Le bollenti lettere di Jacopo Oldani Cucchi 1
di
Troy2a
genere
tradimenti
Un vecchio racconto, che credevo perduto, è riemerso dal cimitero dei residui tecnologici della mia cantina.
Lo ripubblico, sperando possa piacere!
Borda, settembre 1908
Carissimo genero,
è mia intenzione esprimerti, attraverso queste righe, la gioia mia e di mio marito per la decisione tua e di Silvia di convolare a nozze.
Ci spiace che ciò debba avvenire per procura, causa del tuo ufficio, che ti costringe lontano da questi luoghi cari.
Consentimi, tuttavia, di sollecitare la tua attenzione su un particolare che non è, credimi, di poca importanza.
Come tu ben sai, Silvia ha voluto mantenersi illibata per donarti la sua verginità la vostra prima notte. Converrai con me che la sua ansia di mostrare a tutti la sua onestà è legittima e meritevole di essere assecondata. Una lunga attesa, quale quella che vi aspetta, mortificherebbe le sue aspettative, poiché il tempo farebbe venir meno l’interesse della gente.
Sono sicura che con la tua indiscussa prudenza saprai trovare il modo di superare questo scoglio che si frappone tra la vostra reciproca felicità. Perciò attenderò con ansia la tua risposta, dove, dopo aver riflettuto, esporrai quella che ritieni la soluzione più appropriata.
Permettimi di abbracciarti con l’affetto che si riserva ad un figlio e cura di star bene.
Tua suocera, Graziella.
Londra, dalla residenza dell’Ambasciata del Regno d’Italia, ottobre 1908
Diletta suocera,
siete troppo bella e giovane, che mi sembrerebbe di offendervi se vi chiamassi mamma. Ma ciò non mi impedisce di riconoscervi una saggezza che vi consente di vedere oltre e prima. Come peraltro dimostrate ancora una volta nella lettera che mi inviaste.
Ho ritenuto giusto inserire, nella procura fatta a mio cugino per contrarre matrimonio, la condizione che lo stesso possa consumarlo in mia vece in casa vostra, dove Silvia, come d’accordi, continuerà ad abitare.
Della cosa informo la stessa nella lettera che invio, unitamente a questa, significandogli anche i modi in cui ciò dovrà avvenire, acciocché nessuno possa pensare ad un adulterio.
Vi ricambio l’abbraccio.
Vostro Jacopo.
Londra, dalla residenza dell’Ambasciata del Regno d’Italia, ottobre 1908
Amatissima Silvia,
ti scrivo sapendo di doverti mortificare con ciò che ti dirò, ma, credimi, è necessario, come vostra madre stessa ha sollecitato scrivendomi. Non è opportuno che tu conservi la tua illibatezza sine die rispetto alla data del nostro matrimonio. La mia lontananza potrà, infatti, protrarsi ben oltre l’anno, come, invece, noi speriamo.
Allora ho provveduto ad informare mio cugino, che ti sposerà su mia procura, che dovrà anche consumare per me. Tuttavia, affinché nessuno possa pensare ad un vostro adulterio, ho specificato nella procura ed ho provveduto a darne notizia agli interessati che la consumazione debba avvenire alla presenza di compare Mario, mio testimonio di nozze, di don Vito, il parroco che le officerà ed ho pregato anche di presenziare il signor Notaio, di modo che i primi due possano appurare che, mentre consumate il matrimonio con mio cugino, voi pensiate di farlo con me ed il notaio certifichi questo redigendo il dovuto atto.
È una soluzione che, certo, non corrisponde a quello che per noi avremmo sperato, ma ci trae d’imbarazzo e così pure i tuoi genitori. La procura che feci a mio cugino è valida fino a revoca ed incaricherò tua madre, che sempre si dimostra avveduta nelle sue decisioni, di valutare se è del caso che tu torni a consumare con mio cugino, sempre alle stesse condizioni ed allo scopo di evitare che la natura umana possa farti cadere in tentazione con altri che non sia io. Perché, rammenta, il corpo sarà del mio cugino procuratore, ma il sentimento che lui effonderà sarà il mio.
Sono certo che capisci la difficoltà e la necessità di quanto sopra, così come sono certo che tua madre saprà trovare le giuste parole per rendere meno penoso questo passaggio.
