Pensieri liquidi
di
Shikari
genere
masturbazione
Sound track:
Lindsey Stirling - Til The Light Goes Out https://www.youtube.com/watch?v=oQrIbBqV2Ew Derek Hough - Kairos Ft. Lindsey Stirling https://www.youtube.com/watch?v=ByxG3twGius
Entri finalmente nella penombra del tuo appartamento, avverti la frescura e ringrazi le persiane abbassate che mantengono una temperature ideale, ti senti a tuo agio in quel chiaroscuro, invece che alzarle del tutto come fai di solito decidi di lasciarle a mezza via. Posi lo zaino e intanto la tua mente stila la lista di quello che devi fare, hai due ore e mezza prima di dover uscire nuovamente. Ti senti strana in questi giorni, sarà l’eccesso di lavoro, sarà il caldo che fa impazzire tutti attorno a te, sarà che dormi meno rispetto al solito, saranno un sacco di cose differenti l’una dall’altra. Ti avvii verso il bagno, e avverti prepotente il richiamo della vasca, d’impulso decidi che tutto il resto può attendere, ne chiudi il tappo colorato, cerchi il bagnoschiuma che ti piace tanto, quello all’Argan, lo annusi prima di versarne una generosa dose sotto il rubinetto dell’acqua, giri la manopola verso l’indicatore rosso, tanto sai che prima che arrivi calda passerà del tempo, osservi le prime bolle che si formano quasi incantata. Accendi la musica, e subito le prime note di violino permeano l’aria, un sorriso ti spunta sul volto, inizi lentamente a spogliarti, semini pezzi di vestiario come piccole tracce del tuo passaggio, non ti interessa il disordine, sei tu che poi dovrai raccogliere tutto, intanto il tuo traditore corpo si muove sinuoso su quella melodia che ami. Sciogli la treccia, liberi le ciocche dalla loro forzata prigionia, dolcemente la spazzola ne doma le artificiali onde, osservi nello specchio cercando di definire il punto preciso nel quale il marrone vira al blu, cerchi di capire se è ora di ritoccarne il colore, ma il degradare è ancora dolce. Con delicatezza li raccogli in un morbido chignon alto, i fermagli facili da togliere, un veloce sguardo alla vasca mezza piena, controlli la temperatura dell’acqua che ora è calda, ne smorzi un po’ la caloria, nuda ti aggiri nella camera, prepari l’intimo per dopo, prendi tempo fino a che l’acqua non raggiunge il livello che desideri. Delicatamente ti immergi in quella nuvola rovente che hai creato, il candore della schiuma cela il bollore dell’acqua, quasi con sollievo avverti il calore che ti scotta, ami la calda carezza che ottunde i tuoi recettori, li infiamma, e tu avverti la soddisfazione del tuo lato masochistico, con un sospiro scivoli verso il basso, ti immergi quasi completamente, l’acqua che ora ti lambisce il collo, puoi rilassarti, lasciar correre i pensieri. Inizialmente come cavalli selvaggi lasci che seguano i volteggi del violino, per poi imbrigliarli, direzionarli in una sorta di peccaminoso esame di coscienza. Lasci che le tue mani ti sfiorino, riprendano confidenza con il tuo corpo, ormai la tua temperatura si è armonizzata con quella dell’acqua, non avverti più il leggero dolore di benvenuto. Lieve carezza liquida sfiora la punta del tuo capezzolo e veloce quello si erge a mostrar gradimento. Senza sforzo stacchi la mente dalle azioni delle mani, ora i tuoi pensieri corrono in una direzione, le mani inconsapevolmente continuano la loro leggera danza sul tuo corpo. Ti piace lasciar spazio ai pensieri, lasciarli liberi di fluire come l’acqua in cui sei immersa, immagini un fiume, che inizialmente si presenta come dolce rivolo per poi tramutarsi in impetuoso ruscello, pieno di salti e cascate, di deviazioni e ramificazioni, molto prima di raggiungere la pianura, così vedi i tuoi pensieri. Devi dar loro una direzione, se lasci che divaghino non avrai concluso nulla, per cui inizi da una domanda: Sei felice? La risposta che ti dai è no. Sei