Mary 7 – La mancanza pesa e si fa sentire 1 e 2
di
Marilena C.
genere
dominazione
Prima parte
Siamo alle solite. Ormai abituata agli assalti certo non quotidiani, ma indubbiamente frequenti di coloro che sanno che nel paesino xxxx, c'è una che poi non è così male, anzi, a detta di chi è riuscito a scoparsela merita anche la fatica che all'inizio si fa per vincere i suoi convinti e strenui tentativi di difesa, che si affievoliscono per mezzo di una mano forte, decisa che la sa frugare nei punti giusti senza tentennamenti, il digiuno di quasi un mese passato senza che nessuno si faccia vivo provoca vere e proprie crisi di astinenza.
Certo, c'è pur sempre il marito, ma come già spiegato, se si prova qualcosa di nettamente più soddisfacente che provoca piaceri decisamente più intensi, risveglia il fuoco sopito ma assolutamente mai spento. L'astinenza è pericolosa, causa comportamenti poco ragionati e pericolosi , rischia di provocare un putiferio negli ambienti che più si vogliono tenere lontani dal pericolo. È stato con questi pensieri che di punto in bianco ho deciso di andare io incontro a chi si è soddisfatto con le mie polpe e dentro le mie carni. L'idea era quella di andare in ufficio da Piero, ma avendo saputo che era fuori per lavoro e sarebbe tornato solo la successiva settimana, non rimaneva che Thomas. Gli altri, Jimmy, il soldatino, e il collega oppure Nicholas non avrei saputo proprio come cercarli.
A casa di Thomas c'erano sicuramente i genitori, ma potevo ben passare da loro dicendo che essendo lì in città per altri motivi, visto che da tempo non ci si vedeva e volevo salutarli, per l'amicizia che ci legava. Con una scusa avremo poi trovato il modo di allontanarci con il figlio.
Mi ero ridotta ad essere io ad andare a scovare un sedicenne per farmi scopare.
Che vergogna..... per gli ambienti in cui ero conosciuta come moglie fedelissima, donna integerrima e gran lavoratrice, etichette che ci tenevo e ci tengo a non scollarmi da dosso.
Sicuramente, per esempio con una gonna, avrei potuto attirare l'attenzione di qualche sconosciuto mentre scendevo dalla macchina o in qualsiasi altro modo il maschio di turno potesse sbirciare facendo finta di non accorgermi che l'indumento lasciava scoperta una buona porzione di cosce. Non sono una gran bellezza, ma ho già sperimentato quanto attraggono un paio di cosce femminili lunghe, proporzionate agli 1,70 e qualcosa in più di altezza, altrettanto proporzionalmente carnose, soffici e ancora posso dire ben sode; ma non ho mai voluto accendere io la miccia per far esplodere l'incendio, o forse è meglio dire che più o meno consapevolmente io procuro il materiale che poi l'incendiario usa per appiccare il fuoco, però come servirsene è totalmente sua responsabilità. Ecco perché anche se sono cosciente di essere io la vera causa dei comportamenti maschili nei miei confronti, preferisco che se nel mio ambiente si dovesse venire a sapere qualcosa, mi salvi il: -poverina, l'hanno aggredita e lei non si è potuta difendere.- per non uscirne colpevole.
Torno a dire: nei periodi di “magra” c'è pur sempre quel sant'uomo di mio marito, persona eccezionale, padre perfetto (o quasi), gran lavoratore che per la famiglia farebbe qualsiasi cosa, ottimo amante finché non si è riaffacciata alla realtà la Marilena sessualmente inappagata, che aveva provato i piaceri forti da giovane, ma era stata chiusa sottovuoto dalla Marilena moglie, madre, lavoratrice punto e basta.
A quel maledetto (????????) matrimonio, Piero aveva strappato il coperchio al vaso facendone esplodere fuori il contenuto.
Provando nuovamente a stuzzicare il mio uomo perché usasse le maniere forti, si finiva per litigare.
La sua dolcezza, il suo romanticismo, i preliminari fatti di baci e carezze non avevano niente di ciò che veramente mi metteva i brividi inzuppando la mia biancheria intima del liquido mieloso che sgorga dalla figa di una femmina veramente eccitata. Non era certo colpa sua, ma la realtà era ed è questa. Me ne vergogno appena un orgasmo violento mi calma, ma dura poco. Quasi subito l'eccitazione comincia a riprendere pieno potere.
Andando in città dopo l'ennesima scusa con mio marito lasciato in paese al suo lavoro, i pensieri vagavano e tornavano i ricordi che si facevano più nitidi passando davanti alla palazzina in cui avevo abitato.
Lo stesso “signore” che sull'autobus affollatissimo con la gente completamente ignara (per fortuna) mi aveva praticamente strappato l'orgasmo frugandomi tra le cosce che tenevo ben strette, un po' per evitare che potesse prendere ancora più possesso della mia intimità, molto perché non riuscivo proprio ad aprirle perché stavo godendo, me lo soro ritrovata davanti appena uscita dalla palazzina dove avevo casa.
-Ciao, cercavo proprio te, ti ho notata e ho visto che esci più o meno a quest'ora. Dove vai? A scuola? Frequenti lì in via.... Non è Università! Vero?
Era informato. Mi aveva seguito e conosceva i miei spostamenti.
Non volevo essere sgarbata, ma mi infastidiva che quell'uomo sapesse di me.
-Ho delle commissioni da sbrigare.-
Lui: -dai, ti accompagno, ho la macchina parcheggiata qui.-
Io: - no, grazie.-
lui insisteva con argomenti quali, ti stanchi, meno, fai prima, ci prendiamo un caffè e poi ti riporto a casa.
Mi sono fermata: - mi riporta a casa? Sicuro?-
LUI: -ma certo! Dove vuoi che ti lasci, in strada? Per chi mi hai preso? In pullman e poi dopo è successo perché ne avevo talmente voglia che avendo un corpo come il tuo appiccicato addosso, non ho saputo resistere.
