Chiara - cap.05 - Il pompino mattutino
di
jaco69
genere
dominazione
Da sempre mi sveglio con l’uccello in tiro. Non ricordo una mattina degli ultimi 40 anni in cui non sia stato effettivamente così. Spesso quando apro gli occhi mi scopro con l’uccello teso stretto tra le dita serrate; sarà forse una forma di orgoglioso possesso o di protezione, o magari è solo una dimostrazione di affetto e attaccamento al mio amato organo fonte di piacere. Ma da quando Chiara trascorre le notti a casa mia ha introdotto una nuova, piacevole abitudine. Fin dall’inizio, quando ancora dormiva nella cuccia del cane ai piedi del letto, svegliandosi come sempre prima di me notò l’interessante rigonfiamento mattutino sotto le lenzuola. E così avvenne che un bel giorno mi svegliai con una sensazione nuova: invece di avere il cazzo tra le mani lo sentii avvolto da un nuovo calore umido e scivoloso, e mentre lentamente prendevo coscienza mi rendevo conto che la mia adorata cagnetta, in ginocchio a fianco al letto, mi stava svegliando con un meraviglioso pompino. Quella prima volta non ebbi modo di reagire e dopo pochi colpi mi ritrovai a scaricarle in gola caldi getti di sborra, regalandole quello che divenne in seguito l’ingrediente principale della sua colazione.
Da allora questa è rimasta un’abitudine quasi giornaliera e ormai non punto nemmeno più la sveglia. Molto meglio Chiara e il suo pompino. Ma il più delle volte questa dolce pratica è solo il preludio a qualcosa di più ricco ed elaborato, anche perché non amo provare piacere senza prima aver fatto godere la mia schiava. Ma quella volta, come dicevo, non fui in grado di resistere alla piacevole improvvisata, al termine della quale restai rilassato tra le lenzuola. Era sabato e avevamo tutto il tempo a disposizione, e così Chiara scese a preparare una bella colazione e me la portò a letto. Tutti i miei bisogni primari erano a quel punto soddisfatti, ma naturalmente nella vita c’è anche altro.
- Il mio padrone è arrabbiato con me?
- No, tutt’altro.
- Ne avresti tutte le ragioni. Sono stata ingorda e egoista, me ne rendo conto. Ho pensato solo a soddisfare la mia sete e le mie voglie senza chiedere il permesso al mio padrone. Lo so che mi merito una punizione.
Sorrisi, ero quasi commosso per questa adorabile manifestazione di devozione e sottomissione.
- Tesoro, al contrario, meriti un premio per la tua dolcezza.
E così dicendo la presi dolcemente e la feci sdraiare a pancia in giù, quindi con quattro robuste cinghie assicurai polsi e caviglie alle gambe del letto, immobilizzandola a X mentre mi sorrideva orgogliosa e soddisfatta. Presi il frustino che avevo fatto con un elastico rametto di nocciolo e ne feci scivolare la punta lungo la delicata pelle della schiena, per farle il solletico. Il frustino scorreva lento dal collo fino alle caviglie e con esso disegnavo immaginari ricami artistici, provocando in lei leggerissime scosse nervose e piccoli brividi di impaziente piacere. Mi soffermai sulle candide natiche tondeggianti, osservando le goccioline brillanti che iniziavano ad imperlare le labbra della sua rosea orchidea, quindi schioccai improvvisamente il primo colpo, netto, deciso ma comunque delicato, provocando nella mia schiavetta un risolino di soddisfazione. Proseguii tranquillo con delicate frustate fino a che non vidi una macchia umida propagarsi sul lenzuolo tra le sue gambe: era il segnale. Avrei potuto provocarle l’orgasmo proseguendo con le frustate; la capacità di Chiara di trasformare il dolore in godimento, unita alla soddisfazione psicologica che la schiavizzazione generava in lei sarebbero state più che sufficienti, ma mi fermai. Si girò verso di me con un sorriso che esprimeva desiderio e soddisfazione e allo stesso tempo mi chiedeva di continuare. Quello sguardo fece risalire in me l’eccitazione: la rapidità con cui ero venuto al risveglio non era stata sufficiente a togliermi la voglia, inoltre la colazione energetica e il caffè corroborante avevano riportato vigore al mio uccello; ma non avevo fretta.