Con tutto l’amore che posso,
Tuo Jacopo.
P.s.: di una cosa ti prego. Di tutto quel che avviene, scrivimi. Perché io possa sentirmi vieppiù parte di quel rapporto.
Borca, ottobre 1908
Amatissimo Jacopo, mia sola ragione di vita, immagini certamente quanto la tua lettera mi abbia addolorata e gettata in prostrazione. Per te mi sono conservata e con te speravo di consumare. Ma è certo: se tu e mia madre, le persone che più amo al mondo, avete ritenuto opportuno pensare una simile soluzione deve essere solo ed esclusivamente per il bene mio e per la nostra futura felicità.
Della mia devozione già sei certo, ti stupirai, vedrai, di quanto saprò essere obbediente. Così, se mi dici che devo sottomettermi a tuo cugino, come farei con te, lo farò. Se tu pensi che il nostro matrimonio possa essere consumato a mezzo di lui, io la penserò come te ed accetterò ogni sua richiesta, come venisse da te in persona, perché, come tu mi dici, di lui vi saranno solo le fattezze corporee, ma sarai tu a giacere con me, sarai tu ad istruirmi sull’amore carnale. Ed io non smetterò un attimo, in quel mentre, di pensarti presente.
Tuttavia, di una sol cosa non posso assecondare. Conosci bene il mio pudore che mi spinse, in passato, a celarmi dai tuoi occhi mentre curavo i piedi. Ora puoi immaginare quale possa essere il mio imbarazzo al solo pensiero di consumare con te, alla presenza di altri tre uomini di punto vestiti che ci osservano. Il solo pensarci mi fa star male.
Per il resto, non temere. Ti rapporterò di tutto, nei più minimi dettagli. E quello scrivere sarà rivivere le passioni che già avremo provato insieme, io carnalmente presente e tu per il tramite di tuo cugino procuratore.
Ti abbraccio e continuo ad attendere con ansia il giorno che si avvicina e in cui saremo marito e moglie.
Devotamente tua, silvia.
Borca, ottobre 1908
Carissimo genero,
per quanto io potessi già stimare la tua capacità di individuare le soluzioni migliori ai problemi, non di meno devo plaudire alla soluzione che hai trovato al problema che ti prospettai nella precedente mia e di cui Silvia mi ha messo a parte, facendomi anche leggere la lettera di risposta che viaggia insieme a questa mia. Apprezzerai certo la sua devozione spinta fino all’obbedienza, che di contro già conoscevi, e, peraltro, la soluzione che avete ideato ritengo sia perfetta ed inappuntabile se non, tuttavia, che trovo anche giusto ciò che Silvia lamenta riguardo ai testimoni. Non sembra anche a te innaturale la presenza di tre uomini di punto vestiti, mentre marito e moglie consumano? Giusta la tua pretesa che, avvenendo la consumazione per procura, ciò avvenga alla presenza di testimoni, nell’interesse dell’onorabilità tua, certo, ma anche di Silvia. Ma una presenza, come dire, più naturale creerebbe meno imbarazzo, senza togliere validità alla testimonianza dei presenti, credo. Ma ancora mi rimetto alla tua capacità di risolvere, nell’abbracciarti teneramente: non mi offenderò se mi chiami mamma, ma non lo pretendo.
Amorevolmente, tua suocera Graziella.
Londra, dalla residenza dell’Ambasciata del Regno d’Italia, novembre 1908
Amatissima Silvia, carissima suocera (perdonatemi, ma di chiamarvi mamma, voi che mi potreste esser sorella, non mi viene),
grazie per i vostri scritti e usate venia nei miei confronti. Che sbadato sono stato, a non pensare in quale imbarazzo avrei potuto gettare Silvia, nel pretendere la presenza dei testimoni vestiti in camera da letto. Credo, tuttavia, che si possa facilmente ovviare, sempre sperando nei buoni sentimenti delle persone che coinvolgiamo. Ho già scritto a compare Mario, don Vito ed al notaio che sarebbe opportuno che si adeguassero all’abbigliamento dei due amanti, a modo di non creare imbarazzo a loro e di non crearsene per sé. Non è, certamente, quello che speravamo per la nostra prima notte, ma di sicuro è il male minore, visto le difficoltà poste dalla distanza.
