Lettera a Perla (9. Scacco ... matto)

di
genere
etero

Sarà un sogno, ma non riesco ancora a credere che siamo riusciti a venire in questo angolo di paradiso.
La casa sul mare è antica con i muri in pietra: anche all'interno c’è un pavimento di pietra, leggermente sconnesso. È stata una fortuna trovarla.
I mobili sono essenziali e le pareti sono costellate di stipetti. Facciamo a gara a vedere cosa contengono: libri, sestanti d'ottone, carte nautiche sbiadite e polverose cose da marinai.

La vecchia scacchiera era stata per anni dimenticata in un piccolo armadio basso, con le ante che non chiudevano bene, ed una volta alla luce rivela il suo antico valore artigianale dei tasselli di legno di mogano, ricavati da qualche vecchia costola di nave, e di legno di ulivo, incastrati alla perfezione e lucidati a mano.
I pezzi sono contenuti in una piccola scatola di legno di noce con un coperchio incernierato che, una volta chiuso, è fermato da un gancino di ferro grigio che aggancia un piccolo occhiello a vite. I pezzi sono semplici ed essenziali, non scolpiti, ma torniti e rifiniti con la stessa cura della scacchiera. Il tempo ha fatto sbiadire la tinta del legno.

Giochiamo? Regole nuove .... ogni mossa un indumento in meno.

Non ho resistito e ho passato uno straccio imbevuto in un po’ d’olio d’oliva per fare risaltare le venature ed i toni delle due essenze. Per non sederci direttamente in terra srotoliamo una spessa e morbida stuoia di paglia di dimensioni enormi e vi stendiamo sopra un grande lenzuolo bianco di lino grezzo, tessuto a telaio, che troviamo in un piccolo armadio a muro con l’anta che batte direttamente sulla calce bianca. La scacchiera giace nel centro come fulcro della scena. I nostri piedi nudi si posano e risaltano abbronzati sopra il bianco del lino che è freschissimo e profuma di basilico. Disponiamo i pezzi sulla scacchiera: il bianco è toccato a te. Torre, cavallo, alfiere, re, regina, alfiere, cavallo, torre e gli otto pedoni tutti in fila davanti.

La mia maglietta di cotone egiziano bianco è vecchissima e lisa ormai con qualche buco, ma è morbidissima, ampia e leggera come i jeans strappatissimi che indosso volentieri perché sono freschi.
Il tuo abito da gazzella di lino bianco ha delle spalline larghe ed il collo è tagliato squadrato con delle cuciture lunghe che percorrono il vestito fino in basso all’orlo; due lunghi spacchi partono dal basso fino all’altezza del bacino e rendono il vestito estivo allegro e frizzante.

Siamo in ginocchio, l’uno davanti all’altra, separati dagli scacchi vecchi testimoni di milioni di partite. Il pedone davanti alla regina bianca avanza di due caselle. Sollevi rapidamente i glutei dai talloni e, sempre in ginocchio, afferri il bordo inferiore della mia maglietta, lo sollevi piano mentre io alzo le braccia e mi chino in avanti per agevolare la manovra e, rammaricandomi un po’ di non avere più il torace e l’addome di un ventenne, ti guardo mentre lanci la mia maglietta dietro di te senza curarti dove cadrà. Muovo il mio pedone nero e questa volta mi alzo, aggiro gli scacchi, ti prendo le mani e ti aiuto ad alzarti per poi inginocchiarmi davanti a te. Appoggio le mie mani sui tuoi talloni e accarezzo i tuoi polpacci salendo verso il dietro delle tue cosce: ti faccio sorridere perché soffri il solletico, ma io continuo a salire e scendere lentamente. Le mie mani scorrono negli spacchi laterali del vestito che ti copre sempre fino alle caviglie. Poi mi alzo e sollevo le mani fino a tenerti la vita: il vestito incomincia ad alzarsi, continuo a salire accanto al seno, senza toccarlo, ma scorrendo di lato e poi sulle ascelle e sulle tue braccia dritte verso il soffitto.

