Sorprese a "Cantine aperte"
di
Margie
genere
orge
(Il giorno successivo a quello di "Me l'hai chiesto tu, Lucrezia")
Partiamo presto, il viaggio è lungo. Arriviamo a Gonars e iniziamo a visitare le tre cantine dove mio marito pensa di incrementare il contenuto della nostra. Passate le prime due di mattina, arriviamo alla terza. Scendiamo dalla macchina. I miei jeans ultra short e piuttosto sbrecciati dimostrano che la mia eccitazione ha avuto conseguenze lacustri. Mio marito mi guarda e mi sostiene con un “È una grande soddisfazione che tu sua tanto troia” che mi fa venir voglia di mettermi a novanta, qui in mezzo alla gente, e dimostrare quanto riesce a durare lui, quanto riesca a sembrare un maiale al mattatoio io. Probabilmente tutti gli dei di tutte le religioni del mondo, passate, presenti e future, si sono coalizzati per lo sforzo di trattenermi. Be', sì, sono una persona sensibile e una frase come quella di mio marito mi tocca nel profondo. Quasi come il suo uccello. Mi accorgo che più di qualcuno mi scruta. L'abitudine mi permette di essere tranquilla e disinvolta.
Ci guardiamo attorno: coppie, singoli, famiglie... un paio di braghette di jeans coprono un sedere come una seconda pelle. Osservo. Ho una buona memoria visiva: è quello del memorabile avatar di Serena. Non è a novanta, lei, adesso, ma sono sicura che sia lei. A meno che abbia una sorella gemella. Ha le scarpe rosso vivo col tacco, come in un suo avatar precedente. Già all'arrivo qui ero a disponibilità elevata, adesso devo contrarre i muscoli per evitare di colare come una fontana. Così in pubblico sarebbe disdicevole, un pessimo esempio. Ve l'immaginate un bimbo che mi vede e protesta coi genitori che lui viene sgridato se fa pipì in pubblico? È vero, nel mio caso no sarebbe pipì, ma i bambini in certi casi non badano alle sottigliezze. Riesco a resistere a questo stimolo, ma non al desiderio di... sì, mi avvicino, la prendo per un braccio e la faccio girare verso di me. L'aria irritata si confonde con la sorpresa di trovarsi la bocca occupata dalla mia lingua che le impedisce qualsiasi protesta. Vede le mie braghette, nota nella trasparenza della camicia di lino allacciata sopra l'ombelico i piercing dei capezzoli e mi riconosce, o quanto meno capisce che sono io. Non resiste alla tentazione e va a controllarmi fra le gambe. Subito esclama sorpresa e soddisfatta “Margie!” cogli occhi che brillano, quasi come luccica a mia passera semiscoperta dalla sua graditissima carezza. I nostri mariti si guardano e si presentano. Se aspettassero noi... siamo prese da una discussione fatta di mani, bocche, sospiri e mugolii. I due mariti si guardano, ci prendono di peso e ci portano in un posto riparato. La nostra discussione continua, mentre loro parlano di vini della zona. Intanto Serena ed io ci siamo controllate bene l'una con l'altra ed abbiamo stabilito che siamo proprio noi che quindi possiamo procedere con loro verso il banco di degustazione. Ovviamente Serena mi presenta a suo marito. La guarda allibito e le risponde che pensava che io fossi una suora di clausura. Gli uomini ridono, noi ci guardiamo perplesse: che cavolo hanno da ridere? Sono già brilli? Fra poco si metteranno a cantare canzoni da osteria? Meglio che io non mi aggreghi al coro: siamo in terra sismica e non vorrei provocare tremori pericolosi. Mentre le nostre papille gustative sublimano al sapore pieno e pulito dei vari assaggi, chiedo a Serena perché abbiano fatto tutta questa strada. Già, perché noi... penso che anche loro si siano fatti attrarre dalla