Moglie ceduta - roulette russa (parte 4)
di
Kugher
genere
sadomaso
Il corpo nudo di Monica, segnato dalle frustate, aveva lo scopo di eccitare i Padroni mentre si facevano servire la cena da lei.
Franco veniva usato per l’eccitazione sessuale delle Padrone.
Steso su una panca accanto al tavolo, aveva intorno al viso una specie di water basso, dal quale vi era un foro piccolo, utile non per raccogliere ciò che cadeva da chi vi stava seduto sopra, ma unicamente per consentire a chi stava steso sotto di poter leccare la figa o il culo della Padrona seduta sul trono, la cui seduta aveva comodi cuscini fatta salva la parte necessaria per il lavoro della lingua dello schiavo.
L’altra Padrona, sollevatasi la gonna, si era comodamente seduta sul cazzo eretto, già pronto subito dopo le frustate, in quanto l’eccitazione dello schiavo per la situazione era evidente.
Gli accordi iniziali vedevano il marito unicamente spettatore. Nelle esperienze precedenti aveva assistito, anche se nudo, legato e relegato in un angolo.
Gli accordi furono ampiamente disattesi ma l’eccitazione dimostrata era stata la conferma della scelta, unilaterale, dei Padroni.
Le donne, ogni tanto, si scambiavano di posto, per godere, alternativamente, della lingua o del cazzo.
Non paghe, avevano messo ai capezzoli ed ai testicoli dello schiavo alcuni morsetti legati da una catenella che univa a due quelli apposti ai capezzoli ed un'altra coppia era formata da quella ai testicoli già utilizzati per il controllo della bestia.
Non avevano mai parlato del masochismo dell’uomo. Non sapevano che effetto avrebbe avuto sul suo cazzo. Sicuramente sapevano quale effetto il suo dolore avrebbe avuto sul loro sadismo.
Nessuna delle due si faceva scrupoli, a piacere e inaspettatamente, a tirare con forza le catenelle, godendo del piacere delle grida soffocate dal culo della Padrona che stava seduta comodamente sul suo viso.
Evidentemente il piacere della situazione era troppo forte anche per lo schiavo che subiva una leggera perdita del turgore, subito recuperata dal movimento della figa che lo riportava pronto e duro.
Le scarpe col tacco altissimo slanciavano il bel corpo segnato di Monica.
La donna si trovava in quella età in cui ancora non si vedono i segni del tempo benchè la pelle abbia perso la lucentezza del 20 anni.
L’eleganza sopperiva a ciò che il tempo stava togliendo ed il suo corpo era ancora in grado di generare attenzioni e desideri, con la promessa di farlo ancora per lungo tempo.
Nulla copriva la sua pelle se non il collare, fonte di dolore e di tensione continua, alla bocca dello stomaco, che attanaglia ma che eccita. I morsetti telecomandati ai capezzoli lascia presagire il pericolo che da un momento all'altro può giungere, pericolo testimone della completa cessione del potere, al punto che il suo forte dolore dipende dal capriccio altrui, di coloro che la usavano quale oggetto per il mero divertimento.
Il pericolo sa essere eccitante perché dà più senso alla vita e al disprezzo della stessa da parte di chi gestisce il telecomando.
La schiava era concentrata solo su sé stessa, fatte salve fugaci occhiate al marito che fungeva da cuscino per la seduta delle Padrone.
La concentrazione era unicamente volta a soddisfare le esigenze dei Padroni che avevano avviato un gioco crudele ma eccitante.
Quando volevano essere serviti, fatta eccezione per il cambio portata, che veniva ordinato a voce, si limitavano a stringere i morsetti ai capezzoli di Monica.
Accadde la prima volta che il Padrone era rimasto senza vino nel bicchiere. Senza preavviso, i morsetti iniziarono a stringersi fino a rendere difficoltosa la respirazione a causa del dolore. La schiava entrò subito nel panico perchè non capiva cosa volessero i Padroni che continuavano ad ignorarla.
