Qualunque cosa - Capitolo 2

di
genere
sadomaso

Andai di nuovo alle macchinette, presi una birra e l’ascensore per l’ultimo piano. Non avevo alcuna intenzione di uscire e lasciarla sola, non era una situazione pericolosa, ma era comunque sotto la mia responsabilità,
Salii sul tetto del palazzo, a parte l’area con i vari macchinari per l’aria condizionata, il resto era una terrazza che copriva l’intero perimetro, con una vista fantastica della città.
Mi piaceva ogni tanto salire lassù, restare da solo con i miei pensieri.
Aprii l’app per controllare cosa stesse facendo Daphne.
Sembrava non essersi mossa da come la avevo lasciata.
Sorseggiavo la mia birra godendomi l’aria della notte, era passata quasi un’ora da quando avevo lasciato l’ufficio. Daphne era ancora in ginocchio come un’ora prima, ma ora non stava più immobile come quando ero salito qui, Cominciava ad essere stanca, o forse c’era dell’altro.
La mia birra era quasi finita, e quella che restava era ormai troppo calda per essere bevuta.
Mi avviai alle scale, gettai la lattina nel primo cestino che trovai e chiamai l’ascensore per tornare giù.
Arrivando al piano dei nostri uffici il “ding” dell'ascensore avrebbe tradito la mia presenza, quindi mi fermai due piani sopra al nostro e utilizzai le scale di servizio, controllando sempre quello che Daphne stava facendo.
Ora sembrava decisamente più agitata.
Prima di tornare da lei deviai per il bagno, probabilmente anche lei ne aveva bisogno, contavo proprio su questo in effetti.
Camminai silenziosamente fino al mio ufficio, dal cellulare non potevo vedere il viso ma solo la schiena e la testa rivolte verso la parete.
Provai a sbirciare lentamente dalla porta aperta, aveva gli occhi chiusi, una espressione tesa, le mani stringevano le cosce.
Entrai senza fare rumore avvicinandomi quanto potevo senza che percepisse la mia presenza.
“Hai ancora sete ?”
Dissi con voce decisa e a un volume leggermente più alto di quanto sarebbe stato necessario.
Sgranò gli occhi e trasalì vistosamente, non mi aveva sentito fino a quel momento, poi vigorosamente fece no con la testa sibilando un “No”. fra i denti.
“Vado a gettarla allora”
Dissi mentre prendevo la ciotola da terra e mi avviavo verso il bagno privato del mio ufficio.
Tornai e deposi di nuovo la ciotola a terra di fronte a lei.
“Hai bisogno di andare in bagno ?”
“Si “
Disse in tono supplicante rafforzando il concetto con ampi cenni della testa.
“Capisco…Purtroppo non ti sei ancora guadagnata questo diritto, ma non voglio che mi sporchi il pavimento, quindi se proprio non riesci a resistere, puoi usare la ciotola che hai lì, non puoi toccarti e ti avviso, raccoglierai con la lingua ogni goccia che cadrà.”
Mi sedetti a poca distanza da lei per vedere come si sarebbe organizzata.
Prese la ciotola, la porto in mezzo alle gambe e scendendo dai talloni avvicino l’inguine fino a toccare il bordo della ciotola. Il fatto che la stavo osservando non le facilitava le cose, ma il bisogno era impellente, socchiuse un attimo gli occhi e si liberò la vescica.
Quando ebbe finito era decisamente più rilassata, sollevo leggermente il bacino e sfilò la ciotola da sotto di se e riporto le mani nella posizione che io le avevo ordinato all’inizio.
Le avevo detto che non poteva toccarsi, quindi non aveva potuto pulirsi e questo certamente le procurava un certo imbarazzo.
Andai in bagno e presi un rotolo di carta igienica, tornai da lei e ne utilizzai un po’ per pulirla con la massima gentilezza possibile, Inarco il bacino per facilitarmi il compito.
Andai in bagno a gettare la carta che avevo utilizzato e mi lavai le mani.
“Vai a buttare quella roba in bagno, lavati le mani e torna qui.”