A voi che siete madre, affido il compito di essere confidente, amica, consolatrice di vostra figlia e, se pur questo vi costerà dolore, non lasciatela sola nei momenti più difficili.
Ormai la data del nostro matrimonio si avvicina e l’attesa che ci sta consumando volge alla fine. Silvia, sarò con te, ricorda: sempre ci sarò se anche i tuoi occhi vedranno mio cugino.
Abbraccio entrambe e vi saluto, che il signor ambasciatore mi ha fatto chiamare. Questioni importanti, presumo, che non mi consentono di attardarmi dall’andare.
Vostro per sempre,
Jacopo.
Borca, dicembre 1908
Amore mio, Jacopo diletto,
finalmente siamo un’anima sola. Come mi chiedesti, ti racconterò tutto del nostro matrimonio, che, per la verità, non è stata una gran cerimonia, anche se tutti hanno fatto il possibile che non pesasse la tua assenza più di tanto. Non è opportuno che mi dilunghi sulla celebrazione, che davvero è stata monotona, come pure il rinfresco che mia madre ha voluto comunque offrire.
Vorrai sapere, credo, della consumazione.
Ancora una volta hai avuto ragione. Tutto quello che avevi previsto si è verificato.
Chiusici in camera mia con tuo cugino il procuratore, nonché col testimonio compare Mario, don Vito il parroco ed il signor notaio, con enorme imbarazzo ho provveduto a denudarmi. E lo stesso fecero anche gli altri. Dio, che vergogna!
Ma è stato un attimo, davvero, come sarebbe stato, penso, anche con te. Ciò in quanto, come distesi sul letto, la passione dei baci di vostro cugino mi han fatto capire che non poteva essere lui, ma che dovevi senza dubbio essere tu, nel suo di corpo. Così mi sono lasciata condurre, obbediente, è devo dire che sei stato dolcissimo come ti ho sempre sognato. Il tenero dolore che ha segnato la fine della mia illibatezza è stato nulla al confronto dell’estasi che mi hai fatto provare. Non ho saputo, né voluto trattenermi dal manifestare il piacere che provavo: volevo che tu, tramite tuo cugino procuratore, lo sapessi. Ho urlato il tuo nome, chiedendoti di continuare senza sosta e davvero non vedo l’ora di poterlo rifare.
Tuo cugino afferma che non ci sono problemi, data la validità della procura fino a revoca, ma io ho voluto conferma dal signor notaio, che me l’ha data. Tanto più, ha detto, che alla presenza dei testimoni si è potuto appurare che io con te ho fatto l’amore e che marito e moglie possono rifarlo quando par loro. Ha redatto l’atto di cui ti allego copia, firmato da me e tuo cugino e dai testimoni. Mia madre ha voluto mostrare, come d’uso, la prova della mia illibatezza ante ed il signor notaio ha affisso un’altra copia dell’atto alla porta che tutti sappiano che con mio marito ho consumato e non con altri, giusta sua procura.
Una sola cosa, mio amore, non avevamo preso in considerazione, ma di ben misera importanza. Per meglio vigilare sulla assoluta aderenza del mio comportamento e di tuo cugino a quanto da te voluto, i signori testimoni ed il signor notaio si sono posti appresso al letto, ma proprio vicini al punto da farmi sbattere sul viso i loro falli, che io ho involontariamente leccato, presa dalla foga della passione dell’amplesso con te. I poveretti non sono riusciti a contenersi e mi hanno imbrattata il viso. È bastato ripulirmi e tutto era passato, ma avessi visto la loro sincera costernazione, nonostante mi provassi a consolarli, dicendo loro che nulla era successo, che era un incidente che poteva accadere in simili inusuali condizioni.
Se lo ritieni opportuno, per evitare che l’increscioso imprevisto possa ripetersi, quando torneremo a consumare per il tramite di tuo cugino, che, davvero, non potremo mai finire di ringraziare, eviteremo la presenza dei testimoni. Ma fino a che non mi darai istruzioni continuerò ad attenermi alle disposizioni che mi hai dato.
Ancora grazie, amore mio, per la nostra meravigliosa prima notte e ti prometto che sarò per te, tramite tuo cugino, argilla che si lascia plasmare.
Ti bacio,
tua Silvia.
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