Una notte allo zoo 2, nella gabbia dei leoni
di
beast
genere
zoofilia
Il sogno di tutta la mia vita si era avverato, e finalmente, qualche settimana fa, avevo trovato il coraggio, mi ero introdotta di notte nella gabbia dei gorilla e avevo fatto l’amore con il maschio alfa, uno splendido gorilla maschio di quindici anni.
Mi ero fatta scopare per tutta la notte e sicuramente lo avrei fatto di nuovo quanto prima.
Cosa potevo volere dì più?
Semplice, fare la stessa cosa con lo splendido leone che regnava su un branco di sei leonesse qualche decina di gabbie più in là.
Ci sarebbe voluto un po’ dì tempo, ma il nuovo sogno ormai aveva preso spazio nella mia mente e difficilmente se ne sarebbe andato.
Così da quella stessa mattina cominciai a lavorare per poterlo realizzare.
Per prima cosa chiesi di essere spostata al reparto dei grandi felini, e da quel giorno iniziai a farmi amica quella splendida fiera.
Era un bellissimo maschio, alto e massiccio, con una criniera fantastica, che scendeva fino a metà schiena e anche sotto, ornandogli il petto possente e la pancia, aveva una testa enorme e degli occhi meravigliosi, intelligenti e fieri.
Ogni giorno gli portavo di nascosto delle piccole leccornie, come fegato o altre interiora di animale, che gli passavo attraverso le sbarre e che lui gradiva molto.
Poi, quando era possibile, approfittavo dell’ora di pulizia della loro gabbia per orinare di nascosto in una zona appartata, mi accucciavo dietro un enorme tronco e lasciavo delle piccole pozze di urina, in modo che lui potesse abituarsi al mio odore.
Ma la cosa più utile era sicuramente il fatto che, ogni volta che ero nel periodo dell’ovulazione e quindi fertile, gli facevo sentire l’odore della mia figa e dei suoi umori.
Mi portavo nella parte interna della gabbia, quella cui potevano accedere solo i guardiani, mi fregavo la vagina con le dita, masturbandomi pensando a lui e poi accostavo le mani alle sbarre per fargli arrivare l’odore del mio dolce miele.
Lui arrivava subito, brontolando sommessamente per l’eccitazione, seguendo con le narici dilatate e frementi la traccia dei miei feromoni.
Ormai ci conoscevamo e non avevo nessuna paura che potesse farmi del male, sapevo bene che era un animale nato e cresciuto in cattività, abituato da sempre agli esseri umani, e non aveva mai dato segni di aggressività, per cui, senza nessun timore, passavo le mani tra le sbarre e lasciavo che lui mi leccasse i palmi, con quella lingua calda e ruvida.
Lo accarezzavo e gli facevo dei grattini dietro le orecchie e sotto il mento, cosa che lui gradiva molto, come fosse un gattone domestico.
Mi facevo anche leccare la faccia, il suo alito era caldo e umido, aprivo la bocca in modo che le nostre lingue si toccassero ed era una cosa veramente molto eccitante.
Lui assaporava tutto con grande voluttà, dando delle lente lappate con gli occhi socchiusi.
Ormai eravamo in confidenza, lui mi sentiva arrivare da lontano e quando arrivavo in prossimità della gabbia, lui si destava, alzava la testa tenendo le narici bene in alto e annusava l’aria, per essere sicuro che fosse il mio odore quello che sentiva, si alzava e cominciava ad andare avanti e indietro per la gabbia, brontolando e ruggendo, con la sua voce potente, tutto lo zoo doveva sapere che lui era eccitato e nessuno doveva pensare di poter mettere gli occhi sulla sua nuova femmina.
Le sei leonesse, che di notte venivano separate dal maschio, guardavano quelle scene scetticamente, come se non fossero per niente interessate a quello che faceva il loro maschio alfa.
Meglio così pensai.
Dopo qualche tempo, mi spinsi oltre, invece di farmi leccare solo le mani, mi tirai giù le mutandine e mi masturbai di fronte a lui, che mi guardava intensamente, poi mi avvicinai e premetti il bacino tra le sbarre, in modo da offrirgli direttamente la figa fradicia.
