Chiara - cap.03 - L'origine di tutto
di
jaco69
genere
etero
Mi svegliai riposato, mi sentivo in splendida forma. Chiara dormiva beata accovacciata sul tappetino ai piedi del letto, da fedele cagnetta. Mentre scendevo silenzioso a preparare il caffè mi tornò in mente quel nostro primo incontro fortuito, tanto lontano nel tempo quanto nelle modalità.
*****
Eravamo gli unici single a una cena di amici, due coppie sposate. Ero un ospite abituale a casa di Luca, il mio collega, e ogni tanto sua moglie cercava di combinarmi un incontro con qualche sua amica. A volte gli incontri andavano a buon fine, diciamo che qualche serata di sesso piacevole l’ho rimediata, ma si è trattato sempre di rapporti occasionali, per nulla duraturi. Quella sera Sonia era riuscita a tirar fuori di casa, a quanto disse lei “con la forza”, la sua collega solitaria e schiva, single da anni dopo una convivenza piuttosto lunga con il primo e unico fidanzato della sua vita – ovviamente finita male. Restai subito colpito dalla sua timidezza ai limiti del patologico: sguardo basso dietro gli spessi occhiali, spalle curve, più che mai silenziosa. Eppure c’era qualcosa di bello, di positivo in lei , nonostante fosse accuratamente celato dal suo atteggiamento e dalla sua postura. Non era per nulla brutta, solo poco curata, una trascuratezza dovuta certamente alla scarsa autostima. Ma io già stavo vedendo in lei una forma di bellezza potenziale assolutamente non banale.
La conferma la ebbi durante la serata: parlando con lei emerse una personalità ricca, elegante, incredibilmente stimolante e interessante. Rientrato a casa dopo la cena pensai a lei a lungo e crebbe in me il desiderio di rivederla. Sonia e Luca si diedero da fare nei giorni successivi per rimetterci in contatto, organizzando serate, cenette, aperitivi. Finché non arrivò la serata in cui, dopo la cena, la riaccompagnai a casa.
L’intesa tra noi era piuttosto evidente, anche se in modo del tutto anomalo (almeno per me) stavamo andando con il freno a mano tirato. Ma a quel punto era chiaro cosa desideravamo entrambi.
- Ti accompagno su...
- Mi accompagni su?
Pronunciammo quelle frasi in contemporanea. E sorridemmo. Entrati in casa chiusi la porta dietro di me, spinsi Chiara contro al muro e le infilai la lingua in bocca con una certa decisione. Sentii la sua lingua infilarsi tra le mie labbra, tra i denti, allungarsi in profondità nella mia bocca e mulinare avvinghiandosi alla mia; le nostre salive si mischiavano in un vortice incontrollato, ci leccavamo, ci toccavamo in preda ad una foga passionale travolgente, esplosiva. Ero allo stesso tempo sbalordito e catturato, coinvolto da questa inaspettata furia erotica che mi trascinava con passione. Quindi ci staccammo e prendemmo fiato, fissandoci negli occhi. Fu allora che capii ciò che mi aveva colpito in lei la prima volta: era una pentola a pressione pronta a esplodere, chiusa nel suo guscio di acciaio al cui interno ribolliva lava rovente miscelata a dinamite; ed era sufficiente trovare la valvola per liberare tutta la sua energia, la sua carica erotica da troppi anni sopita e mortificata. Insomma.... donna smorta, figa forta come si dice dalle mie parti.
