Lettera a Perla (16. Incubo e sogno)

di
genere
sentimentali

Tempus fugit. La tua assenza mi distrugge. Senza di te giaccio la notte sul letto e aspetto un sonno che non giunge, quel sonno che mi rapirebbe lontano da questi pensieri di infinita tristezza.
Penso all’assurda inutilità di alcuni momenti che riesce a rendere stupidamente vani alcuni pezzi della nostra vita, sprecandone il dono più prezioso.
Con il cuore immobile in una pozza di dolore, guardo il riquadro della finestra impercettibilmente illuminato dalle luci esterne. Il resto è buio indistinto dove fluttuano e si affollano i pensieri terribili e strazianti, in attesa di penetrarmi nel cervello. Ascolto il mio respiro cercando di ricacciare il groppo che ho in gola. I miei occhi si allagano di lacrime che tento inutilmente di trattenere.
Sgorgano dagli angoli esterni degli occhi, scivolano piano a lambire la punta delle basette, il lobo dell’orecchio, il collo fino alla nuca. Immobile con le mani sul petto oppresso come per tutelare il mio cuore dall’immenso macigno che lo schiaccia.
Di giorno ho gli strumenti per rendere meno gravosa la tua assenza, ma la notte è un’altra cosa.
Il pianto non è liberatorio è una sola sostituzione: al posto delle lacrime i miei occhi si riempiono di dolore fisico che indica l’evoluzione della sofferenza in quei pensieri deprimenti che si accavallano nella mia testa. Impossibile arrestare quest’orda folle di congetture, dubbi, certezze che si susseguono e si ripresentano cangianti sotto aspetti diversi, ferendomi l’anima in più parti, con tutte le sfaccettature che riescono a incarnare.
Insonnia zeppa di angoscia foraggiata dal male che mi fanno i pensieri che mi masticano il cervello.
Decine di lune hanno cullato la mia anima sofferente per la tua assenza e altrettante hanno decorato con raggi lucenti le ghirlande di gioia che ornavano i nostri cuori.
Luna melanconica, dolce compagna dei miei lamentosi strazi, non ti nascondere alla mia vista, sorgi nel tuo imponente silenzio a confortarmi.
Gli occhi stanchi sbattono le palpebre, ma il cuore è sprofondato nel materasso e la testa gira vorticosamente in danze dolorose di supposizioni che lo schiacciano sempre di più.
Il futuro mi pare nero come il buio della stanza. Non voglio accettare di cadere in questa spirale di pessimismo. Cerco nel riquadro della finestra la luce di tuoi occhi, penso solo te e mentre lentamente rinascono le memorie, sento la tua voce che arriva con parole indistinte a farmi chiudere gli occhi, parole incomprensibili che mi rasserenano per il loro timbro dolcissimo.
Forse mi addormento, ma nel sonno in cui sembra di non dormire si annidano gli incubi più terribili.
Così la voce si affievolisce, i ricordi si dileguano e nel buio, sono rannicchiato per terra, su un terreno viscido e maleodorante, le mie mani scivolano in una poltiglia schifosa. Sono come catturato al suolo da una fanghiglia appiccicosa e fetida che permea lentamente dentro i pori della pelle e la imputridisce con i miasmi nauseanti della depressione.
Ogni tentativo di muovermi in questa melma vomitevole è pressoché inutile. L’unico effetto è sollevare zaffate stomachevoli. In questo pantano di ripugnante afflizione, angustiato dalla solitudine, disperato della tua ineluttabile mancanza. Vapori infetti, freddi, umidi e asfittici mi attanagliano il corpo che trema e si scuote in brividi, come il mio spirito gelato dal distacco. I miei occhi non vedono che nebbie corrotte dall’infelicità sconfinata e, nel buio di questa notte cupa, infierisce sul mio cuore un’insostenibile sofferenza.
Aghi di dirompente sconforto si incrudeliscono, spietati, sul mio petto, straziandomi con perfida rabbia.
Sento il mio cuore stritolato da abominevoli, lerce zampe di mostro che penetrano dentro di me tormentandomi incessantemente.
L’angoscia mi tiene prigioniero in questo luogo di totale tristezza. La sento strisciare nell’ombra, stordito dal suo fetore disgustoso. Viscida, come una bava marcescente di mostro, mi cola dentro l’anima la desolazione.
