La ragazza troppo bella - Parte 6
di
Judicael Ouango
genere
etero
Alberto ci accompagnò a casa dopo la deposizione. L'intera caserma si era commossa della storia di Elena, ed il loro comandante aveva giurato che avrebbe fatto di tutto per aiutarci. Generosamente, ci diede anche il suo contatto personale. Casomai... Ci disse anche che gli estremi per agire non c'erano del tutto in quanto non aveva ricevuto nessuna denuncia diretta, ragion per cui non poteva mettere una pattuglia di servizio. Elena fu molto carina con lui. Era una guerriera abituata a sopravvivere in ogni condizione. Aveva individuato in Alberto, uomo sposato e con dei figli, la sua muraglia contro che le voleva fare del male. Era un comandante, aveva potere, una caserma intera sotto i suoi ordini, poteva diffenderla, propio ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Alberto in noi vedeva delle donne che non erano alla sua portata. Eravamo semplicemente troppo belle. E le cose belle sono preziose, e si sa, ciò che è prezioso costa molto. Uno slogan che ci ripetevamo tra di noi ragazze affianco all'alto bordo. Non c'erano capponi a proteggerci, qualcuna di noi si ma le storie sono sempre diverse. Eravamo tutte nella stessa bolgia, ma non nella stessa salsa. In pratica, eravamo il pasto, ma i pasti cambiano, sono differenti, diversi. Comunque per le ragazze come noi, sono spesso i fidanzati, quelli veri, non gli amanti con le moglie e roba del genere. Potevano essere utili, ma odiavano essere mischiati a questo genere di cose. In realtà, gli uomini che frequentavamo erano tra i più influenti del paese, e noi per loro, eravamo un vergognoso piacere. Non amavano lo scandalo, dovevano rimanere puliti, bravi padri di famiglia, condottieri senza macchie. Uomini di peso, che quando cercavo leggerezza, volevano noi altre.
Elena diede un bacio all'angolo della bocca di Alberto quando arrivammo a casa. Si raccomando di restare sempre insieme. Cosa che facemmo, ma Elena senza nemmeno avvertirmi estese l'invito al suo giovane deputato di Avellino.
Stavo uscendo dalla doccia con l'asciugamano legato sui fianchi quando mi accorsi del ragazzo. Istintivamente mi nascosi i seni mentre tornavo velocemente indietro nel bagno. Una volta li, imprecai copiosamente e mi misi l'accappatoio addosso. Poi usci e salutai il giovane deputato. Era rosso in viso. Elena che era seduta sul divano sorrideva divertita dalla scienza. L'avrei sgozzata. "Non vi separate eh!" le dissi provocatrice. "Infatti" rispose lei sorridendo ed allungando una gamba sul tavolino di fronte a lei. Vestiva una gonna ampia e quel movimento fece scivolare il tessuto lungo la gamba fino al segno del slip che non portava. Guardai il ragazzo che dal rosso era passato al viola. Avevo fame, mi dirisi verso il frigorifero dove c'era ben poco. Mi decisi per la carne e chiesi senza girarmi ai ragazzi se volessero anche loro cenare. Entrambi risposero di si. E quindi presi il vino che tesi al giovane deputato mentre cominciai a trafficare con le padelle. Indaffarata nelle piccola cucina, pur se nella stessa stanza, non distolsi la mia attenzione fino a che fui ad un buon punto. Ed allora mi girai. Il giovane deputato era rimasto in camicia. Sulle ginocchia di fronte a Elena che aveva la testa rovesciata e gli occhi chiusi, lui, la testa tra le sue gambe, intento a leccare il clitoride. La scena da dov'ero si vedeva benissimo. La sua lingua andava su e scendeva con regolarità. Le mani di Elena erano dietro la testa dell'uomo. Non saprei dire se ansimava, la musica era abbastanza alta, ma gradiva. Sorrideva. Rimasi bloccata. Non sapevo che fare. Da li a cinque minuti, il tutto sarebbe stato pronto. Ciò che succedeva nella luce soffusa sul mio divano però era di una morbosità unica, mi conquistava il momento, la goduria della mia amica, quell'espressione beata dopo tutti queste avventure. Forse la invidiavo in quel momento dove sapevo che una lingua la toccava li, avvolgeva il suo puntino che diventava bottone, lo riscaldava, lo accarezzava, lo cullava. Senza aprire gli occhi, Elena disse "È pronto?". Un pò mi dispiacque. Risposi di si ed il giovane deputato staccò la testa dalla figa della mia amica.
