Hey diddle diddle. Balla con la Luna
di
Yuko
genere
masturbazione
Il Sole era appena sceso sotto l'orizzonte quanto gli specchi del telescopio inquadrarono la sottile falce di Luna che, imbrigliata dagli invisibili lacci dell'eclittica, a causa della rotazione terrestre, veniva trascinata verso il tramonto.
Un occhio a mandorla si avvicinò all'oculare del telescopio catadiottrico per scrutare i fini dettagli del satellite, ingranditi che sembrava quasi di poterli toccare.
“È sempre come la prima volta, e non ci si stanca mai” pensò Yuko mentre passeggiava tra monti, circhi, valli e crateri lunari, ricoperti di quella polvere impalpabile che dava all'ambiente quel noto aspetto di “spiaggia sporca”.
Ma la sottilissima falce, prossima all'orizzonte, trasmetteva immagini avvolte dalla turbolenza delle correnti atmosferiche e i contorni ondulavano incerti, come vibranti. L'appuntita estremità sembrava contorcersi come il sottile flagello di un girino.
Un'immagine simile a un miraggio sulle dune desertiche della Namibia.
La luce radente dava spessore e consistenza a ogni minimo dettaglio della superficie del satellite e l'astrofila rimaneva affascinata di fronte alla visione dei particolari della crosta aliena.
Quel contorno meravigliosamente tondo le sembrava soffice e accogliente come una sedia a dondolo e, perdurando l'osservazione telescopica in una posizione non molto comoda, Yuko cominciò a desiderare quel profilo concavo come una poltrona in cui potersi adagiare, riposando la schiena dopo la giornata di lavoro.
Le ritornò in mente una filastrocca inglese, una di quelle fantasiose ninna nanne dal testo incongruo.
“Hey, diddle, diddle, the cat and the fiddle
The cow jumped over the moon
The little dog laughed to see such fun
And the dish ran away with the spoon”
Già, la mucca saltò sulla Luna...
Facile a dirsi.
Eppure, quanti disegni in ogni parte del pianeta rappresentavano persone sedute sulla culla della falce del satellite.
Eh, be', la forma era veramente invitante e quei contorni vibranti la rendevano come soffice e vellutata.
Distogliendo l'occhio dall'oculare e allontanandosi dal telescopio, la Luna, in prospettiva, appariva poco distante dal bordo di una cascina lì di fronte.
Se solo Yuko avesse allungato una mano... forse arrampicandosi lungo uno stipite...
Pazzia; bisogna essere un po' pazzi, pensò. Come quella volta che era corsa incontro all'arcobaleno per vedere se effettivamente dove i raggi iridati toccavano il suolo ci fosse stato un paiolo di monete d'oro.
Tenendo d'occhio il profilo della falce la ragazza si arrampicò sullo spigolo di grosse pietre della baita. Allungò la mano e sfiorò il bordo della Luna.
Invece del freddo siderale la giapponese percepì un invitante tepore. Il contorno non era affatto tagliente, ma gradevolmente arrotondato e soffice, come quei vermoni di peluche che si mettono sotto le porte-finestra per evitare gli spifferi.
Yuko si afferrò a due mani al bordo dello spicchio e con i piedi salì ancora sullo spigolo della muratura.
“Speriamo che nessuno mi stia guardando!” Ebbe la lucidità di pensare in un breve attimo di rigor logico.
Si voltò in giro, ma davvero non c'era nessuno a sbirciarla nelle sue irragionevoli evoluzioni.
“Alè!”
Esperta nell'arrampicata piegò il ventre e, spostando le mani sul corno più alto della Luna, allungò prima uno e poi anche l'altro piede e si accomodò a cavalcioni sul satellite.
Ben diversa da come appariva al telescopio, la superficie era abbagliante e anche più spaziosa di quanto si sarebbe aspettata.
Oltre il bordo si estendeva una concavità ben più profonda di quanto appariva dalla visione bidimensionale dalla Terra.