Stavo per controbattere: -Si, ma brutto porco, mi hai procurato un orgasmo in mezzo alla gente.- Ho lasciato perdere e mi sono fidata salendo in quella macchina.
Dopo aver ritirato una giacca da accorciare, aver pagato una bolletta, essere passata al market per delle cose che mancavano in casa e in segreteria a scuola, eravamo seduti al bar per un caffè.
Una sola volta ha provato a poggiarmi la mano sulla coscia con un: -sei bella!- gliel'ho spostata senza che abbia opposto resistenza e ciò mi faceva ben sperare.
Di nuovo in macchina, non stavamo andando a casa e ho chiesto spiegazioni abbastanza preoccupata.
-ci facciano una chiacchierata in un posto tranquillo. Voglio conoscerti meglio.-
era il posto tranquillo che mi preoccupava
Eravamo in città, ma in aperta campagna. Il faro segnaletico per le imbarcazioni vicino a quell'ora del giorno ovviamente non in funzione. Il click della chiusura automatica delle portiere; lui che mi salta letteralmente addosso, cerca di baciarmi io che giro la faccia , mi rifiuto urlo NOOOOOOOOOO. Prendendomi la mascella mi costringe a guardarlo, chiudo gli occhi, e sue labbra sulle mie, la sua lingua, tento di mordergliela mentre mi afferra una tetta sopra il maglioncino che poi mi sfila dalla cinta e infilando una mano sotto mi accarezza la pelle nuda della pancia, del fianco e afferra il seno sopra il reggiseno
-belle tette grandi.-
Io: - Nooo lasciami porcooo nooo.-
Un attimo di vuoto poi mi rendo conto che la spalliera del mio sedile è giù; sono distesa con lui sopra. Pere la portiera e scende dall'auto per abbassarsi i pantaloni, mi afferra mi mette seduta con i piedi che poggiano a terra fuori dall'auto. È forte, e con gesti improvvisi ai quali non ho il tempo di reagire mi ritrovo il suo cazzo in bocca. Come dopo il viaggio sul mezzo pubblico in quell'angolino nascosto della città.
Una mano dietro la nuca mi preme il naso, la faccia contro il suo pube, i suoi peli: non riesco a respirare, soffoco. Batto il pungo sul suo petto, lui allenta la presa: - e allora succhia-. Ubbidisco impegnandomi a dargli piacere purché finiamo, ma nel frattempo giù tra le mie cosce succede qualcosa e più succhio, più il fuoco divampa.
Si sfila e mi spinge giù di nuovo distesa sul sedile dopo avermi tolto i pantaloni. Uno ssstttrrraappp e le mutandine sono in brandelli.
È sopra di me, si sistema tra le mie cosce e con una stoccata si fa largo tra le mie carni. Le prime stoccate sono micidiali, finché non lo sento occuparmi tutta la vagina, mi apre, mi spacca, urlo e questo sembra eccitarlo di più. Sento le carni della vagina avvolgerlo completamente, i muscoli interni tentano di stringersi attorno al glande.
Lui: - Mmmmssssiiii figa bollenteee.... stretta come piace a meeee... dai bella fammi godereeeeee si cosìììììì brava muovi cosce e culooo ci sai fare!!!
Mi sta piacendo, nonostante i suoi assalti, nonostante il dolore, Godo!
Con un rantolo pazzesco e inatteso lui mi si scarica dentro, non finisce più di inondarmi la vagina di sperma. Sono delusa, mi stava montando l'orgasmo e mi ha lasciato a secco risollevandosi con un.
-Cazzo che scopata! Sei assatanata. Altro che no, non voglio! Mi stavi consumando il cazzo.-
Avrei voluto riempirlo di schiaffi, saltargli addosso, farmi continuare a fottere. Non ho fatto nulla di tutto questo accettando i suoi soldi.
-Tanto lo so che voi giovani ne avete bisogno, siete sempre spiantati-.
Una puttana! Ecco cosa avevo fatto con lui; la puttana. Caricata in macchina e usata per sfogarsi. Non avevo minimamente opposto alcuna obiezione. Le mie iniziali difese avevano aumentato la sua eccitazione; ed anche la mia.
Il viaggio verso cassa in silenzio, poi lui:
-oggi pomeriggio passo a prenderti alle tre. Fatti trovare giù.-
A casa le masturbazioni non mi avevano calmata e alle 2,50 ero giù che lo aspettavo.
Seconda parte
Fermo in seconda fila, due colpi di clacson ad attirare la mia attenzione ed ero di nuovo in macchina con lui, con l'uomo che rimaneva comunque un estraneo se non conoscermi ed io lui, nella più profonda intimità. Contraddizione assoluta, ma reale. Con l'uomo che mi aveva fatto provare l'esperienza che credo provino le donne che lavorano per strada. Ricevere soldi per essere scopata, per far godere.
Mi ero messa un abito che mi copriva le gambe fin poco sopra le ginocchia, seduta saliva un po' di più, ma niente di che.
Si, l'avevo progettato; eccitata dalla mattina, volevo provocarlo, ma senza sfacciataggine, senza fargli capire spudoratamente che ne avevo voglia, che la mattina non mi era assolutamente bastato.
La sua mano destra ci ha messo poco ad affondare tra le mie cosce. Prima sul ginocchio risalendo la gamba tirando su il vestito, per poi scomparire tra le polpe nude sopra la balza delle autoreggenti, a sfiorare il sesso coperto dalle mutandine che sfiorava con l'esterno del mignolo.
Il mio : - no dai, la smetta;-
mi è valsa la risposta:
-non ci credi nemmeno tu a quello che hai appena detto. Sento già l'umido e le labbra della figa gonfie di voglia. È vero che stamattina ho visto e sentito che le hai belle carnose, avvolgenti e mi hai fatto venire troppo in fretta proprio per questa tua bella figona che è come se si aggrappasse al cazzo per non mollarlo più, per consumarlo, ma sei anche carica di voglia. Ammettilo!-
Non sapevo dove guardare. Era vero e quella mano tra le mie cosce era altra benzina. Non mi sono accorta che affiancando un mezzo pubblico incolonnati nelle strade di città offrivo uno spettacolo niente male ai passeggeri che lo affollavano. Visto dall'auto sembrava davvero zeppo di varia umanità.