La tensione saliva ed era disperata finchè cominciò a guardare spasmodicamente la tavola e vide un bicchiere vuoto. Si precipitò a riempirlo e la morsa sparì.
Lo spavento iniziale lasciò il posto all’eccitazione per essere stata trattata come un oggetto telecomandato che, in difficoltà, nemmeno meritava l’attenzione dei Padroni.
Da quel momento curò con attenzione sempre i bicchieri e si impegnò affinché fossero sempre pieni nella giusta misura.
Non si accorse che era terminato il pane, e la chiusura dei morsetti non le diede spirito di osservazione sufficiente.
Non sapendo come fare, quando il dolore divenne insopportabile e prolungato, si gettò ai piedi, sotto la tavola, dei Padroni, leccando le scarpe come se da quel gesto dipendesse tutto.
Furono eccitanti i lamenti della schiava dovuti ai calci ricevuti sotto il tavolo ed ai tacchi sadicamente roteati dalle Padrone nel seno e tra le costole.
Dopo che il pane fu servito, fu fatta tornare sotto il tavolo, usata per appoggiare i piedi o le scarpe.
I lamenti continui e di diversa intensità a seconda della pressione dei morsetti ai capezzoli, rendeva eccitante e piacevole il consumo delle portate, gustate con calma e, almeno per le donne, tra i due orgasmi che ebbero a testa grazie al lavoro dello schiavo.
Vi è sempre un momento in cui l’eccitazione giunge ad un livello non più rimandabile e, in quel caso, occorre che l’acqua defluisca verso il basso, non più contenibile dalla diga della volontà di rimandare ciò che ormai preme troppo.
La cena era finita da tempo e la tavola piena di piatti vuoti contenenti solo gli scarti delle pietanze.
I tovaglioli erano posati senza cura accanto ai piatti e da tempo nessuno attingeva al barattolo dei biscotti da intingere nel vino.
I lamenti della schiava avevano l’intensità conseguente all’azione sul telecomando, senza che i Padroni si curassero dello stato dei suoi capezzoli o dal grado di sofferenza di quel corpo sotto le loro scarpe.
Il disinteresse, però, era anch’esso fonte di eccitazione e, almeno per i Padroni, avendo le donne avuto soddisfazione dalla loro panca umana , il godimento divenne non più rinviabile.
Solitamente i posti coperti e riparati sono indice di una sicurezza raggiunta.
Non per la bestia posta sotto al tavolo che vide quasi come una liberazione il fatto di essere spinta a calci fuori da quella falsa protezione.
Avendo capito l’uso che l’aspettava, gli umori alla figa moltiplicarono, soprattutto quando, liberato lo spazio sul tavolo gettando a terra piatti e bicchieri, la fecero stendere di schiena con la testa fuori, pendente.
La posizione del capo e, soprattutto, della bocca, rendeva agevole la penetrazione che scopava la sua bocca, mentre la figa era a sua volta scopata dall’altro Padrone.
Il dolore altrui, mentre i Dominanti prendono il loro piacere, amplifica le sensazioni e, così, il dolore procurato dai morsetti si sommò a quello generato dai frustini impugnati dagli uomini.
La schiava arrivò a piangere dal dolore e, comunque, le lacrime non ebbero l’effetto di rendere secca la figa nè ferma la lingua intenta a leccare e succhiare il cazzo che le spingeva fino in gola, dando divertimento anche con i suoi conati dettati dal tocco del cazzo in fondo alla gola.
I Padroni si cambiarono di posto più volte, finchè prima non godette quello che la scopava nella bocca e, qualche minuto dopo, lo sperma non le invase la figa mentre i lamenti per frustate non si elevarono a urla di dolore.
La funzione del marito fu quella di divertire le Padrone che lo mandarono a pulire dallo sperma la figa e la bocca della moglie con la sua lingua che ebbe l’effetto di lasciare ancora duro il suo cazzo destinato all’insoddisfazione.