Si alzò, prese la ciotola da terra e si avvio al mio bagno.
“No! Non nel mio bagno, usa quelli del piano.”
Questo l'avrebbe costretta a percorrere tutto l'open space fino all’altro angolo, obbedì senza fare obiezioni.
Mentre era via ripresi i suoi abiti dalla sala server tutti tranne le mutandine che misi nel mio cassetto.
“Hai lavato la ciotola ?”
“Si.”
“Brava, per oggi basta. Puoi rivestirti e tornare a casa, io devo finire il lavoro. Tieni il telefono sempre con te, potrei chiamarti o messagiarti in qualunque momento e dovrai essere sempre disponibile.”
Fece un cenno di assenso con la testa.
“Stai con qualcuno in questo momento ?”
“No.”
“Meglio, “
Iniziò a rivestirsi, rovistando fra gli abiti che avevo rimesso sulla sedia, alla fine prese il reggiseno e lo indosso, poi rimase ferma rivolgendo lo sguardo verso di me.
Presi le mutandine dal cassetto.
“Cercavi queste ?”
“Si”
“Oggi torni a casa senza, queste le tengo io, e quando sarai arrivata dovrai fare qualcosa per me… “
“Si”
“Non appena sarai a casa ti farai una doccia, poi mi manderai le foto di ogni completo intimo che hai, lo indosserai e farai una foto davanti allo specchio, farai la stessa cosa per tutti gli abiti che hai.”
“Va bene.”
“Ah, un’altra cosa,.. Durante tutto questo periodo non potrai avere orgasmi se non con il mio permesso, non potrai darti piacere e non potrai avere orgasmi, quelli appartengono a me, come tutto quello che ti riguarda, potrai masturbarti solo con il mio consenso.”
Deglutì vistosamente.
“Va bene.”
“Finisci di rivestirti e vattene.”
Finsi di lavorare senza rivolgerle più lo sguardo, La webcam era ancora in funzione, la osservai rivestirsi sullo schermo del PC.
Quando se ne andò, eliminai dalle registrazioni di sicurezza del piano l’ultima ora di filmati, non era il caso che ci fossero video di una ragazza nuda che si aggirava per l’open space con in mano una ciotola nera.

Entrai a casa e mi infilai nella doccia, quando ne uscii, avevano iniziato ad arrivare le prime immagini di Daphne in intimo, le avrei guardate il mattino successivo.
Domani sarebbe stata un’altra giornata impegnativa.







Mi svegliai presto, il mio corpo era abituato a svegliarsi sempre più o meno alla stessa ora, spesso mi svegliavo qualche minuto prima che la sveglia suonasse, e oggi non faceva differenza.
Solitamente nel weekend restavo a letto un po’ di più, ma non oggi, oggi era giorno di shopping. Dovevo procurarmi un po’ di cose che mi sarebbero servite per la mia nuova schiava, e sapevo esattamente dove trovarle.
C’era, più o meno a dieci minuti da dove vivevo un negozio di elettronica molto ben fornito, con dispositivi che sarebbe stato difficile trovare anche on-line, lo avevo scoperto anni prima e non aveva mai deluso le mie aspettative, anche il personale era estremamente preparato.
Spiegai ad una ragazza del reparto sicurezza di cosa avevo bisogno e mi indirizzò subito a quello che stavo cercando, passai pi al reparto internet e telefonia, ma qui andai a colpo sicuro, sapevo già dove trovare quello che mi serviva.
Quasi mille dollari di attrezzatura, ma ne sarebbe valsa la pena.
Tornai a casa, configurai e testai tutti i pezzi, quando fui soddisfatto del risultato chiamai Daphne.
“Pronto ?”
“Mandami il tuo indirizzo. Subito e senza riattaccare.”
Sentii che armeggiava con il telefono e poi mi arrivò la notifica di un nuovo messaggio, guardai l’indirizzo, era sulle colline, ci avrei messo quasi un’ora ad arrivare da lei…
“Sto venendo da te. Spogliati, piazza il telefono in modo che possa inquadrarti, fai partire una videochiamata con me e poi mettiti in ginocchio come ti ho detto di fare ieri sera. Resterai così finché io non arrivo.”
