Polvere
di
jnik
genere
etero
Amo fermarmi alla fine del pontile galleggiante e guardare davanti a me.
Il clima in questa giornata di metà febbraio è quello tipico dell'inverno di queste parti, con una foschia che rende l'orizzonte un acquerello dipinto con colori troppo diluiti. Il grigio e l'azzurro si fondono e confondono tra loro senza nessuna linea marcata, nessun confine definito. Cielo e mare sono un tutt'uno.
Il fumo della mia 'Winston Blue' si perde nel silenzio rotto soltanto dal garrito dei gabbiani e dal cigolio delle carrucole sollecitate fiaccamente dalle onde provocate da qualche barca di passaggio.
"Un euro per i tuoi pensieri!"
A distrarmi e richiamare la mia attenzione è il tono divertito di una voce femminile. Mi volto alla mia sinistra e riconosco una compagna di classe delle superiori fare capolino tra le cime di una barca a vela.
"Elisa! Ciao!" la saluto avvicinandomi. L'ultima volta ci eravamo visti era poco prima della venuta del Covid ad una cena tra ex compagni di classe. "Che sorpresa, cosa ci fai qua?"
"Papà ha spostato la barca in questa marina da qualche settimana e visto che oggi ero libera sono venuta a dare un'occhiata che sia tutto a posto. Tu, piuttosto, cosa ci fa qui, a parte guardare il panorama!" mi dice ridendo.
"Beh...al di là del fatto che io qui ci vivo," puntualizzo facendole l'occhiolino "ho anch'io la barca qui."
"Davvero? Hai una barca? Ma va, che bello!"
"Barca..." le dico guardando il cabinato a vela del padre, "Ho uno scafetto...dopo te lo mostro, è ormeggiato poco più indietro, all'inizio del pontile."
"Ti va un caffè?"
"Sì, volentieri. C'è un bar proprio qui vicino, appena si esce dalla marina..."
"Ma no, ce lo beviamo in pace qui in barca. Ho tutto, dai, sali a bordo!"
Spengo la sigaretta e getto il filtro in un bidoncino delle immondizie, quindi salgo sulla passerella e mi ritrovo nel pozzetto, mentre Elisa è già scesa sottocoperta.
"Vieni giù!" la sento chiamarmi.
Scendo la stretta scala che porta sottocoperta. Gli interni, interamente in legno, sono molto curati ed eleganti. Lo spazio, nonostante la barca sia un nove metri, è piuttosto esiguo, ma nella perfetta e sistematica disposizione degli arredi sembra davvero non mancare nulla. Elisa ha già preparato la moka, la posa sul piccolo piano cottura ed accende il bruciatore.
"Mentre aspettiamo ti mostro la barca." mi dice sorridendo.
Il quadrato, ovvero l'area principale, è composto da due grandi sedute disposte lateralmente lungo le fiancate, con al centro un tavolo pieghevole. Sulla destra, adiacente alla scaletta che porta in coperta, trova spazio la radio ed un vano con gli accessori per la navigazione, mentre a sinistra c'è la piccola cucina. A prua, una porticina isola una delle due cabine di bordo, composta da un letto triangolare che sembra abbastanza comodo per due persone ed alcuni vani. L'altra cabina, apparentemente un po' più confortevole, è a poppa sulla sinistra subito adiacente la zona cucina, mentre nella parte opposta trovano spazio i servizi igienici.
"Non è molto grande, ma per i miei o al massimo loro ed un'altra coppia è più che sufficiente per fare qualche giorno di vacanza."
Il brontolio della moka unitamente all'aroma che si diffonde ci avvisano che il caffè è pronto. Elisa mi chiede di chiudere il gas mentre lei apre il tavolo centrale, poi mi fa cenno di sedermi, mentre prende le tazzine e lo zucchero.
"Non ho latte..." mi dice.
"Tranquilla, io lo bevo nero...al più ci metto grappa!" le dico scherzando.
"Quella c'è!" mi dice prendendo una bottiglia dalla piccola credenza.
"Uuuh, la 'Storica Nera'! Ma non la si spreca nel caffè!"
"Ah, vedo che siamo degli intenditori. Andresti d'accordo con mio padre, vuole solo questa! Comunque piace molto anche a me." mi risponde portando la bottiglia di grappa e due bicchieri.