discretamente contenta, ma non sei felice. Non come dovresti. Non come vorresti. Allora devi capire perché, dove sta l’inghippo; inizi da lontano, il lavoro, quello è ok, stancante, ma va bene così. Hai le tue soddisfazioni e i tuoi riconoscimenti, una certa indipendenza d’azione che non guasta. Tempo libero, ne hai poco, ma cerchi di far cose che ti piacciono, e solitamente si tratta di starsene in un angolo con un libro. Tasto dolente, la famiglia. Qui ti rendi conto che qualcosa stona, e non è quel pezzettino di cuore che ti ruba il tempo e l’anima, sai che faresti qualsiasi cosa per quel pezzettino, quindi lo escludi dall’equazione. L’altro, è l’altro che ti cruccia, quello grande e grosso per cui hai piantato tutto e tutti, ti sei trasferita in un posto bello ma freddo, le cui persone sono troppo distanti per modo di fare ed educazione dal tuo modo di essere. Ti sei auto imposta di sentirti a tuo agio, di esser felice, ma la facciata che hai creato si sta sgretolando, la tua pazienza titanica sta arrivando agli sgoccioli. Lo avevi in un qualche modo previsto, avevi visto la catastrofe e avvisato del pericolo, ma sei rimasta inascoltata, la tua voce quasi un mormorio di sottofondo. Hai deglutito sgarbi e dispetti, hai accettato il fatto che lui non abbia fatto chissà quale sforzo per inserirti, inizialmente non ti è pesato, sei sempre stata una persona che basta a sé stessa. Ti rendi conto di avere un carattere di merda, sai essere stronza e prepotente, ti piace provocare e avere sempre ragione, sei fatta così, non ti sei mai nascosta dietro una maschera, al massimo ne hai attenuato un pelo l’intensità. Ti potrebbe anche andare bene continuare così, rimanere sul tuo, accontentarti, ma sei stanca di sentirti così, in contrasto con l’energia che avverti, ti senti quasi elettrica a momenti. A stancarti davvero sono gli alti e bassi, l’incostanza, il non sentirti apprezzata, data per scontata. Ne hai piene le scatole. In questo periodo si è risvegliata una parte che credevi sopita per sempre, invece no, la tua scintilla si è riaccesa. Con prepotenza. Cerchi di tornare con i ricordi all’incipit, rivivi l’ultimo mese, quasi giorno per giorno, come un lunghissimo flashback, e improvvisamente rammenti, il sito di giochini erotici che avevi trovato, il carrello virtuale pieno di un po’ di tutto, la tua domanda a lui “Cosa ci regaliamo? Ti va di aggiungere qualcosa?” e il suo disinteresse. Quello è stato il momento in cui hai detto basta. Realizzi ora a mente fredda quanto ti abbia fatto male, perché sai che per quanto tu possa amarlo e aver fatto sacrifici per lui, non sei ricambiata. Ci hai sbattuto la faccia, hai volutamente ignorato i piccoli segnali che già c’erano, questa cosa, invece, è stata più tipo segnale luminoso con tanto di frecce. Impossibile da ignorare. La tua mano sinistra scivola lungo la gamba sinistra, lungo quel disegno che ne solca il fianco del polpaccio, quel disegno con cui hai proclamato la tua indipendenza, il tuo possesso del tuo corpo. Quelle linee nere che delineano il tuo totem, la rappresentazione della tua anima, il tuo alter ego, la tua essenza, la tua lupa. Sai che è con te anche quando non la avverti, l’hai azzittita, dominata, sottomessa, ma ora si sta levando in un ringhio di insoddisfazione e voglia di rivincita. Con la mente scivoli oltre il collo, lungo quei kanji che sostengono la tua colonna vertebrale, intrecciati al ramo di pesco che ti decora la schiena. Onestà e Giustizia, Coraggio, Compassione, Cortesia, Sincerità, Onore, Dovere e Lealtà. Ti accorgi ora che hai fallito, che la prima persona verso la quale dovresti mostrare tutte quelle cose sei te stessa, e ciò significa iniziare ad essere maggiormente egoisti, pensare prima a sé stessi poi agli altri. Non hai bisogno di altri incentivi a cambiare