Come sono diventato sottomesso a mia moglie Ottavo episodio - Storia vera
di
DavideSebastiani
genere
dominazione
Cominciai intanto finalmente a vederla in azione, sia in allenamento che nelle competizioni. Era davvero emozionante vedere la propria ragazza in gare di notevole interesse sia nazionale che internazionale. Inutile dire che il mio tifo era pazzesco anche se ci misi un bel po’ per capire le regole del judo, cosa che mi fece fare anche alcune classiche figure di merda come la volta che attesi inutilmente la finale per il terzo e quarto posto nella quale lei, nella mia totale ignoranza in materia, avrebbe dovuto partecipare senza sapere che nel judo non esiste e che le due semifinaliste perdenti si piazzano entrambe al terzo posto. La prima volta che la vidi le portai comunque fortuna. Avvenne tre o quattro mesi dopo che ci mettemmo insieme ei trattava di un torneo a Nocera Inferiore a livello juniores che nella categoria del suo peso la vedeva grande favorita e lei mantenne le premesse sconfiggendo una dopo l’altra tutte le avversarie. Fu un’emozione indescrivibile. Ero pazzo d’orgoglio. Malgrado la mia ignoranza sul judo, mi resi ben presto conto di quanto fosse vero ciò che mi aveva raccontato il giorno in cui ci mettemmo insieme ovvero delle difficoltà che incontrava incontrando avversarie molto più robuste di lei. Sopperiva comunque con un’agilità notevole, soprattutto quando si trattava di sfuggire all’avversaria nella lotta a terra e con una velocità di esecuzione quasi sempre superiore alle sue avversarie. Caratteristiche che in seguito la portarono ad essere una delle migliori judoka del panorama internazionale anche a livello seniores nella sua categoria di peso.
Abbandoniamo ora la sua carriera sportiva, discorso che riprenderemo più avanti, e torniamo al nostro rapporto. Eravamo quindi due giovani ragazzi innamorati perdutamente l’uno dell’altra. Però non crediate dalla mia descrizione che fosse immune da difetti. Ce li aveva anche lei, come tutti. Il primo era la gelosia. A parte qualche amica che si fece nel mio gruppo e con le quali divenne inseparabile e delle quali aveva la massima fiducia, tutte le altre erano per lei potenziali predatrici pronte ad accalappiare il sottoscritto. Manco fossi Brad Pitt. Oh, niente scenate di gelosia vere e proprie ma mi metteva il broncio e se ne stava in disparte appena io mi prendevo un briciolo di confidenza con una ragazza. Addirittura, mi copriva gli occhi con le sue mani se in televisione c’era qualche immagine di ragazze belle un po’ discinte. Pazzesco! Il secondo era che aveva le sacche lacrimali funzionanti h24. Piangeva di gioia se vinceva un combattimento, piangeva di rabbia se lo perdeva, piangeva se doveva dire qualsiasi cosa, piangeva quando le facevo un complimento e naturalmente piangeva al primo accenno di discussione tra di noi. Per non parlare se andavamo a vedere un film dove c’era una scena che poteva essere anche lievemente drammatica. Prima cominciava a tirare su col naso e poi inevitabilmente le lacrime. Il terzo grande difetto era che si trattava (si tratta visto che lo è ancora) della classica ragazza perfettina. Se avevamo un appuntamento alle dieci, alle 10.02 lei mi telefonava per chiedere come mai ancora non mi fossi presentato, con il sottoscritto naturalmente in perenne ritardo. Per qualunque cosa, si doveva stabilire almeno una settimana prima, anche se si trattava semplicemente di andarcene a metterci seduti ad un bar. Per un viaggio poi, nemmeno ve lo dico. Io preparo tutto all’ultimo giorno e lei ha già sistemato tutto venti giorni prima. E se dobbiamo andare ad una festa importante come può essere un matrimonio, un paio di mesi prima comincia a rompermi chiedendomi di controllare che il vestito sia a posto. Un’altra cosa che mi ha sempre fatto