Ci spogliammo e ci buttammo sul divano. Iniziai a leccarla, dai piedi risalendo lungo le gambe. Lei mugolava come una cagna e quando iniziai a baciarle il pube, a mordicchiarle il clitoride, a infilarle la lingua tra le piccole labbra già fradice i mugolii si trasformarono in sospiri intensi, sonori. Mentre la leccavo ebbe uno scatto nervoso, una tensione delle gambe che mi stritolarono la testa. Era già venuta. Peggio di un adolescente alla prima sega. Mi alzai e la guardai sorridendo; arrossì ma non per timidezza, credo fosse solo per l’enfasi del repentino orgasmo appena avuto. Mi tirò a sé e ricominciammo a baciarci; Chiara mi annusava come un segugio per godere del profumo del suo sesso sul mio viso. Il mio cazzo duro le si appoggiò al pube, arretrai un pochino e finalmente glielo feci scivolare tra le piccole labbra spalancate, iniziando così a scoparmela. I suoi mugolii ripresero immediatamente, ancora più intensi di prima; sembrava incredibile come non ci fosse stato in lei alcun calo della libido, nonostante l’orgasmo appena raggiunto. Sembrava insaziabile e la sua fame andava di pari passo con la voglia di farmela che avevo accumulato negli ultimi giorni. Scopammo con passione, nel più totale trasporto fisico ed emotivo, godendo del contatto delle nostre pelli, calde, sudate, arrossate dall’enfasi, un contatto che entrambi avevamo desiderato a lungo, sognato, fantasticato. E ora la fantasia si era concretizzata. Venne ancora una volta, sotto i miei colpi, stringendomi a sé con le gambe avvinghiate dietro la mia schiena, tra sospiri e grida strozzate. Faticavo a resistere ma non volevo venirle dentro per vari motivi e così appena mollò la stretta mi sfilai e le schizzai caldi getti di sborra sulla pancia, sulle tettine, sul collo.
- Potevi venirmi dentro, non ho il ciclo da anni.
- Mi piace vedere gli schizzi sulla tua pelle, volevo innaffiarti come merita un fiore pronto a sbocciare.
Per la prima volta potevo soffermarmi ad osservarla: ci eravamo spogliati in fretta e furia e non avevamo potuto dedicare nemmeno un secondo alla visione reciproca dei nostri corpi nudi. I suoi occhi erano finalmente sorridenti e pieni di luce; i lineamenti forti del viso contornavano due labbra carnose che invitavano a baciarle; il collo lungo, elegante; il seno piccolo, soffice, con quella pieghetta appena accennata che lo rende naturale e interessante molto più dei gommosi clichet stereotipati generati dalla presunzione di qualche chirurgo plastico; le braccia sottili che terminavano in due mani perfette, scultoree; le gambe lunghissime, slanciate. Faceva ancora molto caldo ed eravamo esausti. Si alzò e mentre andava verso il frigo osservavo il suo incedere dolce, elegante, sempre timido ma non più goffo e sciatto. Lo stacco delle gambe da gazzella conduceva il mio sguardo verso un culetto bellissimo, sodo, dalle forme non esattamente convenzionali la cui imperfezione lo rendeva terribilmente attraente ai miei occhi; risalivo lungo la vita stretta fino alle spalle, non più curve ma finalmente dritte e squadrate, che supportavano con eleganza il lungo collo. Sembrava che Chiara avesse iniziato un lento processo di fioritura, che stesse sbocciando spogliandosi del grigio velo in cui era rimasta avvolta per anni. Mentre tornava verso di me con due birre in mano la vedevo sorridere tranquilla, soddisfatta; mi soffermai sul seno, sui capezzoli turgidi, quindi scesi verso il boschetto di peli pubici che, devo ammettere, in quel contesto trovai esteticamente gradevole ma soprattutto che scatenò immediatamente in me la fantasia di quando e come glielo avrei rasato. Restai ancora un po’ con lei, a chiacchierare dei tanti argomenti che ci accomunavano; restammo nudi, senza alcuna timidezza o disagio finché, soddisfatto, me ne tornai a casa.