Come se nulla fosse successo, cenammo. Sentivo la mia figa colare. Non c'era nulla più di eccitante, ma quel momento passato mi era rimasto impresso nelle cellule. Il desiderio mi bruciava, faticavo a seguire loro due in quelle conversazioni di circostanza. La mia mutande era da asciugare, il fuoco in me, da spegnere. Non ero mai stata in una cosa a tre. Pudicamente, lo rifiutavo. Anche se quando frequenti un certo mondo certe cose sono considerate da evoluti, per me vigeva ancora parte della mia educazione. A Napoli, chi va oltre due corpi e "Nu spuorc" e basta. Paradossalmente, il concetto di onore, di condivisione, di apertura è umano, ed è in base alle classi sociali. Chiaramente, ci sono ricchi che sono ottusi, e poveri che sono aperti mentalmente. Io ero in mezzo. Senza mai aver avuto il coraggio di buttarmi fino in fondo. Ma ero li, a metà. Comprendevo il desiderio di godersi una vita che poi è unica, e nello stesso momento, comprendevo il desiderio di lasciare di se un immagine "pulita". Non a tutti, a coloro a cui si vuole bene, il che chiaramente diventa un limite. Ma un limite che accettiamo, per amore. O che non accettiamo, ma subiamo. Elena si alzò ad aprire un altra bottiglia. Il giovane deputato promise che ci avrebbe mandate casse di Vine del suo paese. Poco mi importava, Tra i regali che ricevevo, c'erano cosi tanti liquori e bottiglie di vino che di tanto in tanto ne regalavo. Ero eccitata. Piuttosto tanto. L'eccitazione può andare oltre i valori. Riesce a scavalcare decenni di dogmi per arrivare all'essenziale. In quel momento, non ero altro che una donna desiderosa di compensare le sue emozioni della giornata. Volevo godere. Ma non ebbi il coraggio nemmeno di scherzare su questa cosa, ero troppo timida per questo. Finimmo di mangiare e ci mettemmo tutti e tre sul divano. Speravo in cuor mio che Elena avrebbe preso l'iniziativa. Che qualcosa sarebbe successo. Dovevo sfogare, in un modo o nell'altro. Non c'è miglior sfogo della goduria. Cho gode lo sa. Speravo nella mano allunata di Elena che era accanto a me sulla mia coscia. Che risalisse Pian piano fino al monte di Venere che avrebbe coperto col palmo e col caldo, volevo sentire quel calore che che è paradiso. Ma non lo fece. Con nonchalance, poggiò la mano sul bozzolo del pantalone del giovane deputato, e basta. Più aspettavo, piu ero eccitata. Se fossi un pò più coraggiosa, sarei saltata addosso a loro. Ma non lo feci. L'indole è traditrice, perché si accompagna dagli sui e dai valori.
Andai al letto lasciando loro sul divano. Dal letto, li vedevo quando si alzavano oltre lo schienale. Ora, erano giù, la Tv era accesa, avevano alzato il volume. Era frustrante non vedere nulla. Mi venne voglia di alzarmi ed andare li a guardarli. Ma non sono quel tipo. Anche se vivo in quel mondo. Dopo un pò, il divano comincio a muoversi. Mi stavo masturbando. Durò un quarto d'ora prima che vedessi la chiamo bionda di Elena emergere da dietro lo schienale. Lui si mise dietro di lei. Non vedevo lui che penetrava lei, ma la parte alta dei loro corpi. Ed un rumore di bagnato ogni volta che lui si ritraeva da lei, o ci entrava. Presi ammaturbarmi al ritmo della loro scopata. Era ipnotico, la mia mano seguiva il movimento del bacino dell'uomo, Elena rantolava sempre di più, si sentiva che si tratteneva, ma era prossima all'orgasmo. L'uomo ad un certo punto si chino sulla sua schiena ed allungò le braccia. La stava toccando mentre la scopava. Lei apprezzò da subito ed i rumori si intensificarono. Il movimento della mia mano, anche. Elena godette insieme a me. Pur reprimendomi, non potei non "guaire" di piacere. Ma non mi sentirono. Dopo, Elena si sedette su di lui, ed ebbi l'impressione che mi stesse guardando in quel momento. Rossa di vergogna, feci finta di essere già addormentata. E mi addormentai quasi subito. Non senti il giovane deputato andarsene, tantomeno Elena tornare al letto da me. Mi svegliai confusa e sussultai vedendo una forma accanto a me. Non ero abituata a bere molto. Di tanto in tanto si, ma in situazioni in cui sapevo di volerlo fare per andare oltre a delle reticenze. La notte dapprima, invece avrei voluto andare incontro alle mie esigenze. Andai a farmi una lunghissima doccia. Quando tornai, Elena aveva già fatto il caffè. Stava col cellulare in mano. "Ciao amore" mi disse concentrandosi poi di nuovo sullo schermo. " Il deputato è impazzito, vuole portarmi a casa sua". Non dissi nulla al riguardo. Era raro che donne come noi finissero per sistemarsi. La troppa bellezza ha due facce. La prima é la chiave all'alto mondo, la seconda é la bolla di sanguisughe. Bastavano le solite domande. "Di dove sei? Che fanno i tuoi genitori? Qual'è il tuo livello di studio, dove vivi, eccetera". Al termine dell'interrogatorio, ti si classificava. Cacciatrice di doti, per quelli più gentili. Zoccola, per quelli come i miei genitori.