Ho subito cercato di posizionarmi appoggiando le spalle al finestrino chiuso dello sportello per dare meno campo visivo agli spettatori di quella scena da film erotico, ma il danno era ormai fatto.
La mia mente vagava immaginandomi su quel bus con quel vestito, gli uni appiccicati agli altri , sentire mani addosso, dappertutto che addirittura si infilavano sotto il vestito, Tanto era impossibile che il resto della gente potesse vedere, talmente erano accalcati. Considerando che in una situazione simile, con un po' meno di persone ammassate, proprio chi guidava quell'auto, non molto tempo prima mi aveva costretta all'orgasmo. Con i leggins coperta dal cappotto lungo, ma pur sempre in pubblico. Tra la folla ignara.
Le parole di lui hanno caricato l'immaginazione di erotismo, di lussuria, di “porcaggine”, quando mi ha chiesto:
-Te lo immagini essere su quel pullman con questo vestito con tutta quella gente che non permette neanche di cadere anche senza aggrapparsi ad un sostegno; i due maschi che ti hanno tra loro, uno davanti a te e l'altro dietro, fanno salire il vestito fino in vita per farti sentire il loro cazzo? E magari riescono anche ad infilartelo. Godresti come una vacca.-
Appena detto questo, svoltato a sinistra la macchina si infilava net primo parcheggio libero. Scesi e raggiunto il portone di un palazzo, lui ha pigiato un tasto dei citofono, Meravigliata gli ho chiesto dove fossimo visto che non era casa sua:
-Devo dare una cosa ad un amico poi andiamo. Non ti ho lasciata in macchina perché tanto mi trattiene per un caffè.-
-Ci mancava pure l'amico- ho detto tra me e me.
Dopo il caffè, assaggi di liquori che certo a mezza mattina a stomaco vuoto non lasciano poi così lucidi e la reazione alla mano sulla coscia mentre seduti attorno al tavolo in cucina, io a fianco al padrone di casa e l'altro al lato opposto, non è stata certo delle più convincenti.
Realmente non volevo far nulla con quell'uomo grassoccio che sapeva di unto, viscido. Il classico vecchio porco, più porco di altri. Barba di due//tre giorni con dentatura irregolare e evidente difetti fisici nel camminare anche se ovviamente non era questo il discrimine,ma non volevo farci proprio niente. Perù la mano sicura sulla calza a palpare la coscia cominciava a scaldare.
Quando l'uomo con cui ero arrivata si è alzato per accomiatarsi e io con lui, mi sono sentita trattenere per un braccio ricadendo seduta con un: - tu rimani qui- e prima che potessi reagire mi sono trovata distesa su quel tavolo con il vestito sollevato fino in vita.
Non ha perso tempo nell'affondare la testa tra le mie cosce e spostando la stoffa delle mutandine ha incollato le labbra della sua bocca a quelle della mia figa andando subito di lingua; leccando ed entrando. È in quello stato che ho sentito il rumore della porta chiudersi. Poi... il silenzio interrotto dai miei gemiti e dai tenui rumori che può produrre un maschio veramente esperto che lecca una figa.
Si, esperto. Tra leccate, affondi e leggeri morsi su grandi, piccole labbra e clitoride ci è voluto pochissimo che vincesse le mie resistenze già deboli per il mancato sfogo della mattina e la carica erotica di poco prima in macchina.
Senza rendermene conto roteavo i fianchi, andavo incontro a quella bocca, stringevo le cosce attorno alla faccia del porco, sentivo la sua barba pungermi nella parte più carnosa e delicata dell'interno cosce.
L'orgasmo è esploso devastante, non riuscivo a smettere di buttare fuori il liquido mieloso dalla vagina e lui continuava il suo paziente lavoro di torturatore. Non volevo che smettesse più.
Si è sistemato in piedi tra le mie cosce, non ha avuto bisogno di mettermelo in mano o in bocca. Separando le piccole labbra con il glande ha dato un colpo secco, brutale, con cattiveria. Ho urlato, devo aver perso i sensi per degli attimi. Un dolore lancinante e la figa che mi andava a fuoco. Nella mia allora breve esperienza di femmina mai sentito un membro così, duro, grosso, potente; avevo davvero un ferro rovente in figa. Ho ripreso subito a godere e produrre miele di figa. I miei talloni incrociati dietro le sue natiche come ad imprigionarlo, a non farlo scappare, a spingermelo ancora più in fondo, ma si è staccato, è uscito. l'ho sentito frugarmi il culo, la cappella cominciava a separarmi le natiche.
-NOOOOOOOOOOOOOOO li noooooooo .-
lui. -Hai un gran bel culo, soffice, pieno, sodo,.... lo voglio. Stavi godendo, troia! … e vedrai che ti piacerà anche di più. Adesso ti faccio il culo e sarà completamente mio..
un affondo pazzesco, un mio urlo, i suoi rantoli. Mi spaccava. Non so quanto è durato, ma godevo, godevo punto e basta, non volevo altro che continuare ad essere aperta, spaccata da lui, da quel cazzo.
Ho sentito i suoi schizzi dentro. Quanti?... boh... centinaia. Non smetteva più. I suoi rantoli da porco autentico.
Ero distrutta sono scappata.
Giù c'era l'altro ad attendermi. caricata in macchina. Luogo appartato e pompino. Ha fatto tutto lui ero completamente succube. Ho ingoiato. Poi a casa.
Dopo tre giorni sono tornata io dal porco. Sono stata la sua amate, la sua puttana per quasi due mesi, poi un giorno ci ho trovato altri quattro o cinque uomini e alcune altre ragazze. Un attimo di lucidità, sono scappata via.
Pentita? Sarei rimasta? Sottovoce: SI!
Uno stage mi ha portata in una città del nord in cui l'episodio quasi uguale si è ripetuto: Studio tecnico di una professionista conterranea. Lei il giorno assente.
