giocare con la mia lingua..... no, lui mi invadeva fin nel profondo, mi mangiava le labbra, mi risucchiava nella sua bocca, mi masticava e poi mi risputava, mi faceva sentire divorata dal suo ardore! Quando, dopo un che mi pompava, mi dava un po' di respiro, lo faceva sdraiandosi tra le mie gambe e succhiandomi e mordendomi come ho appena detto, portandomi a livelli di follia erotica mai raggiunti con nessun altro amante, marito incluso. Mi baciava benissimo, pennellando l'intera vulva dal basso verso l'alto, allargandomi le grandi labbra con la lingua per poi succhiarmele separatamente, prima la destra e poi la sinistra. Quindi procedeva con quelle interne, ripetendo il rituale e favorendo il loro allargamento.
Quando, ormai esasperata, i miei movimenti di bacino si facevano più incontrollati, procedeva a penetrarmi con la lingua, portando il mio intero sesso dentro la sua bocca e spingendo la sua appendice umida e carnosa fin dove poteva in profondità, leccandomi le pareti interne oltre che l'esterno. Alternando rapide puntatine verso l'ano, alla fine risaliva al punto di incontro delle mie labbra intime, laddove il mio clitoride, pur se piccolo, svettava nella sua nicchia rigido come un cece. Anzi, date le sollecitazioni che riceveva, come un fagiolo appuntito che roteava al mulinare della sua lingua.
In questo modo, a onta di tutti i miei buoni propositi di non coinvolgimento, finivo col raggiungere un orgasmo intenso, che il benedetto uomo portava a livelli parossistici continuando a succhiarmi furiosamente ben oltre il mio punto di non ritorno, spesso inseguendomi con la sua bocca mentre, contorcendomi, cercavo di sfuggire a quelle labbra insaziabili che non avevano pietà delle mie convulsioni post-orgasmiche e del desiderio espresso dalla mia fica boccheggiante di un po' di respiro!
Il più delle volte finivo inginocchiata, la testa schiacciata sul letto, il corpo scosso da tremiti incontrollabili, la mia bocca intenta a mordere i cuscini mentre Rodolfo continuava implacabile, da dietro, a succhiarmi il grilletto ormai portato ben oltre il suo limite di sopportazione. Alcune volte riuscivo anche a colpirlo scalciando, per poi rifugiarmi tremante al bordo del letto, con un cuscino abbracciato a far da scudo al mio sesso e al mio petto, il fiato ansante, cercando di dar sollievo alla mia vagina tenendo un po' spalancate le gambe, col senso del bruciore che non andava via e che difficilmente non sarebbe stato riattizzato.
Rodolfo a quel punto mi dava un attimo di tregua, mi guardava col suo sorriso strafottente, la lingua un po' fuori (anche lui, cazzo, era provato da tanto lappare!), si sedeva a gambe incrociate col pene ancora eretto che fuoriusciva come un tozzo obelisco dalle sue gambe, le grosse palle adagiate: ma non si ammosciava mai a quel benedetto uomo?
La tregua durava molto poco: dopo alcuni minuti, infatti, mi prendeva per una caviglia nonostante il mio cercare di sfuggirli, mi trascinava sotto di se, mi faceva stendere a pancia sotto e poi mi inforcava nuovamente, alzandosi sulle punte dei piedi, le mani appoggiate ai lati delle mie spalle, il cazzo che entrava perpendicolarmente in me, lo stantuffare che riprendeva senza sosta, arrossando i nostri rispettivi membri per l'attrito cui si sottoponevano.
Questa posizione mi piaceva tantissimo, anche se non l'avrei mai ammesso con lui, per il modo in cui venivo presa: non c'era contatto tra i nostri corpi se non l'incessante andirivieni del suo membro nella mia vagina, unico punto d'incontro tra noi due. Poteva essere qualsiasi uomo in quel momento e, spesso, pensavo che fosse mio marito a prendermi così, appassionatamente, totalmente. Poi, invariabilmente, riconoscevo che le grosse dimensioni del cannone che mi stava penetrando non erano le sue, e accettavo il fatto che fosse un altro ad abusare e godere del mio corpo. Un altro che, lentamente, mi stava portando nuovamente a godere!
