Qualunque cosa - Capitolo 10
di
OldMaster68
genere
dominazione
Mi portai di fronte a lei e diedi un colpetto leggero sul clitoride, sussultò, ma di fatto era impossibilitata in qualsiasi movimento.
Mirai ai glutei e feci partire un colpo forte colpendoli entrambi in orizzontale.
Capitolo 10
Daphne non gridò, ma tese i muscoli delle gambe e delle braccia strattonando le cinghie, dove avevo colpito si stava formando una leggera riga di pelle arrossata.
Colpii di nuovo, stessa zona, stessa forza, Daphne ebbe la stessa reazione con un grugnito sibilato fra i denti.
Dopo quattro o cinque colpi inizio a gridare ad ogni colpo, arrivato a dieci mi fermai, ora c’erano diverse striature rosse che attraversavano i glutei.
Mi spostai in mezzo alle sue gambe, il suo sesso era aperto ed esposto con le grandi labbra tese verso l’esterno dalle mollette.
Presi bene la mira per non colpire dove erano fissate le mollette e colpii con l’estremita del frustino il clitoride, non forte come sulle natiche ma abbastanza da provocare dolore e non solo piacere.
Daphne provò inutilmente a stringere le gambe ma non emise un suono, colpii più forte, ebbe la stessa reazione, senza lamentarsi, aumentai ancora la forza dei colpi.
Stavolta grido, e forte. Scaricò in quell’unico grido la tensione dei colpi dati in precedenza.
Continuai a colpirla con la stessa forza, stavolta gridava ad ogni colpo, aveva capito che gridare la aiutava a sopportare meglio il dolore.
Arrivato a cinque mi fermai, dalla vagina colavano un po’ di umori, infilai un dito dentro ed era molto bagnata.
Tenendo il dito dentro colpii di nuovo, sentii la vagina stringersi attorno al mio dito e poi rilassarsi, continuai a colpire tenendo il dito dentro, ogni volta oltre al suo clitoride colpivo anche il dorso della mia mano, ma il dolore che provavo io era nulla in confronta a quello che riceveva lei in quel punto estremamente sensibile.
Quando sentii che le contrazioni erano più lunghe e che si stava avvicinando ad un orgasmo sfilai il dito e ricominciai a colpire i glutei, forte ripetutamente, senza darle modo di riprendersi fra un colpo e l'altro, non era lì per godere, ma per ricevere una lezione.
I glutei ora erano una ragnatela di striature rosse.
Infilai due dita dentro, era ancora bagnata e i muscoli si contrassero quasi impedendomi di entrare, poi si rilassò e riuscii a introdurli fino in fondo, sentivo con la punta delle dita il collo dell’utero, l’eccitazione era un po scemata.
Ruotai la mano verso il basso e ricominciai a colpire il clitoride come avevo fatto prima.
La zona era molto arrossata e gonfia, doveva essere terribilmente sensibile in quel punto in questo momento, ad ogni colpo tutto il suo corpo si agitava, anche la sua vagina si contraeva stringendomi le dita.
Malgrado il dolore sentivo che per lei l’orgasmo era di nuovo vicino, senza spostarmi la colpii su un seno, il colpo la sorprese, istintivamente cercò di proteggersi ma le braccia erano assolutamente bloccate e anche ruotare il busto era impossibile.
Sfilai le dita da lei, e al loro posto infilai il suo perizoma, mi spostai di lato e comincia a colpirla su entrambi i seni, cercavo di colpire appena sotto i capezzoli ma inevitabilmente qualche colpo finiva anche per colpirli, producendo grida più acute.
Alternavo dieci colpi sui seni e dieci sulle natiche, Daphne cominciava ad avere il fiato grosso, era certamente stanca della continua tensione che i colpi le procuravano, ma non ero intenzionato a darle tregua, non per il momento almeno.
La stavo costantemente tenendo sulla corda, colpivo e attendevo un segno di rilassamento per colpire nuovamente, impedendole di riprendersi tra un colpo e l’altro, ad un certo punto cambiai anche schema, alternando casualmente i colpi sui glutei a quelli sul seno, e qualche volta colpivo anche la parte superiore delle cosce e la pancia per evitare che avesse punti di riferimento.
