L'adulterio di Ludovica Bianchi - Ep.7. Nella tana dei lupi
di
Joe Cabot
genere
orge
La Cooperativa organizzava anche letture per i bambini e Ludovica ricordava di aver ascoltato una fiaba molto bella, in cui ritornava l’ammonimento “quando sei dentro un incantesimo, non lo sai”. E Ludovica c’era completamente dentro.
Mentre ancora ripensava alla sera prima, suonarono alla porta. Lei si guardò intorno e vide una vestaglia appoggiata ad una sedia. Se la infilò sul corpo nudo e andò alla porta. Era il servizio in camera. Un cameriere entrò e posò un vassoio coperto su un tavolino, poi se ne andò con un mezzo inchino. Nel vassoio c’era di tutto, e una busta. C’era scritto a mano, con caratteri eleganti:
Nella hall, h.9.30.
Indossa il vestito nell’armadio.
L.R.
C’erano molte cose che Ludovica avrebbe potuto pensare, e chiedersi, ma Ludovica era dentro all’incantesimo e l’unica cosa che si chiese era che ora fosse, e quanto tempo avesse a disposizione. Tirò un sospiro di sollievo, perché era presto. Avrebbe avuto il tempo per la colazione, una doccia, e per infilarsi il vestito (davvero carino), le scarpe e il casto intimo in attesa nell’armadio.
Scese puntuale e Luciano arrivò 5 minuti dopo. Le sorrise e lei si illuminò. Con il sole era sparita l’aria da lupo affamato che aveva la notte prima. Pareva un altro. Resistergli pareva stupido, del tutto insensato.
“Andiamo?” le disse dopo un bacetto sulla guancia.
“Sì”.
La portò per negozi e lei si sentì la protagonista di Pretty woman. Scelse e le fece provare alcuni abiti da sera, di cui uno particolarmente corto. E poi le scarpe. La portò anche in un negozio di lingerie, dove le comprò un reggicalze coordinato con mutandine e reggiseno, e una guepiere azzurro scura, con decorazioni in pizzo nero. Lei esitò, quando la commessa gliela porse, ma lui la guardò dalla poltroncina su cui si era accomodato e le disse “è perfetta per il colore dei tuoi occhi”. Si diresse al camerino con il solito frullio di ali in pancia. Aveva indossato una cosa del genere quando si era sposata, ma neanche allora era così emozionata, e la commessa dovette aiutarla ad indossarla. Si guardò allo specchio e sì, era il colore che si abbinava ai suoi occhi e a parte ciò pareva le fosse stato cucito addosso, da come le sottolineava i fianchi, le spingeva in alto il seno. Fece per fissare le calze ma la commessa la bloccò con un sorriso, accarezzandole appena la mano.
«Si ricordi:» le disse facendole un occhiolino complice «si allacci le stringhette prima di infilarsi le mutandine.»
Ludovica fece cenno di sì come inebetita.
«Ora proviamo quest’altro» le disse la commessa.
Pranzarono assieme al Giorgi, un tre stelle Michelin, anche se in realtà praticamente lui non la smise mai di lavorare, peraltro parlando tre lingue diverse. Finito il pranzo (eccellente), lui le comunicò che quel pomeriggio aveva una serie di meetings, ma che l’avrebbe lasciata in buone mani. Fuori ad attenderla c’era un giovane e altero autista con un grosso suv BMW nero. Al solito lui non le disse nulla, né lei chiese qualcosa. Il macchinone portò prima lui alla sede della Fondazione. La salutò dicendole “a stasera”. Poi, prima di uscire e mentre l’autista gli apriva la portiera, aggiunse “mi mancherai”. Bastò quello a farla riaccendere.
L’autista la portò all’hotel, ma le disse di aspettare mentre scendeva ed entrava nella hall. Era un ragazzo sui vent’anni, molto cortese e dal lieve accento bolognese, a suo agio in giacca e cravatta. Ritornò qualche minuto dopo tirandosi dietro un trolley che sistemò nel bagagliaio. Poi aprì la portiera e Simona scivolò dentro riempiendo l’abitacolo di gioia.
«Ciao zoccoletta!» esclamò ridendo e abbracciandola. Ludovica sorrise a sua volta, ricambiando l’abbraccio.
Simona riuscì ad estorcerle tutto, del tutto incurante dell’autista, nei venti minuti di auto necessari ad arrivare a destinazione.
Tempestata dalle imbarazzanti domande di Simona, Ludovica non aveva badato alla strada, ma quando arrivarono, mentre giravano in una specie di rotonda che dava su un porticato neo classico, riconobbe il posto per averlo visto in una rivista. Si trattava di uno dei più noti resort italiani. Roba per super ricchi.