Franco veniva usato per l’eccitazione sessuale delle Padrone.
Steso su una panca accanto al tavolo, aveva intorno al viso una specie di water basso, dal quale vi era un foro piccolo, utile non per raccogliere ciò che cadeva da chi vi stava seduto sopra, ma unicamente per consentire a chi stava steso sotto di poter leccare la figa o il culo della Padrona seduta sul trono, la cui seduta aveva comodi cuscini fatta salva la parte necessaria per il lavoro della lingua dello schiavo.
L’altra Padrona, sollevatasi la gonna, si era comodamente seduta sul cazzo eretto, già pronto subito dopo le frustate, in quanto l’eccitazione dello schiavo per la situazione era evidente.
Gli accordi iniziali vedevano il marito unicamente spettatore. Nelle esperienze precedenti aveva assistito, anche se nudo, legato e relegato in un angolo.
Gli accordi furono ampiamente disattesi ma l’eccitazione dimostrata era stata la conferma della scelta, unilaterale, dei Padroni.
Le donne, ogni tanto, si scambiavano di posto, per godere, alternativamente, della lingua o del cazzo.
Non paghe, avevano messo ai capezzoli ed ai testicoli dello schiavo alcuni morsetti legati da una catenella che univa a due quelli apposti ai capezzoli ed un'altra coppia era formata da quella ai testicoli già utilizzati per il controllo della bestia.
Non avevano mai parlato del masochismo dell’uomo. Non sapevano che effetto avrebbe avuto sul suo cazzo. Sicuramente sapevano quale effetto il suo dolore avrebbe avuto sul loro sadismo.
Nessuna delle due si faceva scrupoli, a piacere e inaspettatamente, a tirare con forza le catenelle, godendo del piacere delle grida soffocate dal culo della Padrona che stava seduta comodamente sul suo viso.
Evidentemente il piacere della situazione era troppo forte anche per lo schiavo che subiva una leggera perdita del turgore, subito recuperata dal movimento della figa che lo riportava pronto e duro.
Le scarpe col tacco altissimo slanciavano il bel corpo segnato di Monica.
La donna si trovava in quella età in cui ancora non si vedono i segni del tempo benchè la pelle abbia perso la lucentezza del 20 anni.
L’eleganza sopperiva a ciò che il tempo stava togliendo ed il suo corpo era ancora in grado di generare attenzioni e desideri, con la promessa di farlo ancora per lungo tempo.
Nulla copriva la sua pelle se non il collare, fonte di dolore e di tensione continua, alla bocca dello stomaco, che attanaglia ma che eccita. I morsetti telecomandati ai capezzoli lascia presagire il pericolo che da un momento all'altro può giungere, pericolo testimone della completa cessione del potere, al punto che il suo forte dolore dipende dal capriccio altrui, di coloro che la usavano quale oggetto per il mero divertimento.
Il pericolo sa essere eccitante perché dà più senso alla vita e al disprezzo della stessa da parte di chi gestisce il telecomando.
La schiava era concentrata solo su sé stessa, fatte salve fugaci occhiate al marito che fungeva da cuscino per la seduta delle Padrone.
La concentrazione era unicamente volta a soddisfare le esigenze dei Padroni che avevano avviato un gioco crudele ma eccitante.
Quando volevano essere serviti, fatta eccezione per il cambio portata, che veniva ordinato a voce, si limitavano a stringere i morsetti ai capezzoli di Monica.
Accadde la prima volta che il Padrone era rimasto senza vino nel bicchiere. Senza preavviso, i morsetti iniziarono a stringersi fino a rendere difficoltosa la respirazione a causa del dolore. La schiava entrò subito nel panico perchè non capiva cosa volessero i Padroni che continuavano ad ignorarla.