Ogni nuovo colpo arrivava inaspettato e in posti dove non si aspettava.
Andai avanti così per quasi due ore. Ero stanco e lei era stremata.
Presi dal frigo una bottiglia di acqua e lentamente la versai sulla sua bocca, questo la ridestò un poco e riuscì anche a berne un po’. Diedi ancora dieci colpi molto forti sulle natiche, cinque sui seni e cinque sul clitoride, poi me ne andai nel bagno della mia stanza per farmi una doccia lasciandola così, sudata, stremata e legata.
Dopo la doccia tornai da lei per vedere come stava, sembrava addormentata, la svegliai con due frustate sul seno.
“Non ti ho dato il permesso di dormire”
“Ti prego, ho sete”
“Puoi avere l’acqua in cambio di 5 frustate, ma devi implorarmi di dartele”
“Ti prego, 5 frustate, ho sete”
“Conta e ringrazia se vuoi l’acqua”
Non me lo feci ripetere due volte, colpii il seno per cinque volte, ad ogni colpo contò e disse “Grazie padrone”.
Forse cominciava a capire chi comandava.
Presi un’altra bottiglia dal frigo, sfilai il perizoma da dentro la sua fica e ne feci una specie di tappo infilandolo a forza nell’imboccatura della bottiglia, lasciai uscite fuori un lembo di stoffa di tre o quattro centimetri.
Con un'altra corda legai la bottiglia capovolta sopra la testa di Daphne, l’acqua bagnò il perizoma e cominciò a gocciolare lentamente dal lembo di stoffa che avevo lasciato fuori.
Le gocce cadevano sulle labbra e sul mento di Daphne, sollevando il viso poteva arrivare con le labbra a succhiare il pezzo di stoffa imbevuto di acqua, questo èra il massimo che volevo concederle.
Sfilai il plug e l’ano rimase per qualche attimo dilatato, lo lubrificai e lo reinserii al suo posto.
Chiusi la porta lasciandola sola nella stanza, volevo uscire ma non mi fidavo a lasciarla sola, quindi optai per una pizza a domicilio e cenai a casa da solo.
Dopo cena andai a controllare la situazione, aveva consumato circa metà dell’acqua, e in terra non c’erano che poche gocce quindi era riuscita a berne la maggior parte.
Sollevai di qualche centimetro la bottiglia in modo che non potesse più toccarla ma comunque continuasse a gocciare sulle labbra.
La bendai, presi il frustino e cominciai a colpirla delicatamente sui seni, sulla pancia, sulle cosce, e poi sul clitoride. Il tocco era delicato, dovevo farla eccitare, quando valutai che era ‘pronta’ presi un ovetto vibrante di quelli telecomandati e lo inserii nella vagina di Daphne, era acceso ma non attivo.
Tolsi le mollette dalle grandi labbra e le attaccai ai capezzoli, le catenelle con i pesi tiravano i capezzoli verso l’esterno. Per verificarne la tenuta colpii le natiche con il frustino, Daphne si dimenò ma le mollette restarono al loro posto.
Era pronta per la notte.
Avevo modificato il telecomando dell’ovetto trasformandolo in un timer regolabile.
Lo avevo programmato per vibrare a velocità casuale per un minuto e poi fare una pausa casuale da uno a tre minuti. Questo l’avrebbe tenuta sicuramente sveglia e, con un po di fortuna costantemente eccitata senza possibilità di raggiungere un orgasmo.
Non c’erano pericoli, ma per ulteriore sicurezza piazzai una telecamera con rilevazione del movimento e la collegai al cellulare.
I normali movimenti non l’avrebbero attivata ma se fosse riuscita a liberarsi sarebbe scattato l’allarme.
Avviai il timer del telecomando e attesi che iniziasse il primo ciclo.
Dopo circa due minuti Daphne contrasse le ginocchia tentando di sollevare il bacino, i pesi collegati alle mollette sui capezzoli ondeggiarono, dopo un minuto smise di muoversi.
Attesi la seconda attivazione che avvenne dopo un minuto, nel silenzio della stanza riuscivo a sentire il rumore della vibrazione, acuta e intermittente, Daphne contraeva i glutei e provava a stringere le ginocchia ma senza successo.