«Hai una faccia da cartone animato» la canzonò Simona. Ed era vero. La mandibola le era crollata, la bocca le si era spalancata.
Scesero e fu di nuovo un sogno.
Mentre un usciere in livrea apriva la porta, ne uscì una concierge che le accolse chiamandole ‘signora Bianchi’ e ‘signora Viali’. E al solito, Ludovica non disse di no a nulla, né ai massaggi thailandesi e neanche alla sauna, né al riposino sull’amaca nel giardino e neanche al buffet privato che gustò con Simona, né alla sangria e neanche alla manicure, né al parrucchiere e neanche all’estetista che le propose la sua prima depilazione integrale.
Prima di sera la concierge che le aveva seguite e coccolate tutto il pomeriggio, le accompagnò di sopra nelle rispettive camere, dove Ludovica trovò sul letto il vestito e la lingerie che Luciano aveva scelto per lei.
Arrossì violentemente quando riconobbe il vestito piuttosto corto, e la guepiere con le decorazioni azzurre.
«Posso?» le chiese la concierge proponendosi di aiutarla a sfilarsi l'accappatoio.
Così si ritrovò in quel locale così strano cavalcando quel miscuglio di eccitazione, euforia e mansuetudine con cui aveva soddisfatto ogni desiderio di Luciano.
Era un posto fuori Bologna, sui colli, e c’erano arrivati con l’auto guidata dal solito autista che le aprì la portiera, servizio che stava imparando ad accettare con noncuranza. Ne era scesa attenta a che il corto vestito non rivelasse il suo intimo e quasi ci riuscì. Si ritrovò davanti una vecchia villa, dalla facciata in ordine e bella, ma tutto sommato anonima. Il particolare più dissonante era un uomo in abito nero, molto scuro di pelle e bello grosso, che se ne stava accanto alla porta con aria marziale. Pareva un agente del film MIB, con tanto di auricolare. Luciano le si era messo al fianco, dandole il braccio e anche Marino e Simona era scesi dalla loro grossa auto.
Dentro, oltre il portoncino che si era aperto ad comando del MIB, tutto era cambiato. La musica (trance, che lei non conosceva) era piuttosto forte, e le luci colorate al neon rivelavano un arredo tra barocco kitsch con molta plastica e vetro. C’erano uomini e donne di ogni tipo, ma tutti molto ben vestiti, alcuni con accenni steam punk, ma in generale tutta roba che Ludovica aveva visto solo nelle riviste dal dentista. Presero i primi 2 giri di drink ad un tavolino, guardando la gente ballare, ma dopo un po’ la ragazza che aveva portato i drink si chinò per sussurrare qualcosa a Luciano e gli passò un badge. Lui infilò il budge nel taschino della giacca e ammiccò in direzione di Marino, che parve soddisfatto. Quindi chiese un altro giro di cosmopolitan e avvicinò le sue labbra al collo di Ludovica, che continuava a guardare la gente ballare, muovendo appena la testa a ritmo.
«Ti piace qui?» le disse all’orecchio.
«Non ho mai visto un posto del genere.»
«Già» acconsentì lui. «Se ti piace questo posto, magari ti porterò al castello di Chantilly, vicino Parigi. Quello sì che è un posto folle.»
Ludovica lo guardò con gli occhi sbarrati, impressionata.
«Ma sì, che ci vuole. Prendiamo un charter...»
«Già, che ci vuole» rispose lei che le due volte che era stata in vacanza in aereo aveva dovuto spingere a forza il bagaglio a mano nei misuratori di volume di una compagnia low cost.
Luciano riprese a parlarle all’orecchio, e il suo alito in quel punto la distraeva dall’ascoltarlo.
«Senti Ludovica: vorrei vederti ballare.»
Lei lo guardò stupita e lui la incoraggiò con lo sguardo. Allora lei si alzò e camminò fino alla pista, al centro dei tavolini. La musica pompava forte in quel punto, e i cosmopolitan la aiutarono a sciogliersi. Da ragazza ci andava, in disco, e alla fine chiuse gli occhi e trovò un compromesso tra i tacchi alti e la gonna stretta. Sentiva le sue cosce strusciare, sentiva la parte coperta dalle calze e più su, la parte nuda, tra l’orlo delle calze e le mutandine. Aprì gli occhi, eccitata, e vide lo sguardo di Luciano fisso su di lei. Poi lo vide dire qualcosa a Marino, senza distogliere lo sguardo. Marino ridacchiò e tirò a sé Simona, la baciò profondamente, poi le disse qualcosa ghignando. Anche Simona rise, poi si alzò e venne verso di lei.