Avendo aperto solo la metà del tavolo siamo seduti l'uno di fianco all'altra. Beviamo il caffè e poi la grappa parlando per lo più dei nostri ex compagni di classe, di chi si fa sentire più spesso e di chi non vediamo praticamente dalla maturità. Qualcuno in questi anni purtroppo ha perso il lavoro, altri magari ne hanno trovato uno migliore, poi c'è chi ha avuto figli, chi si è trasferito all'estero, chi si è sposato o separato. Scivoliamo in un lungo amarcord dei tempi della scuola, scherzando su quanto stronza fosse la prof di italiano, sul fatto che a tutti noi maschi piacesse la stessa ragazza perché tettona, mentre le ragazze morivano dietro al prof di inglese. Inevitabilmente finiamo per parlare di noi, ricordando gli ultimi due anni di scuola in cui siamo stati compagni di banco, non per scelta ma per imposizione, in quanto i professori avevano deciso di tenere separati noi maschi, un po' troppo casinisti. I dispetti che ci facevamo, i bigliettini, le sciocche dediche sul diario, i compiti da copiare che lei mi passava, i suggerimenti che le davo io durante le interrogazioni. Ridiamo di noi, del nostro ieri e di quella spensieratezza perduta. Parliamo dell'uomo e la donna che siamo oggi, quasi vent'anni dopo, delle nostre delusioni e di quanto ci renda almeno un po' felici.
Non so perché, ma la mia mano inizia a sfiorare la sua quasi fosse un movimento involontario. I nostri occhi si incontrano e senza dire più nulla ci baciamo.
Le nostre labbra si separano, ma con lo sguardo non smettiamo di cercarci.
Elisa si alza senza proferire parola ed io rimango in silenzio mentre la guardo fare il giro dalla parte opposta del tavolo ed andare a chiudere la porta che va in coperta.
Mi alzo, ed appena scende dalla scaletta la stringo a me. Il nostro bacio questa volta è più passionale, più intenso. Sento la sua lingua cercare la mia con desiderio. Forse nemmeno ci rendiamo conto che uno alla volta i nostri indumenti stanno finendo a terra, le mie mani cercano di levare il più velocemente possibile quegli strati di tessuto che si frappongono tra me ed il suo corpo. Ci ritroviamo l'uno di fronte all'altra, io con addosso i jeans e la maglietta, lei i pantaloni ed il reggiseno. Non una sola parola ci accompagna alla cabina di prua, lei apre la porta e ci ritroviamo abbracciati e distesi sui materassi disposti a triangolo. Le slaccio il reggiseno e le mangio letteralmente le tette, succhiandole i capezzoli fino a sentire il suo piacere tra le mie labbra.
Finiamo di spogliarci, e senza rendercene conto ci ritroviamo stretti in un abbraccio da cui non si può tornare indietro.
I nostri corpi si cercano e si ritrovano in una sequenza di movimenti istintivi, privi di senso alcuno se non il desiderio del piacere.
Forse entrambi non lo facevamo da troppo tempo, o non saprei spiegare la sete con cui ciascuno dei due sembra aggredire l'altro, Siamo contemporaneamente preda e predatore, non è chiaro chi o perché avesse iniziato quel gioco.
Senza alcuna logica apparente la mia lingua esplora ogni centimetro del suo corpo, mentre le sue mani cercano ogni forma di contatto possibile con il mio.
Scopiamo.
La scopo come mai avevo fatto prima, sfogando su di lei rabbia e desiderio. O forse è lei a scopare me? A sfogare su di me rabbia e desiderio, a prendersi tutto il piacere che ho da offrire?
Forse, semplicemente, ci stiamo scopando a vicenda.
Non ce la faccio più a trattenermi, mi muovo più velocemente e lei capisce cosa sta per accadere. Segue il mio ritmo, mi fa capire cosa vuole e come lo vuole, e nel silenzio di quella cabina ci arriviamo assieme.
Siamo distesi ed esausti, abbiamo soddisfatto il nostro istinto, esaurito il nostro desiderio.
Come sempre, devo scioccamente tornare subito alla realtà, trascinando con me chi è al mio fianco.
"Perché?" chiedo a me stesso a voce alta.