La tua assenza mi strazia. L’impossibilità di parlarti mi tritura il cervello. Con artigli grondanti di vermi spappolati, dilania le carcasse decomposte delle mie speranze. Nel mio petto lo sconforto dilaga al cospetto di questo drago di sconfinata tristezza. Non un drago possente, di robuste scaglie coriacee e muscoli scattanti. Questo mostro non ha coda, non vola e non lancia fiamme dalle fauci, ma striscia, mutando la forma indistinta in mille paure, lasciando una scia di raggelante pena nell’anima.
Salvami, ti prego salvami.
Basterebbe la tua presenza per far svanire il male che mi tortura.
Evocata, appari lontana. Una piccola figura indistinta, un punto di luce nell’oscurità della notte dell’anima. Il mostro si è accorto immediatamente di te e si contrae, con uno stridente lamento che mi agghiaccia. Ora ti vedo, fulgente, che cavalchi un magnifico esemplare di cavallo da guerra, bianco, alle forme poderose e gli zoccoli enormi che calpestano la terra con fragore. La tua armatura brilla e gli schizzi di quella fanghiglia merdosa che si sollevano, si dissolvono senza nemmeno toccarti. Come San Giorgio, armata di una luccicante lancia argentata, galoppi contro il drago che mi tiene prigioniero. La celata dell’elmo è sollevata e il tuo sorriso mi libera dal pantano delle angosce, i tuoi occhi sfavillanti mi sollevano dalla tristezza e finalmente, eretto, ti guardo avanzare decisa, con la lancia in resta. Sfuggono dall’elmo i tuoi capelli che ondeggiano nel vento della corsa. La tua armatura leggera ti ricopre completamente con una luce argentata che abbaglia il drago.
Sapevo che richiamare la tua figura dal profondo della mia memoria, mi avrebbe salvato dalla fine che stavo per fare, divorato dal mostro. Mi raggiungi e i tuoi occhi sono fonti di gioia che mi dissetano, il tuo sorriso è un caldo abbraccio che mi conforta. Ma sproni con forza il cavallo che freme e balza con foga verso il drago calpestandolo con i suoi zoccoli micidiali. La lancia penetra e trapassa il ventre flaccido e il mostro si dissolve in un istante con un urlo raccapricciante. Di lui non resta più nulla e al suo posto ondeggia la lancia conficcata nel terreno. Svaniscono d’un sol colpo le fanghiglie fetide e rimango con i piedi nudi su di un prato verde dall’erba compatta e soffice. Il mio corpo non trema più: un sole caldo si è rivelato grazie a te che, con il tuo arrivo, hai dissolto il buio.
Scendi leggera dal cavallo che bruca.
Hai le mani infilate in pesanti guanti di cuoio nero, le braccia e le gambe nascoste da lucenti cilindri sagomati, sorretti da cinghie di cuoio, i gomiti e le spalle, così come le ginocchia, sono protetti da articolazioni metalliche, mentre ai piedi si intravedono, sotto rigide protezioni, stivali neri.
Immobile mi guardi con i tuoi occhioni maliziosi e mi delizi con il tuo sorriso.
Faccio qualche passo sull’erba morbida e mi trovo al tuo cospetto. Prendo piano l’elmo con le due mani e lo sfilo con attenzione, liberando la tua criniera di leonessa.
Un pendaglio circolare sulla tua fronte è appeso alla sottile corona argentata che brilla e ti cinge la testa. Grandi orecchini dalla forma circolare del pendaglio, oscillano, scintillando, ai lati del tuo volto.
Vorrei baciarti. Ma l’armatura è spigolosa e dura. Mi inginocchio e stacco le protezioni da sopra i tuoi stivali di cuoio nero lucido. Sgancio le cinghie che sorreggono i gambali, le ginocchiere e i cosciali e te li tolgo con paziente attenzione. Mi alzo e ti sfilo i grossi guanti sotto i quali porti guanti di seta nera. Tolgo le gomitiere e le protezioni delle spalle. Poi le protezioni delle braccia. Senza difficoltà e senza sentirne il peso, ti tolgo le due parti dell’armatura che ancora ti cinge il busto. Resti con una lunga e strana tunica rossa che ti copre completamente dal volto alle estremità. È fermata da nastri di stoffa rossa, ai polsi, alle caviglie, e al collo. Slaccio quelli alle caviglie, poi quelli alle mani ed infine quello sotto il mento poggiando finalmente le mie labbra sulle tue mentre la tunica scivola con un fruscio a terra.