Riattaccai senza attendere la sua risposta.
Prima di uscire controllai su Maps l’indirizzo che mi aveva dato, conoscevo un po’ la zona, ma non ero andato spesso da quelle parti. Abitava in una casa in un complesso residenziale come ce ne sono tanti, la zona era di livello come ci si sarebbe aspettato da una come lei, anche se la facevo più da appartamento in centro.
La videochiamata arrivò mentre stavo finendo di mettere l’attrezzatura nel borsone.
Risposi senza attivare la mia di videocamera, sul display era inquadrato un pavimento in quello che doveva essere marmo nero o qualcosa di simile, Daphne entro nell’inquadratura e si inginocchio dandomi il profilo destro, probabilmente si era rivolta verso la porta di ingresso.
“Brava! Rimani così fino al mio arrivo.”
Fece un cenno di assenso con la testa, io disattivai il microfono del mio telefono.
Mentre viaggiavo verso casa sua controllavo ogni tanto che non si muovesse da quella posizione.
Impiegai più del previsto per arrivare, non avevo tenuto conto del traffico in periferia nel weekend, parcheggiai nel vialetto che portava al box auto di fianco alla casa.
Riattivai il microfono del cellulare
“Sono qui, vieni ad aprire.”
La vidi alzarsi e uscire dall'inquadratura, la porta di fronte a me scattò, chiusi la videochiamata. Aprì restando nascosta dietro la porta, sicuramente qualcuno dalle case circostanti stava osservando uno sconosciuto davanti alla porta di Daphne, in un quartiere del genere ogni cosa fuori dall’ordinaria routine era degna della morbosa curiosità dei vicini, non vedevo glicini, ma il pensiero a Wisteria Lane era inevitabile.
Entrai. La casa era spaziosa e molto luminosa, arredata in maniera molto essenziale, il marmo nero del pavimento contrastava con il bianco delle pareti, ci trovavamo in un ampio soggiorno, sulla sinistra un piano tipo bar divideva questo ambiente da una cucina molto razionale, quasi impersonale.
Posai a terra il borsone, e mi rivolsi a lei:
- “Torna in ginocchio, rivolta alla porta come prima.”
iniziai ad esplorare la casa, a destra, dietro una parete una scala saliva al piano superiore e più in là una porta conduceva ad un bagno. Salendo le scale a destra c’era un piccolo spazio chiuso adibito a lavanderia e una stanza da letto non molto grande, con un bagno privato, probabilmente la stanza degli ospiti. Dall’altra parte delle scale, un corridoio correva parallelo alle scale nella direzione opposta, dal corridoio si poteva accedere a due stanze, una adibita a studio, con una scrivania, una libreria e un piccolo divano su una parete, l’altra era la stanza da letto di Daphne, un letto matrimoniale king size occupava la maggior parte della stanza, in fondo alla stanza al centro della parete c’era una console con un ampio specchio e un piccolo sgabello, un pouf rettangolare occupava per quasi tutta la larghezza il fondo del letto.
Sulla parte due porte conducevano ad una cabina armadio e al bagno.
Bene, dovevo mettermi al lavoro…
Tornai di sotto, e inziai a tirare fuori quello che mi ero procurato poche ore prima.
Volevo controllare Daphne mentre era in casa così avevo preso diverse telecamere di sicurezza wireless alimentate a batteria, un router wireless su cui avevo preventivamente configurato una VPN e kit di montaggio a parete rimovibili. Piazzai le telecamere in modo che coprissero ogni angolo della casa lasciando scoperti solo la stanza degli ospiti e il bagno di quella stanza. Su tutte le telecamere avevo attivato la rilevazione del movimento e l’inseguimento delle figure umane. Daphne sarebbe stata seguita ovunque andasse nella casa. Il collegamento criptato inviava le immagini al mio server a casa mia e potevo consultarle anche dal cellulare.
Avevo il mio personale “Grande Fratello”.