Non trovò la superficie in ombra di una sfera parzialmente illuminata dal Sole, ma incredibilmente la falce di Luna era erosa e realmente a forma di un grande dondolo.
Era ora!
La temperatura era ideale e la superficie davvero soffice.
Yuko si mise comoda, lasciando penzolare una gamba. Allungò le braccia all'indietro e si stirò i muscoli della schiena ricevendo una sensazione di benessere e rilassatezza.
Si stava davvero bene. Tutt'altra sensazione rispetto alla fredda superficie terrestre su cui cominciavano a brillare impalpabili cristalli di brina.
Si tolse la giacca, il cappellino e lo scaldacollo, appendendoli allo spigolo della Luna sopra di lei.
Sì. Decisamente meglio.
Anzi.
Si tolse anche lo spesso pile da montagna e i calzoni da scialpinismo.
Rimasta solo con una aderente calzamaglia e una maglietta intima a maniche lunghe, si rilassò contemplando le ultime fasi del tramonto e il cielo stellato che conquistava la notte.
Inspirò l'aria fresca della sera, canticchiando la filastrocca che le aveva suggerito l'intuizione di quel piacevole esperimento.
“Speriamo che a nessuna mucca venga in mente di emularmi.” Pensò.
The dish ran away with the spoon...
“L'unico realista è il piccolo cane che si mette a ridere.”
Il bordo lunare era gradevolmente ruvido e Yuko, reggendosi con le mani sulla punta alta della falce, si grattò la schiena facendo leva con un piede sul bordo inferiore della semiluna.
Lasciò poi le due gambe a cavalcioni della superficie luminosa.
Benché consistente e spesso, il bordo lunare si assottigliava verso le due estremità appuntite e, insomma, come dire...
Be' il bordo le passava tra le cosce e nella sua curvatura le sfiorava la vulva.
Non sarebbe stata poi una sensazione così eccitante se, in effetti, quella vibrazione della superficie che aveva attribuito alla turbolenza atmosferica, nella realtà dei fatti si traduceva in un franco ribollire della superficie, proprio lì, tra le sue cosce.
Come quei getti di idromassaggio su cui aveva provato ad accostarsi nelle piscine dotate di ogni comfort.
Quelle situazioni irresistibili in cui, con noncuranza, appoggi i gomiti fuori dalla vasca, assumi un'espressione che finge indifferenza, ti guardi svogliatamente in giro e intanto, poco più sotto, dopo aver abbassato lo slip del costume quanto basta, il forte getto di acqua calda ti massaggia freneticamente la vulva, allargando le pieghe mucose e spingendosi dappertutto, facendo strage di sensazioni.
Yuko contemplò la superficie del proprio corpo.
Quell'abbigliamento intimo termico da montagna era molto aderente e sottile: come uno strato di vernice nera le modellava le forme tonde e armoniche in contrasto con gli spigoli della falce lunare.
Sotto l'effetto del “ribollir dei tini” del suolo su cui giaceva, a stretto contatto col sedere e la superficie interna delle cosce, i capezzoli erano emersi come i picchi centrali dei circhi lunari, esatta riproduzione delle sue areole.
“Chissà se qualcuno in questo momento sta osservando la Luna, laggiù sulla Terra.“ Pensò mentre il desiderio di spogliarsi e rimanere nuda ad assaporare quelle carezze vibranti, bussava imperiosamente alle porte di una volontà di resistere che si assottigliava di momento in momento, raggiungendo ora lo spessore di una carta velina.
“Al limite vedranno qualche cratere mai visto prima. Buco più, buco meno!”
E, presa la decisione, mantenendosi in bilico sulla falce, iniziò a sfilarsi le lunghe calze di lana. Poi fu la volta della calzamaglia e infine della maglietta a maniche lunghe.
La temperatura era ideale e in mutandine e T-shirt si stava alla perfezione.