Questa volta venivo più silenziosamente, controllando i miei gemiti e i movimenti del mio corpo: unico particolare a tradirmi, il contrarsi improvviso dei muscoli vaginali, questo boccheggiare intorno al cazzo di Rodolfo che sapevo non passare inosservato, a giudicare dell'aumentare della foga nella penetrazione in coincidenza di questo mio inconsunto movimento.
Qualche volta anche Rodolfo arrivava così all'apice del piacere, e venivamo insieme, io contraendo la mia bocca segreta, lui inondandola di seme maschile.... per fortuna prendevo la pillola!
Se non veniva erano dolori, perché cominciava con le posizioni più assurde, costringendomi a contorsioni dolorosissime perché, spesso, non sapevo semplicemente dove mettere le mie tette ingombranti che finivano, quasi sempre, con l'essere schiacciate.
Il massimo delle contorsioni le realizzò una volta che, di schiena, mi costrinse a tenere le gambe ripiegate dietro la testa, le tette compresse dalle ginocchia poste al lato del capo, i miei piedi spinti indietro ad artigliare l'aria e lui che passava dalla mia bocca alla mia fica, inserendo a piacere il suo cazzone prima nell'una e poi nell'altra, fino a scoparmi furiosamente mostrando sfacciatamente il suo culo esposto ai miei occhi, con la vista del suo scroto dal basso, i coglioni ballonzolanti, il pene lucido dei miei umori nello stantuffarmi. Così era difficile, oltre che doloroso, il raggiungimento dell'orgasmo da parte mia, mentre lui, quasi sempre in quella posizione, finiva con lo sborrare dentro di me che, da unica spettatrice, mi godevo tutta la scena dal basso, col rischio di prendere qualche schizzo in faccia!
Un'altra volta, invece, mi costrinse a stare a testa in giù, sorretta dalle mie mani nella posizione della candela, mentre lui, tenendomi per il bacino, mi sorreggeva a sua volta e mi penetrava furiosamente, alternandosi un po' nella vagina e un po' nell'ano che, ormai, era così aperto da non opporre più alcuna resistenza!
Rimanevamo così insieme per due-tre ore, e in quel lasso di tempo dovevo sempre trovare una scusa sul lavoro, per mio marito, per mia figlia, per tutti, insomma. E la cosa, specialmente sul lavoro, non poteva passare inosservata....
Non poteva durare all'infinito questo nostro rapporto clandestino.
Ne parlai a Rodolfo un giorno che, stanco dal tanto godere, era disteso accanto a me accarezzando il mio corpo, una delle poche volte che mostrava una certa attenzione verso di me che non fosse di penetrazione o di possesso.
Gli chiesi per quanto tempo ancora sarei stata la sua schiava sessuale, costretta a prostituirsi con lui per evitare lo sputtanamento a opera di quel video che mi incastrava senza pietà.
Rodolfo non mi rispose subito, si limitò a osservarmi in silenzio come a pensarci su. Poi se ne uscì con una proposta: se avessi accettato di farlo con un suo amico alla sua presenza me avrebbe restituito la "libertà".
Rimasi interdetta, senza parole; ma che razza di proposta era quella? Dovevo concedermi anche a un altro, così da poter essere ricattata da due persone, non più da una?
Rodolfo ascoltò tutte le mie obiezioni a riguardo, proferite anche con voce alta e usando termini non propriamente accettabili da una signora. Poi, giocherellando col mio capezzolo del seno destro, mi disse una sola parola: "Pensaci!".
Cosa che feci quando rimasi sola: pensarci e ripensarci, scartando ogni ipotesi e ogni possibilità, indignandomi da sola, illudendomi a volte, accantonandola come inammissibile.
Poi presi la mia decisione...!
Rodolfo mi voleva ogni volta che tornava a terra tra una crociera e l'altra e, ogni volta, cercavo ogni pretesto per non assecondarlo, ma finivo sempre in un solo modo: scopata!