Non avevamo voglia di uscire. C'era maltempo, una pioggerella fine ed insistente che rendeva grigia Roma. Dal balcone, si vedevano poche persone per strada. E poi, eravamo ancora impaurite. Elena mandò un messaggio ad Alberto che rispose nel giro di due minuti. "Come stai?". Lui, "Bene, e voi? Ricordati, qualunque cosa....". Era rassicurante. La bellezza ha i suoi vantaggi. Lo riconosco. Io ed Elena ci mettemmo sul divano e cominciammo a sfogliare le serie. Ci mettemmo un sacco di tempo a scegliere qualcosa che andasse bene per entrambe. Elena allungò le sue cosce su di me e si mise comoda sul divano. Non mi infastidiva, anzi. Mentre guardavamo il film, le accarezzavo le ginocchia, come si fa con una persona a cui vuoi bene. Mangiammo una pizza e continuammo a guardare la Tv fino a metà del pomeriggio. Poi, bussò qualcuno ed andai a vedere chi fosse. Era un uomo con un pacco. Un pacco enorme tra l'altro. "Amazon" disse. Non ci pensai nemmeno. Oramai Amazon è come la posta, manco ricordavo le cose che compravo. Aprivo e basta. E quindi apri. Due minuti dopo, bussarono alla porta. Andai ad aprire in déshabillé chiedendo a Elena di mettere pausa. Non guardai nemmeno lo spioncino. Apri e basta. E poi rimasi muta. Dinnanzi a me, tre uomini tutti alti e muscolosi. Il primo aveva con se un pacco con i classici segni di Amazon. Pur se non associai immediatamente la loro presenza con Elena, mi vennero i brividi. Erano inquietanti solo a guardarli. Peggio anche fecero quando uno di loro allungò un braccio ed apri violentemente la porta. Mi spinsero e caddi sulla moquette senza rumore. Poi, chiusero la porta ed entrarono. Elena non si era accorta di niente. Non aveva messo pausa e quindi era ancora presa dal film. Uno degli uomini si mise un dito in bocca intimandomi di star zitta e si avvicinò di soppiattò. Poi, mise le mani sugli occhi di Elena e disse "Indovina!". Elena dapprima non si scompose. "Eddai, mi fai perdere il meglio del film" disse. L'uomo tolse le mani, e poi con violenza le assestò uno schiaffo che fece rotolare la mia amica giù dal divano. Lei rimase a terra scombussolata ammettendo piccoli suoni di dolore e poi girò la testa a guardare il suo aggressore. Lui sorrideva. Le mani sui fianchi, la guardava visibilmente soddisfatto, ghignava di contentezza. Elena quando lo guardò cambiò espressione. Il sangue si ritrasse dal suo viso facendole assomigliare ad un fantasma, i suoi occhi rotearono quando Pian piano riconobbero l'uomo e poi il tutto sfociò in un urlo che scuotò i nostri timpani. Prontamente, l'uomo fece pochi passi e le diede un sonoro schiaffo di nuovo. Elena cadde metri piu in la sbattendo contro il muro ma rimase zitta. Piangeva in silenzio. Avevo cosi tanta paura che ero paralizzata. L'uomo che aveva picchiato Elena andò in cucina. Trafficando, accese il fuco e mise l'acqua su. Ci chiese dove stesse il tè. Glielo dissi io. Dopodiché preparo cinque tazzine. Quando il tè fu pronto, ne servi per tutti. Non aveva proferito una parola nel frattempo. Mi sentivo sciogliere dalla paura. Una cosa irrazionale. Poi, guardò Elena e parlò in una lingua che non capivo. Elena singhiozzò rispondendo. Continuarono a parlare per altri cinque minuti, e poi Elena si girò verso di me mi disse. "Amica mia mia dispiace che sei convolva, ma dobbiamo preparare le valigie, ci portano via". "Ma chi sono?" ebbi il tempo di chiedere prima che uno schiaffo violento mi fece avvicinare al pavimento a pochi centimetri. Era l'uomo piu vicino a me che mi aveva colpita. Il mio orecchio sembrava invaso da un sciame di api, gli spazi del mio monolocale si erano distorti, persi per un momento la cognizione dello spazio in cui mi trovavo. Mi aiuto Elena ad alzarmi. Poi, preparammo le nostre valigie in silenzio e seguimmo gli uomini nell'ascensore.