Un dipendente dello Studio a cui piacevo, aveva da appena arrivata cominciato a fare il cretino, ma io non avevo nessuna voglia di accontentarlo.
Ogni momento ed ogni scusa era per lui occasione per toccarmi. Lui impiegato, del posto, io tirocinante isolana, del sud.
Un appunto sulla sua scrivania firmato dalla titolare gli chiedeva di chiamare un cliente per consegnargli un progetto e se non rispondeva bisognava portarglielo. Più altri lavori che doveva svolgere.
-se non ce la fai, chiedi la cortesia alla tirocinante di darti una mano.- concludeva l'appunto.
-Me lo ha mostrato come a dire, non sono io, ma è la responsabile che vuole che lavoriamo insieme. Questo cliente non mi risponde, se ti spiego dove ha l'ufficio, ci andresti a portarglielo?-
Si! Mi toglievo lui di torno e mi facevo una passeggiata fuori ufficio
Ai lati del portone del palazzo nessuna targa o insegna ad indicare presenza di uffici,
pigiando il citofono..
-si? Chi è?
-Buongiorno, sono Marilena. Ho portato il progetto.-
-Ah si, salga. Terzo piano.-
Porta aperta: - Permesso?-
-si prego, entri!-
-il mio collega mi parlava di ufficio....-
-beh... no, in effetti qui è casa mia. Ho avuto delle difficoltà e sa... per abbattere i costi... venga, andiamo in Studio-.
Lui al di là della scrivania seduto su poltrona girevole in pelle con rotelle, io al di qua classica posizione del cliente.
Ad un primo suo esame delle carte........... -qui c'è qualcosa che non va . Questa porta non esiste nel concreto. Chi ha redatto il progetto?.
Intanto, passando dalla mia parte del tavolo e girando il disegno eravamo entrambi chini e concentrati sul particolare
La mia risposta un po ' titubante. - beh il mio collega, poi per concludere nei tempi ci ho messo mano io.-
Lui: - Signorina... questa porta non esiste. Da dove l'ha presa?-
ora ricordavo; da un tentativo di allontanare dal mio posto il collega, mi si erano mischiati i disegni. Dovevo correggere poi ero stata chiamata dalla responsabile e mi ero scordata della correzione da apportare.
-volevo essere onesta.
-Si è colpa mie, mi scusi.-
-guardi che non abbiamo tutto questo tempo. Qui son soldi che vanno via.-
-Se mi da stasera glielo correggo e domani ci rivediamo.-
Lui a fianco a me, il dorso della sua mano poggiato come senza accorgersene sul mio esterno coscia per poi spostarsi sulla natica-
-Che Fa?-
Arrotolato il disegno, mi afferra per le braccia facendomi distendere con la schiena sul tavolo, le mie gambe si agitano per aria accogliendolo in mezzo a 90 sopra di me mi blocca e comincia a sbottonarmi la camicetta sul seno, mi bacia e mi lecca sul solco tra le tette.
Si sposta da mezzo alle mie gambe e sento il palmo della mmano aderire al mio sesso che poi stringe come a spremerlo, attraverso i pantaloni e gli indumenti che indosso. Poi il dito mi separa le grandi labbra e vi scorre in mezzo.
Fremo, comincio ad agitarmi sfregando le cosce l'una sull'altra, ma faccio il suo gioco; è così che mi vuole. Mi vuole sentire. Vuole l'odore della mia eccitazione amplificata dalla paura. Non paura di lui, ma di me stessa; del fatto ormai acclarato che una volta iniziate le operazioni preliminari. Il piacere sordo, intenso, torbido mi assalirà facendomi concedere completamente ad un altro maschio che mi vuole con prepotenza.
Mi rivolta, sono piegata a 90 con gli avambracci poggiati sul tavolo. Ci mette poco a tirarmi giù i pantaloni e senza alcun ritegno, senza preliminari, penetrare in me, in vagina.
Un attimo di dolore per lo sfregamento delle carni, poi monta il piacere., ma lui vuole di più. Mi sfila completamente i pantaloni e le mutandine, mi fa distendere nuovamente di schiena sul tavolo ed ecco la similitudine con l'episodio appena sopra descritto: mi penetra in figa, ma esce subito puntando il glande sull'ano, glande che avvolgo completamente con le natiche ricevendo i suoi volgari complimenti.
-che gran culo che hai... chiappe polpose, morbide ma sode. Mi avvolgono la cappella in modo pazzesco. Sono sicuro che mi faresti venire anche rimanendo così, senza entrare.-
ma sento spingere e il glande entra di pochi centimetri. Si ferma e rimane così. Sto impazzendo. Sono io che gli dico: - entra, spingi porco. Bastardo... non ce la faccio più affondaaaa.
In due stoccate ce l'ho tutto in culo. Il vai e vieni dura parecchio una decina di minuti in cui due orgasmi potenti mi assalgono, prima del terzo mentre la sua sborra si deposita nel mio intestino. Mi rimane dentro e sopra perr alcuni minuti. Entrambi ansimiamo. Mi fa rivestire e accompagnandomi alla porta mi poggia al muro e mi cala ancora giù i pantaloni infilandomi due dita in vagina. Le sfila subito odorandosele.
-fino a domani quando torni voglio sentire il tuo odore.-
L'indomani sono tornata e abbiamo ripetuto.
Mentre ripensavo a questi episodi, gli squilli del cel. hanno attratto la mia attenzione. Il nome di chi mi chiamava era ….... Piero. Mi diceva che tassativamente o l'indomani o dopo due giorni, dopo ,le 19.00 voleva vedermi nel suo ufficio concludendo con: - non ammetto obiezioni. Aggiustati, ci devi essere o ne pagherai le conseguenze.
Da quel momento, complice il fatto che a casa di Thomas ci ho trovato solo la madre, mentre il ragazzino con il padre sarebbero rincasati solo l'indomani, Piero, per tutto il viaggio di rientro e anche dopo è diventato il mio pensiero fisso.