Le cosce vibravano trasmettendo il tremolio della superficie lunare e l'eccitazione cresceva. Sulla schiena la sensazione era quella di un massaggio tonificante che rilassava la muscolatura stanca, ma il movimento era trasmesso ai seni che, strofinando contro il tessuto, producevano un effetto estremamente stimolante ai capezzoli.
La nipponica si sfilò la maglietta, la fece ruotare intorno all'indice e la lanciò appendendola ad un corno della costellazione dell' 'Ariete'. Le mutandine scivolarono lungo le cosce e finirono scaraventate allo zenit, incastrandosi sulla costellazione della 'Lira'.
Mantenendo un braccio sollevato per tenersi saldamente sullo spicchio di Luna, con l'altra mano Yuko si accarezzò un'ascella, sfiorandola con le punte delle dita. Raggiunse poi un seno avvolgendolo con una sfumatura, leggera come un sospiro, e descrivendo un gorgo intorno al capezzolo che fremeva di desiderio.
Chiuse gli occhi abbandonandosi alle proprie carezze. Un seno, poi l'altro, con un passaggio intorno ai capezzoli leggero come zucchero a velo.
Le labbra si aprirono in un silenzioso sospiro accompagnando una prima contrazione del ventre.
Senza fretta le dita inventarono un percorso imprevedibile, attorcigliando sentieri invisibili sul ventre, scegliendo come epicentro l'ombelico, prima di consegnarsi al monte di Venere.
Impalpabili tenerezze sfiorarono le punte dei peli del pube e, trascurando ignobilmente la vulva, approdarono senza una palese logica sulle superfici interne delle cosce.
Yuko allargò le cosce, prigioniera del piacere che lei stessa sapeva regalarsi.
Quella superficie lunare, tonda, finemente rugosa, affusolata nella sua estremità, che si trovava tra le gambe e che dimorava insistente tra i suoi glutei, prometteva solo certezze.
Quel cono vellutato che le vibrava proprio tra la vulva e il perineo non le dava tregua.
Allungò una mano verso il cielo e, presa alla cieca la 'Corona Boreale', altra costellazione del nostro emisfero, se la aggiustò sul capo per tener fermi i capelli.
Senza neanche aprire gli occhi la giovane, tenendosi sul vertice della falce luminosa, si girò a pancia in giù, accogliendo tra le labbra il bordo frastagliato della Luna.
Insistenti movimenti tellurici ora le strofinavano il clitoride, sfiorandole il vestibolo vaginale.
Le cosce inforcavano il corno inferiore del bordo del satellite e i fianchi cominciarono a scivolare in movimenti pendolari, ubbidendo ad atavici riflessi muscolari costruiti in millenni di evoluzione dell'arte dell'accoppiamento.
Spostandosi verso il basso, la vulva accarezzò il margine lunare fino a indovinarne l'apice e, allargando le cosce, Yuko ne facilitò l'ingresso nella sua intimità più profonda.
Quale prodigio di astroerotismo!
Il bordo, oscillante cono con eccitanti nervature vibranti, era ora all'interno del ventre di una porno astrofila.
Yuko serrò fermamente le mani sul vertice lunare e, appoggiando le ginocchia da una parte su Venere e dall'altra su Mercurio, cominciò a spingere col bacino incontro a quel gigantesco vibratore spaziale.
Si mosse sentendo la Luna entrarle in profondità, dilatandole le mucose vaginali e stimolandone un piacere perverso e inedito.
Si sfilò dal perno sporgendo il sedere, per poi ritornare con un movimento più secco e più convinto, lasciando sfuggire un gemito.
Rimase in quella posizione per qualche secondo, con la Luna ben piantata in vagina, assaporando le continue vibrazioni che si trasmettevano a tutta la vulva e alle natiche.
Come desiderava che in quel momento passasse da quelle parti un eroe mitologico, che so io, il dio Marte impersonificato nel pianeta, o uno di quelli rappresentati dalle grandi costellazioni, come 'Orione', il cacciatore, o 'Perseo', l'eroe, e perchè no, perfino 'Ercole' e che, vedendola lì, di spalle, nuda a cavalcioni della Luna, a cercare il piacere con quell'autostimolazione, la infilassero da dietro, in una doppia penetrazione che l'avrebbe fatta urlare dal piacere.