Spensi la luce, chiusi la porta e mi preparai ad uscire.
Ero fuori casa, pensavo di passare di nuovo da Camilla alla caffetteria ma poi cambiai idea, non avevo voglia di nuovo di sesso in silenzio in un appartamento da studentesse, avrei voluto portarla da me, ma quella sera non era possibile, Camilla non conosceva quel lato di me, magari sel la cosa fosse andata avanti gliene avrei parlato, ma per il momento preferivo di no.
Alla fine girai sui tacchi e me ne tornai di sopra, entrai silenziosamente, rimasi nel soggiorno senza accendere la tv e senza fare troppo rumore controllai sul telefono quello che stava succedendo nell’altra stanza.
Daphne sembrava tranquilla, poi contrasse leggermente i muscoli delle gambe, e di nuovo tornò a rilassarsi.
Ero combattuto, l’odio che provavo nei confronti di Daphne quando eravamo solo colleghi ormai non esisteva più, avevo accettato la sua proposta di diventare la mia schiava con l’intento di farle pagare il modo in cui aveva trattato me e tutti i colleghi ma adesso, adesso che era lì, a mia disposizione, pronta a subire ogni vessazione, tortura o sevizia che potesse venirmi in mente, suscitava invece un bisogno di protezione nei suoi confronti.
Il sadismo non era la mia natura, era un lato del mio carattere, il mio dualismo dei gemelli, un lato sadico ed uno empatico, senza cinismo e senza falsi buonismi.
Procuravo dolore senza rimorsi, e dispensavo pietà senza sensi di colpa.
Non capivo Daphne, non ancora almeno, ma volevo conoscerla meglio, a partire dalle ragioni che l’avevano spinta venerdì a sfidarmi così apertamente, a cercare così sfrontatamente una punizione da parte mia.
Una parte di me avrebbe voluto entrare in quella stanza, sciogliere i nodi e prenderla fra le braccia.
Ma apparentemente lei non voleva questo, voleva essere punita.
Aveva subito in silenzio, non aveva usato la safeword, l’avevo spinta al limite, e non aveva ceduto, era stata comunque al “gioco”.
La ammiravo per questo, e la vedevo ora sotto una luce diversa.
Trasferii le immagini della stanza sullo schermo grande della TV in soggiorno, il corpo nudo di Daphne riempiva lo schermo, era lucido, probabilmente madido di sudore, per lo sforzo e per il caldo.
Avrei leccato via dal suo corpo ogni goccia di quel sudore, assaporato il sale sulla sua pelle.
Mi spogliai ed iniziai a masturbarmi, lentamente, spiando quel corpo che si tendeva e si rilassava ai comandi dell’ovetto vibrante dentro di lei.
Arrivai ad un soffio dall’orgasmo ma mi trattenni, volevo lei.
Andai nella stanza, Daphne mi sentì entrare ma era ancora bendata quindi non poteva vedermi, né capire cosa stessi per fare.
Attesi che l’ovetto iniziasse a vibrare e lo sfilai da lei aiutato dalla vibrazione, spensi il timer.
I genitali esterni di Daphne erano gonfi e bagnati, gli umori erano colati verso l’ano e si erano raccolti sulla parte esterna del plug, alcune gocce erano finite a terra.
La sua fica mandava un odore caldo e inebriante, sesso allo stato puro.
“Per favore… devo fare pipì” mi disse con tono supplicante.
Le assestai uno schiaffo a mano piena sulla vulva, la parte più colpita era il clitoride, già gonfio e sensibilissimo.
Emise un grido acuto e lunghissimo.
“Non hai il permesso di pisciare, se ti azzardi a far uscire anche una sola goccia te ne farò pentire. Quello che hai subito finora sembreranno carezze rispetto a quello che ti farò.”
Sottolineai la sentenza con un altro schiaffo nello stesso punto.
Gridò di nuovo a denti stretti, a lungo.
Quando la colpivo sulla sua pelle fioriva un’ondata di pelle d’oca.
Colpii ancora e ancora, e ancora finché la mano non inizio a farmi male.
Ora il suo sesso era ancora più gonfio e molto arrossato.