Commenti, scambi di idee opinioni o altro MaryCambury@libero.it
Siamo alle solite. Ormai abituata agli assalti certo non quotidiani, ma indubbiamente frequenti di coloro che sanno che nel paesino xxxx, c'è una che poi non è così male, anzi, a detta di chi è riuscito a scoparsela merita anche la fatica che all'inizio si fa per vincere i suoi convinti e strenui tentativi di difesa, che si affievoliscono per mezzo di una mano forte, decisa che la sa frugare nei punti giusti senza tentennamenti, il digiuno di quasi un mese passato senza che nessuno si faccia vivo provoca vere e proprie crisi di astinenza.
Certo, c'è pur sempre il marito, ma come già spiegato, se si prova qualcosa di nettamente più soddisfacente che provoca piaceri decisamente più intensi, risveglia il fuoco sopito ma assolutamente mai spento. L'astinenza è pericolosa, causa comportamenti poco ragionati e pericolosi , rischia di provocare un putiferio negli ambienti che più si vogliono tenere lontani dal pericolo. È stato con questi pensieri che di punto in bianco ho deciso di andare io incontro a chi si è soddisfatto con le mie polpe e dentro le mie carni. L'idea era quella di andare in ufficio da Piero, ma avendo saputo che era fuori per lavoro e sarebbe tornato solo la successiva settimana, non rimaneva che Thomas. Gli altri, Jimmy, il soldatino, e il collega oppure Nicholas non avrei saputo proprio come cercarli.
A casa di Thomas c'erano sicuramente i genitori, ma potevo ben passare da loro dicendo che essendo lì in città per altri motivi, visto che da tempo non ci si vedeva e volevo salutarli, per l'amicizia che ci legava. Con una scusa avremo poi trovato il modo di allontanarci con il figlio.
Mi ero ridotta ad essere io ad andare a scovare un sedicenne per farmi scopare.
Che vergogna..... per gli ambienti in cui ero conosciuta come moglie fedelissima, donna integerrima e gran lavoratrice, etichette che ci tenevo e ci tengo a non scollarmi da dosso.
Sicuramente, per esempio con una gonna, avrei potuto attirare l'attenzione di qualche sconosciuto mentre scendevo dalla macchina o in qualsiasi altro modo il maschio di turno potesse sbirciare facendo finta di non accorgermi che l'indumento lasciava scoperta una buona porzione di cosce. Non sono una gran bellezza, ma ho già sperimentato quanto attraggono un paio di cosce femminili lunghe, proporzionate agli 1,70 e qualcosa in più di altezza, altrettanto proporzionalmente carnose, soffici e ancora posso dire ben sode; ma non ho mai voluto accendere io la miccia per far esplodere l'incendio, o forse è meglio dire che più o meno consapevolmente io procuro il materiale che poi l'incendiario usa per appiccare il fuoco, però come servirsene è totalmente sua responsabilità. Ecco perché anche se sono cosciente di essere io la vera causa dei comportamenti maschili nei miei confronti, preferisco che se nel mio ambiente si dovesse venire a sapere qualcosa, mi salvi il: -poverina, l'hanno aggredita e lei non si è potuta difendere.- per non uscirne colpevole.
Torno a dire: nei periodi di “magra” c'è pur sempre quel sant'uomo di mio marito, persona eccezionale, padre perfetto (o quasi), gran lavoratore che per la famiglia farebbe qualsiasi cosa, ottimo amante finché non si è riaffacciata alla realtà la Marilena sessualmente inappagata, che aveva provato i piaceri forti da giovane, ma era stata chiusa sottovuoto dalla Marilena moglie, madre, lavoratrice punto e basta.
A quel maledetto (????????) matrimonio, Piero aveva strappato il coperchio al vaso facendone esplodere fuori il contenuto.
Provando nuovamente a stuzzicare il mio uomo perché usasse le maniere forti, si finiva per litigare.
La sua dolcezza, il suo romanticismo, i preliminari fatti di baci e carezze non avevano niente di ciò che veramente mi metteva i brividi inzuppando la mia biancheria intima del liquido mieloso che sgorga dalla figa di una femmina veramente eccitata. Non era certo colpa sua, ma la realtà era ed è questa. Me ne vergogno appena un orgasmo violento mi calma, ma dura poco. Quasi subito l'eccitazione comincia a riprendere pieno potere.
Andando in città dopo l'ennesima scusa con mio marito lasciato in paese al suo lavoro, i pensieri vagavano e tornavano i ricordi che si facevano più nitidi passando davanti alla palazzina in cui avevo abitato.
Lo stesso “signore” che sull'autobus affollatissimo con la gente completamente ignara (per fortuna) mi aveva praticamente strappato l'orgasmo frugandomi tra le cosce che tenevo ben strette, un po' per evitare che potesse prendere ancora più possesso della mia intimità, molto perché non riuscivo proprio ad aprirle perché stavo godendo, me lo soro ritrovata davanti appena uscita dalla palazzina dove avevo casa.
-Ciao, cercavo proprio te, ti ho notata e ho visto che esci più o meno a quest'ora. Dove vai? A scuola? Frequenti lì in via.... Non è Università! Vero?
Era informato. Mi aveva seguito e conosceva i miei spostamenti.
Non volevo essere sgarbata, ma mi infastidiva che quell'uomo sapesse di me.
-Ho delle commissioni da sbrigare.-
Lui: -dai, ti accompagno, ho la macchina parcheggiata qui.-
Io: - no, grazie.-
lui insisteva con argomenti quali, ti stanchi, meno, fai prima, ci prendiamo un caffè e poi ti riporto a casa.
Mi sono fermata: - mi riporta a casa? Sicuro?-
LUI: -ma certo! Dove vuoi che ti lasci, in strada? Per chi mi hai preso? In pullman e poi dopo è successo perché ne avevo talmente voglia che avendo un corpo come il tuo appiccicato addosso, non ho saputo resistere.