Come era ovvio gli incontri successivi non richiesero più l’intervento dei nostri cupidi Sonia e Luca. Ci vedemmo quasi tutte le sere successive, preferibilmente nel mio appartamento, più accogliente rispetto al suo piccolo e disordinato monolocale, ma non mancarono le cene in compagnia delle altre due coppie di amici. Ora, devo ammetterlo, le coppie erano diventate tre. Chiara era un vulcano sempre prossimo all’eruzione, la sua carica erotica era inarrestabile e io avevo sempre più voglia di lei, ma dopo qualche tempo iniziai a rendermi conto che qualcosa non funzionava. Ho sempre considerato il sesso come una fusione di molti aspetti: sentimentale, piacere fisico, divertimento, ma con Chiara mancava qualcosa: la fantasia. Lei godeva sempre come una matta ma sembrava non conoscesse minimamente i molteplici aspetti dell’universo erotico. Solo in seguito, quando mi raccontò nel dettaglio i suoi trascorsi, ne capii il motivo: era rimasta vergine fino a 24 anni, senza nemmeno aver mai baciato un ragazzo, quindi aveva conosciuto il suo unico compagno ed erano andati a convivere dopo poco tempo. Ma evidentemente il tipo non era dotato di grande fantasia in campo sessuale e non le aveva trasmesso gran ché; dopo qualche anno il trauma della separazione l’aveva chiusa in un bozzolo grigio, in un’esistenza priva di svaghi e di socialità, in una sciattaggine da cui, fortuitamente, io l’avevo fatta uscire, prendendola per mano. Ma era chiaro che, per quanto io fossi riuscito a liberare la sua carica vitale, c’era in lei una forte lacuna in termini di background culturale nel mondo dell’eros.
Me ne resi conto in occasione del primo pompino. Il sesso orale fino ad allora era stato un frettoloso preludio alla scopata vera e propria; eravamo talmente presi reciprocamente da noi stessi che non vedevamo l’ora di accoppiarci e di raggiungere insieme le vette del piacere con la penetrazione. Ma sentivo il desiderio di donarle il mio orgasmo in bocca, di nutrirla con il mio seme caldo e così una sera, riuscendo a trattenermi durante il suo ennesimo orgasmo, finii per spingerle l’uccello in bocca. Iniziò ad andare su e giù in modo piuttosto meccanico e quando dopo pochi colpi iniziai a sborrare lo estrasse immediatamente e lo abbandonò lì, da solo, a eiaculare preziosi getti sull’inerte pavimento. Ci rimasi malissimo e dovetti completare l’opera in autonomia segandomi per poter raggiungere con soddisfazione il picco di piacere. Mi guardò soddisfatta, senza cogliere la mia disapprovazione. Mi venne immediatamente in mente una delle frasi che ho sempre preferito, tratta da un porn cult degli anni ’70: la maggior parte delle donne smette di succhiare al momento dell’orgasmo; è proprio allora che la “vera donna” inizia a succhiare (Most women stop sucking at the moment of orgasm; that however is when the real woman just begins to suck – The beginning of Misty Beethoven, 1976 - 15:40). Mi resi conto che Chiara aveva bisogno di qualche spiegazione su come effettivamente funziona la sessualità degli uomini.
Iniziò così un intenso periodo di formazione, che sviluppai su due fronti: quello motivazionale e quello tecnico. Dapprima mi concentrai su un lavoro volto a portare la mia allieva a desiderare con passione di avere un cazzo, il mio cazzo, in bocca. Le spiegai che il pompino è un dono che l’uomo fa alla donna, e non viceversa, concedendole l’opportunità e il piacere di ricevere in premio il nutriente nettare. La portai facilmente a vedere l’atto come una forma di piacere per sé stessa in primis, a desiderare la mia asta calda tra le labbra, come un perverso ciuccio ristoratore e calmante. Solo raggiunto questo primo obiettivo mi dedicai agli aspetti tecnici, illuminandola sui punti più sensibili del nostro amato organo, su come usare la lingua intorno alla cappella, come stuzzicare il frenulo, come ingoiare tutta l’asta fino in gola, come destreggiarsi in giochetti di aspirazione per stuzzicare la prostata attraverso l’uretra creando decompressione. Il lavoro diede i frutti sperati; anzi, la carica erotica irrefrenabile di Chiara, il suo coinvolgimento nei miei confronti, la sua consapevolezza di allieva appassionata la portarono a quell’atteggiamento curioso, attento, vorace, tipico della brava studentessa totalmente devota al suo insegnante. Inoltre mostrava di apprezzare molto gli epiteti non proprio formali che le elargivo mentre me lo succhiava, tanto da arrivare lei stessa a chiedermi di essere definita “la mia pompinara preferita”.