Ero eccitato in maniera inverosimile, avvicinai il viso al suo pube, il calore era percettibile, iniziai a leccarla, la sua pelle scottava sotto la mia lingua.
Il suo corpo di inarcava e si dimenava sotto di me. Malgrado quel trattamento, malgrado gli schiaffi sulla fica era eccitata anche lei.
Strusciai la punta del pene per tutta la lunghezza dello spacco, bagnandolo dei suoi umori e provocando ulteriori spasmi.
Non resistevo più e lo spinsi dentro, entrai con facilità, era davvero bagnatissima, ma non per questo meno sensibile.
Mi muovevo lentamente anche se avrei voluto affondare come un ariete dentro di lei.
Volevo godermi questo momento, sentire la sua vagina che si schiudeva intorno al mio pene, era una sensazione meravigliosa, Daphne contraeva i muscoli stringendosi intorno a me che continuavo ad uscire e rientrare con lentezza esasperante.
“NON GODERE!” gli intimai urlando e tirando le catenelle sui capezzoli.
Ci stava provando, con tutta se stessa, ma era come tentare di fermare un treno in corsa a mani nude.
Il suo viso era paonazzo per lo sforzo di trattenersi, stringeva i pugni fino a far diventare bianche le nocche. Non avrebbe resistito molto a lungo. Decisi di darle il colpo di grazia.
Lo tirai fuori lasciando dentro solo la punta e con il pollice della mano iniziai a massaggiare il clitoride con piccoli movimenti circolari.
Abbassai il viso accostandolo al suo orecchio e le sussurrai:”Godi! Adesso!”
Entrai in lei di colpo lasciandola senza fiato, e continuai ad uscire ed entrare con affondi veloci e profondi. Venne gridando quasi subito, io ero quasi al limite e continuai a muovermi a quel ritmo cercando di rimandare il più possibile ciò che era inevitabile, lei venne ancora e ancora, non potrei dire se furono orgasmi multipli o un singolo lungo orgasmo.
Io venni dentro di lei continuando a muovermi finché potei godendo tantissimo.
Le sfilai il plug e la slegai, la presi in braccio e la portai in bagno, la adagiai nella doccia mi sedetti dietro di lei facendola appoggiare di schiena al mio petto, l’acqua calda cadeva sulla parete alle mie spalle scorrendo sulla mia schiena e sul pavimento.
La cinsi con le braccia e lei si mise un po di fianco per rannicchiarsi e appoggiare la guancia sul mio petto.
Le baciai i capelli e la fronte continuando a tenerla delicatamente stretta a me.
“Dovrei davvero fare pipì adesso” Mi disse in un sussurro.
“Va bene, falla pure, non preoccuparti.”
Sentii il suo corpo rilassarsi e un calore dove i nostri corpi toccavano il pavimento. Continuai a baciarla delicatamente sui capelli e a dondolarla fra le braccia.
Ci alzammo in piedi e la lavai con cura, lei fece lo stesso a me.
Ci asciugammo e ordinai della pizza per cena, mangiammo in accappatoio, sul divano in soggiorno, prendendo gli spicchi dalla scatola della pizza, bevendo la birra direttamente dalla bottiglia.
Mi guardava con soggezione e una espressione indecifrabile che poteva essere amore o ammirazione, ma non c’era paura nei suoi occhi. Quella luce negli occhi la rendeva bellissima.
Finito di mangiare le diedi uno spazzolino nuovo e se ne andò nel bagno della stanza dei giochi, quando tornò le presi una mano e la condussi nella mia camera, la feci sedere sul letto e le dissi che avremmo passato la notte insieme, lì, in quella stanza, nello stesso letto.
Andai in bagno per lavarmi i denti e quando tornai la trovai già sotto le lenzuola, l’accappatoio era in terra.
“Questo sarebbe il mio lato del letto…” le dissi sorridendo.
Scivolò dal lato opposto, anch'io lasciai cadere l’accappatoio a terra e mi infilai sotto le lenzuola, il suo corpo era caldo e la sua pelle setosa.
“Daphne, vorrei parlare con te…”
Arrossì, abbasso lo sguardo per un attimo, poi mi guardò negli occhi.