La cosa lo fece letteralmente impazzire di eccitazione, mi leccò come un assatanato e quando mi allontanai si mise a ruggire forte come non aveva mai fatto, come se volesse far sapere a me e al mondo intero che ero sua, sua e di nessun altro.
E presto, speravo, lo avrei accontentato.
Era infatti giunto il momento di dargli quello che ormai voleva più di ogni altra cosa, e che io volevo almeno altrettanto, fare l’amore con la sua nuova femmina umana.
Così la prima notte in cui la mia fertilità era al punto giusto, rimasi nascosta in un gabbiotto degli attrezzi fino alla chiusura dello zoo.
Sapevo bene che il vecchio guardiano non si sarebbe allontanato dal suo giaciglio, e verso le due uscii e mi diressi furtivamente verso il padiglione dei grossi felini.
Lui mi aveva già sentito arrivare e mi stava aspettando brontolando sommessamente.
Ero eccitata da morire e lui lo era ancora più.
Aprii il lucchetto, feci scorrere il grosso chiavistello e mi introdussi nella sua gabbia.
Potevo sentire il suo odore selvatico, di maschio eccitato e lui sicuramente sentiva il mio, di femmina pronta all’accoppiamento.
Devo ammettere che per quanto certa di non venire aggredita, un po’ di ansia l’avevo e il cuore mi batteva forte.
Ma mi feci coraggio ed entrai, lui era lì, e non era lì per mangiarmi, era lì per scoparmi.
Mi aspettava nel buio nella notte, dalle sue fauci usciva un basso brontolio e i suoi occhi gialli brillavano come carboni ardenti.
Ero dentro, mi avvicinai a lui lentamente e abbassai la testa, le nostre fronti si toccarono, una serie di leggere testate di saluto e poi lo accarezzai, sussurrandogli alle orecchie che ero lì per lui, che lo volevo da impazzire e che finalmente sarei stata sua e solo sua.
Lui capiva benissimo il senso di tutto quello che gli dicevo e dal petto faceva salire i suoi eccitati ed eccitanti brontolii, mentre si sfregava in modo molto sensuale contro i miei fianchi.
Mi leccò la faccia eccitandomi ancora di più.
Cercando di non cadere, mi sfilai calzoncini e mutandine e gli presentai la mia figa già abbondantemente eccitata e bagnata.
Lui ci si strusciò contro, affondando il naso in mezzo alle mie gambe, e cominciò a leccarmela, facendomi gemere per il piacere.
Allargai le gambe, gli presi il testone e aggrappandomi alla criniera lo tirai ancora più contro il mio pube.
Dio… ero già quasi in paradiso, ancora qualche leccata di quella lingua ruvida e sarei certamente venuta.
Ma non volevo venire così, volevo farlo mentre mi scopava.
Quindi a malincuore mi ritrassi e mi misi a carponi, la pancia aderente al pavimento di terra battuta e il sedere leggermente sollevato, offrendomi a lui come farebbe una femmina della sua specie.
Lui si mise dietro di me, mi leccò ancora un po' , poi mi circondò con le zampe anteriori e accostò il suo pube al mio deretano, cominciando a muovere lentamente il bacino avanti e indietro, sentii la punta del suo pene fuoriuscire e picchiettare alla cieca contro le labbra della mia vagina, poi, dopo parecchi tentativi non riusciti, trovò la strada giusta e lo fece scivolare dentro.
Cominciò a scoparmi lentamente, tenendomi stretta a sé, il suo cazzo ora era tutto dentro di me e andava avanti e indietro lentamente, come se non avesse nessuna fretta.
Dio che bello!
Lo sentivo brontolare sopra di me, grosse gocce di bava mi cadevano sulla schiena mentre il suo cazzo mi riempiva la figa completamente, facendomi godere anche grazie alla sua forma così particolare.
La copula non durò molto, un minuto o poco più, lo sentii ruggire sommessamente mentre eiaculava, poi sentii il suo cazzo ritirarsi e uscire.
Lui si staccò da me e si mise a un metro e mezzo di distanza, sdraiato come se nulla fosse.