Ecco, magari non 'Pegaso', il cavallo alato, e neanche uno dei due cani da caccia dello stesso 'Orione', e tanto meno il 'Dragone'. Ecco, no, di zoofilia proprio non se ne parlava. Il 'Leone', poi! Non nominate neanche per scherzo il 'Toro'. Yuko quelle cose non le faceva. Poteva al limite prendere in considerazione i 'Pesci'. Col 'Centauro' sarebbe rimasta imbarazzata, mentre sentiva di non dover temere l' 'Orsa Maggiore'.
I 'Gemelli'? Ma forse più che fratelli erano due gay. Ben poco interessati a una giovane giapponese che intanto si penetrava, ondeggiando il sedere, con il culmine conico della Luna.
Magari la principessa 'Andromeda'. Ecco, con quella bella ragazza incatenata sugli scogli, una bella mezz'oretta se la sarebbe passata. O con la costellazione della 'Vergine'; le avrebbe insegnato un paio di cose, così, parlando fra donne.
Ma da dietro non arrivava nessuno e quel bel sedere in movimento di va e vieni, quei gemiti molto espliciti, si persero nelle profondità siderali.
Yuko sentendo arrivare l'apice del piacere appoggiò la fronte al bordo della Luna e intensificò il movimento delle anche.
Con gemiti sempre più sonori e un ritmo via via più frenetico, la giapponese aumentò le penetrazioni, concedendosi brevi pause in cui si passava sul clitoride l'apice lunare, ancora agitato da movimenti vermicolari.
Con un ultimo affondo ingoiò buona parte della falce luminosa fra le cosce, si contrasse stringendo la vulva e il ventre contro l'astrovibratore e si lasciò andare in una serie di flagellate coi fianchi, in un orgasmo che spettinò perfino la Via Lattea.
A differenza del latte di Era, che formò la Via Lattea, la squirtata con cui Yuko si esibì, attraversò il cielo stellato come una luminosa meteora.
Lo 'Scorpione' si scansò appena in tempo e lo schizzo finì sulla schiena del 'Sagittario', che non gradì per nulla l'imprevista doccia distraendolo mentre prendeva la mira. La freccia che partì finì nel sedere della regina 'Cassiopea' e in fondo questa era la punizione che tutti attendevamo dai tempi degli antichi greci.
Ma gli umori giapponesi, gocciolando dall'arciere stellare, ritornarono sulla Terra, non molto lontano da dove Yuko si era sistemata per la serata di osservazione astronomica.
Altri due astrofili stavano contemplando il cielo, in particolare proprio la Luna su cui Yuko si stava trastullando convinta di non dare nell'occhio.
Due guardoni, dotati addirittura di un telescopio rifrattore.
“Hermann, hai finito? Sarà un quarto d'ora che osservi la Luna! Ci stai appiccicato che manco guardassi dal buco della serratura una donna che se la sta toccando! Che cazzo hai trovato di così particolare, visto che continui a tenere una mano in tasca?”
“Tiret via dadòs, Astro Boy, e datti una calmata! Fammi finire. Resto sempre meravigliato di fronte alle meraviglie della natura. E la mano in tasca... be' che c'è di male se ho freddo e me la voglio scaldare?”
“Cazzo che stella cadente! Hermann ti sei perso una meteora pazzesca, proprio da sopra alla Luna! È filata dritta fino al 'Sagittario'! Sembrava un fuoco d'artificio!”
“Che l'è 'sta dacquäda?” (Cos'è questa innaffiata? NdA) “Piove?” rispose l'astroguardone eludendo il discorso.
“Ma se il cielo è tutto limpido!”
“Eppure ho sentito una goccia!”
“Sarà condensa. Se ti staccassi da quell'oculare! C'è una stellata meravigliosa, ma tu, appiccicato alla Luna!”