Hai il collo cinto da una collana complessa, costituita da placche e maglie, che copre completamente la pelle del collo e si allarga fino alle spalle terminando con piccoli ciondoli che formano una bordura circolare appena sotto le clavicole. Le sfaccettature delle placche della collana brillano come brillava la tua armatura. Al centro della collana le placche si assottigliano e formano una lingua che scende sul petto e termina con un pendente circolare, come quello che hai sulla fronte. Il pendaglio si trova esattamente tra i tuoi seni che sono orgogliosamente ornati da piccoli gioielli piatti, anch’essi circolari, pieni, magicamente fermati sulla pelle nuda a formare un anello composito intorno alle areole.
Una delicata cintura scintilla, mollemente fermata alla vita da una fibbia simile agli altri pendagli, appena sotto l’ombelico. Intravedo, indistintamente, lo stesso gioco di luci intorno ai tuoi fianchi: indossi un gioiello aderente che, impudicamente, ti copre appena il monte di venere.
Alti stivali ti fasciano le gambe fino alla coscia e ti sollevano su tacchi affilati.
Dietro di te compare dal nulla, in mezzo all'erba, una strada lastricata di pietra liscia e di un grigio caldo, accogliente. È solo un breve tratto che porta ad un gazebo ottagonale di ferro battuto, parzialmente ricoperto da un roseto rampicante di rose gialle. Nella mente colma di simboli erotici, ti giri con una movenza flessuosa da modella e ti allontani armoniosamente, con tuo incedere deciso, lasciandomi alle tue spalle stupefatto. Gli stivali dai tacchi altissimi ti regalano un passo dondolante che mi mozza il fiato. Il cuore mi balza selvaggio nel petto guardando ondeggiare il tuo bacino, passo dopo passo. Le fossette di venere lanciano luci magiche. Ti seguo alla distanza giusta per abbracciare con lo sguardo la tua figura intera che, dalla bellezza, mi paralizza il respiro. Ti fermi sotto l'ombra maculata delle rose che ti trasforma da zebra a ghepardo. Ti volti lentamente verso di me con la grazia di una gazzella e ti poni innanzi a me, con i piedi paralleli e distanziati, radiosa e sexy. Lo sguardo intrigante, la livrea elegante di una gazza ladra. I guanti di seta lucida arrivano a coprirti il gomito e aderiscono alle tue braccia come una seconda pelle. Con aria seducente, tieni le palme delle mani appoggiate sui fianchi, con il pollice rivolto in avanti, verso l'ombelico mentre le altre dita sono rivolte verso le fossette, sfiorando il minuscolo perizoma di scagliette lucenti che scintilla con minuscoli lampi di luce. Sei vestita da riflessi di luce. Il pube prorompe nella sua curvatura. I miei occhi ti volano intorno, affamati. Due diamanti magicamente incastonati nelle tue fossette, sono il preludio a quello che vedo sotto di loro, perduto nell'estasi dell'ammirazione per le tue forme di donna felina. Gli stivali di pelle lucida sono attillati e alti fin oltre il ginocchio come delle parigine di cuoio. Le tue gambe, esaltate dai tacchi vertiginosi, sono lunghissime e impazzisco di desiderio nell'ammirare le tue cosce compatte e tornite, immaginando di carezzarle in tutta la loro rotondità. Ti guardo con voluttà e tu sei compiaciuta nel sentire i miei occhi accarezzarti. Senti il mio sguardo scorrere sulle curve di quel culo magistralmente rotondo e sodo, conscia che mi eccito alla sola visione della tua meraviglia sinuosa, carico di una tensione dirompente. Ho voglia di carezzarti, afferrarti e strapazzarti. Ho una visione di te a 360 gradi e i dettagli di ogni parte di te, si delineano nella mia mente. Mi guardi, in questa apoteosi di erotismo scintillante, con lo sguardo ammiccante, socchiudendo le palpebre lentamente. La bocca schiusa in una leggera fessura. I chiaroscuri sul tuo corpo evidenziano le tue forme: mi pervade una voglia fotografica. Come attratti dai miei occhi, i tuoi capezzoli si protendono verso di me, eretti, in un richiamo irresistibile, circondati dai minuscoli cerchi argentati. Il seno dalla pelle liscia, ma soffice come la pelliccia di un ermellino, si delinea nelle sue curve docili, accentuato dalle sfumature e le ombre della luce carezzevole. Ti guardo e mi eccito e tu lo sai quanto mi piace guardarti. Ti ammiro e resto immobile per il timore che se allungassi una mano per sfiorarti, scompariresti. Approfitto dell'immobilità del tempo, per cercare di saziare la mia vista con il tuo corpo nudo ornato di simboli. Il nero sfacciatamente erotico degli stivali alti insieme ai lunghi guanti sono cannonate di ormoni mentali che mi esplodono dentro. Quasi in punta di piedi dalla dimensione iperbolica dei tacchi, ostenti una curvatura eccitante sotto ai tuoi piedi, esaltati dalle suole sottilissime. Lo sfavillio dell'argento che ti decora il corpo dalla pelle soffice, è come lo sbrilluccicare di un tesoro prezioso. Mi chiami con un battito di ciglia e io sono già al tuo cospetto, incredulo. Le labbra sono ora coperte da un rossetto di fuoco, anch'esse simbolicamente stracariche di erotica passione. Le tue braccia mi cingono il collo e sento la seta solleticarmi la pelle. Le mie dita scorrono nel solco della tua schiena. Le nostre labbra si sfiorano, si schiudono in bacio leggero. I monili luccicanti si dissolvono, d'incanto, in mille battiti di farfalle argentate, che vanno a posarsi sulle rose, che inondano del loro profumo struggente l'aria intorno a noi.
