Mutandine di lingua
di
Yuko
genere
voyeur
Fretta, molta fretta al mattino di lunedì dopo essere tornata ieri sera tardi dalle vacanze.
I bagagli ancora in auto nel box, per fare prima, e ora, dopo la doccia, non riesco a trovare biancheria da indossare.
Gli slip puliti sono nella valigia e annaspo nel cassetto in cerca di qualcosa di cui vestirmi.
Va be' che fa caldo, ma senza mutande mi sembra eccessivo.
Sposto fazzoletti e calze di cotone e finalmente trovo un paio di slip rimasto sepolto.
Li infilo al volo, ma solo quando sono al loro posto mi accorgo del misfatto.
Eh già. Sono mutandine che mi aveva regalato Jos, il mio compagno, tanti anni fa.
Una delle sue idee demenziali.
Stupore, imbarazzo, grandi risate e rossore davanti alle amiche e agli amici, e poi l'articolo imboscato in un cassetto e mai più usato.
Impensabile.
Eppure sono quelle cose che spiace buttare via.
Un paio di mutandine da donna in cotone bianco. Tutto qui.
Peccato che un genio perverso ci abbia fatto stampare sopra la foto, ingrandita, della bocca aperta del mio fidanzato, di profilo, con tre dita di lingua che spuntano.
Una lingua rossa come un lampone, affilata come una saetta, proprio in regione 'passera'.
Un regalino di compleanno, fine, di gran classe, delicato. Solo velatamente allusivo.
E che c'è di male?
Risate sgangherate di Jos e di quella feccia della sua cerchia di amici, nella deplorazione generale delle mie amiche. Ragazze che scuotono rassegnate la testa, mentre loro, i maschi, stanno piegati in due dalle risa.
“Dai, Yuko, provale!”
“Qui davanti a tutti?”
“Ma sì, e che c'è di male?”
“Ma me le devo cambiare sotto gli occhi di tutti?”
Fino a che punto può spingersi la perversione maschile?
Ma poi, dai, è un regalo. Loro sono felici. Eh già, e che ci vuoi fare?
Ovvio che non le ho mai messe.
Però spiaceva buttarle via, mi dicevo, coltivando l'intento di cancellare in qualche modo quella specie di lingua prensile, esagerata, e di quel vermiglio focoso, irreale.
Ma ora non ho scelta.
Non posso andare senza mutande, già sono senza reggiseno. Nello spogliatoio femminile un paio di pere in più o in meno non destano clamore, ma una passera all'aria sarebbe poco convenzionale.
Eh sì, ma se mi vedesse qualche collega con queste mutandine?
Be', però... Magari si spalle. E nel contempo controllo che dietro non ci sia stampato nulla di cui in precedenza non mi sia accorta. Che so, io, un dito medio, per esempio.
Forse coprendo furtivamente con le mani e con gesti rapidi potrei cambiarmi rapidamente. O chissà, potrebbe anche non esserci nessuno in quel momento.
E sia. D'altra parte non ho neanche molta altra scelta.
Con circospezione mi infilo le mutandine incriminate. La misura è giusta, ma quando, con timore, mi guardo allo specchio, quella lingua assatanata si insinua appena sotto il monte di Venere e sembra che cerchi di infilarsi proprio dentro.
Ma come si fa a essere così coglioni?
E devo anche pensare di essere stata fortunata a trovare un paio di slip da mettermi.
Mi infilo un paio di jeans corti, rapida come una ladra, e chiudo la cerniera sperando di imprigionare la lingua nella zip, immaginando che Jos possa provare il vero dolore.
Mi avvio in cortile a slegare la bicicletta, e poi sulle strade trafficate.
Mi sento addosso gli occhi di tutti, come se potessero vedermi tra un indumento e l'altro.
Attenta a rispettare precedenze e semafori, ci mancherebbe solo che mi investissero e che, in pronto soccorso, spogliandomi scoprissero che razza di mutande vesto.