prospettiva, hai una mente aperta, l’hai sempre avuta. Sei fortemente consapevole dei tuoi difetti, ma anche dei tuoi pregi. Ti innamori facilmente e ci metti l’anima, sai che ti porterà dolore, ma è un dolore che accogli volentieri, accetti ogni ferita nel tuo animo come un antico guerriero avrebbe accolto una ferita sul corpo. Perchè ciascuna di esse significa che hai vissuto. Che hai provato, hai fallito magari, ma hai provato. Perchè, anche se lo scopo ultimo è riuscire, provare è fondamentale. C’è una forza straordinaria in quella fragilità, un controsenso talmente forte che quando lo realizzi il tuo corpo si immobilizza, la tua mente esce per un attimo dal torrente dei tuoi pensieri e si risintonizza sul violino che ancora suona. Ti trovi un attimo spaesata, ma l’acqua è ancora tiepida, la schiuma non si è ancora dissolta, non hai finito il tuo esame di coscienza. Lentamente la mano destra scende lungo il tuo ventre, gli occhi si chiudono e un sospiro ti sfugge, la lieve carezza che ti regali ti aiuta a tornare in quello stato di grazia in cui riesci ad ascoltare i tuoi pensieri. Ora la domanda più ovvia sarebbe: “Cosa ti manca per esser felice?” Tanto semplice sarebbe la domanda quanto complicata la risposta, qualcuno ha provato a rispondere, e sebbene ci si sia avvicinato non aveva ragione. Il più porco. No, non è quello che ti serve per esser felice, tu vuoi il più perverso, quello che ti accompagni ovunque, che sia disposto a qualsiasi cosa per te, che metta te davanti a tutto e tutti. Che non abbia paura di prendere il volo, ma che ancora meno, abbia paura di cadere. Vuoi qualcuno che ti accompagni in quella stanza rivestita di damasco blu e argento che si trova nella tua testa. Inconsapevolmente ti ci ritrovi dentro. Il tuo rifugio segreto, l’hai arredata da cima a fondo. Carta da parati blu oltremare con disegni damascati argento, velluto e seta blu ovunque, perché ti piace come contrasta con la tua pelle bianca, e non è anonimo come il nero o eccessivo come il rosso. In un angolo hai posizionato un letto a baldacchino, con alte colonne ai lati, lunghi veli ne celano in parte le lenzuola in tinta con il resto. Nella cassettiera d’epoca la tua mente ha nascosto ogni gingillo che tu abbia mai visto on-line, sulla parete trovano posto fruste e frustini, corde e legami. Questa è una delle stanze più importanti del tuo cervello, in questa stanza non esistono safeword, in questa stanza non hai ancora portato nessuno. Ora avverti che è quello il tassello mancante, ciò che ti manca per esser felice. Qualcuno lì dentro. Ma non ci vuoi chiunque, ti senti particolarmente esigente, tu vuoi qualcuno che sia capace di prenderti il culo e l’anima, di fotterti il cervello, e baciarti fino a toglierti il fiato, che ti porti sulla luna e ti lasci cadere. Qualcuno che ti spinga e si spinga oltre i tuoi limiti. E non abbia paura di farsi male. Che non si vergogni del suo dominarti ed esser dominato, perché il tuo essere ora si impone, uno scambio, una reciprocità. Vuoi la violenza e le coccole, perchè non puoi liberare una parte di te e soffocarne un altra, devi sfogare la tua personalità in tutte le sue sfumature. Ora che hai aperto la gabbia devi lasciarla uscire, la chiave è stata distrutta dalla tua volontà e non è possibile forgiarne un’altra. Lentamente riprendi coscienza di te stessa, avverti il miele tra le tue gambe nonostante l’acqua che ti avvolge, bagnato su bagnato. Sorridi al pensiero fugace che scivola via, le dita che danzano prendono il ritmo del violino, il respiro si accorcia e con un gemito accogli la soddisfazione ultima. La tua mente ha elaborato il problema, ha concluso la sua analisi, la schiuma ormai si è dissolta e l’acqua raffreddata. Apri il tappo e lasci scivolare via l’acqua e i residui del tuo piacere, per oggi hai finito.