«E’ meglio che non ti lasci ballare sola. Vedo già troppi maschietti che ti si stanno avvicinando» rise Simona, gridando per sovrastare la musica, mentre le posava le mani sulle spalle, iniziando a ballare assieme a lei. Poi le ruotò attorno e se la ritrovò alle spalle. «Ora li facciamo impazzire».
La prese per i fianchi e le si incollò dietro, muovendosi assieme a lei. Ludovica sentì sulla schiena i grossi seni dell’amica, sentì le sue cosce, le sue ginocchia, che strusciavano contro le sue. Marino fischiava e urlava, batteva le mani ridendo, arrapato. Ludovica alzò gli occhi e vide Luciano. La fissava con la bocca socchiusa, pareva stravolto. Oltre a Simona, che la teneva stratta con una mano posata sul suo ventre, lei sentì altri corpi accalcarsi addosso, strusciarsi, ma non perdeva di vista il suo uomo. D’un tratto lo vide parlare con Marino, il quale annuì con la sua consueta risata da porco. I due uomini si alzarono, abbottonando la giacca, e Simona le prese la mano, portandola fuori dalla ressa.
Sempre tenendola per mano, Simona la condusse dietro agli uomini, lungo un corridoio su cui si aprivano varie porte chiuse. Luciano ne aprì una con un badge che aveva in tasca. Dentro la musica era meno ossessiva, più ambient, ma parecchio strana, con sussurri e lunghe note di fiati acid-jazz. L’arrendamento era il solito caos barocco di plastica e luci al neon colorate, ma il tutto faceva un effetto davvero inquietante e al contempo lascivo. Mentre Ludovica si guardava intorno, Luciano la prese da dietro, la baciò sul collo all’improvviso, con misurata irruenza.
«Sei una grandissima fica» le sussurrò all’orecchio. Lei si sentì quasi cedere le ginocchia. Lui la fece voltare e la baciò. Ludovica chiuse gli occhi ed era come una bambola tra le sue braccia. E non voleva essere altro che la sua bambola. Accanto a loro anche Simona e Marino ci davano dentro in modo osceno, con le mani di lui che le tastavano il culo, le sollevavano la corta gonna, rivelando le stringhette del reggicalze.
Dolcemente, Luciano le si mise di nuovo dietro. Sentì la sua erezione contro il sedere, la sua mano sul ventre, che scendeva fino a premere sulla fica. Si ritrovò davanti Simona, che le sorrise e le mise le mani sulle spalle. Marino, dietro di lei, era persino più allupato del solito, ma gli occhi della sua capa erano tranquilli, amichevoli, e Ludovica la lasciò avvicinare. Sentì i suoi seni dell’amica contro i suoi, poi chiuse gli occhi e si lasciò baciare. Sentì il sapore del rossetto di Simona nel primo bacio lieve, poi socchiuse la bocca.
Non era mai stata attratta da altre donne, non ci aveva mai neanche pensato. Ma quel bacio le piacque. Sentì Luciano che le sussurrava nelle orecchie “brava la mia puttanella” e aprì gli occhi, si staccò da Simona e si voltò appena verso il suo uomo, lo baciò, si lasciò invadere la bocca dalla sua lingua. Poi di nuovo accolse quella di Simona.
Fu Luciano ad interrompere quelle effusioni, prendendole la mano e accompagnandola su un divanetto in pelle, su cui si accomodò allentandosi la cravatta. Bastò un suo cenno con gli occhi e Ludovica scoprì che aveva una grandissima voglia di prendere il suo sesso in bocca. Si inginocchiò davanti a lui, gli aprì la patta e l’affare dell’uomo guizzò fuori già duro. Lei prima leccò il glande, con la lingua morbida, poi lo risucchiò, lo rifece uscire e, dopo un’occhiata lasciva al suo uomo, lo risucchiò di nuovo tutto, fino in gola. Lui gemette e lei ripeté l’operazione. Avrebbe voluto sentirlo esplodere subito, farsi riempire la bocca del suo sperma.
D’un tratto si accorse che Simona si era inginocchiata accanto a lei e la guardava assorta, eccitata. Mentre Lodovica la guardava sconvolta dalla situazione, Simona si avvicinò, afferrò il pene di Luciano in bocca, lentamente, fece su e giù alcune volte poi lo ingoiò e lo fece scivolare fuori, lasciandolo lucente di saliva. Ludovica, rapita dallo spettacolo, sentì la mano del suo uomo sulla nuca e, accondiscendente, riprese a succhiargli il cazzo, devota.