"Dovevamo togliere entrambi un po' di polvere dal cuore." mi risponde Elisa ancora ansimante.
Il clima in questa giornata di metà febbraio è quello tipico dell'inverno di queste parti, con una foschia che rende l'orizzonte un acquerello dipinto con colori troppo diluiti. Il grigio e l'azzurro si fondono e confondono tra loro senza nessuna linea marcata, nessun confine definito. Cielo e mare sono un tutt'uno.
Il fumo della mia 'Winston Blue' si perde nel silenzio rotto soltanto dal garrito dei gabbiani e dal cigolio delle carrucole sollecitate fiaccamente dalle onde provocate da qualche barca di passaggio.
"Un euro per i tuoi pensieri!"
A distrarmi e richiamare la mia attenzione è il tono divertito di una voce femminile. Mi volto alla mia sinistra e riconosco una compagna di classe delle superiori fare capolino tra le cime di una barca a vela.
"Elisa! Ciao!" la saluto avvicinandomi. L'ultima volta ci eravamo visti era poco prima della venuta del Covid ad una cena tra ex compagni di classe. "Che sorpresa, cosa ci fai qua?"
"Papà ha spostato la barca in questa marina da qualche settimana e visto che oggi ero libera sono venuta a dare un'occhiata che sia tutto a posto. Tu, piuttosto, cosa ci fa qui, a parte guardare il panorama!" mi dice ridendo.
"Beh...al di là del fatto che io qui ci vivo," puntualizzo facendole l'occhiolino "ho anch'io la barca qui."
"Davvero? Hai una barca? Ma va, che bello!"
"Barca..." le dico guardando il cabinato a vela del padre, "Ho uno scafetto...dopo te lo mostro, è ormeggiato poco più indietro, all'inizio del pontile."
"Ti va un caffè?"
"Sì, volentieri. C'è un bar proprio qui vicino, appena si esce dalla marina..."
"Ma no, ce lo beviamo in pace qui in barca. Ho tutto, dai, sali a bordo!"
Spengo la sigaretta e getto il filtro in un bidoncino delle immondizie, quindi salgo sulla passerella e mi ritrovo nel pozzetto, mentre Elisa è già scesa sottocoperta.
"Vieni giù!" la sento chiamarmi.
Scendo la stretta scala che porta sottocoperta. Gli interni, interamente in legno, sono molto curati ed eleganti. Lo spazio, nonostante la barca sia un nove metri, è piuttosto esiguo, ma nella perfetta e sistematica disposizione degli arredi sembra davvero non mancare nulla. Elisa ha già preparato la moka, la posa sul piccolo piano cottura ed accende il bruciatore.
"Mentre aspettiamo ti mostro la barca." mi dice sorridendo.
Il quadrato, ovvero l'area principale, è composto da due grandi sedute disposte lateralmente lungo le fiancate, con al centro un tavolo pieghevole. Sulla destra, adiacente alla scaletta che porta in coperta, trova spazio la radio ed un vano con gli accessori per la navigazione, mentre a sinistra c'è la piccola cucina. A prua, una porticina isola una delle due cabine di bordo, composta da un letto triangolare che sembra abbastanza comodo per due persone ed alcuni vani. L'altra cabina, apparentemente un po' più confortevole, è a poppa sulla sinistra subito adiacente la zona cucina, mentre nella parte opposta trovano spazio i servizi igienici.
"Non è molto grande, ma per i miei o al massimo loro ed un'altra coppia è più che sufficiente per fare qualche giorno di vacanza."
Il brontolio della moka unitamente all'aroma che si diffonde ci avvisano che il caffè è pronto. Elisa mi chiede di chiudere il gas mentre lei apre il tavolo centrale, poi mi fa cenno di sedermi, mentre prende le tazzine e lo zucchero.
"Non ho latte..." mi dice.
"Tranquilla, io lo bevo nero...al più ci metto grappa!" le dico scherzando.
"Quella c'è!" mi dice prendendo una bottiglia dalla piccola credenza.
"Uuuh, la 'Storica Nera'! Ma non la si spreca nel caffè!"
"Ah, vedo che siamo degli intenditori. Andresti d'accordo con mio padre, vuole solo questa! Comunque piace molto anche a me." mi risponde portando la bottiglia di grappa e due bicchieri.