Non c'era amore tra noi, solo passione sessuale, una bramosia da parte sua che finiva col contagiarmi, anche se, appena tornavo a casa, il peso della situazione calava su di me rendendomi scontrosa e distratta al tempo stesso, almeno in quei giorni nei quali Rodolfo era presente..
Mio marito, che non sapeva cosa mi stesse accadendo, mi rimproverava la totale assenza di interesse nei suoi riguardi o, in caso contrario, i miei scatti nervosi incontrollati. Erano più le volte che litigavamo che quelle in cui eravamo in pace!
Diventai bisbetica e nevrastenica, finendo col risultare odiosa anche agli occhi di mia figlia tanto che cominciarono, lei e il padre, a chiedersi cosa potesse essermi successo, arrivando alla conclusione che il troppo lavoro mi stressava così tanto da rendere necessario un controllo medico. Ovviamente mi rifiutai, accrescendo così la loro ansia.
Per fortuna Rodolfo non stava mai molto tempo a terra, al massimo un paio di settimane e, quindi, potevo riprendermi nei giorni i cui era assente, anche se il ritorno alla normalità era sempre più lento.
Per il mio aguzzino ormai ero una terra conquistata di cui poteva disporre come voleva, a suo piacimento. Sperimentava con me ogni sorta di gioco sessuale, portando all'esasperazione ogni amplesso, rendendo ogni coito diverso dal precedente e, se possibile, sempre più estremo.
Non scopavamo solo nel suo appartamento, ma lo facevamo anche in auto, nei motel che affittavano camere a ora, nelle case di suoi amici che, ormai, sospettavo fossero a conoscenza della nostra tresca.
Ogni volta era una lotta, un susseguirsi di rifiuti da parte mia che non portavano a nulla di fatto se non ad avere orgasmi furiosi dopo ore di estenuanti sottomissioni.
Al "caro amico di mio marito" piaceva vedermi inerme alla sua mercé, pronta a cedere ogni suo desiderio, anche il più lascivo e abietto.
Ogni incontro seguiva, almeno all'inizio, il solito schema che prevedeva una mia iniziale resistenza, cui seguiva, invariabilmente, il suo spogliarmi in maniera convulsa e precipitosa, che si concludeva spesso con la lacerazione dei mie slip o lo scucirsi di una gonna nella foga di vedermi nuda. Subito dopo seguivano baci dolorosi sulle mie tette, intervallati da morsi che lasciavano il segno e che dovevo celare alla vista del mio consorte quando facevamo l'amore (cominciai a farlo al buio con mio marito, cosa che lo rendeva ancor più perplesso!).
Adorava giocarci per molti, dolorosi minuti, torturando letteralmente i miei capezzoli che artigliava quando mi tirava i seni in tutte le direzioni, prediligendo alla fine portarli verso il basso. In tal modo si passava alla fase due, quella in cui mi vedeva messa alla pecorina con lui dietro di me, il cazzo duro strisciato nel mio solco tra i glutei, le sue mani che mungevano le mie mammelle allungandole in maniera esagerata e strofinandomi i capezzoli turgidi, ormai insensibili a causa delle incessanti manipolazioni, sul lenzuolo. Quindi passava alla chiavata vera e propria appena si accorgeva che, nonostante il suo doloroso manipolarmi, il mio sesso cominciava a bagnarsi e a rispondere ai suoi assalti. Mi prendeva così, senza preavviso, impalandosi totalmente dentro di me, lasciandomi senza fiato per l'improvviso assalto che portava il suo membro enorme a riempirmi totalmente.
Normalmente la scopata alla pecorina durava poco, perché voleva vedermi in viso mentre mi prendeva. Così facendo finivo a gambe larghe tra le sue braccia, il suo pene dentro di me come un martello pneumatico e le tette ora compresse dal suo petto, ora libere di oscillare assumendo un moto rotatorio sotto i suoi colpi, la tetta destra roteando in senso orario, la sinistra in senso antiorario. E, così facendo, ora si allontanavano l'una dall'altra, ora si incontravano scontrandosi all'altezza dello sterno, accelerando o rallentando questi urti a seconda di come il mio amante accelerava o rallentava il movimento di penetrazione.