Il reggiseno e il perizoma bianchi risaltano sulla tua pelle abbronzata da zebra. Il vestito va a fare compagnia alla mia maglietta. Torno al mio posto e faccio scorrere di lato la scacchiera: non è più il centro della scena. Muovi e mi sganci piano la cintura di cuoio scolorito e la sfili lentamente dai passanti per poi farla volare sugli altri abiti già tolti. La mia mossa nera anticipa le mie mani sul gancetto del tuo reggiseno che scivola a terra mentre le mie dita ti sfiorano i capezzoli che scorrono tra l’indice e il medio appoggiati sulle tue areole gonfie. Mossa bianca ed i bottoni dei miei jeans scivolano ad uno ad uno fuori dalle asole spinti dalle tue dita delicate che poi scorrono sui miei fianchi per infilarsi nei pantaloni e scalzarli per farli scendere: il dorso della mano spinge via il tessuto mentre il palmo accarezza piano la mia pelle dalla vita alle cosce: con tua maliziosa sorpresa ti accorgi che ti ho fatto un piccolo scherzo: sotto i jeans non porto nulla. Sorridi. Muovo repentino la mia pedina nera e mi affretto a posare le mie mani sui tuoi fianchi per infilare le mie dita nei laccetti laterali del tuo perizoma e li sposto lentamente in fuori, di lato, poi sfilo le mie dita da sopra i laccetti e le infilo da sotto i laccetti per poi farle scorrere nella sgambatura.

I polpastrelli toccano il tessuto mentre il dorso delle dita ti accarezza lievemente i peli del pube. Poi sfilo ancora una volta le dita e appoggio il palmo della mano destra sul tuo ventre e il palmo della sinistra sulla tua schiena e accarezzandoti piano scendo e infilo le dita tra l’elastico e la pelle: le dita della sinistra capitanate dal dito medio si insinuano tra i glutei in una carezza voluttuosa mentre le dita della destra si fermano sul pube e cominciano a sentire sotto la pelle il fascio nervoso che sovrasta il clitoride accarezzandolo ciclicamente come solitamente fanno le tue dita quando ti accarezzi da sola languidamente mentre la tua mente ti fa vivere fantasie meravigliose sempre nuove. Non continuo però a toccarti, ma oltrepasso senza nemmeno sfiorarlo il tuo sesso e accarezzandoti l’interno di entrambe le cosce abbasso il perizoma fino alle caviglie e ti aiuto a non perdere l’equilibrio mentre alzi i piedi per togliere il bianco abbagliante. Bianco, muovi tu e prendi una piccola anfora di terracotta dalla quale fai cadere dell’olio profumato sulle mie spalle: sono in ginocchio e tu in ginocchio dietro di me mi massaggi le spalle, il collo, le braccia; poi infili le mani tra le braccia e il tronco e mi accarezzi i fianchi, cerchi i capezzoli tra i peli del mio petto appoggiando il tuo sulla mia schiena; lentamente scendi e mi accarezzi le cosce di lato, poi di sopra, poi all’interno dal ginocchio verso l’inguine sfiorando con i polpastrelli la base del mio pene, ormai eretto, facendolo pulsare ancor di più, accogliendo tra le tue mani i forzieri che costudiscono il mio seme e, torturandomi, abbandoni il campo e ti inginocchi di nuovo di fronte a me aspettando la mossa del nero. Gioco, forse senza riflettere troppo e avanzo a quattro zampe come un grosso lupo eccitato e famelico verso di te che ti lasci cadere all’indietro enfaticamente spaventata e ti sdrai sul lenzuolo candido in attesa che io ti divori di morsi e di baci. Ti guardo abbronzata sul candore del lino e ti ammiro.
Ti sovrasto, ti lecco come un lupo farebbe con la sua preda, ti lecco il collo: la mia lingua scorre dalla spalla all’orecchio infilandosi con un guizzo all’interno, per poi scivolare dall’altra parte mentre un mio ginocchio si è delicatamente appoggiato tra le tue gambe divaricate che al contatto con la mia pelle si chiudono leggermente. La saliva lascia scie argentate sul tuo collo e sento il tuo sesso che preme voglioso sulla mia gamba ritmicamente. La mia lingua si sposta lenta e scorre con cerchi concentrici fino ad arrivare ad uno dei tuoi capezzoli. Le mie labbra si serrano a succhiarlo, mentre la lingua ci gira intorno sentendolo indurire dal piacere. Te lo mordo delicatamente e passo a quell’altro mentre il mio sesso pulsa senza sosta in un’attesa che mi eccita sempre più. I capezzoli svettano, lucidi, mentre la mia lingua disegna arabeschi intorno al tuo ombelico. Senza la mia gamba le tue pulsioni diminuiscono mentre aumentano le mie essendomi appoggiato a cavallo di una tua gamba: il mio pene scorre piano sulla tua pelle… Muove il bianco ed il lupo diventa un agnello in ginocchio davanti alla sua predatrice. Questa volta sei tu a quattro zampe e ti avvicini a me appoggiando le mani e i gomiti a terra ruggendo come una pantera: mi mordi i fianchi ed io mi arrendo immediatamente e ti offro con evidente compiacimento il mio membro eretto e desideroso della tua bocca umida. Tu appoggi il palmo delle tue mani sulle mie cosce e mi mordi pianissimo il glande e poi ancora e ancora sempre più forte ma non più con i denti ma con le labbra e poi all’improvviso il mio sesso turgido scompare nella tua bocca e un fremito mi percorre la schiena. Le tue dita prendono delicatamente la mia torre e l’accarezzano con dolce vigore in su e giù e vedo la tua lingua che disegna sul mio membro mentre io ti accarezzo i capelli e li sollevo per guardare i suoi movimenti sinuosi su di me…e l’alfiere viene mangiato dalla cavalla bianca dalla lunga criniera e il nero paga il suo pegno con il suo turno di darti piacere.