impazzire è che lei non parla… sussurra. E io spesso non capisco quello che dice. Mi fece fare anche un esame audiometrico installandomi il dubbio che fossi io a non sentire bene, esame che mi rivelò che all’epoca ci sentissi più che bene e che quindi era lei a parlare a bassa voce. Per di più ha sempre avuto una stramaledetta abitudine che a trenta anni di distanza ha tuttora e cioè che quando lei mi parla ed io rispondo “Eeeehhh?” perché non ho compreso, sempre a causa del suo tono di voce basso, lei non ripete la frase intera ma solo l’ultima parola col risultato di farmi comprendere meno di prima. Un esempio? Se lei vuole dirmi “Sono andata a farmi una passeggiata in centro” e io le dico che non ho capito, lei mi ripete soltanto “in centro”. In centro cosa? Un attentato? Un autobus che ha preso fuoco? Che cazzo è successo in centro? Una scemenza? Beh, provatelo almeno una decina di volte al giorno e ne riparleremo. L’altro grande difetto che le trovai era che a letto era una furia scatenata. No, non immaginate sesso. Quello per lei era semplicemente dolcezza e passione. Intendo dire quando dorme. E parlo al presente perché lo fa tuttora. Si addormenta, sempre prima di me, in una posizione e poi la cambia, mi viene vicino e pian piano mi relega in un fazzoletto di posto. Io la riallontano e dopo pochi minuti si riavvicina, mi fa il solletico coi suoi capelli e la scanso di nuovo. Oh intendiamoci, mi fa piacere la sua vicinanza ma non quando dormo dove devo essere assolutamente senza alcun contatto. E la mattina spesso capita addirittura che mi ritrovo i suoi piedi in faccia perché si è messa al contrario senza nemmeno che se lo ricordi. Situazione forse intrigante se io fossi un retifista ma a me i piedi non piacciono. Ma quando si ama davvero, i difetti diventano pregi. La sua gelosia era adorabile e per me era sinonimo di amore, anche perché avevo la coscienza a posto, le sue lacrime quasi perenni erano sintomo di grande sensibilità, il fatto che parlasse a bassa voce significava educazione ed il suo fare perfettino era sintomo di precisione e responsabilità. Per quanto riguarda invece il terremoto che fa quando dorme…… Beh, quello un po’ meno.
Un discorso a parte tra i suoi difetti merita il suo vizio del fumo. Quando la conobbi, lei già fumava. La cosa non mi creava problemi in quanto prima di tutto a quell’epoca fumavo anch’io. In quel periodo, alla fine degli anni ottanta, quasi tutti fumavano. Anche se lei era un’atleta di un certo spessore aveva spesso la sigaretta tra le dita e a me, tutto sommato, non dispiaceva. Pur non conoscendo affatto lo smoking fetish, vedevo la sigaretta in una donna come qualcosa che me la faceva sembrare sicura dei propri mezzi. Fu quando dovetti fare i conti sulla mia pelle dei danni del fumo che cambiai opinione. Mio padre infatti si ammalò e poi morì relativamente giovane di cancro ai polmoni dovuto appunto al fumo e io decisi di punto in bianco di smettere di fumare. Provai in tutte le maniere a far smettere anche M., diventata nel frattempo mia moglie, senza però riuscirci. Anni dopo, quando avevamo finalmente iniziato i nostri giochi femdom, la sigaretta divenne un elemento importantissimo nei nostri giochi. Accendergliela e inginocchiarmi ai suoi piedi con il posacenere in mano è ancora adesso uno dei momenti clou ma non esiterei un attimo ad abbandonarlo se lei dovesse decidere di smettere. La sua salute viene prima dei nostri giochi. Tocchiamo ferro visto che continua a non aver nessuna voglia di abbandonare il fumo.
Comunque, la gelosia assurda e le sue lacrime perenni scomparvero diventando donna adulta. La sua perenne mania di perfezione è emblematica del suo carattere ancora adesso e comunque anche lei deve sopportare i miei difetti che non sono pochi e quindi è meglio che non mi lamenti troppo.