Il ragazza di cui non ricordavo il nome, il tutto fare, quello la che venne a spostarmi lo specchi, era li. Nell'atrio. Non so chi aspettasse tantomeno cosa facesse, ma ci vide. E quando ci vide capi che c'era qualcosa che non andava. Era un ragazzo semplice, onesto, leale. Venne da me e mi chiese se tutto andasse bene. Risposi con la voce rauca. Ed allora guardando gli uomini che ci stavano attorno mi chiese di nuovo se andasse tutto bene con chiaro riferimento agli uomini che erano attorno a noi. Il loro capo, quello che aveva colpito Elena cominciò ad impazientirsi e disse con l'accento russo che non c'erano problemi e che dovevamo andare. Il mio sguardo diceva tutt'altra cosa. Il ragazzo di cui non ricordavo il nome se ne accorse e fece per protestare. Tutti e tre gli uomini che ci stava rapendo gli saltarono addosso. Elena ne approfitta e mi prese per la manica correndo verso la porta del palazzo. Quando uscimmo, si mise a gridare come una pazza e molte persone si girarono. Nello stesso momento, due dei nostri aggressori uscirono ed in un lampo ci saltarono addosso. Un furgone era parcheggiato a pochi metri e si avviò quasi subito. La porta laterale si apri e fummo spinte dentro dagli due uomini senza troppi riguardi. Poi, arrivò il terzo uomo tutto insanguinato con un lungo coltello in mano. Non potei reprimere un grido. Lui mi guardò con degli occhi glaciali e disse "Vuoi che tocchi a te?". Mi abbracciai a Elena ed entrambi piangemmo a singhiozzi per oltre un ora prima di smettere perche stanche e senza liquidi.
Il furgone non si fermò mai a mettere benzina. Fummo fatte scendere solo dopo qualche ora. Ci scappava la pipi, ma ci portarono su un yacht al molo prima di lasciare che facessimo i nostri bisogni. Ebbi il tempo di leggere da qualche parte Genova...
Elena diede un bacio all'angolo della bocca di Alberto quando arrivammo a casa. Si raccomando di restare sempre insieme. Cosa che facemmo, ma Elena senza nemmeno avvertirmi estese l'invito al suo giovane deputato di Avellino.