- Brava la mia succhiacazzi! – e mentre, in ginocchio ai miei piedi, mi lavorava con passione, i suoi occhi si rivolgevano a me sorridenti e appagati.
Iniziava dunque a delinearsi un rapporto molto particolare tra noi: totalmente paritario in termini di coinvolgimento ma con ruoli ben definiti in cui io ero lo scultore e lei il blocco vergine di creta. La cosa bella è che Chiara viveva questo ruolo in modo tutt’altro che passivo o sottomesso, bensì molto proattivo e, come accade solo con i migliori studenti, era proprio lei a stimolare in me il ruolo di maestro.
Qualcosa di simile accadde con il culo. Approcciandomi al sesso a 360° ero ben conscio del fatto che con Chiara eravamo solo all’inizio di un percorso molto lungo e di cui non avevamo intenzione di vedere la fine. E in effetti la ricerca del superamento dei limiti fu sempre e resta tuttora il leit motiv del nostro rapporto. Ma con lei, diversamente dal solito, andavo con molta calma. Sapevo che non c’era fretta perché avevo la netta sensazione che questo rapporto sarebbe durato molto a lungo. Iniziai stimolandole il buco del culo già durante i suoi primi orgasmi, quindi iniziai a penetrarla dolcemente con un dito, poi due. Le leccavo il culo e ci infilavo la lingua in profondità, studiando le sue reazioni, ma non volevo ancora arrivare al rapporto anale completo. Come per il pompino volevo portarla a desiderarlo, non volevo imporglielo. Insomma feci in modo che acquisisse gradualmente consapevolezza della sensibilità del suo culo, di scoprirne le infinite potenzialità; per ottenere ciò, nel momento di massimo piacere della scopata, appena prima del suo orgasmo, le penetravo lo sfintere con le dita, stuzzicandolo nei punti più sensibili, creando così un’associazione psicofisica culo-orgasmo che si rivelò ben presto illuminante per lei. La incuriosii.
- Una volta il mio ex ci provò, ma non mi piacque e la cosa finì lì.
In quel momento capii che io e il suo culo le avremmo dato grandi soddisfazioni, e così fu. Iniziai comprandole alcuni falli realistici in gomma, di misure via via crescenti, e le diedi istruzioni precise su come, dove e quando utilizzarli in mia assenza. In breve tempo diventò una cultrice della masturbazione anale e giornalmente mi faceva un report dei progressi fatti nella solitudine del suo appartamentino ma anche durante il giorno nelle fugaci pause lavorative nei bagni del negozio dove lavorava. Stava diventando una troia, e ne andavo fiero tanto quanto lei ne era orgogliosa. Finché venne la serata fatidica; il suo culo era ormai ben allenato. Io decisi di dedicarmi solo a lui, trascurando di proposito la figa, per non mischiare le due diverse stimolazioni, quella vaginale e quella anale, lasciando che si concentrasse solo su quest’ultima; il risultato fu straordinario. La presi con violenza a pecorina e la pompai con forza in culo fino a che non venimmo insieme tra urla e sospiri. Era il suo primo orgasmo anale e poco prima di venire, a sorpresa, preso dall’enfasi e decisamente privo di razionale controllo, mi venne di mollarle un paio di sonori schiaffi sulle natiche che incredibilmente amplificarono a dismisura il suo piacere orgasmico. Fu proprio in quel momento che nacque in me quel desiderio che ancor ora ci anima e rende così incredibilmente stimolante il nostro rapporto. Fu lì che entrambi ci rendemmo conto che Chiara poteva trasformare una sensazione dolorosa in una fonte di piacere, e allo stesso tempo che io potevo e dovevo sviluppare questa sua inaspettata qualità.