Stavo per controbattere: -Si, ma brutto porco, mi hai procurato un orgasmo in mezzo alla gente.- Ho lasciato perdere e mi sono fidata salendo in quella macchina.
Dopo aver ritirato una giacca da accorciare, aver pagato una bolletta, essere passata al market per delle cose che mancavano in casa e in segreteria a scuola, eravamo seduti al bar per un caffè.
Una sola volta ha provato a poggiarmi la mano sulla coscia con un: -sei bella!- gliel'ho spostata senza che abbia opposto resistenza e ciò mi faceva ben sperare.
Di nuovo in macchina, non stavamo andando a casa e ho chiesto spiegazioni abbastanza preoccupata.
-ci facciano una chiacchierata in un posto tranquillo. Voglio conoscerti meglio.-
era il posto tranquillo che mi preoccupava
Eravamo in città, ma in aperta campagna. Il faro segnaletico per le imbarcazioni vicino a quell'ora del giorno ovviamente non in funzione. Il click della chiusura automatica delle portiere; lui che mi salta letteralmente addosso, cerca di baciarmi io che giro la faccia , mi rifiuto urlo NOOOOOOOOOO. Prendendomi la mascella mi costringe a guardarlo, chiudo gli occhi, e sue labbra sulle mie, la sua lingua, tento di mordergliela mentre mi afferra una tetta sopra il maglioncino che poi mi sfila dalla cinta e infilando una mano sotto mi accarezza la pelle nuda della pancia, del fianco e afferra il seno sopra il reggiseno
-belle tette grandi.-
Io: - Nooo lasciami porcooo nooo.-
Un attimo di vuoto poi mi rendo conto che la spalliera del mio sedile è giù; sono distesa con lui sopra. Pere la portiera e scende dall'auto per abbassarsi i pantaloni, mi afferra mi mette seduta con i piedi che poggiano a terra fuori dall'auto. È forte, e con gesti improvvisi ai quali non ho il tempo di reagire mi ritrovo il suo cazzo in bocca. Come dopo il viaggio sul mezzo pubblico in quell'angolino nascosto della città.
Una mano dietro la nuca mi preme il naso, la faccia contro il suo pube, i suoi peli: non riesco a respirare, soffoco. Batto il pungo sul suo petto, lui allenta la presa: - e allora succhia-. Ubbidisco impegnandomi a dargli piacere purché finiamo, ma nel frattempo giù tra le mie cosce succede qualcosa e più succhio, più il fuoco divampa.
Si sfila e mi spinge giù di nuovo distesa sul sedile dopo avermi tolto i pantaloni. Uno ssstttrrraappp e le mutandine sono in brandelli.
È sopra di me, si sistema tra le mie cosce e con una stoccata si fa largo tra le mie carni. Le prime stoccate sono micidiali, finché non lo sento occuparmi tutta la vagina, mi apre, mi spacca, urlo e questo sembra eccitarlo di più. Sento le carni della vagina avvolgerlo completamente, i muscoli interni tentano di stringersi attorno al glande.
Lui: - Mmmmssssiiii figa bollenteee.... stretta come piace a meeee... dai bella fammi godereeeeee si cosìììììì brava muovi cosce e culooo ci sai fare!!!
Mi sta piacendo, nonostante i suoi assalti, nonostante il dolore, Godo!
Con un rantolo pazzesco e inatteso lui mi si scarica dentro, non finisce più di inondarmi la vagina di sperma. Sono delusa, mi stava montando l'orgasmo e mi ha lasciato a secco risollevandosi con un.
-Cazzo che scopata! Sei assatanata. Altro che no, non voglio! Mi stavi consumando il cazzo.-
Avrei voluto riempirlo di schiaffi, saltargli addosso, farmi continuare a fottere. Non ho fatto nulla di tutto questo accettando i suoi soldi.
-Tanto lo so che voi giovani ne avete bisogno, siete sempre spiantati-.
Una puttana! Ecco cosa avevo fatto con lui; la puttana. Caricata in macchina e usata per sfogarsi. Non avevo minimamente opposto alcuna obiezione. Le mie iniziali difese avevano aumentato la sua eccitazione; ed anche la mia.
Il viaggio verso cassa in silenzio, poi lui:
-oggi pomeriggio passo a prenderti alle tre. Fatti trovare giù.-
A casa le masturbazioni non mi avevano calmata e alle 2,50 ero giù che lo aspettavo.
Seconda parte
Fermo in seconda fila, due colpi di clacson ad attirare la mia attenzione ed ero di nuovo in macchina con lui, con l'uomo che rimaneva comunque un estraneo se non conoscermi ed io lui, nella più profonda intimità. Contraddizione assoluta, ma reale. Con l'uomo che mi aveva fatto provare l'esperienza che credo provino le donne che lavorano per strada. Ricevere soldi per essere scopata, per far godere.
Mi ero messa un abito che mi copriva le gambe fin poco sopra le ginocchia, seduta saliva un po' di più, ma niente di che.
Si, l'avevo progettato; eccitata dalla mattina, volevo provocarlo, ma senza sfacciataggine, senza fargli capire spudoratamente che ne avevo voglia, che la mattina non mi era assolutamente bastato.
La sua mano destra ci ha messo poco ad affondare tra le mie cosce. Prima sul ginocchio risalendo la gamba tirando su il vestito, per poi scomparire tra le polpe nude sopra la balza delle autoreggenti, a sfiorare il sesso coperto dalle mutandine che sfiorava con l'esterno del mignolo.
Il mio : - no dai, la smetta;-
mi è valsa la risposta:
-non ci credi nemmeno tu a quello che hai appena detto. Sento già l'umido e le labbra della figa gonfie di voglia. È vero che stamattina ho visto e sentito che le hai belle carnose, avvolgenti e mi hai fatto venire troppo in fretta proprio per questa tua bella figona che è come se si aggrappasse al cazzo per non mollarlo più, per consumarlo, ma sei anche carica di voglia. Ammettilo!-
Non sapevo dove guardare. Era vero e quella mano tra le mie cosce era altra benzina. Non mi sono accorta che affiancando un mezzo pubblico incolonnati nelle strade di città offrivo uno spettacolo niente male ai passeggeri che lo affollavano. Visto dall'auto sembrava davvero zeppo di varia umanità.