I tuoi occhi brillano adesso dello scintillio delle farfalle magiche. Senti i miei polpastrelli carezzarti delicati il collo, scendere tra le scapole fino alle fossette di venere dove si posano un poco per ricordarne l'immagine rubata con gli occhi. Risalgono poi simmetricamente di lato. Ti sfiorano la pancia e salgono per accogliere a coppa i tuoi seni vellutati. Senti le mie mani carezzarli, stringerli piano, stringerli più forte. La mia lingua si insinua nella tua bocca per scovare la tua e succhiarla con decisione. Con la punta delle dita sfioro i tuoi capezzoli, li afferro e li stringo, li faccio ruotare tra i polpastrelli, li tiro, li strizzo finché sono duri e tesi. I brividi partono dalla punta dei tuoi capezzoli e si irraggiano nel tuo seno. La mia lingua abbandona la tua bocca calda e si abbassa su di loro. li colpisce con la punta, rotea intorno a loro spingendoli in ogni direzione così turgidi, rotea sull'areola: senti i brividi intensificarsi. Senti le mie labbra che ti succhiano con foga prima i capezzoli, poi le areole, la mia bocca si spalanca e succhia le tue tette cercando di succhiarle in tutta la loro dimensione mentre la lingua guizza sui capezzoli. Senti il tuo seno pervaso dalle mie attenzioni e gemi piano. Mi distacco per guardare il tuo seno teso, le areole in rilievo, gonfie di piacere e ti tiro i capezzoli ancora, più volte. Li succhio di nuovo e nell’istante in cui lo vorrei, le tue mani si poggiano sulle mie spalle e mi spingono delicatamente verso il basso. In ginocchio davanti a te, sollevo lo sguardo e incrocio i tuoi occhi che tradiscono la voglia di sentire la mia bocca su di te. Con il capo chinato in avanti, per guardare come la mia lingua scorre intorno al tuo ombelico, spingi in avanti il bacino e mi offri il tuo frutto proibito. La nuova prospettiva sul tuo corpo mi incatena e mi perdo a guardarti dal basso col viso incorniciato dalla criniera sciolta. Senza più i gioielli lucenti la tua pelle offre al mio sguardo la tua dolcissima peluria sottile che splende in controluce. Una sensazione di erotismo più delicato mi sta pervadendo. Il tuo seno, visto dal basso, con i capezzoli come dardi spianati, mi eccita con le sue curve rosate. Carezzo le tue cosce una per volta con entrambe le mani. Senti il calore delle mie dita e le carezze all'interno delle cosce. La presa si stringe per sentirne la consistenza. Poi, delicatamente, sfiorano i peletti dorati. Ti guardo attendere con pazienza. La mia lingua gioca sulla tua pelle. La senti scorrere sulle tue gambe. Senti i miei morsetti delicati sulla la parte più intima delle cosce inquiete. Ti giro lentamente, carezzandoti le cosce continuamente, infilandomi tra di loro per poi carezzarti di nuovo i fianchi, il sedere nella sua interezza. Affondo il viso nel tuo pube, scendo e con la punta della lingua allargo le tue labbra, girovagando tra di loro mentre mi tieni la testa con le mani. Dove sono finiti i tuoi lunghi guanti neri? La pantera sexy si è trasformata in una zebra delicata.