Durante tutto il tempo che avevo impiegato a piazzare le telecamere Daphne era rimasta immobile come le avevo chiesto.
“Alzati ora e sediamoci sul divano. Hai il permesso di parlare liberamente.”
“Grazie”
Disse tirandosi in piedi e sedendosi su uno dei due divani.
“Ho installato telecamere in ogni stanza, sarò in grado di vedere quello che fai, ovunque in questa casa.”
“Si, non ho visto quello che facevi ma immaginavo qualcosa del genere.”
“E… ?”
“Niente, va bene così, mi stai letteralmente salvando il culo, tutto questo è un prezzo accettabile.”
“Non è detto che il tuo culo sia così al sicuro con me.”
Salì sul divano mettendosi in ginocchio, i piedi sul bracciolo e si piego fino a poggiare le spalle e la testa sulla seduta, in questa posizione le sue parti intime erano esposte ed accessibili.
“Il mio culo, come il resto di me, sono a tua disposizione per farne ciò che vuoi.”
Se non fosse dettata dalla necessità e dagli obblighi del nostro accordo, sarebbe stata una bella dichiarazione.
“E non hai paura che io possa approfittarmi della situazione ?”
“Si, ma ieri ero totalmente alla tua mercé avresti potuto farmi davvero qualunque cosa, ma per quello che ho potuto vedere fino a quì, sei una persona determinata, ma corretta e responsabile, non sei un sadico, mi dispenserai dolore e umiliazione, su questo non ho dubbi, ma immagino che sarà sempre qualcosa di sopportabile.”
Mi aveva letto abbastanza bene, era la verità, per quanto in passato potessi essermi arrabbiato con lei, non avrei mai lasciato che quelle emozioni guidassero le mie azioni.
In fondo stavamo giocando, e il controllo di questo gioco ce lo aveva lei, anche se ancora non lo sapeva, ma ero intenzionato a farglielo scoprire il più tardi possibile.
“Si, hai ragione, quasi su tutto, la realtà è che in questi mesi scoprirai quali sono i tuoi limiti, in ciò che il tuo corpo può fare e sopportare nel dolore e nel piacere, in modi che probabilmente non sapevi esistessero. Ora resta ferma.”
Mi avvicinai al suo sedere con le dita sfiorai la parte finale della schiena, proseguendo nel solco fra i glutei fino all’ano che si contrasse al mio tocco, proseguii ancora sul perineo sfiorando le grandi labbra e facendo una leggera pressione per schiuderle e proseguendo arrivare a toccare il clitoride, era bagnata ed eccitata, sussultò quando arrivai a sfiorarle il clitoride.
In quella posizione avevo a portata di lingua qualunque cosa, dal clito all’ano, avvicinai il viso in modo che percepisse la mia presenza sicuramente sentiva il mio fiato sulle sue parti intime, con le mani allargai leggermente le labbra per esporre meglio il clitoride e leccai lentamente, un singolo lento passaggio.
Emise un mugolio e butto fuori l’aria dal naso rumorosamente, se possibile sembrava aver inarcato la schiena ancora di più per darmi modo di raggiungere meglio quello che volevo.
Leccai di nuovo il clitoride allo stesso modo, ma stavolta proseguii lungo tutto il solco, in mezzo alle labbra fino all’ano e poi di nuovo, ma bagnando per quanto mi era possibile l’ingresso della vagina.
Dalle sue reazioni sembrava gradire quello che stavo facendo, quindi mi spinsi un po’ oltre.
“Apri la bocca”
Socchiuse le labbra e con due dita percorsi lentamente il perimetro delle sue labbra poi le infilai in bocca, accolse le mie dita avvolgendole fra il palato e la sua lingua.
Sfilai le dita dalla sua bocca e tornai a dedicarmi alle sue intimità.
scorrendo con la punta delle dita inumidite dalla sua saliva arrivai all’ingresso della vagina e con inesorabile lentezza introdussi due dita, muovendo il bacino cercò di venire incontro alle dite che la penetravano, ma indietreggiai con lei, cercando di mantenere la stessa velocità che avevo tenuto finora, avevo io il controllo, quando arrivai ad avere le dita completamente dentro di lei con molta lentezza le sfilai leggermente e ruotai la mano per lasciare libero accesso al clitoride, la penetrai di nuovo fin dove le dita lo consentivano.