Lindsey Stirling - Til The Light Goes Out https://www.youtube.com/watch?v=oQrIbBqV2Ew Derek Hough - Kairos Ft. Lindsey Stirling https://www.youtube.com/watch?v=ByxG3twGius
Entri finalmente nella penombra del tuo appartamento, avverti la frescura e ringrazi le persiane abbassate che mantengono una temperature ideale, ti senti a tuo agio in quel chiaroscuro, invece che alzarle del tutto come fai di solito decidi di lasciarle a mezza via. Posi lo zaino e intanto la tua mente stila la lista di quello che devi fare, hai due ore e mezza prima di dover uscire nuovamente. Ti senti strana in questi giorni, sarà l’eccesso di lavoro, sarà il caldo che fa impazzire tutti attorno a te, sarà che dormi meno rispetto al solito, saranno un sacco di cose differenti l’una dall’altra. Ti avvii verso il bagno, e avverti prepotente il richiamo della vasca, d’impulso decidi che tutto il resto può attendere, ne chiudi il tappo colorato, cerchi il bagnoschiuma che ti piace tanto, quello all’Argan, lo annusi prima di versarne una generosa dose sotto il rubinetto dell’acqua, giri la manopola verso l’indicatore rosso, tanto sai che prima che arrivi calda passerà del tempo, osservi le prime bolle che si formano quasi incantata. Accendi la musica, e subito le prime note di violino permeano l’aria, un sorriso ti spunta sul volto, inizi lentamente a spogliarti, semini pezzi di vestiario come piccole tracce del tuo passaggio, non ti interessa il disordine, sei tu che poi dovrai raccogliere tutto, intanto il tuo traditore corpo si muove sinuoso su quella melodia che ami. Sciogli la treccia, liberi le ciocche dalla loro forzata prigionia, dolcemente la spazzola ne doma le artificiali onde, osservi nello specchio cercando di definire il punto preciso nel quale il marrone vira al blu, cerchi di capire se è ora di ritoccarne il colore, ma il degradare è ancora dolce. Con delicatezza li raccogli in un morbido chignon alto, i fermagli facili da togliere, un veloce sguardo alla vasca mezza piena, controlli la temperatura dell’acqua che ora è calda, ne smorzi un po’ la caloria, nuda ti aggiri nella camera, prepari l’intimo per dopo, prendi tempo fino a che l’acqua non raggiunge il livello che desideri. Delicatamente ti immergi in quella nuvola rovente che hai creato, il candore della schiuma cela il bollore dell’acqua, quasi con sollievo avverti il calore che ti scotta, ami la calda carezza che ottunde i tuoi recettori, li infiamma, e tu avverti la soddisfazione del tuo lato masochistico, con un sospiro scivoli verso il basso, ti immergi quasi completamente, l’acqua che ora ti lambisce il collo, puoi rilassarti, lasciar correre i pensieri. Inizialmente come cavalli selvaggi lasci che seguano i volteggi del violino, per poi imbrigliarli, direzionarli in una sorta di peccaminoso esame di coscienza. Lasci che le tue mani ti sfiorino, riprendano confidenza con il tuo corpo, ormai la tua temperatura si è armonizzata con quella dell’acqua, non avverti più il leggero dolore di benvenuto. Lieve carezza liquida sfiora la punta del tuo capezzolo e veloce quello si erge a mostrar gradimento. Senza sforzo stacchi la mente dalle azioni delle mani, ora i tuoi pensieri corrono in una direzione, le mani inconsapevolmente continuano la loro leggera danza sul tuo corpo. Ti piace lasciar spazio ai pensieri, lasciarli liberi di fluire come l’acqua in cui sei immersa, immagini un fiume, che inizialmente si presenta come dolce rivolo per poi tramutarsi in impetuoso ruscello, pieno di salti e cascate, di deviazioni e ramificazioni, molto prima di raggiungere la pianura, così vedi i tuoi pensieri. Devi dar loro una direzione, se lasci che divaghino non avrai concluso nulla, per cui inizi da una domanda: Sei felice? La risposta che ti dai è no. Sei discretamente contenta, ma non sei felice. Non come