“Eh. La fórca 'd Bretta!”
“Ma cosa hai in tasca? Un altro telescopio?”
Un occhio a mandorla si avvicinò all'oculare del telescopio catadiottrico per scrutare i fini dettagli del satellite, ingranditi che sembrava quasi di poterli toccare.
“È sempre come la prima volta, e non ci si stanca mai” pensò Yuko mentre passeggiava tra monti, circhi, valli e crateri lunari, ricoperti di quella polvere impalpabile che dava all'ambiente quel noto aspetto di “spiaggia sporca”.
Ma la sottilissima falce, prossima all'orizzonte, trasmetteva immagini avvolte dalla turbolenza delle correnti atmosferiche e i contorni ondulavano incerti, come vibranti. L'appuntita estremità sembrava contorcersi come il sottile flagello di un girino.
Un'immagine simile a un miraggio sulle dune desertiche della Namibia.
La luce radente dava spessore e consistenza a ogni minimo dettaglio della superficie del satellite e l'astrofila rimaneva affascinata di fronte alla visione dei particolari della crosta aliena.
Quel contorno meravigliosamente tondo le sembrava soffice e accogliente come una sedia a dondolo e, perdurando l'osservazione telescopica in una posizione non molto comoda, Yuko cominciò a desiderare quel profilo concavo come una poltrona in cui potersi adagiare, riposando la schiena dopo la giornata di lavoro.
Le ritornò in mente una filastrocca inglese, una di quelle fantasiose ninna nanne dal testo incongruo.
“Hey, diddle, diddle, the cat and the fiddle
The cow jumped over the moon
The little dog laughed to see such fun
And the dish ran away with the spoon”
Già, la mucca saltò sulla Luna...
Facile a dirsi.
Eppure, quanti disegni in ogni parte del pianeta rappresentavano persone sedute sulla culla della falce del satellite.
Eh, be', la forma era veramente invitante e quei contorni vibranti la rendevano come soffice e vellutata.
Distogliendo l'occhio dall'oculare e allontanandosi dal telescopio, la Luna, in prospettiva, appariva poco distante dal bordo di una cascina lì di fronte.
Se solo Yuko avesse allungato una mano... forse arrampicandosi lungo uno stipite...
Pazzia; bisogna essere un po' pazzi, pensò. Come quella volta che era corsa incontro all'arcobaleno per vedere se effettivamente dove i raggi iridati toccavano il suolo ci fosse stato un paiolo di monete d'oro.
Tenendo d'occhio il profilo della falce la ragazza si arrampicò sullo spigolo di grosse pietre della baita. Allungò la mano e sfiorò il bordo della Luna.
Invece del freddo siderale la giapponese percepì un invitante tepore. Il contorno non era affatto tagliente, ma gradevolmente arrotondato e soffice, come quei vermoni di peluche che si mettono sotto le porte-finestra per evitare gli spifferi.
Yuko si afferrò a due mani al bordo dello spicchio e con i piedi salì ancora sullo spigolo della muratura.
“Speriamo che nessuno mi stia guardando!” Ebbe la lucidità di pensare in un breve attimo di rigor logico.
Si voltò in giro, ma davvero non c'era nessuno a sbirciarla nelle sue irragionevoli evoluzioni.
“Alè!”
Esperta nell'arrampicata piegò il ventre e, spostando le mani sul corno più alto della Luna, allungò prima uno e poi anche l'altro piede e si accomodò a cavalcioni sul satellite.
Ben diversa da come appariva al telescopio, la superficie era abbagliante e anche più spaziosa di quanto si sarebbe aspettata.
Oltre il bordo si estendeva una concavità ben più profonda di quanto appariva dalla visione bidimensionale dalla Terra.
Non trovò la superficie in ombra di una sfera parzialmente illuminata dal Sole, ma incredibilmente la falce di Luna era erosa e realmente a forma di un grande dondolo.
Era ora!