Ho subito cercato di posizionarmi appoggiando le spalle al finestrino chiuso dello sportello per dare meno campo visivo agli spettatori di quella scena da film erotico, ma il danno era ormai fatto.
La mia mente vagava immaginandomi su quel bus con quel vestito, gli uni appiccicati agli altri , sentire mani addosso, dappertutto che addirittura si infilavano sotto il vestito, Tanto era impossibile che il resto della gente potesse vedere, talmente erano accalcati. Considerando che in una situazione simile, con un po' meno di persone ammassate, proprio chi guidava quell'auto, non molto tempo prima mi aveva costretta all'orgasmo. Con i leggins coperta dal cappotto lungo, ma pur sempre in pubblico. Tra la folla ignara.
Le parole di lui hanno caricato l'immaginazione di erotismo, di lussuria, di “porcaggine”, quando mi ha chiesto:
-Te lo immagini essere su quel pullman con questo vestito con tutta quella gente che non permette neanche di cadere anche senza aggrapparsi ad un sostegno; i due maschi che ti hanno tra loro, uno davanti a te e l'altro dietro, fanno salire il vestito fino in vita per farti sentire il loro cazzo? E magari riescono anche ad infilartelo. Godresti come una vacca.-
Appena detto questo, svoltato a sinistra la macchina si infilava net primo parcheggio libero. Scesi e raggiunto il portone di un palazzo, lui ha pigiato un tasto dei citofono, Meravigliata gli ho chiesto dove fossimo visto che non era casa sua:
-Devo dare una cosa ad un amico poi andiamo. Non ti ho lasciata in macchina perché tanto mi trattiene per un caffè.-
-Ci mancava pure l'amico- ho detto tra me e me.
Dopo il caffè, assaggi di liquori che certo a mezza mattina a stomaco vuoto non lasciano poi così lucidi e la reazione alla mano sulla coscia mentre seduti attorno al tavolo in cucina, io a fianco al padrone di casa e l'altro al lato opposto, non è stata certo delle più convincenti.
Realmente non volevo far nulla con quell'uomo grassoccio che sapeva di unto, viscido. Il classico vecchio porco, più porco di altri. Barba di due//tre giorni con dentatura irregolare e evidente difetti fisici nel camminare anche se ovviamente non era questo il discrimine,ma non volevo farci proprio niente. Perù la mano sicura sulla calza a palpare la coscia cominciava a scaldare.
Quando l'uomo con cui ero arrivata si è alzato per accomiatarsi e io con lui, mi sono sentita trattenere per un braccio ricadendo seduta con un: - tu rimani qui- e prima che potessi reagire mi sono trovata distesa su quel tavolo con il vestito sollevato fino in vita.
Non ha perso tempo nell'affondare la testa tra le mie cosce e spostando la stoffa delle mutandine ha incollato le labbra della sua bocca a quelle della mia figa andando subito di lingua; leccando ed entrando. È in quello stato che ho sentito il rumore della porta chiudersi. Poi... il silenzio interrotto dai miei gemiti e dai tenui rumori che può produrre un maschio veramente esperto che lecca una figa.
Si, esperto. Tra leccate, affondi e leggeri morsi su grandi, piccole labbra e clitoride ci è voluto pochissimo che vincesse le mie resistenze già deboli per il mancato sfogo della mattina e la carica erotica di poco prima in macchina.
Senza rendermene conto roteavo i fianchi, andavo incontro a quella bocca, stringevo le cosce attorno alla faccia del porco, sentivo la sua barba pungermi nella parte più carnosa e delicata dell'interno cosce.
L'orgasmo è esploso devastante, non riuscivo a smettere di buttare fuori il liquido mieloso dalla vagina e lui continuava il suo paziente lavoro di torturatore. Non volevo che smettesse più.
Si è sistemato in piedi tra le mie cosce, non ha avuto bisogno di mettermelo in mano o in bocca. Separando le piccole labbra con il glande ha dato un colpo secco, brutale, con cattiveria. Ho urlato, devo aver perso i sensi per degli attimi. Un dolore lancinante e la figa che mi andava a fuoco. Nella mia allora breve esperienza di femmina mai sentito un membro così, duro, grosso, potente; avevo davvero un ferro rovente in figa. Ho ripreso subito a godere e produrre miele di figa. I miei talloni incrociati dietro le sue natiche come ad imprigionarlo, a non farlo scappare, a spingermelo ancora più in fondo, ma si è staccato, è uscito. l'ho sentito frugarmi il culo, la cappella cominciava a separarmi le natiche.
-NOOOOOOOOOOOOOOO li noooooooo .-
lui. -Hai un gran bel culo, soffice, pieno, sodo,.... lo voglio. Stavi godendo, troia! … e vedrai che ti piacerà anche di più. Adesso ti faccio il culo e sarà completamente mio..
un affondo pazzesco, un mio urlo, i suoi rantoli. Mi spaccava. Non so quanto è durato, ma godevo, godevo punto e basta, non volevo altro che continuare ad essere aperta, spaccata da lui, da quel cazzo.
Ho sentito i suoi schizzi dentro. Quanti?... boh... centinaia. Non smetteva più. I suoi rantoli da porco autentico.
Ero distrutta sono scappata.
Giù c'era l'altro ad attendermi. caricata in macchina. Luogo appartato e pompino. Ha fatto tutto lui ero completamente succube. Ho ingoiato. Poi a casa.
Dopo tre giorni sono tornata io dal porco. Sono stata la sua amate, la sua puttana per quasi due mesi, poi un giorno ci ho trovato altri quattro o cinque uomini e alcune altre ragazze. Un attimo di lucidità, sono scappata via.
Pentita? Sarei rimasta? Sottovoce: SI!
Uno stage mi ha portata in una città del nord in cui l'episodio quasi uguale si è ripetuto: Studio tecnico di una professionista conterranea. Lei il giorno assente.