manifestazione. “Certo, ce l'ha detto Lucrezia e ci siamo date appuntamento qui”. Squilla il suo telefono, risponde con entusiasmo. Le dice che hanno una sorpresa per lei e nel mentre mi fa segno di stare zitta. Chiude la chiamata e mi spiega che Lucrezia sta per arrivare. Avvisiamo gli uomini che noi le andiamo incontro. Abbracciate e sculettanti ad ampio raggio ci avviamo verso la strada principale. Dico a Serena che prima di arrivare dove ci siamo incontrati abbiamo fatto una sosta in un boschetto non lontano da lì. Un posto dove si scopa bene, con entusiasmante tranquillità. Le spiego il posto e lei manda un messaggio a Lucrezia di deviare. Appena fuori vista, uno sguardo d'intesa ci fa scoprire le tette. Le sue sono belle sode e piene. Mica come le mie, piccole e inadatte a fare una spagnola. Non resisto a dare una leccata ai suoi capezzoli. Lei pizzica i miei. Lucrezia intanto ci raggiunge. I saluti ci impegnano per parecchi minuti. Non ci diciamo nulla, per la verità, ma ci facciamo di tutto. Una volta messi in luce tutti gli aspetti e chiarita con precisione la situazione, ci ricomponiamo e raggiungiamo i nostri mariti, che, scambiandosi giudizi e sensazioni, si sono scambiati qualche bottiglia di quelle acquistata in precedenza. Il sole sta per tramontare. Dove andiamo a cenare? Lucrezia suggerisce di avvicinarci a Udine, così è anche più facile trovare un albergo per noi. Ci fermiamo all'insegna di una trattoria: ci sono anche camere. C'è anche una specie di appartamentino a quattro posti... ci va benissimo, lo prendiamo. Ceniamo: rustico, abbondante, squisito. I salumi di antipasto sono commoventi da tanto buoni, i cjarsons ci avvicinano al paradiso. La grappa finale probabilmente viene dall'empireo. Registro il nome (la marca è giustamente famosa). Ci rechiamo nella nostra camera. Serena, Lucrezia e io cominciamo già in ascensore a controllare l'effetto della cena l'una con l'altra. Qualche certezza è subito raggiunta: il pasto squisito non ha modificato i sapori delle nostre passere e la grappa ha parificato i sapori delle nostre bocche. Le nostre mani non hanno il tempo di controllare anche i due uomini che dovranno subire e saziare la nostra disponibilità (questione per la quale dimostrano un interesse particolare), mentre noi saziamo la loro. Entriamo in camera. Gli uomini hanno modo di apprezzare le nostre scelte in campo di abbigliamento: con due o tre gesti siamo nude. Quanto all'essere vogliose non servono cartelli perché si capisca. Ed è subito orgia. Domani... domani è un altro giorno. Magari continuiamo: sarà domenica...
Partiamo presto, il viaggio è lungo. Arriviamo a Gonars e iniziamo a visitare le tre cantine dove mio marito pensa di incrementare il contenuto della nostra. Passate le prime due di mattina, arriviamo alla terza. Scendiamo dalla macchina. I miei jeans ultra short e piuttosto sbrecciati dimostrano che la mia eccitazione ha avuto conseguenze lacustri. Mio marito mi guarda e mi sostiene con un “È una grande soddisfazione che tu sua tanto troia” che mi fa venir voglia di mettermi a novanta, qui in mezzo alla gente, e dimostrare quanto riesce a durare lui, quanto riesca a sembrare un maiale al mattatoio io. Probabilmente tutti gli dei di tutte le religioni del mondo, passate, presenti e future, si sono coalizzati per lo sforzo di trattenermi. Be', sì, sono una persona sensibile e una frase come quella di mio marito mi tocca nel profondo. Quasi come il suo uccello. Mi accorgo che più di qualcuno mi scruta. L'abitudine mi permette di essere tranquilla e disinvolta.