“Di cosa vorresti parlare ?”
IL suo tono era tranquillo, era serena, non temeva le mie domande.
continua…
Mirai ai glutei e feci partire un colpo forte colpendoli entrambi in orizzontale.
Capitolo 10
Daphne non gridò, ma tese i muscoli delle gambe e delle braccia strattonando le cinghie, dove avevo colpito si stava formando una leggera riga di pelle arrossata.
Colpii di nuovo, stessa zona, stessa forza, Daphne ebbe la stessa reazione con un grugnito sibilato fra i denti.
Dopo quattro o cinque colpi inizio a gridare ad ogni colpo, arrivato a dieci mi fermai, ora c’erano diverse striature rosse che attraversavano i glutei.
Mi spostai in mezzo alle sue gambe, il suo sesso era aperto ed esposto con le grandi labbra tese verso l’esterno dalle mollette.
Presi bene la mira per non colpire dove erano fissate le mollette e colpii con l’estremita del frustino il clitoride, non forte come sulle natiche ma abbastanza da provocare dolore e non solo piacere.
Daphne provò inutilmente a stringere le gambe ma non emise un suono, colpii più forte, ebbe la stessa reazione, senza lamentarsi, aumentai ancora la forza dei colpi.
Stavolta grido, e forte. Scaricò in quell’unico grido la tensione dei colpi dati in precedenza.
Continuai a colpirla con la stessa forza, stavolta gridava ad ogni colpo, aveva capito che gridare la aiutava a sopportare meglio il dolore.
Arrivato a cinque mi fermai, dalla vagina colavano un po’ di umori, infilai un dito dentro ed era molto bagnata.
Tenendo il dito dentro colpii di nuovo, sentii la vagina stringersi attorno al mio dito e poi rilassarsi, continuai a colpire tenendo il dito dentro, ogni volta oltre al suo clitoride colpivo anche il dorso della mia mano, ma il dolore che provavo io era nulla in confronta a quello che riceveva lei in quel punto estremamente sensibile.
Quando sentii che le contrazioni erano più lunghe e che si stava avvicinando ad un orgasmo sfilai il dito e ricominciai a colpire i glutei, forte ripetutamente, senza darle modo di riprendersi fra un colpo e l'altro, non era lì per godere, ma per ricevere una lezione.
I glutei ora erano una ragnatela di striature rosse.
Infilai due dita dentro, era ancora bagnata e i muscoli si contrassero quasi impedendomi di entrare, poi si rilassò e riuscii a introdurli fino in fondo, sentivo con la punta delle dita il collo dell’utero, l’eccitazione era un po scemata.
Ruotai la mano verso il basso e ricominciai a colpire il clitoride come avevo fatto prima.
La zona era molto arrossata e gonfia, doveva essere terribilmente sensibile in quel punto in questo momento, ad ogni colpo tutto il suo corpo si agitava, anche la sua vagina si contraeva stringendomi le dita.
Malgrado il dolore sentivo che per lei l’orgasmo era di nuovo vicino, senza spostarmi la colpii su un seno, il colpo la sorprese, istintivamente cercò di proteggersi ma le braccia erano assolutamente bloccate e anche ruotare il busto era impossibile.
Sfilai le dita da lei, e al loro posto infilai il suo perizoma, mi spostai di lato e comincia a colpirla su entrambi i seni, cercavo di colpire appena sotto i capezzoli ma inevitabilmente qualche colpo finiva anche per colpirli, producendo grida più acute.
Alternavo dieci colpi sui seni e dieci sulle natiche, Daphne cominciava ad avere il fiato grosso, era certamente stanca della continua tensione che i colpi le procuravano, ma non ero intenzionato a darle tregua, non per il momento almeno.
La stavo costantemente tenendo sulla corda, colpivo e attendevo un segno di rilassamento per colpire nuovamente, impedendole di riprendersi tra un colpo e l’altro, ad un certo punto cambiai anche schema, alternando casualmente i colpi sui glutei a quelli sul seno, e qualche volta colpivo anche la parte superiore delle cosce e la pancia per evitare che avesse punti di riferimento.
Ogni nuovo colpo arrivava inaspettato e in posti dove non si aspettava.
