L'adulterio di Ludovica Bianchi - Ep.8. sporca

di
genere
saffico

Ludovica si sentiva sporca come non le era mai successo. Aveva in bocca il sapore di sperma di due uomini diversi, e sperma sulle labbra. Era inginocchiata davanti ad un’altra donna, ai piedi di un divano su cui erano stravaccati il suo uomo e un suo amico che l’aveva appena posseduta prima di venirle in bocca. Aveva la fica bollente e si sentiva sporca. Ne voleva ancora, perché era come correre su un prato in discesa, e bisognava correre e correre, non poteva fermarsi.
E non si fermò quando Luciano le ordinò di farlo divertire. Simona aveva addosso solo il reggicalze e i tacchi, con i grossi seni nudi su cui era colato un po’ di piacere maschile. Le si avvicinò e le sfilò il vestitino, lasciando Ludovica con la guepiere con le decorazioni azzurre, i seni mezzi fuori, le calze e i tacchi. Lasciò fare Simona quando le passò le dita sul decollete, per poi scendere lungo i seni, sfiorandole un capezzolo.
«Questi due maiali devono ricaricarsi,» le sussurrò. «Noi invece no.»
Non si fermò quando la bocca della sua capa si posò di nuovo sulla sua, la sua lingua le entrò in bocca.

Si dice che nessuno lecchi una passera come una donna, e che i migliori pompini li facciano gli uomini. Può darsi, ma Ludovica era così eccitata, come sensibilizzata e aperta a qualunque cose, che non ci badò proprio. Come non badò alle grida di incitamento, agli ordini, dei due maschi seminudi sul divano. Quando si accorse che i baci di Simona stavano passando dalla sua bocca al collo, da lì ai suoi capezzoli, perse del tutto la testa. Voleva proprio che quella donna le si inginocchiasse tra le cosce, che le leccasse la fica, la facesse godere. Ma dovette aspettare, perché prima le labbra e la lingua di Simona si posarono sui suoi capezzoli, mentre le sue dita le si intrufolavano nella vagina e la fecero quasi venire, tanto che desiderò solo che quella dolce tortura finisse. E invece non finiva. Ludovica voleva che quella lingua arrivasse subito al punto e quando Simona le si accovacciò tra le sue gambe semiaperte, e alle dita aggiunse la punta della lingua sul clitoride, lei gridò. Non sentì gli uomini sghignazzare, di nuovo eccitati, e venne, lì in piedi, in equilibrio sui tacchi e con le cosce aperte, oscene, le dita dell’altra donna nella vagine e nell’ano. Si accasciò sul soffice tappeto come una bambolina leggera e inanimata e Simona si portò al suo fianco, sorretta da un gomito.
«Porcellina mia,» le disse con un sorriso soddisfatto. «Ora mi devi un favore, non trovi?»
Ludovica si buttò su di lei come una lupa affamata. Si avventò sulla sua fica come su un frutto proibito, succhiando e leccando alla rinfusa, senza metodo, ma con foia e passione. Gli aromi di Simona, stesa sul tappeto a gambe aperte, la inebriarono ancora di più, i suoi sapori salati, da conchiglia appena colta, la stordirono. Inginocchiata tra quelle cosce lucide del piacere fin lì provato, non sapeva bene cosa stesse facendo, ma ci dava dentro e ad un certo punto la sua capa le ordinò di insistere su un certo punto, le afferrò i capelli per costringerla ad obbedire. Fu poco più di un attimo e mentre Simona urlava il suo piacere, Ludovica sentì arrivarle in bocca un sapore di mare più fresco e profondo.

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I commenti sono oltremodo graditi, le critiche anche di più.
Joe Cabot vi aspetta per altre puntate di questa saga e altre storie, corredate da foto delle muse ispiratrici, all’indirizzo: https://raccontiviola.wordpress.com/
scritto il
2022-07-12
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