Ci guardiamo attorno: coppie, singoli, famiglie... un paio di braghette di jeans coprono un sedere come una seconda pelle. Osservo. Ho una buona memoria visiva: è quello del memorabile avatar di Serena. Non è a novanta, lei, adesso, ma sono sicura che sia lei. A meno che abbia una sorella gemella. Ha le scarpe rosso vivo col tacco, come in un suo avatar precedente. Già all'arrivo qui ero a disponibilità elevata, adesso devo contrarre i muscoli per evitare di colare come una fontana. Così in pubblico sarebbe disdicevole, un pessimo esempio. Ve l'immaginate un bimbo che mi vede e protesta coi genitori che lui viene sgridato se fa pipì in pubblico? È vero, nel mio caso no sarebbe pipì, ma i bambini in certi casi non badano alle sottigliezze. Riesco a resistere a questo stimolo, ma non al desiderio di... sì, mi avvicino, la prendo per un braccio e la faccio girare verso di me. L'aria irritata si confonde con la sorpresa di trovarsi la bocca occupata dalla mia lingua che le impedisce qualsiasi protesta. Vede le mie braghette, nota nella trasparenza della camicia di lino allacciata sopra l'ombelico i piercing dei capezzoli e mi riconosce, o quanto meno capisce che sono io. Non resiste alla tentazione e va a controllarmi fra le gambe. Subito esclama sorpresa e soddisfatta “Margie!” cogli occhi che brillano, quasi come luccica a mia passera semiscoperta dalla sua graditissima carezza. I nostri mariti si guardano e si presentano. Se aspettassero noi... siamo prese da una discussione fatta di mani, bocche, sospiri e mugolii. I due mariti si guardano, ci prendono di peso e ci portano in un posto riparato. La nostra discussione continua, mentre loro parlano di vini della zona. Intanto Serena ed io ci siamo controllate bene l'una con l'altra ed abbiamo stabilito che siamo proprio noi che quindi possiamo procedere con loro verso il banco di degustazione. Ovviamente Serena mi presenta a suo marito. La guarda allibito e le risponde che pensava che io fossi una suora di clausura. Gli uomini ridono, noi ci guardiamo perplesse: che cavolo hanno da ridere? Sono già brilli? Fra poco si metteranno a cantare canzoni da osteria? Meglio che io non mi aggreghi al coro: siamo in terra sismica e non vorrei provocare tremori pericolosi. Mentre le nostre papille gustative sublimano al sapore pieno e pulito dei vari assaggi, chiedo a Serena perché abbiano fatto tutta questa strada. Già, perché noi... penso che anche loro si siano fatti attrarre dalla manifestazione. “Certo, ce l'ha detto Lucrezia e ci siamo date appuntamento qui”. Squilla il suo telefono, risponde con entusiasmo. Le dice che hanno una sorpresa per lei e nel mentre mi fa segno di stare zitta. Chiude la chiamata e mi spiega che Lucrezia sta per arrivare. Avvisiamo gli uomini che noi le andiamo incontro. Abbracciate e sculettanti ad ampio raggio ci avviamo verso la strada principale. Dico a Serena che prima di arrivare dove ci siamo incontrati abbiamo fatto una sosta in un boschetto non lontano da lì. Un posto dove si scopa bene, con entusiasmante tranquillità. Le spiego il posto e lei manda un messaggio a Lucrezia di deviare. Appena fuori vista, uno sguardo d'intesa ci fa scoprire le tette. Le sue sono belle sode e piene. Mica come le mie, piccole e inadatte a fare una spagnola. Non resisto a dare una leccata ai suoi capezzoli. Lei pizzica i miei. Lucrezia intanto ci raggiunge. I saluti ci impegnano per parecchi minuti. Non ci diciamo nulla, per la verità, ma ci facciamo di tutto. Una volta messi in luce tutti gli aspetti e chiarita con precisione la situazione, ci ricomponiamo e raggiungiamo i nostri mariti, che, scambiandosi giudizi e sensazioni, si sono scambiati qualche bottiglia di quelle acquistata in precedenza. Il sole sta per tramontare. Dove andiamo a cenare? Lucrezia suggerisce di avvicinarci a Udine, così è anche più facile trovare un albergo per noi. Ci fermiamo all'insegna di una trattoria: ci sono anche camere. C'è anche una specie di appartamentino a quattro posti... ci va benissimo, lo prendiamo. Ceniamo: rustico, abbondante, squisito. I salumi di antipasto sono commoventi da tanto buoni, i cjarsons ci avvicinano al paradiso. La grappa finale probabilmente viene dall'empireo. Registro il nome (la marca è giustamente famosa). Ci rechiamo nella nostra camera. Serena, Lucrezia e io cominciamo già in ascensore a controllare l'effetto della cena l'una con l'altra. Qualche certezza è subito raggiunta: il pasto squisito non ha modificato i sapori delle nostre passere e la grappa ha parificato i sapori delle nostre bocche. Le nostre mani non hanno il tempo di controllare anche i due uomini che dovranno subire e saziare la nostra disponibilità (questione per la quale dimostrano un interesse particolare), mentre noi saziamo la loro. Entriamo in camera. Gli uomini hanno modo di apprezzare le nostre scelte in campo di abbigliamento: con due o tre gesti siamo nude. Quanto all'essere vogliose non servono cartelli perché si capisca. Ed è subito orgia. Domani... domani è un altro giorno. Magari continuiamo: sarà domenica...
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