Si alternò con Simona in quella lenta fellatio, e d’un tratto, mentre stava succhiando Luciano, sentì una mano risalire la sua coscia sollevandole la gonna oltre le calze, tastarle il culo. Cedette il pene di Luciano alla bocca di Simona e si voltò. Marino era inginocchiato alle loro spalle. Si era sfilato camicia e pantaloni, rimanendo con la sola canotta e boxer di cotone, larghi e azzurrini, che non nascondevano il bozzo del suo cazzo in tiro. Una delle sue mani era sul suo culo, la indagava senza timore, dai fianchi a sopra, fino a ridiscendere dove le sue mutandine scivolavano tra le natiche. L’altra mano faceva lo stesso sul sedere di Simona.
«Che belle gnocche,» mormorò guardando arrapato Simona succhiare il cazzo di Luciano. «Proprio due belle gnocche».
A quel punto i suoi occhi si posarono su quelli di Ludovica, annebbiati dall’alcool, ma soprattutto dalla trasgressione, dall’eccitazione.
«Vieni qui, troietta,» le disse, «che è tempo di conoscerci meglio».
La trasse a sé e la baciò in modo irruente, devastante, mentre con le mani le stringeva il culo, le dita la segnavano, trovavano percorsi verso i suoi centri di piacere. Con insospettabile agilità, vista la mole, Marino si alzò in piedi e, Ludovica, sempre in ginocchio, si ritrovò il suo cazzo tra le labbra.
«Succhia puttana, da brava».
Lei obbedì.
Ma durò poco, perchè Marino a questo punto voleva farsela. La spinse a sedere sul divano, accanto a Luciano che continuava a farsi succhiare da Simona. Si accucciò davanti a lei e le sfilò le mutandine. Si chinò tra le sue cosce e prese a lapparla con foga. Si sollevò solo un attimo per dire a Luciano «questa zoccola è un lago».
«Che ti dicevo?» rispose Luciano.
Marino allora si avvicinò e finalmente le infilò il cazzo in fica, e ormai Ludovica non aspettava altro che quello, le sue mani sui seni, il corpo dell’omone tra le cosce inguainate dalle calze. Quando la penetrò, in un colpo, dopo che già le sue dita l’avevano violata, lei gridò di piacere. Si ritrovò ben presto con il vestito abbassato sui seni che la guepiere aveva lasciato scoperti, dopo che la bocca di Marino si era avventata sui suoi capezzoli. La scopò con energia, a tratti baciandola, a tratti strizzandole i seni tormentandole i capezzoli, a tratti tenendola per i fianchi, quasi sollevandola, mentre lì accanto Simona, dopo essersi lasciata sfilare il vestitino ed essere rimasta in reggicalze e tacchi, era salita a bordo di Luciano, con il suo pennone in fica, sbattendogli i grossi seni in faccia, infilandogli la lingua in bocca, ondeggiando in modo sapiente. Infervorata, Simona si chinò verso Ludovica, e prese a baciarla sguaiatamente. Ludovica venne con la lingua di Simona in bocca, e si scostò per gridare il suo piacere
«Puttane!» grugnì Marino, ormai prossimo a venire.
«Sì, siamo le vostre puttane» rispose Ludovica sconvolta.
Per Marino fu abbastanza. Si sfilò dalla giovane donna e la tirò giù dal divano, costringendola di nuovo in ginocchio. Ludovica si trovò di nuovo quel cazzo in bocca, che stavolta odorava di fica, la sua fica. Anche Luciano si era staccato da Simona a l’aveva spinta lì, anche lei in ginocchio, davanti al cazzo di Marino. L’omone iniziò a venire in bocca di Ludovica, ma si sfilò completando la corsa in bocca all’altra donna, non prima di lasciar cadere un grosso schizzo sui suoi seni nudi. Le mani dell’uomo spinsero la testa di Ludovica verso l’amica, le bocche si unirono, le lingue sguazzarono nello sperma raccolto dalle reciproche bocche, leccarono quanto colava dalle labbra. Allora si avvicinò Luciano e ci fu un altro cazzo da succhiare insieme, da far venire. Simona ordinò «sborrami in bocca» e Luciano acconsentì con un grugnito, lasciando però l’ultimo schizzo per Ludovica, che lo aspettava ingorda leccandosi le labbra.
-
-
I commenti sono oltremodo graditi.