Ripresi a leccare variando ritmo, modo e intensità, le dita erano dentro di lei immobili, ma potevo sentire le sue contrazioni ad ogni leccata.
Continuai finché la stretta sulle dita preannunciò l’imminente orgasmo e mi fermai di colpo sfilando velocemente le dita.
“Non puoi godere, non oggi, non così.”
Non rispose, stava ancora reagendo al mancato orgasmo. L’avrei fatta aspettare almeno fino a lunedì prima di concederle un orgasmo, e sarebbe comunque stato alle mie condizioni, ma per il momento non avevo ancora finito con lei.
Quando valutai che l’eccitazione era un po scemata ripresi a giocare con le sue parti intime, di nuovo leccai dal clitoride verso l’alto fino all’ano dove mi concentrai bagnandolo il più possibile con la mia saliva, mi ero portato un piccolo flacone di lubrificante a base di acqua, una formula neutra che Daphne sicuramente avrebbe tollerato, il flacone era piccolo tanto da starmi in tasca, non conteneva molto, ma quel poco sarebbe bastato, mentre con le dita massaggiavo il buchino lasciai cadere un po di lubrificante sulle mie dita e intorno, i movimenti circolari avrebbero fatto il resto lubrificando sia l’esterno che le mie dita.
Appoggiai la punta del medio al buchino e iniziai a fare pressione, lei allentò la tensione muscolare e mi lascio entrare, era comunque molto stretto, attesi che si abituasse alla presenza estranea e quando sentii che la stretta si allentava proseguii penetrandola fino all’ultima falange, da parte sua continuava a spingere il culo verso la mia mano come se ne volesse di più ma ero già dentro fin dove era possibile, per il momento non era il caso di tentare con due dita, ma con un po di allenamento chissà…
Sfilavo il dito fin quasi a toglierlo e poi la penetravo di nuovo, in questa posizione, con il pollice arrivavo a toccare il clitoride ad ogni affondo, sentivo che l’orgasmo stava montando di nuovo quindi limitai le mie attenzioni solo all’ano.
“ora devo andare, non ho ancora finito di sistemare gli archivi danneggiati.”
Mi lavai le mani nel bagno al piano terra, andai in camera sua, scelsi un coordinato lilla leggero e non troppo sensuale, pantaloni a vita alta e una maglia corta, avrei lasciato a lei la scelta delle scarpe.
Deposi gli indumenti ordinatamente sul pouf ai piedi del letto, poi presi un vestito corto a balze bianco e blu senza spalline, l'avevo già vista in ufficio con quell’abito, le stava bene, ci abbinai un reggiseno a fascia color carne, niente mutandine.
Questi sarebbero serviti per Lunedì, li lasciai appesi nella cabina armadio, tornai di sotto e impartii le istruzioni per il resto della giornata.
“Hai una copia delle chiavi di casa che posso avere ?”
“Si, sono di sopra, posso alzarmi ? Vado a prenderle.”
“Vai!”
Si avviò alle scale e tornò quasi subito con in mano un semplice anello a cui erano appese tre chiavi, ne prese una fra le dita e me la porse.
“Questa apre la porta principale, le altre sono della porta sul retro e del box auto.”
Presi le chiavi e le misi in tasca
“Quando me ne sarò andato potrai rivestirti se vuoi, ma non puoi indossare biancheria, né pantaloni. Se devi uscire, ho messo gli abiti che devi indossare sul pouf ai piedi del tuo letto, puoi abbinarci le scarpe che preferisci.”
L’indomani avrei iniziato a farle allenare il suo buchino per accogliere qualcosa di più largo del mio dito medio, mi serviva qualcosa che avrei potuto acquistare tornando a casa e che le avrei portato il giorno successivo, ma sarei comunque dovuto tornare a farle visita in serata.