Prima ho detto che per un bel po’ riuscii nell’intento di non pensare più ai miei strani desideri. Mi sentivo felice ugualmente. Non si può non esserlo quando si ama davvero. Ci sposammo abbastanza giovani, dopo la mia laurea e appena io trovai un lavoro che mi permettesse di mantenere la mia nuova famiglia. Lavoro che però non aveva nulla a che fare con quel pezzo di carta che mi ero sudato per oltre cinque anni. In compenso, fa bella mostra insieme a quello che poi ottenne mia moglie, nel salone della nostra casa. Dopo poco che convolammo a nozze, M. rimase incinta ed avemmo una bambina ma poi quei desideri riuscirono fuori più forti di prima. Per un paio d’anni provai a ricacciarli indietro ma non era facile. Quando ero ragazzo, m’immaginavo la mia donna forte e dominante quasi senza un volto ma adesso il volto ce l’aveva ed era quello di mia moglie. Sognavo lei, vestita sensuale, con degli aderentissimi pantaloni in lattice e scarpe col tacco talmente alto che me l’avrebbero fatta guardare dal basso verso l’alto, truccata di tutto punto che mi dava degli ordini con voce sicura e autoritaria e che naturalmente mi incuteva timore dall’alto della sua superiorità fisica. E, come quando ero ragazzo, il solo pensiero mi creava una considerevole erezione. E la donna che dormiva accanto a me aveva quelle potenzialità? Oh sì che le aveva. La sua carriera sportiva a dir la verità, non proseguì come era iniziata quando si diceva che fosse una potenziale medaglia olimpica e mondiale ma si tolse comunque diverse soddisfazioni. In ogni torneo al quale partecipava, era la cosiddetta mina vagante, capace di battere chiunque, anche la campionessa del mondo, e perdere poi con una schiappa che non valeva la metà di lei. Problemi di concentrazione, dicevano i suoi allenatori e credo che avessero ragione. Io ci aggiungerei anche una mancanza di cattiveria agonistica fondamentale in uno sport come il judo e non è trascurabile il fatto che avesse dovuto interrompere l’agonismo per oltre un anno e mezzo a causa della gravidanza e del post-parto proprio nel momento migliore della sua carriera. Ma quando era agonista, io a volte me l’andavo a vedere mentre si allenava, me la guardavo, con occhi pieni di amore e ammirazione mentre lo faceva anche con uomini e di come fosse in grado di atterrare con facilità anche loro, di come poi continuasse il combattimento a terra e di come spesso li costringeva ad arrendersi. Certo, erano semplici allenamenti e non erano combattimenti veri e propri ma per me vedere M che faceva volare a terra un uomo e vedere questi che batteva le classiche tre volte sul tatami in segno di resa, era qualcosa di inebriante. Avrei pagato chissà cosa per esserci io sotto di lei, a lottare e poi ad arrendermi alla sua superiorità ma rimanevano solo e soltanto sogni. Naturalmente, ci provavo a chiederle di farmi vedere qualche mossa ma mai che mi abbia accontentato. Mai, nemmeno una volta. Per lei era assolutamente impensabile dimostrare la sua bravura proprio contro di me. Nemmeno per scherzo. A dir la verità, non le piaceva proprio mettere in mostra le proprie abilità contro chiunque e se era costretta lo faceva davvero malvolentieri. Credo che fuori dalle competizioni e dalla routine dei suoi allenamenti sia accaduto solo una volta. Eravamo in vacanza, l’anno prima di sposarci. Eravamo con tutto il gruppo e avevamo scelto un villaggio turistico sulla costa adriatica, in Abruzzo nei pressi di Pescara. Sei ragazzi e sei ragazze ovvero il nostro affiatatissimo gruppo. Tra gli innumerevoli giochi e sport a disposizione abituali in un villaggio turistico come tennis e calcetto, c’era anche una piccola palestra dove avrebbero tenuto dei corsi di judo per principianti. Alcune delle ragazze chiesero a M. se fossero potute andare tutte quante a fare quel corso. Mia moglie, la mia ragazza allora, rispose che non era proprio il caso ma comunque si fece convincere, come al solito, ad andare a vedere di cosa si trattasse e ci presentammo tutti quanti per osservare. Il maestro, se così si poteva chiamare, era un ragazzo di una ventina d’anni cintura marrone, altezza media e corporatura nella norma. Era, come tutti i corsi di un villaggio turistico, soltanto un modo per passare un’oretta in compagnia e stringere nuove amicizie. C’erano