Io ero ancora un po’ stordita dalla situazione, ci misi un attimo a elaborare tutto quello che era successo negli ultimi minuti, sapevo che non avrei avuto molto tempo per pensare perché il leone sarebbe presto ritornato alla carica, approcciandosi per un secondo e poi un terzo accoppiamento.
È vero che la singola monta di un leone dura poco, ma è anche vero che possono andar avanti ad accoppiarsi senza sosta per tutto il giorno, a volte per due o tre giorni di seguito.
Infatti successe proprio così, dopo qualche minuto di sosta il mio bel maschio si riavvicinò, mi diede un leggero colpo col muso per farmi capire che stava per ripartire e per farmi mettere in posizione.
Io ubbidii alla sua muta richiesta e sollevai leggermente il sedere mentre lui si posizionava di nuovo dietro di me e si accingeva a riprendere l’accoppiamento.
Questa seconda volta però me la sarei goduta di più, ero meno preoccupata di quello che sarebbe successo e più libera di dedicarmi alle emozioni e alle sensazioni che stavo per provare.
Infatti, questa volta, fu bellissimo sentire il suo pene entrare dentro di me e cominciare a muoversi avanti e indietro, sentirlo godere, ma la cosa più bella fu il sentirsi una cosa sua, sentire di essere la sua femmina.
Dopo un po’ lo sentii eiaculare di nuovo e di nuovo si separò da me per qualche minuto.
Io rimasi immobile, disponibile e pronta per la copula successiva.
Intorno a noi tutto era silenzio, ma in lontananza si sentivano i mille versi degli altri animali dello zoo.
Immersi in quel buio era quasi totale, si poteva quasi immaginare di essere veramente nella savana africana e io potevo sognare di essere una leonessa, una leonessa in calore che si faceva scopare dal suo re.
Andammo avanti per più di un’ora, lui si avvicinava, verificava il mio stato e la mia disponibilità annusandomi la vagina e dandomi delle fantastiche leccate e poi si metteva dietro di me per scoparmi ancora e ancora e ancora.
Era meraviglioso, mi piaceva da morire e quando vedevo che si prendeva delle pause più lunghe, ero io che mi alzavo e spostandomi a carponi mi avvicinavo a lui, analogamente a come avrebbe fatto una leonessa in calore, lo stuzzicavo, lo baciavo, lo accarezzavo, lo leccavo per stimolarlo a proseguire con un’altra monta.
Lui rispondeva al gioco, sdraiandosi su un fianco in modo languido e allora io gli accarezzavo la pancia, fino al pene e ai piccoli testicoli rotondi e sodi, li accarezzavo, li massaggiavo e li prendevo in bocca, risalivo verso il pene e con le carezze lo facevo eccitare in modo da poterlo prendere tra le labbra e succhiarlo.
Lui mi lasciava fare godendosi quelle coccole sessuali, fino a quando, troppo eccitato per lasciarmi giocare oltre, si alzava brontolando e mi induceva a sdraiarmi per potermi scopare ancora.
Andammo avanti tutta la notte, non so quante volte venni, almeno tre o quattro, ma la volta che mi piacque di più fu quando mi girai a pancia in su e lo accolsi tra le mie braccia e tra le mie gambe in una posizione simile a quella del missionario.
All'inizio sembrava perplesso ma poi si abituò a quella che per lui era una stranezza e mi penetrò in quella posizione.
Era bellissimo vederlo sopra di me e poterlo accarezzare mentre mi montava, strinsi i muscoli della vagina per sentirne ancora meglio il cazzo che andava e veniva dentro di me e poi sentirlo sborrare, e quella volta venni insieme a lui.
Anche a lui piacque particolarmente perché venne brontolando di piacere e ruggendo, dandomi dei colpi di bacino particolarmente veementi.
Alla fine, a malincuore dovetti proprio andarmene, stava quasi per albeggiare, per cui, approfittando di un momento di sosta, raccolsi i miei vestiti, lo baciai teneramente, promettendogli che sarei tornata l'indomani e il giorno dopo ancora, approfittando del mio periodo di fertilità, per fare ancora l'amore con lui e uscii di soppiatto dalla sua gabbia e dal padiglione dei grandi felini, raggiunsi il ripostiglio, dove mi rifugiai aspettando l'ora 'ingresso dei dipendenti e rivivendo i meravigliosi e incredibili amplessi di cui avevo appena goduto.