Oltre il danno, sarebbe la beffa!
I bagagli ancora in auto nel box, per fare prima, e ora, dopo la doccia, non riesco a trovare biancheria da indossare.
Gli slip puliti sono nella valigia e annaspo nel cassetto in cerca di qualcosa di cui vestirmi.
Va be' che fa caldo, ma senza mutande mi sembra eccessivo.
Sposto fazzoletti e calze di cotone e finalmente trovo un paio di slip rimasto sepolto.
Li infilo al volo, ma solo quando sono al loro posto mi accorgo del misfatto.
Eh già. Sono mutandine che mi aveva regalato Jos, il mio compagno, tanti anni fa.
Una delle sue idee demenziali.
Stupore, imbarazzo, grandi risate e rossore davanti alle amiche e agli amici, e poi l'articolo imboscato in un cassetto e mai più usato.
Impensabile.
Eppure sono quelle cose che spiace buttare via.
Un paio di mutandine da donna in cotone bianco. Tutto qui.
Peccato che un genio perverso ci abbia fatto stampare sopra la foto, ingrandita, della bocca aperta del mio fidanzato, di profilo, con tre dita di lingua che spuntano.
Una lingua rossa come un lampone, affilata come una saetta, proprio in regione 'passera'.
Un regalino di compleanno, fine, di gran classe, delicato. Solo velatamente allusivo.
E che c'è di male?
Risate sgangherate di Jos e di quella feccia della sua cerchia di amici, nella deplorazione generale delle mie amiche. Ragazze che scuotono rassegnate la testa, mentre loro, i maschi, stanno piegati in due dalle risa.
“Dai, Yuko, provale!”
“Qui davanti a tutti?”
“Ma sì, e che c'è di male?”
“Ma me le devo cambiare sotto gli occhi di tutti?”
Fino a che punto può spingersi la perversione maschile?
Ma poi, dai, è un regalo. Loro sono felici. Eh già, e che ci vuoi fare?
Ovvio che non le ho mai messe.
Però spiaceva buttarle via, mi dicevo, coltivando l'intento di cancellare in qualche modo quella specie di lingua prensile, esagerata, e di quel vermiglio focoso, irreale.
Ma ora non ho scelta.
Non posso andare senza mutande, già sono senza reggiseno. Nello spogliatoio femminile un paio di pere in più o in meno non destano clamore, ma una passera all'aria sarebbe poco convenzionale.
Eh sì, ma se mi vedesse qualche collega con queste mutandine?
Be', però... Magari si spalle. E nel contempo controllo che dietro non ci sia stampato nulla di cui in precedenza non mi sia accorta. Che so, io, un dito medio, per esempio.
Forse coprendo furtivamente con le mani e con gesti rapidi potrei cambiarmi rapidamente. O chissà, potrebbe anche non esserci nessuno in quel momento.
E sia. D'altra parte non ho neanche molta altra scelta.
Con circospezione mi infilo le mutandine incriminate. La misura è giusta, ma quando, con timore, mi guardo allo specchio, quella lingua assatanata si insinua appena sotto il monte di Venere e sembra che cerchi di infilarsi proprio dentro.
Ma come si fa a essere così coglioni?
E devo anche pensare di essere stata fortunata a trovare un paio di slip da mettermi.
Mi infilo un paio di jeans corti, rapida come una ladra, e chiudo la cerniera sperando di imprigionare la lingua nella zip, immaginando che Jos possa provare il vero dolore.
Mi avvio in cortile a slegare la bicicletta, e poi sulle strade trafficate.
Mi sento addosso gli occhi di tutti, come se potessero vedermi tra un indumento e l'altro.
Attenta a rispettare precedenze e semafori, ci mancherebbe solo che mi investissero e che, in pronto soccorso, spogliandomi scoprissero che razza di mutande vesto.
Oltre il danno, sarebbe la beffa!
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