Joe Cabot vi aspetta per altre puntate di questa saga e altre storie, corredate da foto delle muse ispiratrici, all’indirizzo: https://raccontiviola.wordpress.com/
Mentre ancora ripensava alla sera prima, suonarono alla porta. Lei si guardò intorno e vide una vestaglia appoggiata ad una sedia. Se la infilò sul corpo nudo e andò alla porta. Era il servizio in camera. Un cameriere entrò e posò un vassoio coperto su un tavolino, poi se ne andò con un mezzo inchino. Nel vassoio c’era di tutto, e una busta. C’era scritto a mano, con caratteri eleganti:
Nella hall, h.9.30.
Indossa il vestito nell’armadio.
L.R.
C’erano molte cose che Ludovica avrebbe potuto pensare, e chiedersi, ma Ludovica era dentro all’incantesimo e l’unica cosa che si chiese era che ora fosse, e quanto tempo avesse a disposizione. Tirò un sospiro di sollievo, perché era presto. Avrebbe avuto il tempo per la colazione, una doccia, e per infilarsi il vestito (davvero carino), le scarpe e il casto intimo in attesa nell’armadio.
Scese puntuale e Luciano arrivò 5 minuti dopo. Le sorrise e lei si illuminò. Con il sole era sparita l’aria da lupo affamato che aveva la notte prima. Pareva un altro. Resistergli pareva stupido, del tutto insensato.
“Andiamo?” le disse dopo un bacetto sulla guancia.
“Sì”.
La portò per negozi e lei si sentì la protagonista di Pretty woman. Scelse e le fece provare alcuni abiti da sera, di cui uno particolarmente corto. E poi le scarpe. La portò anche in un negozio di lingerie, dove le comprò un reggicalze coordinato con mutandine e reggiseno, e una guepiere azzurro scura, con decorazioni in pizzo nero. Lei esitò, quando la commessa gliela porse, ma lui la guardò dalla poltroncina su cui si era accomodato e le disse “è perfetta per il colore dei tuoi occhi”. Si diresse al camerino con il solito frullio di ali in pancia. Aveva indossato una cosa del genere quando si era sposata, ma neanche allora era così emozionata, e la commessa dovette aiutarla ad indossarla. Si guardò allo specchio e sì, era il colore che si abbinava ai suoi occhi e a parte ciò pareva le fosse stato cucito addosso, da come le sottolineava i fianchi, le spingeva in alto il seno. Fece per fissare le calze ma la commessa la bloccò con un sorriso, accarezzandole appena la mano.
«Si ricordi:» le disse facendole un occhiolino complice «si allacci le stringhette prima di infilarsi le mutandine.»
Ludovica fece cenno di sì come inebetita.
«Ora proviamo quest’altro» le disse la commessa.
Pranzarono assieme al Giorgi, un tre stelle Michelin, anche se in realtà praticamente lui non la smise mai di lavorare, peraltro parlando tre lingue diverse. Finito il pranzo (eccellente), lui le comunicò che quel pomeriggio aveva una serie di meetings, ma che l’avrebbe lasciata in buone mani. Fuori ad attenderla c’era un giovane e altero autista con un grosso suv BMW nero. Al solito lui non le disse nulla, né lei chiese qualcosa. Il macchinone portò prima lui alla sede della Fondazione. La salutò dicendole “a stasera”. Poi, prima di uscire e mentre l’autista gli apriva la portiera, aggiunse “mi mancherai”. Bastò quello a farla riaccendere.
L’autista la portò all’hotel, ma le disse di aspettare mentre scendeva ed entrava nella hall. Era un ragazzo sui vent’anni, molto cortese e dal lieve accento bolognese, a suo agio in giacca e cravatta. Ritornò qualche minuto dopo tirandosi dietro un trolley che sistemò nel bagagliaio. Poi aprì la portiera e Simona scivolò dentro riempiendo l’abitacolo di gioia.
«Ciao zoccoletta!» esclamò ridendo e abbracciandola. Ludovica sorrise a sua volta, ricambiando l’abbraccio.
Simona riuscì ad estorcerle tutto, del tutto incurante dell’autista, nei venti minuti di auto necessari ad arrivare a destinazione.
Tempestata dalle imbarazzanti domande di Simona, Ludovica non aveva badato alla strada, ma quando arrivarono, mentre giravano in una specie di rotonda che dava su un porticato neo classico, riconobbe il posto per averlo visto in una rivista. Si trattava di uno dei più noti resort italiani. Roba per super ricchi.
«Hai una faccia da cartone animato» la canzonò Simona. Ed era vero. La mandibola le era crollata, la bocca le si era spalancata.
Scesero e fu di nuovo un sogno.