“Ora vado al lavoro. Fai ciò che vuoi, ma alle sette e trenta di questa sera rimettiti nella posizione in cui stavi prima. Ricorda, posso vedere tutto.”
Non rispose ma annuì con la testa.
Tornando a casa passai in farmacia e poi ad un sexy shop per procurarmi quello che mi sarebbe servito domani.
Mentre tornavo arrivarono diverse notifiche di movimento dalle telecamere in casa di Daphne.
Quando fui in casa, guardai rapidamente le registrazioni da quando me ne ero andato, nulla di speciale, dopo che me ne ero andato aveva chiuso a chiave la porta di casa, era salita al piano di sopra e, dopo essere andata in bagno aveva indossato una sottoveste avorio che le arrivava a metà coscia, poi era tornata di sotto e si era messa in cucina, quando ero uscito l’ora di pranzo era passata da un po’ e in effetti mi resi conto di avere fame anch’io.
Non avevo avuto tempo di cucinare e arrangiai due sandwich al volo.
Daphne dopo aver mangiato e rassettato la cucina indossò gli abiti che le avevo preparato e uscì di casa.
Erano circa le 5 del pomeriggio, avrei ricevuto le notifiche non appena avesse di nuovo messo piede in casa, quindi mi disinteressai momentaneamente di lei e uscii anch’io.
Verso le sei arrivo una notifica di movimento da casa di Daphne, andai sui video in diretta e vidi che era in casa, aveva messo alcune buste sul piano della cucina, tirò fuori alcune cose che non riuscii a distinguere e le mise in frigo, prima che potesse fare altro la chiamai:
“Pronto ?”
“Mi pare di averti dato istruzioni chiare: In casa non puoi indossare pantaloni o biancheria intima.”
“Scusa, provvedo subito.”
Tornai al video, era ancora in cucina, con il cellulare in mano salì in camera, lo poggiò sul comodino, si tolse rapidamente quello che indossava e tornò ad indossare la sottoveste.
Riprese il cellulare e inserì il vivavoce.
“Fatto! sono di nuovo come hai ordinato.”
“Si, ma avresti dovuto farlo non appena entrata in casa, devo punirti…”
“Verrai qui per punirmi ?”
“No, questa volta lo farai da sola.”
Avevo notato, nel locale lavanderia, che malgrado avesse una asciugatrice, c’erano delle mollette da bucato, in legno. Perfette per quello che avevo in mente.
“Vai nel locale lavanderia, prendi due mollette e torna in questa stanza, lascia qui il cellulare.”
Obbedì rapidamente ai miei ordini, in pochi secondi era già di ritorno con le mollette in mano.
“Ora prendi le mollette e mettine una su ogni capezzolo.”
Fece scivolare una spallina della sottoveste per scoprire un seno e delicatamente applico la molletta al capezzolo, rimise a posto la spallina e fece lo stesso dall’altra parte, aveva sistemato le mollette lateralmente in modo che non interferivano con la sottoveste, ma dovevano comunque essere parecchio dolorose.
“Tienile su finché riesci a sopportarlo, il mio desiderio è che tu le tenga fino alle 8 di questa sera, non deludermi.”
Riattaccai senza aspettare la sua risposta.
La osservai tornare di sotto, dopo il primo gradino scese le scale con molta cautela, i sobbalzi le trasmettevano sicuramente fitte ancora più dolorose, dubitavo che riuscisse a tenere le mollette fino al mio arrivo. Dovevo passare di nuovo in farmacia, se avesse resistito davvero fino alle otto i capezzoli se la sarebbero vista brutta.
Volevo limitare per quanto possibile quel supplizio, ma non sarei potuto essere da lei prima delle sette e mezzo, significava oltre un’ora con i capezzoli stretti in quella morsa innaturale.
Comunque le avevo dato un'alternativa, se non riusciva a resistere poteva toglierle, non ci sarebbero state rappresaglie. Sarebbe stata una sua scelta.

joe68di@gmail.com
scritto il
2023-08-03
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