Andai avanti così per quasi due ore. Ero stanco e lei era stremata.
Presi dal frigo una bottiglia di acqua e lentamente la versai sulla sua bocca, questo la ridestò un poco e riuscì anche a berne un po’. Diedi ancora dieci colpi molto forti sulle natiche, cinque sui seni e cinque sul clitoride, poi me ne andai nel bagno della mia stanza per farmi una doccia lasciandola così, sudata, stremata e legata.
Dopo la doccia tornai da lei per vedere come stava, sembrava addormentata, la svegliai con due frustate sul seno.
“Non ti ho dato il permesso di dormire”
“Ti prego, ho sete”
“Puoi avere l’acqua in cambio di 5 frustate, ma devi implorarmi di dartele”
“Ti prego, 5 frustate, ho sete”
“Conta e ringrazia se vuoi l’acqua”
Non me lo feci ripetere due volte, colpii il seno per cinque volte, ad ogni colpo contò e disse “Grazie padrone”.
Forse cominciava a capire chi comandava.
Presi un’altra bottiglia dal frigo, sfilai il perizoma da dentro la sua fica e ne feci una specie di tappo infilandolo a forza nell’imboccatura della bottiglia, lasciai uscite fuori un lembo di stoffa di tre o quattro centimetri.
Con un'altra corda legai la bottiglia capovolta sopra la testa di Daphne, l’acqua bagnò il perizoma e cominciò a gocciolare lentamente dal lembo di stoffa che avevo lasciato fuori.
Le gocce cadevano sulle labbra e sul mento di Daphne, sollevando il viso poteva arrivare con le labbra a succhiare il pezzo di stoffa imbevuto di acqua, questo èra il massimo che volevo concederle.
Sfilai il plug e l’ano rimase per qualche attimo dilatato, lo lubrificai e lo reinserii al suo posto.
Chiusi la porta lasciandola sola nella stanza, volevo uscire ma non mi fidavo a lasciarla sola, quindi optai per una pizza a domicilio e cenai a casa da solo.
Dopo cena andai a controllare la situazione, aveva consumato circa metà dell’acqua, e in terra non c’erano che poche gocce quindi era riuscita a berne la maggior parte.
Sollevai di qualche centimetro la bottiglia in modo che non potesse più toccarla ma comunque continuasse a gocciare sulle labbra.
La bendai, presi il frustino e cominciai a colpirla delicatamente sui seni, sulla pancia, sulle cosce, e poi sul clitoride. Il tocco era delicato, dovevo farla eccitare, quando valutai che era ‘pronta’ presi un ovetto vibrante di quelli telecomandati e lo inserii nella vagina di Daphne, era acceso ma non attivo.
Tolsi le mollette dalle grandi labbra e le attaccai ai capezzoli, le catenelle con i pesi tiravano i capezzoli verso l’esterno. Per verificarne la tenuta colpii le natiche con il frustino, Daphne si dimenò ma le mollette restarono al loro posto.
Era pronta per la notte.
Avevo modificato il telecomando dell’ovetto trasformandolo in un timer regolabile.
Lo avevo programmato per vibrare a velocità casuale per un minuto e poi fare una pausa casuale da uno a tre minuti. Questo l’avrebbe tenuta sicuramente sveglia e, con un po di fortuna costantemente eccitata senza possibilità di raggiungere un orgasmo.
Non c’erano pericoli, ma per ulteriore sicurezza piazzai una telecamera con rilevazione del movimento e la collegai al cellulare.
I normali movimenti non l’avrebbero attivata ma se fosse riuscita a liberarsi sarebbe scattato l’allarme.
Avviai il timer del telecomando e attesi che iniziasse il primo ciclo.
Dopo circa due minuti Daphne contrasse le ginocchia tentando di sollevare il bacino, i pesi collegati alle mollette sui capezzoli ondeggiarono, dopo un minuto smise di muoversi.
Attesi la seconda attivazione che avvenne dopo un minuto, nel silenzio della stanza riuscivo a sentire il rumore della vibrazione, acuta e intermittente, Daphne contraeva i glutei e provava a stringere le ginocchia ma senza successo.
Spensi la luce, chiusi la porta e mi preparai ad uscire.