Un dipendente dello Studio a cui piacevo, aveva da appena arrivata cominciato a fare il cretino, ma io non avevo nessuna voglia di accontentarlo.
Ogni momento ed ogni scusa era per lui occasione per toccarmi. Lui impiegato, del posto, io tirocinante isolana, del sud.
Un appunto sulla sua scrivania firmato dalla titolare gli chiedeva di chiamare un cliente per consegnargli un progetto e se non rispondeva bisognava portarglielo. Più altri lavori che doveva svolgere.
-se non ce la fai, chiedi la cortesia alla tirocinante di darti una mano.- concludeva l'appunto.
-Me lo ha mostrato come a dire, non sono io, ma è la responsabile che vuole che lavoriamo insieme. Questo cliente non mi risponde, se ti spiego dove ha l'ufficio, ci andresti a portarglielo?-
Si! Mi toglievo lui di torno e mi facevo una passeggiata fuori ufficio
Ai lati del portone del palazzo nessuna targa o insegna ad indicare presenza di uffici,
pigiando il citofono..
-si? Chi è?
-Buongiorno, sono Marilena. Ho portato il progetto.-
-Ah si, salga. Terzo piano.-
Porta aperta: - Permesso?-
-si prego, entri!-
-il mio collega mi parlava di ufficio....-
-beh... no, in effetti qui è casa mia. Ho avuto delle difficoltà e sa... per abbattere i costi... venga, andiamo in Studio-.
Lui al di là della scrivania seduto su poltrona girevole in pelle con rotelle, io al di qua classica posizione del cliente.
Ad un primo suo esame delle carte........... -qui c'è qualcosa che non va . Questa porta non esiste nel concreto. Chi ha redatto il progetto?.
Intanto, passando dalla mia parte del tavolo e girando il disegno eravamo entrambi chini e concentrati sul particolare
La mia risposta un po ' titubante. - beh il mio collega, poi per concludere nei tempi ci ho messo mano io.-
Lui: - Signorina... questa porta non esiste. Da dove l'ha presa?-
ora ricordavo; da un tentativo di allontanare dal mio posto il collega, mi si erano mischiati i disegni. Dovevo correggere poi ero stata chiamata dalla responsabile e mi ero scordata della correzione da apportare.
-volevo essere onesta.
-Si è colpa mie, mi scusi.-
-guardi che non abbiamo tutto questo tempo. Qui son soldi che vanno via.-
-Se mi da stasera glielo correggo e domani ci rivediamo.-
Lui a fianco a me, il dorso della sua mano poggiato come senza accorgersene sul mio esterno coscia per poi spostarsi sulla natica-
-Che Fa?-
Arrotolato il disegno, mi afferra per le braccia facendomi distendere con la schiena sul tavolo, le mie gambe si agitano per aria accogliendolo in mezzo a 90 sopra di me mi blocca e comincia a sbottonarmi la camicetta sul seno, mi bacia e mi lecca sul solco tra le tette.
Si sposta da mezzo alle mie gambe e sento il palmo della mmano aderire al mio sesso che poi stringe come a spremerlo, attraverso i pantaloni e gli indumenti che indosso. Poi il dito mi separa le grandi labbra e vi scorre in mezzo.
Fremo, comincio ad agitarmi sfregando le cosce l'una sull'altra, ma faccio il suo gioco; è così che mi vuole. Mi vuole sentire. Vuole l'odore della mia eccitazione amplificata dalla paura. Non paura di lui, ma di me stessa; del fatto ormai acclarato che una volta iniziate le operazioni preliminari. Il piacere sordo, intenso, torbido mi assalirà facendomi concedere completamente ad un altro maschio che mi vuole con prepotenza.
Mi rivolta, sono piegata a 90 con gli avambracci poggiati sul tavolo. Ci mette poco a tirarmi giù i pantaloni e senza alcun ritegno, senza preliminari, penetrare in me, in vagina.
Un attimo di dolore per lo sfregamento delle carni, poi monta il piacere., ma lui vuole di più. Mi sfila completamente i pantaloni e le mutandine, mi fa distendere nuovamente di schiena sul tavolo ed ecco la similitudine con l'episodio appena sopra descritto: mi penetra in figa, ma esce subito puntando il glande sull'ano, glande che avvolgo completamente con le natiche ricevendo i suoi volgari complimenti.
-che gran culo che hai... chiappe polpose, morbide ma sode. Mi avvolgono la cappella in modo pazzesco. Sono sicuro che mi faresti venire anche rimanendo così, senza entrare.-
ma sento spingere e il glande entra di pochi centimetri. Si ferma e rimane così. Sto impazzendo. Sono io che gli dico: - entra, spingi porco. Bastardo... non ce la faccio più affondaaaa.
In due stoccate ce l'ho tutto in culo. Il vai e vieni dura parecchio una decina di minuti in cui due orgasmi potenti mi assalgono, prima del terzo mentre la sua sborra si deposita nel mio intestino. Mi rimane dentro e sopra perr alcuni minuti. Entrambi ansimiamo. Mi fa rivestire e accompagnandomi alla porta mi poggia al muro e mi cala ancora giù i pantaloni infilandomi due dita in vagina. Le sfila subito odorandosele.
-fino a domani quando torni voglio sentire il tuo odore.-
L'indomani sono tornata e abbiamo ripetuto.
Mentre ripensavo a questi episodi, gli squilli del cel. hanno attratto la mia attenzione. Il nome di chi mi chiamava era ….... Piero. Mi diceva che tassativamente o l'indomani o dopo due giorni, dopo ,le 19.00 voleva vedermi nel suo ufficio concludendo con: - non ammetto obiezioni. Aggiustati, ci devi essere o ne pagherai le conseguenze.
Da quel momento, complice il fatto che a casa di Thomas ci ho trovato solo la madre, mentre il ragazzino con il padre sarebbero rincasati solo l'indomani, Piero, per tutto il viaggio di rientro e anche dopo è diventato il mio pensiero fisso.
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