Quello che mi sconvolgeva, però, era il suo baciarmi la bocca (o anche il sesso): così totale, così profondo, così cannibalesco! Lui non si limitava a giocare con la mia lingua..... no, lui mi invadeva fin nel profondo, mi mangiava le labbra, mi risucchiava nella sua bocca, mi masticava e poi mi risputava, mi faceva sentire divorata dal suo ardore! Quando, dopo un che mi pompava, mi dava un po' di respiro, lo faceva sdraiandosi tra le mie gambe e succhiandomi e mordendomi come ho appena detto, portandomi a livelli di follia erotica mai raggiunti con nessun altro amante, marito incluso. Mi baciava benissimo, pennellando l'intera vulva dal basso verso l'alto, allargandomi le grandi labbra con la lingua per poi succhiarmele separatamente, prima la destra e poi la sinistra. Quindi procedeva con quelle interne, ripetendo il rituale e favorendo il loro allargamento.
Quando, ormai esasperata, i miei movimenti di bacino si facevano più incontrollati, procedeva a penetrarmi con la lingua, portando il mio intero sesso dentro la sua bocca e spingendo la sua appendice umida e carnosa fin dove poteva in profondità, leccandomi le pareti interne oltre che l'esterno. Alternando rapide puntatine verso l'ano, alla fine risaliva al punto di incontro delle mie labbra intime, laddove il mio clitoride, pur se piccolo, svettava nella sua nicchia rigido come un cece. Anzi, date le sollecitazioni che riceveva, come un fagiolo appuntito che roteava al mulinare della sua lingua.
In questo modo, a onta di tutti i miei buoni propositi di non coinvolgimento, finivo col raggiungere un orgasmo intenso, che il benedetto uomo portava a livelli parossistici continuando a succhiarmi furiosamente ben oltre il mio punto di non ritorno, spesso inseguendomi con la sua bocca mentre, contorcendomi, cercavo di sfuggire a quelle labbra insaziabili che non avevano pietà delle mie convulsioni post-orgasmiche e del desiderio espresso dalla mia fica boccheggiante di un po' di respiro!
Il più delle volte finivo inginocchiata, la testa schiacciata sul letto, il corpo scosso da tremiti incontrollabili, la mia bocca intenta a mordere i cuscini mentre Rodolfo continuava implacabile, da dietro, a succhiarmi il grilletto ormai portato ben oltre il suo limite di sopportazione. Alcune volte riuscivo anche a colpirlo scalciando, per poi rifugiarmi tremante al bordo del letto, con un cuscino abbracciato a far da scudo al mio sesso e al mio petto, il fiato ansante, cercando di dar sollievo alla mia vagina tenendo un po' spalancate le gambe, col senso del bruciore che non andava via e che difficilmente non sarebbe stato riattizzato.
Rodolfo a quel punto mi dava un attimo di tregua, mi guardava col suo sorriso strafottente, la lingua un po' fuori (anche lui, cazzo, era provato da tanto lappare!), si sedeva a gambe incrociate col pene ancora eretto che fuoriusciva come un tozzo obelisco dalle sue gambe, le grosse palle adagiate: ma non si ammosciava mai a quel benedetto uomo?
La tregua durava molto poco: dopo alcuni minuti, infatti, mi prendeva per una caviglia nonostante il mio cercare di sfuggirli, mi trascinava sotto di se, mi faceva stendere a pancia sotto e poi mi inforcava nuovamente, alzandosi sulle punte dei piedi, le mani appoggiate ai lati delle mie spalle, il cazzo che entrava perpendicolarmente in me, lo stantuffare che riprendeva senza sosta, arrossando i nostri rispettivi membri per l'attrito cui si sottoponevano.