Mentre un usciere in livrea apriva la porta, ne uscì una concierge che le accolse chiamandole ‘signora Bianchi’ e ‘signora Viali’. E al solito, Ludovica non disse di no a nulla, né ai massaggi thailandesi e neanche alla sauna, né al riposino sull’amaca nel giardino e neanche al buffet privato che gustò con Simona, né alla sangria e neanche alla manicure, né al parrucchiere e neanche all’estetista che le propose la sua prima depilazione integrale.
Prima di sera la concierge che le aveva seguite e coccolate tutto il pomeriggio, le accompagnò di sopra nelle rispettive camere, dove Ludovica trovò sul letto il vestito e la lingerie che Luciano aveva scelto per lei.
Arrossì violentemente quando riconobbe il vestito piuttosto corto, e la guepiere con le decorazioni azzurre.
«Posso?» le chiese la concierge proponendosi di aiutarla a sfilarsi l'accappatoio.
Così si ritrovò in quel locale così strano cavalcando quel miscuglio di eccitazione, euforia e mansuetudine con cui aveva soddisfatto ogni desiderio di Luciano.
Era un posto fuori Bologna, sui colli, e c’erano arrivati con l’auto guidata dal solito autista che le aprì la portiera, servizio che stava imparando ad accettare con noncuranza. Ne era scesa attenta a che il corto vestito non rivelasse il suo intimo e quasi ci riuscì. Si ritrovò davanti una vecchia villa, dalla facciata in ordine e bella, ma tutto sommato anonima. Il particolare più dissonante era un uomo in abito nero, molto scuro di pelle e bello grosso, che se ne stava accanto alla porta con aria marziale. Pareva un agente del film MIB, con tanto di auricolare. Luciano le si era messo al fianco, dandole il braccio e anche Marino e Simona era scesi dalla loro grossa auto.
Dentro, oltre il portoncino che si era aperto ad comando del MIB, tutto era cambiato. La musica (trance, che lei non conosceva) era piuttosto forte, e le luci colorate al neon rivelavano un arredo tra barocco kitsch con molta plastica e vetro. C’erano uomini e donne di ogni tipo, ma tutti molto ben vestiti, alcuni con accenni steam punk, ma in generale tutta roba che Ludovica aveva visto solo nelle riviste dal dentista. Presero i primi 2 giri di drink ad un tavolino, guardando la gente ballare, ma dopo un po’ la ragazza che aveva portato i drink si chinò per sussurrare qualcosa a Luciano e gli passò un badge. Lui infilò il budge nel taschino della giacca e ammiccò in direzione di Marino, che parve soddisfatto. Quindi chiese un altro giro di cosmopolitan e avvicinò le sue labbra al collo di Ludovica, che continuava a guardare la gente ballare, muovendo appena la testa a ritmo.
«Ti piace qui?» le disse all’orecchio.
«Non ho mai visto un posto del genere.»
«Già» acconsentì lui. «Se ti piace questo posto, magari ti porterò al castello di Chantilly, vicino Parigi. Quello sì che è un posto folle.»
Ludovica lo guardò con gli occhi sbarrati, impressionata.
«Ma sì, che ci vuole. Prendiamo un charter...»
«Già, che ci vuole» rispose lei che le due volte che era stata in vacanza in aereo aveva dovuto spingere a forza il bagaglio a mano nei misuratori di volume di una compagnia low cost.
Luciano riprese a parlarle all’orecchio, e il suo alito in quel punto la distraeva dall’ascoltarlo.
«Senti Ludovica: vorrei vederti ballare.»
Lei lo guardò stupita e lui la incoraggiò con lo sguardo. Allora lei si alzò e camminò fino alla pista, al centro dei tavolini. La musica pompava forte in quel punto, e i cosmopolitan la aiutarono a sciogliersi. Da ragazza ci andava, in disco, e alla fine chiuse gli occhi e trovò un compromesso tra i tacchi alti e la gonna stretta. Sentiva le sue cosce strusciare, sentiva la parte coperta dalle calze e più su, la parte nuda, tra l’orlo delle calze e le mutandine. Aprì gli occhi, eccitata, e vide lo sguardo di Luciano fisso su di lei. Poi lo vide dire qualcosa a Marino, senza distogliere lo sguardo. Marino ridacchiò e tirò a sé Simona, la baciò profondamente, poi le disse qualcosa ghignando. Anche Simona rise, poi si alzò e venne verso di lei.