Ero fuori casa, pensavo di passare di nuovo da Camilla alla caffetteria ma poi cambiai idea, non avevo voglia di nuovo di sesso in silenzio in un appartamento da studentesse, avrei voluto portarla da me, ma quella sera non era possibile, Camilla non conosceva quel lato di me, magari sel la cosa fosse andata avanti gliene avrei parlato, ma per il momento preferivo di no.
Alla fine girai sui tacchi e me ne tornai di sopra, entrai silenziosamente, rimasi nel soggiorno senza accendere la tv e senza fare troppo rumore controllai sul telefono quello che stava succedendo nell’altra stanza.
Daphne sembrava tranquilla, poi contrasse leggermente i muscoli delle gambe, e di nuovo tornò a rilassarsi.
Ero combattuto, l’odio che provavo nei confronti di Daphne quando eravamo solo colleghi ormai non esisteva più, avevo accettato la sua proposta di diventare la mia schiava con l’intento di farle pagare il modo in cui aveva trattato me e tutti i colleghi ma adesso, adesso che era lì, a mia disposizione, pronta a subire ogni vessazione, tortura o sevizia che potesse venirmi in mente, suscitava invece un bisogno di protezione nei suoi confronti.
Il sadismo non era la mia natura, era un lato del mio carattere, il mio dualismo dei gemelli, un lato sadico ed uno empatico, senza cinismo e senza falsi buonismi.
Procuravo dolore senza rimorsi, e dispensavo pietà senza sensi di colpa.
Non capivo Daphne, non ancora almeno, ma volevo conoscerla meglio, a partire dalle ragioni che l’avevano spinta venerdì a sfidarmi così apertamente, a cercare così sfrontatamente una punizione da parte mia.
Una parte di me avrebbe voluto entrare in quella stanza, sciogliere i nodi e prenderla fra le braccia.
Ma apparentemente lei non voleva questo, voleva essere punita.
Aveva subito in silenzio, non aveva usato la safeword, l’avevo spinta al limite, e non aveva ceduto, era stata comunque al “gioco”.
La ammiravo per questo, e la vedevo ora sotto una luce diversa.
Trasferii le immagini della stanza sullo schermo grande della TV in soggiorno, il corpo nudo di Daphne riempiva lo schermo, era lucido, probabilmente madido di sudore, per lo sforzo e per il caldo.
Avrei leccato via dal suo corpo ogni goccia di quel sudore, assaporato il sale sulla sua pelle.
Mi spogliai ed iniziai a masturbarmi, lentamente, spiando quel corpo che si tendeva e si rilassava ai comandi dell’ovetto vibrante dentro di lei.
Arrivai ad un soffio dall’orgasmo ma mi trattenni, volevo lei.
Andai nella stanza, Daphne mi sentì entrare ma era ancora bendata quindi non poteva vedermi, né capire cosa stessi per fare.
Attesi che l’ovetto iniziasse a vibrare e lo sfilai da lei aiutato dalla vibrazione, spensi il timer.
I genitali esterni di Daphne erano gonfi e bagnati, gli umori erano colati verso l’ano e si erano raccolti sulla parte esterna del plug, alcune gocce erano finite a terra.
La sua fica mandava un odore caldo e inebriante, sesso allo stato puro.
“Per favore… devo fare pipì” mi disse con tono supplicante.
Le assestai uno schiaffo a mano piena sulla vulva, la parte più colpita era il clitoride, già gonfio e sensibilissimo.
Emise un grido acuto e lunghissimo.
“Non hai il permesso di pisciare, se ti azzardi a far uscire anche una sola goccia te ne farò pentire. Quello che hai subito finora sembreranno carezze rispetto a quello che ti farò.”
Sottolineai la sentenza con un altro schiaffo nello stesso punto.
Gridò di nuovo a denti stretti, a lungo.
Quando la colpivo sulla sua pelle fioriva un’ondata di pelle d’oca.
Colpii ancora e ancora, e ancora finché la mano non inizio a farmi male.
Ora il suo sesso era ancora più gonfio e molto arrossato.
Ero eccitato in maniera inverosimile, avvicinai il viso al suo pube, il calore era percettibile, iniziai a leccarla, la sua pelle scottava sotto la mia lingua.