La tensione saliva ed era disperata finchè cominciò a guardare spasmodicamente la tavola e vide un bicchiere vuoto. Si precipitò a riempirlo e la morsa sparì.
Lo spavento iniziale lasciò il posto all’eccitazione per essere stata trattata come un oggetto telecomandato che, in difficoltà, nemmeno meritava l’attenzione dei Padroni.
Da quel momento curò con attenzione sempre i bicchieri e si impegnò affinché fossero sempre pieni nella giusta misura.
Non si accorse che era terminato il pane, e la chiusura dei morsetti non le diede spirito di osservazione sufficiente.
Non sapendo come fare, quando il dolore divenne insopportabile e prolungato, si gettò ai piedi, sotto la tavola, dei Padroni, leccando le scarpe come se da quel gesto dipendesse tutto.
Furono eccitanti i lamenti della schiava dovuti ai calci ricevuti sotto il tavolo ed ai tacchi sadicamente roteati dalle Padrone nel seno e tra le costole.
Dopo che il pane fu servito, fu fatta tornare sotto il tavolo, usata per appoggiare i piedi o le scarpe.
I lamenti continui e di diversa intensità a seconda della pressione dei morsetti ai capezzoli, rendeva eccitante e piacevole il consumo delle portate, gustate con calma e, almeno per le donne, tra i due orgasmi che ebbero a testa grazie al lavoro dello schiavo.
Vi è sempre un momento in cui l’eccitazione giunge ad un livello non più rimandabile e, in quel caso, occorre che l’acqua defluisca verso il basso, non più contenibile dalla diga della volontà di rimandare ciò che ormai preme troppo.
La cena era finita da tempo e la tavola piena di piatti vuoti contenenti solo gli scarti delle pietanze.
I tovaglioli erano posati senza cura accanto ai piatti e da tempo nessuno attingeva al barattolo dei biscotti da intingere nel vino.
I lamenti della schiava avevano l’intensità conseguente all’azione sul telecomando, senza che i Padroni si curassero dello stato dei suoi capezzoli o dal grado di sofferenza di quel corpo sotto le loro scarpe.
Il disinteresse, però, era anch’esso fonte di eccitazione e, almeno per i Padroni, avendo le donne avuto soddisfazione dalla loro panca umana , il godimento divenne non più rinviabile.
Solitamente i posti coperti e riparati sono indice di una sicurezza raggiunta.
Non per la bestia posta sotto al tavolo che vide quasi come una liberazione il fatto di essere spinta a calci fuori da quella falsa protezione.
Avendo capito l’uso che l’aspettava, gli umori alla figa moltiplicarono, soprattutto quando, liberato lo spazio sul tavolo gettando a terra piatti e bicchieri, la fecero stendere di schiena con la testa fuori, pendente.
La posizione del capo e, soprattutto, della bocca, rendeva agevole la penetrazione che scopava la sua bocca, mentre la figa era a sua volta scopata dall’altro Padrone.
Il dolore altrui, mentre i Dominanti prendono il loro piacere, amplifica le sensazioni e, così, il dolore procurato dai morsetti si sommò a quello generato dai frustini impugnati dagli uomini.
La schiava arrivò a piangere dal dolore e, comunque, le lacrime non ebbero l’effetto di rendere secca la figa nè ferma la lingua intenta a leccare e succhiare il cazzo che le spingeva fino in gola, dando divertimento anche con i suoi conati dettati dal tocco del cazzo in fondo alla gola.
I Padroni si cambiarono di posto più volte, finchè prima non godette quello che la scopava nella bocca e, qualche minuto dopo, lo sperma non le invase la figa mentre i lamenti per frustate non si elevarono a urla di dolore.
La funzione del marito fu quella di divertire le Padrone che lo mandarono a pulire dallo sperma la figa e la bocca della moglie con la sua lingua che ebbe l’effetto di lasciare ancora duro il suo cazzo destinato all’insoddisfazione.
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