Al centro del gazebo ottagonale c'è un basso piano di legno, di un paio di metri di diametro, coperto da un accogliente materassino sottile, rivestito di cotone bianco.
Ti siedi sul limite del bordo e abbandoni la schiena sulla superficie morbida sorreggendoti sui gomiti e guardandomi con gli occhi di una malizia assoluta.
Le punte dei piedi sono a terra ai lati delle mie ginocchia. Mi allontano un poco per guardare le tue gambe a partire proprio dalla punta degli stivali. Seguo l’arco del piede, i tacchi, i polpacci fasciati dalla pelle morbida e tesa. Guardo la linea dei tuoi muscoli dal ginocchio al bacino. Hai il sedere leggermente fuori dal letto in un’offerta generosa che assaporo. Guardo il tuo ventre che attende i miei baci, il tuo seno ancora teso, la tua bocca socchiusa e incrocio i tuoi occhi languidi he mi chiedono di non abbandonarli. Senti ora le mie mani che ripercorrono il tragitto fino alle ginocchia, segui con gli occhi le mie dita carezzarti le cosce allargandole piano e percepisci il calore della mia bocca sulla pelle. Ti sto baciando ancora le cosce. Ti sfilo gli stivali dall’elevato tasso di feticismo e ti carezzo ancora le gambe i polpacci. Ti bacio i piedi, tocco le dita con la lingua e senti i brividi correre lungo le gambe, insieme alla mia lingua che lambisce la pelle. Ti sposti al centro del letto circolare, dove attendi la mia dedizione. Sento una melodia lontana, una musica che mi ricorda il passato, che mi scioglie qualcosa nell’anima. Sorridi perché hai capito il motivo della pausa. Ti chiedo che musica è ma tu non mi rispondi: allunghi le braccia e mi afferri le mani tirandomi a te.Il sole penetra attraverso le rose e ti fa brillare gli occhi come brillavano al mare. Mi attardo a guardarli per rassicurare il mio cuore innamorato che sei vera e non sei soltanto un sogno, che non siamo vincolati da un’illusione e mentre le mie dita scorrono tra i tuoi capelli i tuoi baci sono veri, il tuo sguardo mi dice mille parole che non mi hai detto. Hai ragione quando dici che posso guardarti dentro attraverso i tuoi occhi languidi.
Brilla Gatta dolce come brillano i tuoi occhibelli. Non staccare il tuo sguardo dal mio perché ho bisogno di te.
Abbracciami timida Zebra, perché la mia vita in questo momento è nelle tue mani.
Sono sopra di te. Tu mi abbracci forte e ti sussurro nell’orecchio paroline sciocche. Ti bacio pianissimo.
La tua bocca brucia, il tuo corpo si muove sotto di me. Il pube preme sul mio sesso che è su di te. Senti la rovente passione che hai acceso in me, la senti all’incrocio tra le cosce e l’inguine, mentre il mio sesso scorre fuori dalla tua vulva eccitata, scorre allargandole le labbra carnose, scorre sul tuo clitoride. Senti la mia lingua che mima nella tua bocca il movimento del mio sesso e mi succhi con le labbra più strette come se stessi succhiando il mio membro. Poi le lingue si scambiano e sono io a succhiartela mentre il mio sesso ti fa eccitare. Ti stacchi per respirare con lo sguardo eccitato: penso che sei bella da morire. Non quella bellezza asettica di bambola patinata, quel genere sta bene sulle riviste. Tu sei bella perché sei vera, dolce, dalla pelle morbida e dal corpo allenato, con gli occhi asimmetrici che mi intrigano tanto. Sei bella perché sei genuina, perché sai essere donna e amante tenera, perché sei sexy anche senza un reggiseno di pizzo. Sei bella perché ti concedi nella tua vulnerabilità piena zeppa di dubbi e timori, ma con passione. La passione dei tuoi baci affannati. Mi baci ancora una volta e poi posi la testa sul tessuto abbandonando le tue braccia aperte. E io scivolo piano con la bocca sui tuoi capezzoli per ravvivarne il turgore. Mentre te li succhio gentilmente, la mia mano ti tocca il pube e carezza dall’alto il tuo desiderio che si muove sotto di lei. Prima piccole oscillazioni laterali, poi circolari e infine senti la mia mano che afferra piano il tuo sesso intero e lo palpa con più decisione, lo divarica e percepisci i polpastrelli scorrere su di te, sul clitoride che reagisce. Senti le mie dita che si insinuano delicatamente dentro il tuo umido tesoro che mi doni ogni volta con