Stavo uscendo dalla doccia con l'asciugamano legato sui fianchi quando mi accorsi del ragazzo. Istintivamente mi nascosi i seni mentre tornavo velocemente indietro nel bagno. Una volta li, imprecai copiosamente e mi misi l'accappatoio addosso. Poi usci e salutai il giovane deputato. Era rosso in viso. Elena che era seduta sul divano sorrideva divertita dalla scienza. L'avrei sgozzata. "Non vi separate eh!" le dissi provocatrice. "Infatti" rispose lei sorridendo ed allungando una gamba sul tavolino di fronte a lei. Vestiva una gonna ampia e quel movimento fece scivolare il tessuto lungo la gamba fino al segno del slip che non portava. Guardai il ragazzo che dal rosso era passato al viola. Avevo fame, mi dirisi verso il frigorifero dove c'era ben poco. Mi decisi per la carne e chiesi senza girarmi ai ragazzi se volessero anche loro cenare. Entrambi risposero di si. E quindi presi il vino che tesi al giovane deputato mentre cominciai a trafficare con le padelle. Indaffarata nelle piccola cucina, pur se nella stessa stanza, non distolsi la mia attenzione fino a che fui ad un buon punto. Ed allora mi girai. Il giovane deputato era rimasto in camicia. Sulle ginocchia di fronte a Elena che aveva la testa rovesciata e gli occhi chiusi, lui, la testa tra le sue gambe, intento a leccare il clitoride. La scena da dov'ero si vedeva benissimo. La sua lingua andava su e scendeva con regolarità. Le mani di Elena erano dietro la testa dell'uomo. Non saprei dire se ansimava, la musica era abbastanza alta, ma gradiva. Sorrideva. Rimasi bloccata. Non sapevo che fare. Da li a cinque minuti, il tutto sarebbe stato pronto. Ciò che succedeva nella luce soffusa sul mio divano però era di una morbosità unica, mi conquistava il momento, la goduria della mia amica, quell'espressione beata dopo tutti queste avventure. Forse la invidiavo in quel momento dove sapevo che una lingua la toccava li, avvolgeva il suo puntino che diventava bottone, lo riscaldava, lo accarezzava, lo cullava. Senza aprire gli occhi, Elena disse "È pronto?". Un pò mi dispiacque. Risposi di si ed il giovane deputato staccò la testa dalla figa della mia amica.
Come se nulla fosse successo, cenammo. Sentivo la mia figa colare. Non c'era nulla più di eccitante, ma quel momento passato mi era rimasto impresso nelle cellule. Il desiderio mi bruciava, faticavo a seguire loro due in quelle conversazioni di circostanza. La mia mutande era da asciugare, il fuoco in me, da spegnere. Non ero mai stata in una cosa a tre. Pudicamente, lo rifiutavo. Anche se quando frequenti un certo mondo certe cose sono considerate da evoluti, per me vigeva ancora parte della mia educazione. A Napoli, chi va oltre due corpi e "Nu spuorc" e basta. Paradossalmente, il concetto di onore, di condivisione, di apertura è umano, ed è in base alle classi sociali. Chiaramente, ci sono ricchi che sono ottusi, e poveri che sono aperti mentalmente. Io ero in mezzo. Senza mai aver avuto il coraggio di buttarmi fino in fondo. Ma ero li, a metà. Comprendevo il desiderio di godersi una vita che poi è unica, e nello stesso momento, comprendevo il desiderio di lasciare di se un immagine "pulita". Non a tutti, a coloro a cui si vuole bene, il che chiaramente diventa un limite. Ma un limite che accettiamo, per amore. O che non accettiamo, ma subiamo. Elena si alzò ad aprire un altra bottiglia. Il giovane deputato promise che ci avrebbe mandate casse di Vine del suo paese. Poco mi importava, Tra i regali che ricevevo, c'erano cosi tanti liquori e bottiglie di vino che di tanto in tanto ne regalavo. Ero eccitata. Piuttosto tanto. L'eccitazione può andare oltre i valori. Riesce a scavalcare decenni di dogmi per arrivare all'essenziale. In quel momento, non ero altro che una donna desiderosa di compensare le sue emozioni della giornata. Volevo godere. Ma non ebbi il coraggio nemmeno di scherzare su questa cosa, ero troppo timida per questo. Finimmo di mangiare e ci mettemmo tutti e tre sul divano. Speravo in cuor mio che Elena avrebbe preso l'iniziativa. Che qualcosa sarebbe successo. Dovevo sfogare, in un modo o nell'altro. Non c'è miglior sfogo della goduria. Cho gode lo sa. Speravo nella mano allunata di Elena che era accanto a me sulla mia coscia. Che risalisse Pian piano fino al monte di Venere che avrebbe coperto col palmo e col caldo, volevo sentire quel calore che che è paradiso. Ma non lo fece. Con nonchalance, poggiò la mano sul bozzolo del pantalone del giovane deputato, e basta. Più aspettavo, piu ero eccitata. Se fossi un pò più coraggiosa, sarei saltata addosso a loro. Ma non lo feci. L'indole è traditrice, perché si accompagna dagli sui e dai valori.