*****
Il caffè era pronto; preparai il vassoio aggiungendo i waffle che avevo amorevolmente cucinato mentre tutti questi ricordi prendevano forma nella mia mente, li guarnii con fragole, sciroppo d’acero e zucchero a velo e tornai in camera a svegliare nel modo più dolce possibile la mia fedele cagnetta.
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Eravamo gli unici single a una cena di amici, due coppie sposate. Ero un ospite abituale a casa di Luca, il mio collega, e ogni tanto sua moglie cercava di combinarmi un incontro con qualche sua amica. A volte gli incontri andavano a buon fine, diciamo che qualche serata di sesso piacevole l’ho rimediata, ma si è trattato sempre di rapporti occasionali, per nulla duraturi. Quella sera Sonia era riuscita a tirar fuori di casa, a quanto disse lei “con la forza”, la sua collega solitaria e schiva, single da anni dopo una convivenza piuttosto lunga con il primo e unico fidanzato della sua vita – ovviamente finita male. Restai subito colpito dalla sua timidezza ai limiti del patologico: sguardo basso dietro gli spessi occhiali, spalle curve, più che mai silenziosa. Eppure c’era qualcosa di bello, di positivo in lei , nonostante fosse accuratamente celato dal suo atteggiamento e dalla sua postura. Non era per nulla brutta, solo poco curata, una trascuratezza dovuta certamente alla scarsa autostima. Ma io già stavo vedendo in lei una forma di bellezza potenziale assolutamente non banale.
La conferma la ebbi durante la serata: parlando con lei emerse una personalità ricca, elegante, incredibilmente stimolante e interessante. Rientrato a casa dopo la cena pensai a lei a lungo e crebbe in me il desiderio di rivederla. Sonia e Luca si diedero da fare nei giorni successivi per rimetterci in contatto, organizzando serate, cenette, aperitivi. Finché non arrivò la serata in cui, dopo la cena, la riaccompagnai a casa.
L’intesa tra noi era piuttosto evidente, anche se in modo del tutto anomalo (almeno per me) stavamo andando con il freno a mano tirato. Ma a quel punto era chiaro cosa desideravamo entrambi.
- Ti accompagno su...
- Mi accompagni su?
Pronunciammo quelle frasi in contemporanea. E sorridemmo. Entrati in casa chiusi la porta dietro di me, spinsi Chiara contro al muro e le infilai la lingua in bocca con una certa decisione. Sentii la sua lingua infilarsi tra le mie labbra, tra i denti, allungarsi in profondità nella mia bocca e mulinare avvinghiandosi alla mia; le nostre salive si mischiavano in un vortice incontrollato, ci leccavamo, ci toccavamo in preda ad una foga passionale travolgente, esplosiva. Ero allo stesso tempo sbalordito e catturato, coinvolto da questa inaspettata furia erotica che mi trascinava con passione. Quindi ci staccammo e prendemmo fiato, fissandoci negli occhi. Fu allora che capii ciò che mi aveva colpito in lei la prima volta: era una pentola a pressione pronta a esplodere, chiusa nel suo guscio di acciaio al cui interno ribolliva lava rovente miscelata a dinamite; ed era sufficiente trovare la valvola per liberare tutta la sua energia, la sua carica erotica da troppi anni sopita e mortificata. Insomma.... donna smorta, figa forta come si dice dalle mie parti.
