A lezione di chitarra (parte 2)

di
genere
feticismo

- È stato meraviglioso
Diceva con gli occhi luccicanti, un po' per l'emozione, un po' forse per la birra, mentre fumavamo una sigaretta, al termine del concerto.
I colleghi stavano caricando in macchina i loro strumenti, e mi chiamarono perché gli dessi una mano con le cose più pesanti.
- scusa, ne avrò per una mezz'ora, ci vediamo settimana prossima a scuola di musica.
- non ti preoccupare, non ho fretta, se vuoi ti aspetto.
- va bene, come preferisci, non voglio farti prendere freddo però.
- tranquillo torno dentro, ci vediamo dopo.
Finito di caricare l'attrezzatura rientrai nell'osteria. I pochi clienti rimasti chiacchieravano cercando di sovrastare il volume della filodiffusione che trasmetteva un brano dei Pogues, la signora Caterina era seduta a un tavolino per due, vedendomi rientrare mi fece cenno di sedermi. La raggiunsi:
- bevi qualcosa? Offro io.
- grazie. Le è piaciuto lo spettacolo?
- dammi del tu per favore, ho 44 anni ma mi fai sentire vecchia, se no! Comunque sei fantastico, ho ancora la pelle d'oca. E poi hai mantenuto la promessa della canzone.
Ci portarono da bere.
- salute
Dissi
- alla tua.

Venne il mese di giugno, a [...] la vita era sempre un po' pigra d'estate, come in tutta la bassa padana, quel pomeriggio al termine della lezione, la signora Caterina venne a prendere la figlia come sempre, con la sua piccola automobile, ma quando scese per fumare con me, abitudine ormai consolidata, fui colpito dalla sua tenuta: canottiera attillata che lasciava scoperta la maggior parte del ventre, piatto e tonico per una donna con due gravidanze alle spalle, pantaloncini da corsa cortissimi e scarpe da ginnastica.
Accese la Marlboro:
- oggi fa caldo, ma ho voluto lo stesso andare a correre. Rise.
- eh ci vuole un bel coraggio. Scherzai.
Un particolare attrasse la mia curiosità, la signora era perfettamente truccata e pettinata, molto curioso per una che aveva appena corso sotto il sole nell'aria afosa di giugno.
Non dissi nulla, mi limitai a mangiarla con gli occhi. La pelle dal colore quasi ambrato, soda per la muscolatura da atleta - sebbene dilettante -, i capelli raccolti schiariti dal sole, e quel rossetto impertinente che ormai non potevo non associare a lei.
Fu di poche ore dopo il messaggio con cui mi proponeva di sostituire la figlia, nella lezione della settimana seguente.
"Per me va bene, si può fare" risposi.
"Non vedo l'ora"

Quel mercoledì pomeriggio, alle ore 18, puntuale come suo costume, la signora Caterina mi aspettava fuori dalla porta dell'aula di chitarra, con un vestito estivo che le arrivava poco sopra il ginocchio, a motivi floreali, i sandali a zeppa mi offrivano la vista dei suoi piedi stupendi, le dita aggraziate, le unghie smaltate di rosso.
La feci accomodare di fronte a me, per darle i primi rudimenti allo strumento, dopo poco si rese conto che le unghie della mano sinistra erano forse un po' troppo lunghe e faticava a tenere la posizione corretta della mano.
Le girai attorno per verificare la sua postura, e mi avvicinai alla sua spalla per aiutarla nel gesto, quando la spallina del vestito scese lungo il suo braccio, scoprendo pericolosamente la parte alta del suo petto.
- ooops! Scusa maestro! Disse ridendo, rimettendo a posto l'abito.
Avevo visto quanto bastava per formulare nella mente pensieri poco edificanti.
Le girai di nuovo intorno, verso la spalla destra, per mettere a posto l'inclinazione dello strumento, e lei disse con tono scherzoso:
- oh che bello, adesso mi abbracci?
Non era mia intenzione, come le dissi, ma certo non avevo disdegnato il suo collo lungo e ben fatto, la sua acconciatura spontanea ed estiva.
Quando le chiesi il permesso di sistemarle la posizione del piede destro, sentii fremere il suo corpo nella caviglia che spostavo con delicatezza, dando un'occhiata da vicino a quei piedi da fata.

Al termine della lezione, riposti strumenti e carta da musica, prima di uscire dall'aula si fermò spalle alla porta e mi guardò con una strana, apparente serietà.
- sei un professionista molto serio
- È il mio lavoro
- ci metti anche tanta passione, si vede
- è un lavoro che mi piace
- si, ma ora mi permetti di ringraziarti come si deve?
- in che senso? La lezione è già pagata
- sei troppo professionale adesso, non lasciare indietro la passione.
Poggiò la chitarra al muro e, senza darmi il tempo di fare alcunché, mi afferrò il volto con ambedue le mani e mi trovai la sua lingua nella bocca. Per lo stupore e il brivido, non seppi reagire che dopo un minuto o due, in cui il suo bacio si era evoluto da un'imboscata imorevista a un languido incontro di lingue e labbra.
Finalmente si allontanò da me, dandomi il tempo di riprendere fiato per dirle in un mormorio:
- è la prima volta che mi ringraziano così.
- si vede che non tutte apprezzano appieno le tue qualità
- non sono così speciale, penso, anche tu ci hai messo del tuo, in fondo.
Sorrise, gli occhi lucenti di trionfo ed eccitazione.
Si avvicinò, senza toccarmi si accostò all'orecchio e sussurrò:
- forse hai ragione, forse sono anch'io un po' troia.

Segue...
scritto il
2022-07-16
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