La temperatura era ideale e la superficie davvero soffice.
Yuko si mise comoda, lasciando penzolare una gamba. Allungò le braccia all'indietro e si stirò i muscoli della schiena ricevendo una sensazione di benessere e rilassatezza.
Si stava davvero bene. Tutt'altra sensazione rispetto alla fredda superficie terrestre su cui cominciavano a brillare impalpabili cristalli di brina.
Si tolse la giacca, il cappellino e lo scaldacollo, appendendoli allo spigolo della Luna sopra di lei.
Sì. Decisamente meglio.
Anzi.
Si tolse anche lo spesso pile da montagna e i calzoni da scialpinismo.
Rimasta solo con una aderente calzamaglia e una maglietta intima a maniche lunghe, si rilassò contemplando le ultime fasi del tramonto e il cielo stellato che conquistava la notte.
Inspirò l'aria fresca della sera, canticchiando la filastrocca che le aveva suggerito l'intuizione di quel piacevole esperimento.
“Speriamo che a nessuna mucca venga in mente di emularmi.” Pensò.
The dish ran away with the spoon...
“L'unico realista è il piccolo cane che si mette a ridere.”
Il bordo lunare era gradevolmente ruvido e Yuko, reggendosi con le mani sulla punta alta della falce, si grattò la schiena facendo leva con un piede sul bordo inferiore della semiluna.
Lasciò poi le due gambe a cavalcioni della superficie luminosa.
Benché consistente e spesso, il bordo lunare si assottigliava verso le due estremità appuntite e, insomma, come dire...
Be' il bordo le passava tra le cosce e nella sua curvatura le sfiorava la vulva.
Non sarebbe stata poi una sensazione così eccitante se, in effetti, quella vibrazione della superficie che aveva attribuito alla turbolenza atmosferica, nella realtà dei fatti si traduceva in un franco ribollire della superficie, proprio lì, tra le sue cosce.
Come quei getti di idromassaggio su cui aveva provato ad accostarsi nelle piscine dotate di ogni comfort.
Quelle situazioni irresistibili in cui, con noncuranza, appoggi i gomiti fuori dalla vasca, assumi un'espressione che finge indifferenza, ti guardi svogliatamente in giro e intanto, poco più sotto, dopo aver abbassato lo slip del costume quanto basta, il forte getto di acqua calda ti massaggia freneticamente la vulva, allargando le pieghe mucose e spingendosi dappertutto, facendo strage di sensazioni.
Yuko contemplò la superficie del proprio corpo.
Quell'abbigliamento intimo termico da montagna era molto aderente e sottile: come uno strato di vernice nera le modellava le forme tonde e armoniche in contrasto con gli spigoli della falce lunare.
Sotto l'effetto del “ribollir dei tini” del suolo su cui giaceva, a stretto contatto col sedere e la superficie interna delle cosce, i capezzoli erano emersi come i picchi centrali dei circhi lunari, esatta riproduzione delle sue areole.
“Chissà se qualcuno in questo momento sta osservando la Luna, laggiù sulla Terra.“ Pensò mentre il desiderio di spogliarsi e rimanere nuda ad assaporare quelle carezze vibranti, bussava imperiosamente alle porte di una volontà di resistere che si assottigliava di momento in momento, raggiungendo ora lo spessore di una carta velina.
“Al limite vedranno qualche cratere mai visto prima. Buco più, buco meno!”
E, presa la decisione, mantenendosi in bilico sulla falce, iniziò a sfilarsi le lunghe calze di lana. Poi fu la volta della calzamaglia e infine della maglietta a maniche lunghe.
La temperatura era ideale e in mutandine e T-shirt si stava alla perfezione.
Le cosce vibravano trasmettendo il tremolio della superficie lunare e l'eccitazione cresceva. Sulla schiena la sensazione era quella di un massaggio tonificante che rilassava la muscolatura stanca, ma il movimento era trasmesso ai seni che, strofinando contro il tessuto, producevano un effetto estremamente stimolante ai capezzoli.