«E’ meglio che non ti lasci ballare sola. Vedo già troppi maschietti che ti si stanno avvicinando» rise Simona, gridando per sovrastare la musica, mentre le posava le mani sulle spalle, iniziando a ballare assieme a lei. Poi le ruotò attorno e se la ritrovò alle spalle. «Ora li facciamo impazzire».
La prese per i fianchi e le si incollò dietro, muovendosi assieme a lei. Ludovica sentì sulla schiena i grossi seni dell’amica, sentì le sue cosce, le sue ginocchia, che strusciavano contro le sue. Marino fischiava e urlava, batteva le mani ridendo, arrapato. Ludovica alzò gli occhi e vide Luciano. La fissava con la bocca socchiusa, pareva stravolto. Oltre a Simona, che la teneva stratta con una mano posata sul suo ventre, lei sentì altri corpi accalcarsi addosso, strusciarsi, ma non perdeva di vista il suo uomo. D’un tratto lo vide parlare con Marino, il quale annuì con la sua consueta risata da porco. I due uomini si alzarono, abbottonando la giacca, e Simona le prese la mano, portandola fuori dalla ressa.
Sempre tenendola per mano, Simona la condusse dietro agli uomini, lungo un corridoio su cui si aprivano varie porte chiuse. Luciano ne aprì una con un badge che aveva in tasca. Dentro la musica era meno ossessiva, più ambient, ma parecchio strana, con sussurri e lunghe note di fiati acid-jazz. L’arrendamento era il solito caos barocco di plastica e luci al neon colorate, ma il tutto faceva un effetto davvero inquietante e al contempo lascivo. Mentre Ludovica si guardava intorno, Luciano la prese da dietro, la baciò sul collo all’improvviso, con misurata irruenza.
«Sei una grandissima fica» le sussurrò all’orecchio. Lei si sentì quasi cedere le ginocchia. Lui la fece voltare e la baciò. Ludovica chiuse gli occhi ed era come una bambola tra le sue braccia. E non voleva essere altro che la sua bambola. Accanto a loro anche Simona e Marino ci davano dentro in modo osceno, con le mani di lui che le tastavano il culo, le sollevavano la corta gonna, rivelando le stringhette del reggicalze.
Dolcemente, Luciano le si mise di nuovo dietro. Sentì la sua erezione contro il sedere, la sua mano sul ventre, che scendeva fino a premere sulla fica. Si ritrovò davanti Simona, che le sorrise e le mise le mani sulle spalle. Marino, dietro di lei, era persino più allupato del solito, ma gli occhi della sua capa erano tranquilli, amichevoli, e Ludovica la lasciò avvicinare. Sentì i suoi seni dell’amica contro i suoi, poi chiuse gli occhi e si lasciò baciare. Sentì il sapore del rossetto di Simona nel primo bacio lieve, poi socchiuse la bocca.
Non era mai stata attratta da altre donne, non ci aveva mai neanche pensato. Ma quel bacio le piacque. Sentì Luciano che le sussurrava nelle orecchie “brava la mia puttanella” e aprì gli occhi, si staccò da Simona e si voltò appena verso il suo uomo, lo baciò, si lasciò invadere la bocca dalla sua lingua. Poi di nuovo accolse quella di Simona.
Fu Luciano ad interrompere quelle effusioni, prendendole la mano e accompagnandola su un divanetto in pelle, su cui si accomodò allentandosi la cravatta. Bastò un suo cenno con gli occhi e Ludovica scoprì che aveva una grandissima voglia di prendere il suo sesso in bocca. Si inginocchiò davanti a lui, gli aprì la patta e l’affare dell’uomo guizzò fuori già duro. Lei prima leccò il glande, con la lingua morbida, poi lo risucchiò, lo rifece uscire e, dopo un’occhiata lasciva al suo uomo, lo risucchiò di nuovo tutto, fino in gola. Lui gemette e lei ripeté l’operazione. Avrebbe voluto sentirlo esplodere subito, farsi riempire la bocca del suo sperma.
D’un tratto si accorse che Simona si era inginocchiata accanto a lei e la guardava assorta, eccitata. Mentre Lodovica la guardava sconvolta dalla situazione, Simona si avvicinò, afferrò il pene di Luciano in bocca, lentamente, fece su e giù alcune volte poi lo ingoiò e lo fece scivolare fuori, lasciandolo lucente di saliva. Ludovica, rapita dallo spettacolo, sentì la mano del suo uomo sulla nuca e, accondiscendente, riprese a succhiargli il cazzo, devota.