Il suo corpo di inarcava e si dimenava sotto di me. Malgrado quel trattamento, malgrado gli schiaffi sulla fica era eccitata anche lei.
Strusciai la punta del pene per tutta la lunghezza dello spacco, bagnandolo dei suoi umori e provocando ulteriori spasmi.
Non resistevo più e lo spinsi dentro, entrai con facilità, era davvero bagnatissima, ma non per questo meno sensibile.
Mi muovevo lentamente anche se avrei voluto affondare come un ariete dentro di lei.
Volevo godermi questo momento, sentire la sua vagina che si schiudeva intorno al mio pene, era una sensazione meravigliosa, Daphne contraeva i muscoli stringendosi intorno a me che continuavo ad uscire e rientrare con lentezza esasperante.
“NON GODERE!” gli intimai urlando e tirando le catenelle sui capezzoli.
Ci stava provando, con tutta se stessa, ma era come tentare di fermare un treno in corsa a mani nude.
Il suo viso era paonazzo per lo sforzo di trattenersi, stringeva i pugni fino a far diventare bianche le nocche. Non avrebbe resistito molto a lungo. Decisi di darle il colpo di grazia.
Lo tirai fuori lasciando dentro solo la punta e con il pollice della mano iniziai a massaggiare il clitoride con piccoli movimenti circolari.
Abbassai il viso accostandolo al suo orecchio e le sussurrai:”Godi! Adesso!”
Entrai in lei di colpo lasciandola senza fiato, e continuai ad uscire ed entrare con affondi veloci e profondi. Venne gridando quasi subito, io ero quasi al limite e continuai a muovermi a quel ritmo cercando di rimandare il più possibile ciò che era inevitabile, lei venne ancora e ancora, non potrei dire se furono orgasmi multipli o un singolo lungo orgasmo.
Io venni dentro di lei continuando a muovermi finché potei godendo tantissimo.
Le sfilai il plug e la slegai, la presi in braccio e la portai in bagno, la adagiai nella doccia mi sedetti dietro di lei facendola appoggiare di schiena al mio petto, l’acqua calda cadeva sulla parete alle mie spalle scorrendo sulla mia schiena e sul pavimento.
La cinsi con le braccia e lei si mise un po di fianco per rannicchiarsi e appoggiare la guancia sul mio petto.
Le baciai i capelli e la fronte continuando a tenerla delicatamente stretta a me.
“Dovrei davvero fare pipì adesso” Mi disse in un sussurro.
“Va bene, falla pure, non preoccuparti.”
Sentii il suo corpo rilassarsi e un calore dove i nostri corpi toccavano il pavimento. Continuai a baciarla delicatamente sui capelli e a dondolarla fra le braccia.
Ci alzammo in piedi e la lavai con cura, lei fece lo stesso a me.
Ci asciugammo e ordinai della pizza per cena, mangiammo in accappatoio, sul divano in soggiorno, prendendo gli spicchi dalla scatola della pizza, bevendo la birra direttamente dalla bottiglia.
Mi guardava con soggezione e una espressione indecifrabile che poteva essere amore o ammirazione, ma non c’era paura nei suoi occhi. Quella luce negli occhi la rendeva bellissima.
Finito di mangiare le diedi uno spazzolino nuovo e se ne andò nel bagno della stanza dei giochi, quando tornò le presi una mano e la condussi nella mia camera, la feci sedere sul letto e le dissi che avremmo passato la notte insieme, lì, in quella stanza, nello stesso letto.
Andai in bagno per lavarmi i denti e quando tornai la trovai già sotto le lenzuola, l’accappatoio era in terra.
“Questo sarebbe il mio lato del letto…” le dissi sorridendo.
Scivolò dal lato opposto, anch'io lasciai cadere l’accappatoio a terra e mi infilai sotto le lenzuola, il suo corpo era caldo e la sua pelle setosa.
“Daphne, vorrei parlare con te…”
Arrossì, abbasso lo sguardo per un attimo, poi mi guardò negli occhi.
“Di cosa vorresti parlare ?”
IL suo tono era tranquillo, era serena, non temeva le mie domande.
continua…
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