Ci spogliammo e ci buttammo sul divano. Iniziai a leccarla, dai piedi risalendo lungo le gambe. Lei mugolava come una cagna e quando iniziai a baciarle il pube, a mordicchiarle il clitoride, a infilarle la lingua tra le piccole labbra già fradice i mugolii si trasformarono in sospiri intensi, sonori. Mentre la leccavo ebbe uno scatto nervoso, una tensione delle gambe che mi stritolarono la testa. Era già venuta. Peggio di un adolescente alla prima sega. Mi alzai e la guardai sorridendo; arrossì ma non per timidezza, credo fosse solo per l’enfasi del repentino orgasmo appena avuto. Mi tirò a sé e ricominciammo a baciarci; Chiara mi annusava come un segugio per godere del profumo del suo sesso sul mio viso. Il mio cazzo duro le si appoggiò al pube, arretrai un pochino e finalmente glielo feci scivolare tra le piccole labbra spalancate, iniziando così a scoparmela. I suoi mugolii ripresero immediatamente, ancora più intensi di prima; sembrava incredibile come non ci fosse stato in lei alcun calo della libido, nonostante l’orgasmo appena raggiunto. Sembrava insaziabile e la sua fame andava di pari passo con la voglia di farmela che avevo accumulato negli ultimi giorni. Scopammo con passione, nel più totale trasporto fisico ed emotivo, godendo del contatto delle nostre pelli, calde, sudate, arrossate dall’enfasi, un contatto che entrambi avevamo desiderato a lungo, sognato, fantasticato. E ora la fantasia si era concretizzata. Venne ancora una volta, sotto i miei colpi, stringendomi a sé con le gambe avvinghiate dietro la mia schiena, tra sospiri e grida strozzate. Faticavo a resistere ma non volevo venirle dentro per vari motivi e così appena mollò la stretta mi sfilai e le schizzai caldi getti di sborra sulla pancia, sulle tettine, sul collo.
- Potevi venirmi dentro, non ho il ciclo da anni.
- Mi piace vedere gli schizzi sulla tua pelle, volevo innaffiarti come merita un fiore pronto a sbocciare.
Per la prima volta potevo soffermarmi ad osservarla: ci eravamo spogliati in fretta e furia e non avevamo potuto dedicare nemmeno un secondo alla visione reciproca dei nostri corpi nudi. I suoi occhi erano finalmente sorridenti e pieni di luce; i lineamenti forti del viso contornavano due labbra carnose che invitavano a baciarle; il collo lungo, elegante; il seno piccolo, soffice, con quella pieghetta appena accennata che lo rende naturale e interessante molto più dei gommosi clichet stereotipati generati dalla presunzione di qualche chirurgo plastico; le braccia sottili che terminavano in due mani perfette, scultoree; le gambe lunghissime, slanciate. Faceva ancora molto caldo ed eravamo esausti. Si alzò e mentre andava verso il frigo osservavo il suo incedere dolce, elegante, sempre timido ma non più goffo e sciatto. Lo stacco delle gambe da gazzella conduceva il mio sguardo verso un culetto bellissimo, sodo, dalle forme non esattamente convenzionali la cui imperfezione lo rendeva terribilmente attraente ai miei occhi; risalivo lungo la vita stretta fino alle spalle, non più curve ma finalmente dritte e squadrate, che supportavano con eleganza il lungo collo. Sembrava che Chiara avesse iniziato un lento processo di fioritura, che stesse sbocciando spogliandosi del grigio velo in cui era rimasta avvolta per anni. Mentre tornava verso di me con due birre in mano la vedevo sorridere tranquilla, soddisfatta; mi soffermai sul seno, sui capezzoli turgidi, quindi scesi verso il boschetto di peli pubici che, devo ammettere, in quel contesto trovai esteticamente gradevole ma soprattutto che scatenò immediatamente in me la fantasia di quando e come glielo avrei rasato. Restai ancora un po’ con lei, a chiacchierare dei tanti argomenti che ci accomunavano; restammo nudi, senza alcuna timidezza o disagio finché, soddisfatto, me ne tornai a casa.