Mi ero fatta scopare per tutta la notte e sicuramente lo avrei fatto di nuovo quanto prima.
Cosa potevo volere dì più?
Semplice, fare la stessa cosa con lo splendido leone che regnava su un branco di sei leonesse qualche decina di gabbie più in là.
Ci sarebbe voluto un po’ dì tempo, ma il nuovo sogno ormai aveva preso spazio nella mia mente e difficilmente se ne sarebbe andato.
Così da quella stessa mattina cominciai a lavorare per poterlo realizzare.
Per prima cosa chiesi di essere spostata al reparto dei grandi felini, e da quel giorno iniziai a farmi amica quella splendida fiera.
Era un bellissimo maschio, alto e massiccio, con una criniera fantastica, che scendeva fino a metà schiena e anche sotto, ornandogli il petto possente e la pancia, aveva una testa enorme e degli occhi meravigliosi, intelligenti e fieri.
Ogni giorno gli portavo di nascosto delle piccole leccornie, come fegato o altre interiora di animale, che gli passavo attraverso le sbarre e che lui gradiva molto.
Poi, quando era possibile, approfittavo dell’ora di pulizia della loro gabbia per orinare di nascosto in una zona appartata, mi accucciavo dietro un enorme tronco e lasciavo delle piccole pozze di urina, in modo che lui potesse abituarsi al mio odore.
Ma la cosa più utile era sicuramente il fatto che, ogni volta che ero nel periodo dell’ovulazione e quindi fertile, gli facevo sentire l’odore della mia figa e dei suoi umori.
Mi portavo nella parte interna della gabbia, quella cui potevano accedere solo i guardiani, mi fregavo la vagina con le dita, masturbandomi pensando a lui e poi accostavo le mani alle sbarre per fargli arrivare l’odore del mio dolce miele.
Lui arrivava subito, brontolando sommessamente per l’eccitazione, seguendo con le narici dilatate e frementi la traccia dei miei feromoni.
Ormai ci conoscevamo e non avevo nessuna paura che potesse farmi del male, sapevo bene che era un animale nato e cresciuto in cattività, abituato da sempre agli esseri umani, e non aveva mai dato segni di aggressività, per cui, senza nessun timore, passavo le mani tra le sbarre e lasciavo che lui mi leccasse i palmi, con quella lingua calda e ruvida.
Lo accarezzavo e gli facevo dei grattini dietro le orecchie e sotto il mento, cosa che lui gradiva molto, come fosse un gattone domestico.
Mi facevo anche leccare la faccia, il suo alito era caldo e umido, aprivo la bocca in modo che le nostre lingue si toccassero ed era una cosa veramente molto eccitante.
Lui assaporava tutto con grande voluttà, dando delle lente lappate con gli occhi socchiusi.
Ormai eravamo in confidenza, lui mi sentiva arrivare da lontano e quando arrivavo in prossimità della gabbia, lui si destava, alzava la testa tenendo le narici bene in alto e annusava l’aria, per essere sicuro che fosse il mio odore quello che sentiva, si alzava e cominciava ad andare avanti e indietro per la gabbia, brontolando e ruggendo, con la sua voce potente, tutto lo zoo doveva sapere che lui era eccitato e nessuno doveva pensare di poter mettere gli occhi sulla sua nuova femmina.
Le sei leonesse, che di notte venivano separate dal maschio, guardavano quelle scene scetticamente, come se non fossero per niente interessate a quello che faceva il loro maschio alfa.
Meglio così pensai.
Dopo qualche tempo, mi spinsi oltre, invece di farmi leccare solo le mani, mi tirai giù le mutandine e mi masturbai di fronte a lui, che mi guardava intensamente, poi mi avvicinai e premetti il bacino tra le sbarre, in modo da offrirgli direttamente la figa fradicia.
La cosa lo fece letteralmente impazzire di eccitazione, mi leccò come un assatanato e quando mi allontanai si mise a ruggire forte come non aveva mai fatto, come se volesse far sapere a me e al mondo intero che ero sua, sua e di nessun altro.