una ventina di judogi, o meglio, c’era solo la parte superiore, che si poteva indossare se……. si trovava quello della misura giusta e poi si saliva sul tatami. Il maestro ci faceva segno di partecipare perché in effetti si erano presentati appena una decina di persone e il nostro gruppo gli avrebbe permesso una lezione con un numero più folto di partecipanti che era appunto lo scopo principale. Fu proprio allora che le altre ragazze spinsero M. sul tatami dicendo a tutti gli altri chi avevano di fronte, ovvero una campionessa nota anche a livello internazionale. Fra gli applausi di tutti i presenti fu costretta ad indossare il judogi e ad aiutare quel ragazzo nella lezione. Una lezione banalotta ma d’altronde era nelle aspettative. Cosa ci si poteva aspettare da un corso fatto in un villaggio turistico? Si limitarono ad insegnare come si dovesse cadere per poi passare a qualche presa molto semplice. Al termine però, il cosiddetto maestro chiese a M. se avessero potuto fare un combattimento di allenamento tra di loro per far vedere qualcosa agli allievi
“ Non credo che sia il caso” fece M. Ma il ragazzo insisteva, forse per capire se davvero quella ragazza fosse quella che diceva di essere ed alla fine fu costretta a capitolare. Si posizionarono uno di fronte all’altra. Il ragazzo col suo judogi perfetto e M. con una casacca che aveva visto tempi migliori e sotto col costume che si intravvedeva e a gambe nude. Durò una trentina di secondi. Il tempo per M. di riuscire ad afferrare il ragazzo ed effettuare una semplice tecnica di proiezione. Il ragazzo cadde con una sonora schienata e M. sopra di lui. Ippon. Il tipo si rialzò guardandosi intorno un po’ stranito chiedendosi probabilmente chi glie l’avesse fatto fare a chiedere di combattere e M. gli diede una pacca sulle spalle tra lo scrosciare degli applausi dei presenti. Io ero fuori di testa. Orgoglioso, eccitato, quasi imbambolato al solo pensiero di poterci essere io al posto di quel giovanotto. E se aveva sconfitto una cintura marrone con una facilità davvero irrisoria, figuriamoci come sarebbe stato facile per lei mettere sotto uno come me.
Abbandoniamo ora la sua carriera sportiva, discorso che riprenderemo più avanti, e torniamo al nostro rapporto. Eravamo quindi due giovani ragazzi innamorati perdutamente l’uno dell’altra. Però non crediate dalla mia descrizione che fosse immune da difetti. Ce li aveva anche lei, come tutti. Il primo era la gelosia. A parte qualche amica che si fece nel mio gruppo e con le quali divenne inseparabile e delle quali aveva la massima fiducia, tutte le altre erano per lei potenziali predatrici pronte ad accalappiare il sottoscritto. Manco fossi Brad Pitt. Oh, niente scenate di gelosia vere e proprie ma mi metteva il broncio e se ne stava in disparte appena io mi prendevo un briciolo di confidenza con una ragazza. Addirittura, mi copriva gli occhi con le sue mani se in televisione c’era qualche immagine di ragazze belle un po’ discinte. Pazzesco! Il secondo era che aveva le sacche lacrimali funzionanti h24. Piangeva di gioia se vinceva un combattimento, piangeva di rabbia se lo perdeva, piangeva se doveva dire qualsiasi cosa, piangeva quando le facevo un complimento e naturalmente piangeva al primo accenno di discussione tra di noi. Per non parlare se andavamo a vedere un film dove c’era una scena che poteva essere anche lievemente drammatica. Prima cominciava a tirare su col naso e poi inevitabilmente le lacrime. Il terzo grande difetto era che si trattava (si tratta visto che lo è ancora) della classica ragazza perfettina. Se avevamo un appuntamento alle dieci, alle 10.02 lei mi telefonava per chiedere come mai ancora non mi fossi presentato, con il sottoscritto naturalmente in perenne ritardo. Per qualunque cosa, si doveva stabilire almeno una settimana prima, anche se si trattava semplicemente di andarcene a metterci seduti ad un bar. Per un viaggio poi, nemmeno ve lo dico. Io preparo tutto all’ultimo giorno e lei ha già sistemato tutto venti giorni prima. E se dobbiamo andare ad una festa importante come può essere un matrimonio, un paio di mesi prima comincia a rompermi chiedendomi di controllare che il vestito sia a posto. Un’altra cosa che mi ha sempre fatto impazzire è che lei non parla… sussurra. E io spesso non capisco