Rimani appoggiata sulle mani e sulle ginocchia mentre con un contorsionismo mi infilo sotto di te lasciando il mio piacere nella tua bocca alle attenzioni della tua lingua e delle tue mani. Le mie dita ti accarezzano le cosce che ti sto abbracciando mentre te le bacio alternativamente. Tu abbassi il bacino chiedendomi silenziosamente di prendermi cura di te. Le mie dita allargano le labbra della tua seconda e più tiepida bocca mentre la mia lingua succhia il tuo clitoride con la stessa ritmica delicatezza con cui tu stai succhiando me nello stesso istante. Devo fermare le tue mani e la tua bocca per continuare a lambirti con la mia lingua. Ti sfuggo e scappo da sotto a dietro di te che rimani con il volto appoggiato al dorso delle tue mani ed i gomiti a terra con il tuo sesso eccitato esposto alle mie attenzioni. Infilo la lingua nel tuo corpo caldo mentre con le dita continuo a titillarti il clitoride che ogni tanto lecco e succhio per poi scappare e scivolare con la lingua rigida nel buchino più stretto e fremente mi stacco e arrocco senza vedere che così tu mi mangi, senza spostarti dalla tua posizione, questa volta sugli scacchi, la torre. Sono in ginocchio dietro di te ed esploro il tuo sesso con le dita mentre continuo a scivolare dentro di te con la lingua finché le mie mani ti afferrano i fianchi ed il mio glande che sembra scoppiare incomincia a strofinarsi sulla tua vulva bagnatissima. Scorre con un ritmo ancestrale secondo il piacere che proviamo nel farlo. Scorre eccitandomi tra le tue labbra, scorre sul tuo clitoride vibrante. All’improvviso, con un arretramento repentino, il tuo sesso lo cattura in un accogliente rapimento. Scorro dentro di te piano e solo con la punta: avanti e indietro per un piccolo tratto a lungo. Poi gli affondi si fanno sempre più audaci, man mano che il tuo piacere cresce, ed io perdo lentamente il controllo mentre tu stai godendo della mia presenza ed io esplodo in te, vengo nel tuo corpo scosso dall’orgasmo. Ma la partita non è ancora finita e dobbiamo recuperare la lucidità perduta.

Ci accucciamo di nuovo lontani e continuiamo a giocare senza altre interruzioni fino a quando tu non ti avvicini di nuovo alla perdita della tua regina e mi accarezzi piano il sesso mentre la tua lingua si infila nella mia bocca facendomi eccitare di nuovo. Così mi ritrovo la torre eretta avendole perse entrambe agli scacchi ed ormai completamente deconcentrato subisco un sonoro scacco matto. Dovrò quindi farti godere di nuovo senza farti stancare: sarò io a fare tutto mentre tu sdraiata mi accogli desiderosa dentro di te accarezzandomi i glutei che si contraggono ritmicamente, afferrandoli con energia al vibrare del tuo corpo mentre io sto godendo dentro di te per la seconda volta. Ci addormentiamo l’uno accanto all’altra, ma solo per poco poiché il sole già scalda il cielo e la luce già accecante ci sveglia e ci sprona a tuffarci …. nel mare blu cobalto.
(per le foto abbinate al racconto https://perlaesmeraldo.wixsite.com/perlaesmeraldo)
scritto il
2023-01-29
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