E presto, speravo, lo avrei accontentato.
Era infatti giunto il momento di dargli quello che ormai voleva più di ogni altra cosa, e che io volevo almeno altrettanto, fare l’amore con la sua nuova femmina umana.
Così la prima notte in cui la mia fertilità era al punto giusto, rimasi nascosta in un gabbiotto degli attrezzi fino alla chiusura dello zoo.
Sapevo bene che il vecchio guardiano non si sarebbe allontanato dal suo giaciglio, e verso le due uscii e mi diressi furtivamente verso il padiglione dei grossi felini.
Lui mi aveva già sentito arrivare e mi stava aspettando brontolando sommessamente.
Ero eccitata da morire e lui lo era ancora più.
Aprii il lucchetto, feci scorrere il grosso chiavistello e mi introdussi nella sua gabbia.
Potevo sentire il suo odore selvatico, di maschio eccitato e lui sicuramente sentiva il mio, di femmina pronta all’accoppiamento.
Devo ammettere che per quanto certa di non venire aggredita, un po’ di ansia l’avevo e il cuore mi batteva forte.
Ma mi feci coraggio ed entrai, lui era lì, e non era lì per mangiarmi, era lì per scoparmi.
Mi aspettava nel buio nella notte, dalle sue fauci usciva un basso brontolio e i suoi occhi gialli brillavano come carboni ardenti.
Ero dentro, mi avvicinai a lui lentamente e abbassai la testa, le nostre fronti si toccarono, una serie di leggere testate di saluto e poi lo accarezzai, sussurrandogli alle orecchie che ero lì per lui, che lo volevo da impazzire e che finalmente sarei stata sua e solo sua.
Lui capiva benissimo il senso di tutto quello che gli dicevo e dal petto faceva salire i suoi eccitati ed eccitanti brontolii, mentre si sfregava in modo molto sensuale contro i miei fianchi.
Mi leccò la faccia eccitandomi ancora di più.
Cercando di non cadere, mi sfilai calzoncini e mutandine e gli presentai la mia figa già abbondantemente eccitata e bagnata.
Lui ci si strusciò contro, affondando il naso in mezzo alle mie gambe, e cominciò a leccarmela, facendomi gemere per il piacere.
Allargai le gambe, gli presi il testone e aggrappandomi alla criniera lo tirai ancora più contro il mio pube.
Dio… ero già quasi in paradiso, ancora qualche leccata di quella lingua ruvida e sarei certamente venuta.
Ma non volevo venire così, volevo farlo mentre mi scopava.
Quindi a malincuore mi ritrassi e mi misi a carponi, la pancia aderente al pavimento di terra battuta e il sedere leggermente sollevato, offrendomi a lui come farebbe una femmina della sua specie.
Lui si mise dietro di me, mi leccò ancora un po' , poi mi circondò con le zampe anteriori e accostò il suo pube al mio deretano, cominciando a muovere lentamente il bacino avanti e indietro, sentii la punta del suo pene fuoriuscire e picchiettare alla cieca contro le labbra della mia vagina, poi, dopo parecchi tentativi non riusciti, trovò la strada giusta e lo fece scivolare dentro.
Cominciò a scoparmi lentamente, tenendomi stretta a sé, il suo cazzo ora era tutto dentro di me e andava avanti e indietro lentamente, come se non avesse nessuna fretta.
Dio che bello!
Lo sentivo brontolare sopra di me, grosse gocce di bava mi cadevano sulla schiena mentre il suo cazzo mi riempiva la figa completamente, facendomi godere anche grazie alla sua forma così particolare.
La copula non durò molto, un minuto o poco più, lo sentii ruggire sommessamente mentre eiaculava, poi sentii il suo cazzo ritirarsi e uscire.
Lui si staccò da me e si mise a un metro e mezzo di distanza, sdraiato come se nulla fosse.
Io ero ancora un po’ stordita dalla situazione, ci misi un attimo a elaborare tutto quello che era successo negli ultimi minuti, sapevo che non avrei avuto molto tempo per pensare perché il leone sarebbe presto ritornato alla carica, approcciandosi per un secondo e poi un terzo accoppiamento.