La nipponica si sfilò la maglietta, la fece ruotare intorno all'indice e la lanciò appendendola ad un corno della costellazione dell' 'Ariete'. Le mutandine scivolarono lungo le cosce e finirono scaraventate allo zenit, incastrandosi sulla costellazione della 'Lira'.
Mantenendo un braccio sollevato per tenersi saldamente sullo spicchio di Luna, con l'altra mano Yuko si accarezzò un'ascella, sfiorandola con le punte delle dita. Raggiunse poi un seno avvolgendolo con una sfumatura, leggera come un sospiro, e descrivendo un gorgo intorno al capezzolo che fremeva di desiderio.
Chiuse gli occhi abbandonandosi alle proprie carezze. Un seno, poi l'altro, con un passaggio intorno ai capezzoli leggero come zucchero a velo.
Le labbra si aprirono in un silenzioso sospiro accompagnando una prima contrazione del ventre.
Senza fretta le dita inventarono un percorso imprevedibile, attorcigliando sentieri invisibili sul ventre, scegliendo come epicentro l'ombelico, prima di consegnarsi al monte di Venere.
Impalpabili tenerezze sfiorarono le punte dei peli del pube e, trascurando ignobilmente la vulva, approdarono senza una palese logica sulle superfici interne delle cosce.
Yuko allargò le cosce, prigioniera del piacere che lei stessa sapeva regalarsi.
Quella superficie lunare, tonda, finemente rugosa, affusolata nella sua estremità, che si trovava tra le gambe e che dimorava insistente tra i suoi glutei, prometteva solo certezze.
Quel cono vellutato che le vibrava proprio tra la vulva e il perineo non le dava tregua.
Allungò una mano verso il cielo e, presa alla cieca la 'Corona Boreale', altra costellazione del nostro emisfero, se la aggiustò sul capo per tener fermi i capelli.
Senza neanche aprire gli occhi la giovane, tenendosi sul vertice della falce luminosa, si girò a pancia in giù, accogliendo tra le labbra il bordo frastagliato della Luna.
Insistenti movimenti tellurici ora le strofinavano il clitoride, sfiorandole il vestibolo vaginale.
Le cosce inforcavano il corno inferiore del bordo del satellite e i fianchi cominciarono a scivolare in movimenti pendolari, ubbidendo ad atavici riflessi muscolari costruiti in millenni di evoluzione dell'arte dell'accoppiamento.
Spostandosi verso il basso, la vulva accarezzò il margine lunare fino a indovinarne l'apice e, allargando le cosce, Yuko ne facilitò l'ingresso nella sua intimità più profonda.
Quale prodigio di astroerotismo!
Il bordo, oscillante cono con eccitanti nervature vibranti, era ora all'interno del ventre di una porno astrofila.
Yuko serrò fermamente le mani sul vertice lunare e, appoggiando le ginocchia da una parte su Venere e dall'altra su Mercurio, cominciò a spingere col bacino incontro a quel gigantesco vibratore spaziale.
Si mosse sentendo la Luna entrarle in profondità, dilatandole le mucose vaginali e stimolandone un piacere perverso e inedito.
Si sfilò dal perno sporgendo il sedere, per poi ritornare con un movimento più secco e più convinto, lasciando sfuggire un gemito.
Rimase in quella posizione per qualche secondo, con la Luna ben piantata in vagina, assaporando le continue vibrazioni che si trasmettevano a tutta la vulva e alle natiche.
Come desiderava che in quel momento passasse da quelle parti un eroe mitologico, che so io, il dio Marte impersonificato nel pianeta, o uno di quelli rappresentati dalle grandi costellazioni, come 'Orione', il cacciatore, o 'Perseo', l'eroe, e perchè no, perfino 'Ercole' e che, vedendola lì, di spalle, nuda a cavalcioni della Luna, a cercare il piacere con quell'autostimolazione, la infilassero da dietro, in una doppia penetrazione che l'avrebbe fatta urlare dal piacere.