Andai al letto lasciando loro sul divano. Dal letto, li vedevo quando si alzavano oltre lo schienale. Ora, erano giù, la Tv era accesa, avevano alzato il volume. Era frustrante non vedere nulla. Mi venne voglia di alzarmi ed andare li a guardarli. Ma non sono quel tipo. Anche se vivo in quel mondo. Dopo un pò, il divano comincio a muoversi. Mi stavo masturbando. Durò un quarto d'ora prima che vedessi la chiamo bionda di Elena emergere da dietro lo schienale. Lui si mise dietro di lei. Non vedevo lui che penetrava lei, ma la parte alta dei loro corpi. Ed un rumore di bagnato ogni volta che lui si ritraeva da lei, o ci entrava. Presi ammaturbarmi al ritmo della loro scopata. Era ipnotico, la mia mano seguiva il movimento del bacino dell'uomo, Elena rantolava sempre di più, si sentiva che si tratteneva, ma era prossima all'orgasmo. L'uomo ad un certo punto si chino sulla sua schiena ed allungò le braccia. La stava toccando mentre la scopava. Lei apprezzò da subito ed i rumori si intensificarono. Il movimento della mia mano, anche. Elena godette insieme a me. Pur reprimendomi, non potei non "guaire" di piacere. Ma non mi sentirono. Dopo, Elena si sedette su di lui, ed ebbi l'impressione che mi stesse guardando in quel momento. Rossa di vergogna, feci finta di essere già addormentata. E mi addormentai quasi subito. Non senti il giovane deputato andarsene, tantomeno Elena tornare al letto da me. Mi svegliai confusa e sussultai vedendo una forma accanto a me. Non ero abituata a bere molto. Di tanto in tanto si, ma in situazioni in cui sapevo di volerlo fare per andare oltre a delle reticenze. La notte dapprima, invece avrei voluto andare incontro alle mie esigenze. Andai a farmi una lunghissima doccia. Quando tornai, Elena aveva già fatto il caffè. Stava col cellulare in mano. "Ciao amore" mi disse concentrandosi poi di nuovo sullo schermo. " Il deputato è impazzito, vuole portarmi a casa sua". Non dissi nulla al riguardo. Era raro che donne come noi finissero per sistemarsi. La troppa bellezza ha due facce. La prima é la chiave all'alto mondo, la seconda é la bolla di sanguisughe. Bastavano le solite domande. "Di dove sei? Che fanno i tuoi genitori? Qual'è il tuo livello di studio, dove vivi, eccetera". Al termine dell'interrogatorio, ti si classificava. Cacciatrice di doti, per quelli più gentili. Zoccola, per quelli come i miei genitori.
Non avevamo voglia di uscire. C'era maltempo, una pioggerella fine ed insistente che rendeva grigia Roma. Dal balcone, si vedevano poche persone per strada. E poi, eravamo ancora impaurite. Elena mandò un messaggio ad Alberto che rispose nel giro di due minuti. "Come stai?". Lui, "Bene, e voi? Ricordati, qualunque cosa....". Era rassicurante. La bellezza ha i suoi vantaggi. Lo riconosco. Io ed Elena ci mettemmo sul divano e cominciammo a sfogliare le serie. Ci mettemmo un sacco di tempo a scegliere qualcosa che andasse bene per entrambe. Elena allungò le sue cosce su di me e si mise comoda sul divano. Non mi infastidiva, anzi. Mentre guardavamo il film, le accarezzavo le ginocchia, come si fa con una persona a cui vuoi bene. Mangiammo una pizza e continuammo a guardare la Tv fino a metà del pomeriggio. Poi, bussò qualcuno ed andai a vedere chi fosse. Era un uomo con un pacco. Un pacco enorme tra l'altro. "Amazon" disse. Non ci pensai nemmeno. Oramai Amazon è come la posta, manco ricordavo le cose che compravo. Aprivo e basta. E quindi apri. Due minuti dopo, bussarono alla porta. Andai ad aprire in déshabillé chiedendo a Elena di mettere pausa. Non guardai nemmeno lo spioncino. Apri e basta. E poi rimasi muta. Dinnanzi a me, tre uomini tutti alti e muscolosi. Il primo aveva con se un pacco con i classici segni di Amazon. Pur se non associai immediatamente la loro presenza con Elena, mi vennero i brividi. Erano inquietanti solo a guardarli. Peggio anche fecero quando uno di loro allungò un braccio ed apri violentemente la porta. Mi spinsero e caddi sulla moquette senza rumore. Poi, chiusero la porta ed