Come era ovvio gli incontri successivi non richiesero più l’intervento dei nostri cupidi Sonia e Luca. Ci vedemmo quasi tutte le sere successive, preferibilmente nel mio appartamento, più accogliente rispetto al suo piccolo e disordinato monolocale, ma non mancarono le cene in compagnia delle altre due coppie di amici. Ora, devo ammetterlo, le coppie erano diventate tre. Chiara era un vulcano sempre prossimo all’eruzione, la sua carica erotica era inarrestabile e io avevo sempre più voglia di lei, ma dopo qualche tempo iniziai a rendermi conto che qualcosa non funzionava. Ho sempre considerato il sesso come una fusione di molti aspetti: sentimentale, piacere fisico, divertimento, ma con Chiara mancava qualcosa: la fantasia. Lei godeva sempre come una matta ma sembrava non conoscesse minimamente i molteplici aspetti dell’universo erotico. Solo in seguito, quando mi raccontò nel dettaglio i suoi trascorsi, ne capii il motivo: era rimasta vergine fino a 24 anni, senza nemmeno aver mai baciato un ragazzo, quindi aveva conosciuto il suo unico compagno ed erano andati a convivere dopo poco tempo. Ma evidentemente il tipo non era dotato di grande fantasia in campo sessuale e non le aveva trasmesso gran ché; dopo qualche anno il trauma della separazione l’aveva chiusa in un bozzolo grigio, in un’esistenza priva di svaghi e di socialità, in una sciattaggine da cui, fortuitamente, io l’avevo fatta uscire, prendendola per mano. Ma era chiaro che, per quanto io fossi riuscito a liberare la sua carica vitale, c’era in lei una forte lacuna in termini di background culturale nel mondo dell’eros.
Me ne resi conto in occasione del primo pompino. Il sesso orale fino ad allora era stato un frettoloso preludio alla scopata vera e propria; eravamo talmente presi reciprocamente da noi stessi che non vedevamo l’ora di accoppiarci e di raggiungere insieme le vette del piacere con la penetrazione. Ma sentivo il desiderio di donarle il mio orgasmo in bocca, di nutrirla con il mio seme caldo e così una sera, riuscendo a trattenermi durante il suo ennesimo orgasmo, finii per spingerle l’uccello in bocca. Iniziò ad andare su e giù in modo piuttosto meccanico e quando dopo pochi colpi iniziai a sborrare lo estrasse immediatamente e lo abbandonò lì, da solo, a eiaculare preziosi getti sull’inerte pavimento. Ci rimasi malissimo e dovetti completare l’opera in autonomia segandomi per poter raggiungere con soddisfazione il picco di piacere. Mi guardò soddisfatta, senza cogliere la mia disapprovazione. Mi venne immediatamente in mente una delle frasi che ho sempre preferito, tratta da un porn cult degli anni ’70: la maggior parte delle donne smette di succhiare al momento dell’orgasmo; è proprio allora che la “vera donna” inizia a succhiare (Most women stop sucking at the moment of orgasm; that however is when the real woman just begins to suck – The beginning of Misty Beethoven, 1976 - 15:40). Mi resi conto che Chiara aveva bisogno di qualche spiegazione su come effettivamente funziona la sessualità degli uomini.
Iniziò così un intenso periodo di formazione, che sviluppai su due fronti: quello motivazionale e quello tecnico. Dapprima mi concentrai su un lavoro volto a portare la mia allieva a desiderare con passione di avere un cazzo, il mio cazzo, in bocca. Le spiegai che il pompino è un dono che l’uomo fa alla donna, e non viceversa, concedendole l’opportunità e il piacere di ricevere in premio il nutriente nettare. La portai facilmente a vedere l’atto come una forma di piacere per sé stessa in primis, a desiderare la mia asta calda tra le labbra, come un perverso ciuccio ristoratore e calmante. Solo raggiunto questo primo obiettivo mi dedicai agli aspetti tecnici, illuminandola sui punti più sensibili del nostro amato organo, su come usare la lingua intorno alla cappella, come stuzzicare il frenulo, come ingoiare tutta l’asta fino in gola, come destreggiarsi in giochetti di aspirazione per stuzzicare la prostata attraverso l’uretra creando decompressione. Il lavoro diede i frutti sperati; anzi, la carica erotica irrefrenabile di Chiara, il suo coinvolgimento nei miei confronti, la sua consapevolezza di allieva appassionata la portarono a quell’atteggiamento curioso, attento, vorace, tipico della brava studentessa totalmente devota al suo insegnante. Inoltre mostrava di apprezzare molto gli epiteti non proprio formali che le elargivo mentre me lo succhiava, tanto da arrivare lei stessa a chiedermi di essere definita “la mia pompinara preferita”.