l’animo puro nella sua essenza. Ti guardo godere delle mie mani e se tu sapessi in questo istante la gioia che provo ogni volta non te ne capaciteresti. Vorrei che le mie dita fossero più delicate di farfalle per farti sussultare delicatamente mentre la mia lingua scorre sul tuo clitoride vorticosa alternando piccoli colpetti con la punta a morbide carezze date con tutta la superficie. Senti il piacere dilagare. Senti la mia lingua succhiarti e quasi non ti accorgi che ti ho fatta girare con la pancia sul letto mentre continuo a leccarti piano scorrendo tra la vulva e l’anello. La tua bocca aperta sul tessuto è coperta dai capelli che sposti con un gesto della mano. Ricordo il tuo volto appoggiato sul letto mentre ti eccitavi alle mie carezze e so che adesso, anche se non ti vedo, hai la stessa espressione concentrata e assorta. Senti le mie dita dentro il tuo sesso e la punta della mia lingua voler indossare il tuo anello che vibra, si contrae con piccoli spasmi e poi si concede sollevandosi di più e ancora di più. Senti la mia lingua calda entrare dentro di te mentre la spingo sempre di più, fino in fondo, ritmicamente, lentamente. Adoro farlo. La inarco mentre scorre dentro di te come tu stai inarcando la schiena. Esco e rientro, affondo mentre con una mano ti carezzo e con l’indice e il medio dell’altra sono dentro al tuo sesso vibrante e col pollice oscillo sul tuo clitoride. Il tuo respiro è forte, sembra che ti piacciano le mie carezze, che apprezzi i miei baci impudichi. Il respiro accelera e sento il tuo corpo che vibra, si contrae, si rilascia in un orgasmo prolungato e gentile.
Mi sdraio accanto a te col mio volto di fronte al tuo.
Gli occhi socchiusi e la voce bassa dal piacere. Hai la schiena imperlata di sudore che brilla con i raggi del sole. L’ombra delle rose invece fa piccole macchie sulla tua pelle che si trasforma in quella di una femmina di leopardo che ansima per lo sforzo. La accarezzo dalla collottola in giù fino a carezzarti le chiappe: sono eccitato da morire. Senti le mie dita imprimere la forza della presa su di loro. Ti vedo sorridere: sorridi del fatto che mi piaccia tanto toccare il tuo bel culo portentoso. Ne vado matto.
Come una femmina di leopardo ti stiri, ti sollevi carponi e ti giri scavalcandomi.
Ho davanti agli occhi il tuo sesso purpureo, gonfio che profuma del recente piacere mentre sento le tue labbra sul mio che si schiudono e lo accolgono in un bacio rovente. Così senza vederti ti immagino dedicarmi la tua lingua guizzante. Sento la pressione della tua bocca insieme a quella della tua mano. Cosa pensi mentre succhi prepotentemente il mio glande voglioso? Abbassi la tua vulva su di me e la mia bocca si apre su di lei. Il gioco è un breve preludio e rivedo presto i tuoi occhi inebriati quando ti giri e mi sali sopra senza lasciarmi tregua. Mi baci mentre ti muovi ondeggiando: la schiena si inarca ruotando il bacino ed io entro tutto dentro di te, ancora e ancora. Mi guardi dritto negli occhi e vedo il piacere che ti do. Le mie mani si impossessano del tuo seno e lo strapazzano dolcemente, mi sporgo a succhiarti i capezzoli mentre ti accarezzo le cosce e il culo con raffinata decisione. Nel sogno il tuo corpo comincia a vibrare in un orgasmo corposo mentre il mio giunge improvviso, all’unisono.
Il volto si distende, gli occhi appagati ridono del piacere la tua bocca mi sorride, Gatta dolce.
Mi accorgo che se cerco di guardare la tua figura controluce i lineamenti si annebbiano e si perdono. Li immagino ancora mentre svaniscono, si dissolvono e scompaiono.
Non resta che una sagoma luminosa, una fonte di luce indistinta.
Poi, il buio.
Non voglio tornare al cospetto di quell’immonda bestia che si ciba della mia anima.
Quando urlo con tutta la voce che ho in gola non si sentono gli artigli che affondano nel mio cuore.
Il mattino mi trova di nuovo sveglio, allucinato.
Ho una profonda notte nel cuore rischiarata dai tuoi occhi brillanti.
scritto il
2023-02-14
4 4 3
visite
1 7
voti
valutazione
4.4
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Lettera a Perla (15. Sfumature)
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.