Questa posizione mi piaceva tantissimo, anche se non l'avrei mai ammesso con lui, per il modo in cui venivo presa: non c'era contatto tra i nostri corpi se non l'incessante andirivieni del suo membro nella mia vagina, unico punto d'incontro tra noi due. Poteva essere qualsiasi uomo in quel momento e, spesso, pensavo che fosse mio marito a prendermi così, appassionatamente, totalmente. Poi, invariabilmente, riconoscevo che le grosse dimensioni del cannone che mi stava penetrando non erano le sue, e accettavo il fatto che fosse un altro ad abusare e godere del mio corpo. Un altro che, lentamente, mi stava portando nuovamente a godere!
Questa volta venivo più silenziosamente, controllando i miei gemiti e i movimenti del mio corpo: unico particolare a tradirmi, il contrarsi improvviso dei muscoli vaginali, questo boccheggiare intorno al cazzo di Rodolfo che sapevo non passare inosservato, a giudicare dell'aumentare della foga nella penetrazione in coincidenza di questo mio inconsunto movimento.
Qualche volta anche Rodolfo arrivava così all'apice del piacere, e venivamo insieme, io contraendo la mia bocca segreta, lui inondandola di seme maschile.... per fortuna prendevo la pillola!
Se non veniva erano dolori, perché cominciava con le posizioni più assurde, costringendomi a contorsioni dolorosissime perché, spesso, non sapevo semplicemente dove mettere le mie tette ingombranti che finivano, quasi sempre, con l'essere schiacciate.
Il massimo delle contorsioni le realizzò una volta che, di schiena, mi costrinse a tenere le gambe ripiegate dietro la testa, le tette compresse dalle ginocchia poste al lato del capo, i miei piedi spinti indietro ad artigliare l'aria e lui che passava dalla mia bocca alla mia fica, inserendo a piacere il suo cazzone prima nell'una e poi nell'altra, fino a scoparmi furiosamente mostrando sfacciatamente il suo culo esposto ai miei occhi, con la vista del suo scroto dal basso, i coglioni ballonzolanti, il pene lucido dei miei umori nello stantuffarmi. Così era difficile, oltre che doloroso, il raggiungimento dell'orgasmo da parte mia, mentre lui, quasi sempre in quella posizione, finiva con lo sborrare dentro di me che, da unica spettatrice, mi godevo tutta la scena dal basso, col rischio di prendere qualche schizzo in faccia!
Un'altra volta, invece, mi costrinse a stare a testa in giù, sorretta dalle mie mani nella posizione della candela, mentre lui, tenendomi per il bacino, mi sorreggeva a sua volta e mi penetrava furiosamente, alternandosi un po' nella vagina e un po' nell'ano che, ormai, era così aperto da non opporre più alcuna resistenza!
Rimanevamo così insieme per due-tre ore, e in quel lasso di tempo dovevo sempre trovare una scusa sul lavoro, per mio marito, per mia figlia, per tutti, insomma. E la cosa, specialmente sul lavoro, non poteva passare inosservata....
Non poteva durare all'infinito questo nostro rapporto clandestino.
Ne parlai a Rodolfo un giorno che, stanco dal tanto godere, era disteso accanto a me accarezzando il mio corpo, una delle poche volte che mostrava una certa attenzione verso di me che non fosse di penetrazione o di possesso.
Gli chiesi per quanto tempo ancora sarei stata la sua schiava sessuale, costretta a prostituirsi con lui per evitare lo sputtanamento a opera di quel video che mi incastrava senza pietà.
Rodolfo non mi rispose subito, si limitò a osservarmi in silenzio come a pensarci su. Poi se ne uscì con una proposta: se avessi accettato di farlo con un suo amico alla sua presenza me avrebbe restituito la "libertà".
Rimasi interdetta, senza parole; ma che razza di proposta era quella? Dovevo concedermi anche a un altro, così da poter essere ricattata da due persone, non più da una?
Rodolfo ascoltò tutte le mie obiezioni a riguardo, proferite anche con voce alta e usando termini non propriamente accettabili da una signora. Poi, giocherellando col mio capezzolo del seno destro, mi disse una sola parola: "Pensaci!".
Cosa che feci quando rimasi sola: pensarci e ripensarci, scartando ogni ipotesi e ogni possibilità, indignandomi da sola, illudendomi a volte, accantonandola come inammissibile.
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