- Brava la mia succhiacazzi! – e mentre, in ginocchio ai miei piedi, mi lavorava con passione, i suoi occhi si rivolgevano a me sorridenti e appagati.
Iniziava dunque a delinearsi un rapporto molto particolare tra noi: totalmente paritario in termini di coinvolgimento ma con ruoli ben definiti in cui io ero lo scultore e lei il blocco vergine di creta. La cosa bella è che Chiara viveva questo ruolo in modo tutt’altro che passivo o sottomesso, bensì molto proattivo e, come accade solo con i migliori studenti, era proprio lei a stimolare in me il ruolo di maestro.
Qualcosa di simile accadde con il culo. Approcciandomi al sesso a 360° ero ben conscio del fatto che con Chiara eravamo solo all’inizio di un percorso molto lungo e di cui non avevamo intenzione di vedere la fine. E in effetti la ricerca del superamento dei limiti fu sempre e resta tuttora il leit motiv del nostro rapporto. Ma con lei, diversamente dal solito, andavo con molta calma. Sapevo che non c’era fretta perché avevo la netta sensazione che questo rapporto sarebbe durato molto a lungo. Iniziai stimolandole il buco del culo già durante i suoi primi orgasmi, quindi iniziai a penetrarla dolcemente con un dito, poi due. Le leccavo il culo e ci infilavo la lingua in profondità, studiando le sue reazioni, ma non volevo ancora arrivare al rapporto anale completo. Come per il pompino volevo portarla a desiderarlo, non volevo imporglielo. Insomma feci in modo che acquisisse gradualmente consapevolezza della sensibilità del suo culo, di scoprirne le infinite potenzialità; per ottenere ciò, nel momento di massimo piacere della scopata, appena prima del suo orgasmo, le penetravo lo sfintere con le dita, stuzzicandolo nei punti più sensibili, creando così un’associazione psicofisica culo-orgasmo che si rivelò ben presto illuminante per lei. La incuriosii.
- Una volta il mio ex ci provò, ma non mi piacque e la cosa finì lì.
In quel momento capii che io e il suo culo le avremmo dato grandi soddisfazioni, e così fu. Iniziai comprandole alcuni falli realistici in gomma, di misure via via crescenti, e le diedi istruzioni precise su come, dove e quando utilizzarli in mia assenza. In breve tempo diventò una cultrice della masturbazione anale e giornalmente mi faceva un report dei progressi fatti nella solitudine del suo appartamentino ma anche durante il giorno nelle fugaci pause lavorative nei bagni del negozio dove lavorava. Stava diventando una troia, e ne andavo fiero tanto quanto lei ne era orgogliosa. Finché venne la serata fatidica; il suo culo era ormai ben allenato. Io decisi di dedicarmi solo a lui, trascurando di proposito la figa, per non mischiare le due diverse stimolazioni, quella vaginale e quella anale, lasciando che si concentrasse solo su quest’ultima; il risultato fu straordinario. La presi con violenza a pecorina e la pompai con forza in culo fino a che non venimmo insieme tra urla e sospiri. Era il suo primo orgasmo anale e poco prima di venire, a sorpresa, preso dall’enfasi e decisamente privo di razionale controllo, mi venne di mollarle un paio di sonori schiaffi sulle natiche che incredibilmente amplificarono a dismisura il suo piacere orgasmico. Fu proprio in quel momento che nacque in me quel desiderio che ancor ora ci anima e rende così incredibilmente stimolante il nostro rapporto. Fu lì che entrambi ci rendemmo conto che Chiara poteva trasformare una sensazione dolorosa in una fonte di piacere, e allo stesso tempo che io potevo e dovevo sviluppare questa sua inaspettata qualità.
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Il caffè era pronto; preparai il vassoio aggiungendo i waffle che avevo amorevolmente cucinato mentre tutti questi ricordi prendevano forma nella mia mente, li guarnii con fragole, sciroppo d’acero e zucchero a velo e tornai in camera a svegliare nel modo più dolce possibile la mia fedele cagnetta.
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