Avendo aperto solo la metà del tavolo siamo seduti l'uno di fianco all'altra. Beviamo il caffè e poi la grappa parlando per lo più dei nostri ex compagni di classe, di chi si fa sentire più spesso e di chi non vediamo praticamente dalla maturità. Qualcuno in questi anni purtroppo ha perso il lavoro, altri magari ne hanno trovato uno migliore, poi c'è chi ha avuto figli, chi si è trasferito all'estero, chi si è sposato o separato. Scivoliamo in un lungo amarcord dei tempi della scuola, scherzando su quanto stronza fosse la prof di italiano, sul fatto che a tutti noi maschi piacesse la stessa ragazza perché tettona, mentre le ragazze morivano dietro al prof di inglese. Inevitabilmente finiamo per parlare di noi, ricordando gli ultimi due anni di scuola in cui siamo stati compagni di banco, non per scelta ma per imposizione, in quanto i professori avevano deciso di tenere separati noi maschi, un po' troppo casinisti. I dispetti che ci facevamo, i bigliettini, le sciocche dediche sul diario, i compiti da copiare che lei mi passava, i suggerimenti che le davo io durante le interrogazioni. Ridiamo di noi, del nostro ieri e di quella spensieratezza perduta. Parliamo dell'uomo e la donna che siamo oggi, quasi vent'anni dopo, delle nostre delusioni e di quanto ci renda almeno un po' felici.
Non so perché, ma la mia mano inizia a sfiorare la sua quasi fosse un movimento involontario. I nostri occhi si incontrano e senza dire più nulla ci baciamo.
Le nostre labbra si separano, ma con lo sguardo non smettiamo di cercarci.
Elisa si alza senza proferire parola ed io rimango in silenzio mentre la guardo fare il giro dalla parte opposta del tavolo ed andare a chiudere la porta che va in coperta.
Mi alzo, ed appena scende dalla scaletta la stringo a me. Il nostro bacio questa volta è più passionale, più intenso. Sento la sua lingua cercare la mia con desiderio. Forse nemmeno ci rendiamo conto che uno alla volta i nostri indumenti stanno finendo a terra, le mie mani cercano di levare il più velocemente possibile quegli strati di tessuto che si frappongono tra me ed il suo corpo. Ci ritroviamo l'uno di fronte all'altra, io con addosso i jeans e la maglietta, lei i pantaloni ed il reggiseno. Non una sola parola ci accompagna alla cabina di prua, lei apre la porta e ci ritroviamo abbracciati e distesi sui materassi disposti a triangolo. Le slaccio il reggiseno e le mangio letteralmente le tette, succhiandole i capezzoli fino a sentire il suo piacere tra le mie labbra.
Finiamo di spogliarci, e senza rendercene conto ci ritroviamo stretti in un abbraccio da cui non si può tornare indietro.
I nostri corpi si cercano e si ritrovano in una sequenza di movimenti istintivi, privi di senso alcuno se non il desiderio del piacere.
Forse entrambi non lo facevamo da troppo tempo, o non saprei spiegare la sete con cui ciascuno dei due sembra aggredire l'altro, Siamo contemporaneamente preda e predatore, non è chiaro chi o perché avesse iniziato quel gioco.
Senza alcuna logica apparente la mia lingua esplora ogni centimetro del suo corpo, mentre le sue mani cercano ogni forma di contatto possibile con il mio.
Scopiamo.
La scopo come mai avevo fatto prima, sfogando su di lei rabbia e desiderio. O forse è lei a scopare me? A sfogare su di me rabbia e desiderio, a prendersi tutto il piacere che ho da offrire?
Forse, semplicemente, ci stiamo scopando a vicenda.
Non ce la faccio più a trattenermi, mi muovo più velocemente e lei capisce cosa sta per accadere. Segue il mio ritmo, mi fa capire cosa vuole e come lo vuole, e nel silenzio di quella cabina ci arriviamo assieme.
Siamo distesi ed esausti, abbiamo soddisfatto il nostro istinto, esaurito il nostro desiderio.
Come sempre, devo scioccamente tornare subito alla realtà, trascinando con me chi è al mio fianco.
"Perché?" chiedo a me stesso a voce alta.
"Dovevamo togliere entrambi un po' di polvere dal cuore." mi risponde Elisa ancora ansimante.
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