Presi il fallo di gomma più grosso che tenevamo nel cassetto e glielo spinsi con decisione tra le piccole labbra, sfondandola senza alcuna riserva. Chiara reagì con un forte sospiro sonoro che prese subito il ritmo sincrono dei colpi con cui facevo scivolare dentro di lei il grosso uccello. La stavo violentando, apparentemente in modo grezzo, volgare, privo di rispetto, ma in realtà quei gesti, nella definizione dei nostri ruoli, rappresentavano una manifestazione di amore e affetto di una dolcezza infinita. Continuando a spingere chinai il viso tra le sue natiche e iniziai un lungo lavoro di lingua sul suo buchetto del culo che immediatamente si dilatò e si ammorbidì per prepararsi alla penetrazione. Spingevo la lingua in profondità, sentendo scorrere la superficie rugosa del fallo attraverso il sottile lembo di pelle che separa le due cavità; ma ora era il momento di sostituirla con qualcosa di più consistente, e così mi accovacciai a cavallo delle sue cosce e spinsi la cappella sul suo sfintere. Entrò con agilità, aiutata dalla lubrificazione della saliva, e iniziai così a pomparla con foga, prendendola per i capelli e sollevandole la testa con gesti decisi, quasi violenti ma pur sempre dolci, almeno per come noi due intendiamo la dolcezza. Fu splendido arrivare all’orgasmo insieme, sentirla urlare di gioia mentre i miei schizzi caldi le allagavano l’intestino.
Come dicevo, il pompino del risveglio è ormai un’abitudine che arriva sempre al momento giusto, in generale una buona mezz’oretta prima dell’orario ufficiale della sveglia, per lasciarci il tempo di iniziare la giornata lavorativa con un umore migliore. In questi casi però non lascio che Chiara mi faccia venire subito ma dopo che mi ha succhiato per bene mi preoccupo di soddisfarla nella maniera che preferisce e cioè con una bella penetrazione anale. Mi dice sempre che per lei è molto rilassante e in effetti confermo che la giornata inizia nel migliore dei modi. Naturalmente, dopo averle regalato un bell’orgasmo, non posso esimermi dal servirle il tradizionale antipasto della colazione. Sono piccole abitudini su cui il nostro rapporto è stato costruito e consolidato, ma so che per lei il piacere di ricevere in bocca il mio uccello saporito dopo essere stata sodomizzata è almeno pari al mio quando le schizzo in bocca tutto il mio succo nutriente e dissetante.
Da allora questa è rimasta un’abitudine quasi giornaliera e ormai non punto nemmeno più la sveglia. Molto meglio Chiara e il suo pompino. Ma il più delle volte questa dolce pratica è solo il preludio a qualcosa di più ricco ed elaborato, anche perché non amo provare piacere senza prima aver fatto godere la mia schiava. Ma quella volta, come dicevo, non fui in grado di resistere alla piacevole improvvisata, al termine della quale restai rilassato tra le lenzuola. Era sabato e avevamo tutto il tempo a disposizione, e così Chiara scese a preparare una bella colazione e me la portò a letto. Tutti i miei bisogni primari erano a quel punto soddisfatti, ma naturalmente nella vita c’è anche altro.
- Il mio padrone è arrabbiato con me?
- No, tutt’altro.
- Ne avresti tutte le ragioni. Sono stata ingorda e egoista, me ne rendo conto. Ho pensato solo a soddisfare la mia sete e le mie voglie senza chiedere il permesso al mio padrone. Lo so che mi merito una punizione.
Sorrisi, ero quasi commosso per questa adorabile manifestazione di devozione e sottomissione.
- Tesoro, al contrario, meriti un premio per la tua dolcezza.