È vero che la singola monta di un leone dura poco, ma è anche vero che possono andar avanti ad accoppiarsi senza sosta per tutto il giorno, a volte per due o tre giorni di seguito.
Infatti successe proprio così, dopo qualche minuto di sosta il mio bel maschio si riavvicinò, mi diede un leggero colpo col muso per farmi capire che stava per ripartire e per farmi mettere in posizione.
Io ubbidii alla sua muta richiesta e sollevai leggermente il sedere mentre lui si posizionava di nuovo dietro di me e si accingeva a riprendere l’accoppiamento.
Questa seconda volta però me la sarei goduta di più, ero meno preoccupata di quello che sarebbe successo e più libera di dedicarmi alle emozioni e alle sensazioni che stavo per provare.
Infatti, questa volta, fu bellissimo sentire il suo pene entrare dentro di me e cominciare a muoversi avanti e indietro, sentirlo godere, ma la cosa più bella fu il sentirsi una cosa sua, sentire di essere la sua femmina.
Dopo un po’ lo sentii eiaculare di nuovo e di nuovo si separò da me per qualche minuto.
Io rimasi immobile, disponibile e pronta per la copula successiva.
Intorno a noi tutto era silenzio, ma in lontananza si sentivano i mille versi degli altri animali dello zoo.
Immersi in quel buio era quasi totale, si poteva quasi immaginare di essere veramente nella savana africana e io potevo sognare di essere una leonessa, una leonessa in calore che si faceva scopare dal suo re.
Andammo avanti per più di un’ora, lui si avvicinava, verificava il mio stato e la mia disponibilità annusandomi la vagina e dandomi delle fantastiche leccate e poi si metteva dietro di me per scoparmi ancora e ancora e ancora.
Era meraviglioso, mi piaceva da morire e quando vedevo che si prendeva delle pause più lunghe, ero io che mi alzavo e spostandomi a carponi mi avvicinavo a lui, analogamente a come avrebbe fatto una leonessa in calore, lo stuzzicavo, lo baciavo, lo accarezzavo, lo leccavo per stimolarlo a proseguire con un’altra monta.
Lui rispondeva al gioco, sdraiandosi su un fianco in modo languido e allora io gli accarezzavo la pancia, fino al pene e ai piccoli testicoli rotondi e sodi, li accarezzavo, li massaggiavo e li prendevo in bocca, risalivo verso il pene e con le carezze lo facevo eccitare in modo da poterlo prendere tra le labbra e succhiarlo.
Lui mi lasciava fare godendosi quelle coccole sessuali, fino a quando, troppo eccitato per lasciarmi giocare oltre, si alzava brontolando e mi induceva a sdraiarmi per potermi scopare ancora.
Andammo avanti tutta la notte, non so quante volte venni, almeno tre o quattro, ma la volta che mi piacque di più fu quando mi girai a pancia in su e lo accolsi tra le mie braccia e tra le mie gambe in una posizione simile a quella del missionario.
All'inizio sembrava perplesso ma poi si abituò a quella che per lui era una stranezza e mi penetrò in quella posizione.
Era bellissimo vederlo sopra di me e poterlo accarezzare mentre mi montava, strinsi i muscoli della vagina per sentirne ancora meglio il cazzo che andava e veniva dentro di me e poi sentirlo sborrare, e quella volta venni insieme a lui.
Anche a lui piacque particolarmente perché venne brontolando di piacere e ruggendo, dandomi dei colpi di bacino particolarmente veementi.
Alla fine, a malincuore dovetti proprio andarmene, stava quasi per albeggiare, per cui, approfittando di un momento di sosta, raccolsi i miei vestiti, lo baciai teneramente, promettendogli che sarei tornata l'indomani e il giorno dopo ancora, approfittando del mio periodo di fertilità, per fare ancora l'amore con lui e uscii di soppiatto dalla sua gabbia e dal padiglione dei grandi felini, raggiunsi il ripostiglio, dove mi rifugiai aspettando l'ora 'ingresso dei dipendenti e rivivendo i meravigliosi e incredibili amplessi di cui avevo appena goduto.
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