Si alternò con Simona in quella lenta fellatio, e d’un tratto, mentre stava succhiando Luciano, sentì una mano risalire la sua coscia sollevandole la gonna oltre le calze, tastarle il culo. Cedette il pene di Luciano alla bocca di Simona e si voltò. Marino era inginocchiato alle loro spalle. Si era sfilato camicia e pantaloni, rimanendo con la sola canotta e boxer di cotone, larghi e azzurrini, che non nascondevano il bozzo del suo cazzo in tiro. Una delle sue mani era sul suo culo, la indagava senza timore, dai fianchi a sopra, fino a ridiscendere dove le sue mutandine scivolavano tra le natiche. L’altra mano faceva lo stesso sul sedere di Simona.
«Che belle gnocche,» mormorò guardando arrapato Simona succhiare il cazzo di Luciano. «Proprio due belle gnocche».
A quel punto i suoi occhi si posarono su quelli di Ludovica, annebbiati dall’alcool, ma soprattutto dalla trasgressione, dall’eccitazione.
«Vieni qui, troietta,» le disse, «che è tempo di conoscerci meglio».
La trasse a sé e la baciò in modo irruente, devastante, mentre con le mani le stringeva il culo, le dita la segnavano, trovavano percorsi verso i suoi centri di piacere. Con insospettabile agilità, vista la mole, Marino si alzò in piedi e, Ludovica, sempre in ginocchio, si ritrovò il suo cazzo tra le labbra.
«Succhia puttana, da brava».
Lei obbedì.
Ma durò poco, perchè Marino a questo punto voleva farsela. La spinse a sedere sul divano, accanto a Luciano che continuava a farsi succhiare da Simona. Si accucciò davanti a lei e le sfilò le mutandine. Si chinò tra le sue cosce e prese a lapparla con foga. Si sollevò solo un attimo per dire a Luciano «questa zoccola è un lago».
«Che ti dicevo?» rispose Luciano.
Marino allora si avvicinò e finalmente le infilò il cazzo in fica, e ormai Ludovica non aspettava altro che quello, le sue mani sui seni, il corpo dell’omone tra le cosce inguainate dalle calze. Quando la penetrò, in un colpo, dopo che già le sue dita l’avevano violata, lei gridò di piacere. Si ritrovò ben presto con il vestito abbassato sui seni che la guepiere aveva lasciato scoperti, dopo che la bocca di Marino si era avventata sui suoi capezzoli. La scopò con energia, a tratti baciandola, a tratti strizzandole i seni tormentandole i capezzoli, a tratti tenendola per i fianchi, quasi sollevandola, mentre lì accanto Simona, dopo essersi lasciata sfilare il vestitino ed essere rimasta in reggicalze e tacchi, era salita a bordo di Luciano, con il suo pennone in fica, sbattendogli i grossi seni in faccia, infilandogli la lingua in bocca, ondeggiando in modo sapiente. Infervorata, Simona si chinò verso Ludovica, e prese a baciarla sguaiatamente. Ludovica venne con la lingua di Simona in bocca, e si scostò per gridare il suo piacere
«Puttane!» grugnì Marino, ormai prossimo a venire.
«Sì, siamo le vostre puttane» rispose Ludovica sconvolta.
Per Marino fu abbastanza. Si sfilò dalla giovane donna e la tirò giù dal divano, costringendola di nuovo in ginocchio. Ludovica si trovò di nuovo quel cazzo in bocca, che stavolta odorava di fica, la sua fica. Anche Luciano si era staccato da Simona a l’aveva spinta lì, anche lei in ginocchio, davanti al cazzo di Marino. L’omone iniziò a venire in bocca di Ludovica, ma si sfilò completando la corsa in bocca all’altra donna, non prima di lasciar cadere un grosso schizzo sui suoi seni nudi. Le mani dell’uomo spinsero la testa di Ludovica verso l’amica, le bocche si unirono, le lingue sguazzarono nello sperma raccolto dalle reciproche bocche, leccarono quanto colava dalle labbra. Allora si avvicinò Luciano e ci fu un altro cazzo da succhiare insieme, da far venire. Simona ordinò «sborrami in bocca» e Luciano acconsentì con un grugnito, lasciando però l’ultimo schizzo per Ludovica, che lo aspettava ingorda leccandosi le labbra.
-
-
I commenti sono oltremodo graditi.
Joe Cabot vi aspetta per altre puntate di questa saga e altre storie, corredate da foto delle muse ispiratrici, all’indirizzo: https://raccontiviola.wordpress.com/
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
L'adulterio di Ludovica Bianchi - Ep.6 . Colazione a letto.racconto sucessivo
L'adulterio di Ludovica Bianchi - Ep.8. sporca
Commenti dei lettori al racconto erotico