dovresti. Non come vorresti. Allora devi capire perché, dove sta l’inghippo; inizi da lontano, il lavoro, quello è ok, stancante, ma va bene così. Hai le tue soddisfazioni e i tuoi riconoscimenti, una certa indipendenza d’azione che non guasta. Tempo libero, ne hai poco, ma cerchi di far cose che ti piacciono, e solitamente si tratta di starsene in un angolo con un libro. Tasto dolente, la famiglia. Qui ti rendi conto che qualcosa stona, e non è quel pezzettino di cuore che ti ruba il tempo e l’anima, sai che faresti qualsiasi cosa per quel pezzettino, quindi lo escludi dall’equazione. L’altro, è l’altro che ti cruccia, quello grande e grosso per cui hai piantato tutto e tutti, ti sei trasferita in un posto bello ma freddo, le cui persone sono troppo distanti per modo di fare ed educazione dal tuo modo di essere. Ti sei auto imposta di sentirti a tuo agio, di esser felice, ma la facciata che hai creato si sta sgretolando, la tua pazienza titanica sta arrivando agli sgoccioli. Lo avevi in un qualche modo previsto, avevi visto la catastrofe e avvisato del pericolo, ma sei rimasta inascoltata, la tua voce quasi un mormorio di sottofondo. Hai deglutito sgarbi e dispetti, hai accettato il fatto che lui non abbia fatto chissà quale sforzo per inserirti, inizialmente non ti è pesato, sei sempre stata una persona che basta a sé stessa. Ti rendi conto di avere un carattere di merda, sai essere stronza e prepotente, ti piace provocare e avere sempre ragione, sei fatta così, non ti sei mai nascosta dietro una maschera, al massimo ne hai attenuato un pelo l’intensità. Ti potrebbe anche andare bene continuare così, rimanere sul tuo, accontentarti, ma sei stanca di sentirti così, in contrasto con l’energia che avverti, ti senti quasi elettrica a momenti. A stancarti davvero sono gli alti e bassi, l’incostanza, il non sentirti apprezzata, data per scontata. Ne hai piene le scatole. In questo periodo si è risvegliata una parte che credevi sopita per sempre, invece no, la tua scintilla si è riaccesa. Con prepotenza. Cerchi di tornare con i ricordi all’incipit, rivivi l’ultimo mese, quasi giorno per giorno, come un lunghissimo flashback, e improvvisamente rammenti, il sito di giochini erotici che avevi trovato, il carrello virtuale pieno di un po’ di tutto, la tua domanda a lui “Cosa ci regaliamo? Ti va di aggiungere qualcosa?” e il suo disinteresse. Quello è stato il momento in cui hai detto basta. Realizzi ora a mente fredda quanto ti abbia fatto male, perché sai che per quanto tu possa amarlo e aver fatto sacrifici per lui, non sei ricambiata. Ci hai sbattuto la faccia, hai volutamente ignorato i piccoli segnali che già c’erano, questa cosa, invece, è stata più tipo segnale luminoso con tanto di frecce. Impossibile da ignorare. La tua mano sinistra scivola lungo la gamba sinistra, lungo quel disegno che ne solca il fianco del polpaccio, quel disegno con cui hai proclamato la tua indipendenza, il tuo possesso del tuo corpo. Quelle linee nere che delineano il tuo totem, la rappresentazione della tua anima, il tuo alter ego, la tua essenza, la tua lupa. Sai che è con te anche quando non la avverti, l’hai azzittita, dominata, sottomessa, ma ora si sta levando in un ringhio di insoddisfazione e voglia di rivincita. Con la mente scivoli oltre il collo, lungo quei kanji che sostengono la tua colonna vertebrale, intrecciati al ramo di pesco che ti decora la schiena. Onestà e Giustizia, Coraggio, Compassione, Cortesia, Sincerità, Onore, Dovere e Lealtà. Ti accorgi ora che hai fallito, che la prima persona verso la quale dovresti mostrare tutte quelle cose sei te stessa, e ciò significa iniziare ad essere maggiormente egoisti, pensare prima a sé stessi poi agli altri. Non hai bisogno di altri incentivi a cambiare prospettiva, hai una mente aperta, l’hai sempre avuta. Sei