Ecco, magari non 'Pegaso', il cavallo alato, e neanche uno dei due cani da caccia dello stesso 'Orione', e tanto meno il 'Dragone'. Ecco, no, di zoofilia proprio non se ne parlava. Il 'Leone', poi! Non nominate neanche per scherzo il 'Toro'. Yuko quelle cose non le faceva. Poteva al limite prendere in considerazione i 'Pesci'. Col 'Centauro' sarebbe rimasta imbarazzata, mentre sentiva di non dover temere l' 'Orsa Maggiore'.
I 'Gemelli'? Ma forse più che fratelli erano due gay. Ben poco interessati a una giovane giapponese che intanto si penetrava, ondeggiando il sedere, con il culmine conico della Luna.
Magari la principessa 'Andromeda'. Ecco, con quella bella ragazza incatenata sugli scogli, una bella mezz'oretta se la sarebbe passata. O con la costellazione della 'Vergine'; le avrebbe insegnato un paio di cose, così, parlando fra donne.
Ma da dietro non arrivava nessuno e quel bel sedere in movimento di va e vieni, quei gemiti molto espliciti, si persero nelle profondità siderali.
Yuko sentendo arrivare l'apice del piacere appoggiò la fronte al bordo della Luna e intensificò il movimento delle anche.
Con gemiti sempre più sonori e un ritmo via via più frenetico, la giapponese aumentò le penetrazioni, concedendosi brevi pause in cui si passava sul clitoride l'apice lunare, ancora agitato da movimenti vermicolari.
Con un ultimo affondo ingoiò buona parte della falce luminosa fra le cosce, si contrasse stringendo la vulva e il ventre contro l'astrovibratore e si lasciò andare in una serie di flagellate coi fianchi, in un orgasmo che spettinò perfino la Via Lattea.
A differenza del latte di Era, che formò la Via Lattea, la squirtata con cui Yuko si esibì, attraversò il cielo stellato come una luminosa meteora.
Lo 'Scorpione' si scansò appena in tempo e lo schizzo finì sulla schiena del 'Sagittario', che non gradì per nulla l'imprevista doccia distraendolo mentre prendeva la mira. La freccia che partì finì nel sedere della regina 'Cassiopea' e in fondo questa era la punizione che tutti attendevamo dai tempi degli antichi greci.
Ma gli umori giapponesi, gocciolando dall'arciere stellare, ritornarono sulla Terra, non molto lontano da dove Yuko si era sistemata per la serata di osservazione astronomica.
Altri due astrofili stavano contemplando il cielo, in particolare proprio la Luna su cui Yuko si stava trastullando convinta di non dare nell'occhio.
Due guardoni, dotati addirittura di un telescopio rifrattore.
“Hermann, hai finito? Sarà un quarto d'ora che osservi la Luna! Ci stai appiccicato che manco guardassi dal buco della serratura una donna che se la sta toccando! Che cazzo hai trovato di così particolare, visto che continui a tenere una mano in tasca?”
“Tiret via dadòs, Astro Boy, e datti una calmata! Fammi finire. Resto sempre meravigliato di fronte alle meraviglie della natura. E la mano in tasca... be' che c'è di male se ho freddo e me la voglio scaldare?”
“Cazzo che stella cadente! Hermann ti sei perso una meteora pazzesca, proprio da sopra alla Luna! È filata dritta fino al 'Sagittario'! Sembrava un fuoco d'artificio!”
“Che l'è 'sta dacquäda?” (Cos'è questa innaffiata? NdA) “Piove?” rispose l'astroguardone eludendo il discorso.
“Ma se il cielo è tutto limpido!”
“Eppure ho sentito una goccia!”
“Sarà condensa. Se ti staccassi da quell'oculare! C'è una stellata meravigliosa, ma tu, appiccicato alla Luna!”
“Eh. La fórca 'd Bretta!”
“Ma cosa hai in tasca? Un altro telescopio?”
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