entrarono. Elena non si era accorta di niente. Non aveva messo pausa e quindi era ancora presa dal film. Uno degli uomini si mise un dito in bocca intimandomi di star zitta e si avvicinò di soppiattò. Poi, mise le mani sugli occhi di Elena e disse "Indovina!". Elena dapprima non si scompose. "Eddai, mi fai perdere il meglio del film" disse. L'uomo tolse le mani, e poi con violenza le assestò uno schiaffo che fece rotolare la mia amica giù dal divano. Lei rimase a terra scombussolata ammettendo piccoli suoni di dolore e poi girò la testa a guardare il suo aggressore. Lui sorrideva. Le mani sui fianchi, la guardava visibilmente soddisfatto, ghignava di contentezza. Elena quando lo guardò cambiò espressione. Il sangue si ritrasse dal suo viso facendole assomigliare ad un fantasma, i suoi occhi rotearono quando Pian piano riconobbero l'uomo e poi il tutto sfociò in un urlo che scuotò i nostri timpani. Prontamente, l'uomo fece pochi passi e le diede un sonoro schiaffo di nuovo. Elena cadde metri piu in la sbattendo contro il muro ma rimase zitta. Piangeva in silenzio. Avevo cosi tanta paura che ero paralizzata. L'uomo che aveva picchiato Elena andò in cucina. Trafficando, accese il fuco e mise l'acqua su. Ci chiese dove stesse il tè. Glielo dissi io. Dopodiché preparo cinque tazzine. Quando il tè fu pronto, ne servi per tutti. Non aveva proferito una parola nel frattempo. Mi sentivo sciogliere dalla paura. Una cosa irrazionale. Poi, guardò Elena e parlò in una lingua che non capivo. Elena singhiozzò rispondendo. Continuarono a parlare per altri cinque minuti, e poi Elena si girò verso di me mi disse. "Amica mia mia dispiace che sei convolva, ma dobbiamo preparare le valigie, ci portano via". "Ma chi sono?" ebbi il tempo di chiedere prima che uno schiaffo violento mi fece avvicinare al pavimento a pochi centimetri. Era l'uomo piu vicino a me che mi aveva colpita. Il mio orecchio sembrava invaso da un sciame di api, gli spazi del mio monolocale si erano distorti, persi per un momento la cognizione dello spazio in cui mi trovavo. Mi aiuto Elena ad alzarmi. Poi, preparammo le nostre valigie in silenzio e seguimmo gli uomini nell'ascensore.
Il ragazza di cui non ricordavo il nome, il tutto fare, quello la che venne a spostarmi lo specchi, era li. Nell'atrio. Non so chi aspettasse tantomeno cosa facesse, ma ci vide. E quando ci vide capi che c'era qualcosa che non andava. Era un ragazzo semplice, onesto, leale. Venne da me e mi chiese se tutto andasse bene. Risposi con la voce rauca. Ed allora guardando gli uomini che ci stavano attorno mi chiese di nuovo se andasse tutto bene con chiaro riferimento agli uomini che erano attorno a noi. Il loro capo, quello che aveva colpito Elena cominciò ad impazientirsi e disse con l'accento russo che non c'erano problemi e che dovevamo andare. Il mio sguardo diceva tutt'altra cosa. Il ragazzo di cui non ricordavo il nome se ne accorse e fece per protestare. Tutti e tre gli uomini che ci stava rapendo gli saltarono addosso. Elena ne approfitta e mi prese per la manica correndo verso la porta del palazzo. Quando uscimmo, si mise a gridare come una pazza e molte persone si girarono. Nello stesso momento, due dei nostri aggressori uscirono ed in un lampo ci saltarono addosso. Un furgone era parcheggiato a pochi metri e si avviò quasi subito. La porta laterale si apri e fummo spinte dentro dagli due uomini senza troppi riguardi. Poi, arrivò il terzo uomo tutto insanguinato con un lungo coltello in mano. Non potei reprimere un grido. Lui mi guardò con degli occhi glaciali e disse "Vuoi che tocchi a te?". Mi abbracciai a Elena ed entrambi piangemmo a singhiozzi per oltre un ora prima di smettere perche stanche e senza liquidi.
Il furgone non si fermò mai a mettere benzina. Fummo fatte scendere solo dopo qualche ora. Ci scappava la pipi, ma ci portarono su un yacht al molo prima di lasciare che facessimo i nostri bisogni. Ebbi il tempo di leggere da qualche parte Genova...
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