fortemente consapevole dei tuoi difetti, ma anche dei tuoi pregi. Ti innamori facilmente e ci metti l’anima, sai che ti porterà dolore, ma è un dolore che accogli volentieri, accetti ogni ferita nel tuo animo come un antico guerriero avrebbe accolto una ferita sul corpo. Perchè ciascuna di esse significa che hai vissuto. Che hai provato, hai fallito magari, ma hai provato. Perchè, anche se lo scopo ultimo è riuscire, provare è fondamentale. C’è una forza straordinaria in quella fragilità, un controsenso talmente forte che quando lo realizzi il tuo corpo si immobilizza, la tua mente esce per un attimo dal torrente dei tuoi pensieri e si risintonizza sul violino che ancora suona. Ti trovi un attimo spaesata, ma l’acqua è ancora tiepida, la schiuma non si è ancora dissolta, non hai finito il tuo esame di coscienza. Lentamente la mano destra scende lungo il tuo ventre, gli occhi si chiudono e un sospiro ti sfugge, la lieve carezza che ti regali ti aiuta a tornare in quello stato di grazia in cui riesci ad ascoltare i tuoi pensieri. Ora la domanda più ovvia sarebbe: “Cosa ti manca per esser felice?” Tanto semplice sarebbe la domanda quanto complicata la risposta, qualcuno ha provato a rispondere, e sebbene ci si sia avvicinato non aveva ragione. Il più porco. No, non è quello che ti serve per esser felice, tu vuoi il più perverso, quello che ti accompagni ovunque, che sia disposto a qualsiasi cosa per te, che metta te davanti a tutto e tutti. Che non abbia paura di prendere il volo, ma che ancora meno, abbia paura di cadere. Vuoi qualcuno che ti accompagni in quella stanza rivestita di damasco blu e argento che si trova nella tua testa. Inconsapevolmente ti ci ritrovi dentro. Il tuo rifugio segreto, l’hai arredata da cima a fondo. Carta da parati blu oltremare con disegni damascati argento, velluto e seta blu ovunque, perché ti piace come contrasta con la tua pelle bianca, e non è anonimo come il nero o eccessivo come il rosso. In un angolo hai posizionato un letto a baldacchino, con alte colonne ai lati, lunghi veli ne celano in parte le lenzuola in tinta con il resto. Nella cassettiera d’epoca la tua mente ha nascosto ogni gingillo che tu abbia mai visto on-line, sulla parete trovano posto fruste e frustini, corde e legami. Questa è una delle stanze più importanti del tuo cervello, in questa stanza non esistono safeword, in questa stanza non hai ancora portato nessuno. Ora avverti che è quello il tassello mancante, ciò che ti manca per esser felice. Qualcuno lì dentro. Ma non ci vuoi chiunque, ti senti particolarmente esigente, tu vuoi qualcuno che sia capace di prenderti il culo e l’anima, di fotterti il cervello, e baciarti fino a toglierti il fiato, che ti porti sulla luna e ti lasci cadere. Qualcuno che ti spinga e si spinga oltre i tuoi limiti. E non abbia paura di farsi male. Che non si vergogni del suo dominarti ed esser dominato, perché il tuo essere ora si impone, uno scambio, una reciprocità. Vuoi la violenza e le coccole, perchè non puoi liberare una parte di te e soffocarne un altra, devi sfogare la tua personalità in tutte le sue sfumature. Ora che hai aperto la gabbia devi lasciarla uscire, la chiave è stata distrutta dalla tua volontà e non è possibile forgiarne un’altra. Lentamente riprendi coscienza di te stessa, avverti il miele tra le tue gambe nonostante l’acqua che ti avvolge, bagnato su bagnato. Sorridi al pensiero fugace che scivola via, le dita che danzano prendono il ritmo del violino, il respiro si accorcia e con un gemito accogli la soddisfazione ultima. La tua mente ha elaborato il problema, ha concluso la sua analisi, la schiuma ormai si è dissolta e l’acqua raffreddata. Apri il tappo e lasci scivolare via l’acqua e i residui del tuo piacere, per oggi hai finito.
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