E così dicendo la presi dolcemente e la feci sdraiare a pancia in giù, quindi con quattro robuste cinghie assicurai polsi e caviglie alle gambe del letto, immobilizzandola a X mentre mi sorrideva orgogliosa e soddisfatta. Presi il frustino che avevo fatto con un elastico rametto di nocciolo e ne feci scivolare la punta lungo la delicata pelle della schiena, per farle il solletico. Il frustino scorreva lento dal collo fino alle caviglie e con esso disegnavo immaginari ricami artistici, provocando in lei leggerissime scosse nervose e piccoli brividi di impaziente piacere. Mi soffermai sulle candide natiche tondeggianti, osservando le goccioline brillanti che iniziavano ad imperlare le labbra della sua rosea orchidea, quindi schioccai improvvisamente il primo colpo, netto, deciso ma comunque delicato, provocando nella mia schiavetta un risolino di soddisfazione. Proseguii tranquillo con delicate frustate fino a che non vidi una macchia umida propagarsi sul lenzuolo tra le sue gambe: era il segnale. Avrei potuto provocarle l’orgasmo proseguendo con le frustate; la capacità di Chiara di trasformare il dolore in godimento, unita alla soddisfazione psicologica che la schiavizzazione generava in lei sarebbero state più che sufficienti, ma mi fermai. Si girò verso di me con un sorriso che esprimeva desiderio e soddisfazione e allo stesso tempo mi chiedeva di continuare. Quello sguardo fece risalire in me l’eccitazione: la rapidità con cui ero venuto al risveglio non era stata sufficiente a togliermi la voglia, inoltre la colazione energetica e il caffè corroborante avevano riportato vigore al mio uccello; ma non avevo fretta.
Presi il fallo di gomma più grosso che tenevamo nel cassetto e glielo spinsi con decisione tra le piccole labbra, sfondandola senza alcuna riserva. Chiara reagì con un forte sospiro sonoro che prese subito il ritmo sincrono dei colpi con cui facevo scivolare dentro di lei il grosso uccello. La stavo violentando, apparentemente in modo grezzo, volgare, privo di rispetto, ma in realtà quei gesti, nella definizione dei nostri ruoli, rappresentavano una manifestazione di amore e affetto di una dolcezza infinita. Continuando a spingere chinai il viso tra le sue natiche e iniziai un lungo lavoro di lingua sul suo buchetto del culo che immediatamente si dilatò e si ammorbidì per prepararsi alla penetrazione. Spingevo la lingua in profondità, sentendo scorrere la superficie rugosa del fallo attraverso il sottile lembo di pelle che separa le due cavità; ma ora era il momento di sostituirla con qualcosa di più consistente, e così mi accovacciai a cavallo delle sue cosce e spinsi la cappella sul suo sfintere. Entrò con agilità, aiutata dalla lubrificazione della saliva, e iniziai così a pomparla con foga, prendendola per i capelli e sollevandole la testa con gesti decisi, quasi violenti ma pur sempre dolci, almeno per come noi due intendiamo la dolcezza. Fu splendido arrivare all’orgasmo insieme, sentirla urlare di gioia mentre i miei schizzi caldi le allagavano l’intestino.
Come dicevo, il pompino del risveglio è ormai un’abitudine che arriva sempre al momento giusto, in generale una buona mezz’oretta prima dell’orario ufficiale della sveglia, per lasciarci il tempo di iniziare la giornata lavorativa con un umore migliore. In questi casi però non lascio che Chiara mi faccia venire subito ma dopo che mi ha succhiato per bene mi preoccupo di soddisfarla nella maniera che preferisce e cioè con una bella penetrazione anale. Mi dice sempre che per lei è molto rilassante e in effetti confermo che la giornata inizia nel migliore dei modi. Naturalmente, dopo averle regalato un bell’orgasmo, non posso esimermi dal servirle il tradizionale antipasto della colazione. Sono piccole abitudini su cui il nostro rapporto è stato costruito e consolidato, ma so che per lei il piacere di ricevere in bocca il mio uccello saporito dopo essere stata sodomizzata è almeno pari al mio quando le schizzo in bocca tutto il mio succo nutriente e dissetante.
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