quello che dice. Mi fece fare anche un esame audiometrico installandomi il dubbio che fossi io a non sentire bene, esame che mi rivelò che all’epoca ci sentissi più che bene e che quindi era lei a parlare a bassa voce. Per di più ha sempre avuto una stramaledetta abitudine che a trenta anni di distanza ha tuttora e cioè che quando lei mi parla ed io rispondo “Eeeehhh?” perché non ho compreso, sempre a causa del suo tono di voce basso, lei non ripete la frase intera ma solo l’ultima parola col risultato di farmi comprendere meno di prima. Un esempio? Se lei vuole dirmi “Sono andata a farmi una passeggiata in centro” e io le dico che non ho capito, lei mi ripete soltanto “in centro”. In centro cosa? Un attentato? Un autobus che ha preso fuoco? Che cazzo è successo in centro? Una scemenza? Beh, provatelo almeno una decina di volte al giorno e ne riparleremo. L’altro grande difetto che le trovai era che a letto era una furia scatenata. No, non immaginate sesso. Quello per lei era semplicemente dolcezza e passione. Intendo dire quando dorme. E parlo al presente perché lo fa tuttora. Si addormenta, sempre prima di me, in una posizione e poi la cambia, mi viene vicino e pian piano mi relega in un fazzoletto di posto. Io la riallontano e dopo pochi minuti si riavvicina, mi fa il solletico coi suoi capelli e la scanso di nuovo. Oh intendiamoci, mi fa piacere la sua vicinanza ma non quando dormo dove devo essere assolutamente senza alcun contatto. E la mattina spesso capita addirittura che mi ritrovo i suoi piedi in faccia perché si è messa al contrario senza nemmeno che se lo ricordi. Situazione forse intrigante se io fossi un retifista ma a me i piedi non piacciono. Ma quando si ama davvero, i difetti diventano pregi. La sua gelosia era adorabile e per me era sinonimo di amore, anche perché avevo la coscienza a posto, le sue lacrime quasi perenni erano sintomo di grande sensibilità, il fatto che parlasse a bassa voce significava educazione ed il suo fare perfettino era sintomo di precisione e responsabilità. Per quanto riguarda invece il terremoto che fa quando dorme…… Beh, quello un po’ meno.
Un discorso a parte tra i suoi difetti merita il suo vizio del fumo. Quando la conobbi, lei già fumava. La cosa non mi creava problemi in quanto prima di tutto a quell’epoca fumavo anch’io. In quel periodo, alla fine degli anni ottanta, quasi tutti fumavano. Anche se lei era un’atleta di un certo spessore aveva spesso la sigaretta tra le dita e a me, tutto sommato, non dispiaceva. Pur non conoscendo affatto lo smoking fetish, vedevo la sigaretta in una donna come qualcosa che me la faceva sembrare sicura dei propri mezzi. Fu quando dovetti fare i conti sulla mia pelle dei danni del fumo che cambiai opinione. Mio padre infatti si ammalò e poi morì relativamente giovane di cancro ai polmoni dovuto appunto al fumo e io decisi di punto in bianco di smettere di fumare. Provai in tutte le maniere a far smettere anche M., diventata nel frattempo mia moglie, senza però riuscirci. Anni dopo, quando avevamo finalmente iniziato i nostri giochi femdom, la sigaretta divenne un elemento importantissimo nei nostri giochi. Accendergliela e inginocchiarmi ai suoi piedi con il posacenere in mano è ancora adesso uno dei momenti clou ma non esiterei un attimo ad abbandonarlo se lei dovesse decidere di smettere. La sua salute viene prima dei nostri giochi. Tocchiamo ferro visto che continua a non aver nessuna voglia di abbandonare il fumo.
Comunque, la gelosia assurda e le sue lacrime perenni scomparvero diventando donna adulta. La sua perenne mania di perfezione è emblematica del suo carattere ancora adesso e comunque anche lei deve sopportare i miei difetti che non sono pochi e quindi è meglio che non mi lamenti troppo.
Prima ho detto che per un bel po’ riuscii nell’intento di non pensare più ai miei strani desideri. Mi sentivo felice ugualmente. Non si può non esserlo quando si ama davvero. Ci sposammo abbastanza giovani, dopo la mia laurea e appena io trovai un lavoro che mi permettesse di mantenere la mia nuova famiglia. Lavoro che però non aveva nulla a che fare con quel pezzo di carta che mi ero sudato per oltre cinque anni. In compenso, fa bella mostra insieme a quello che poi ottenne mia moglie, nel salone della nostra casa. Dopo poco che convolammo a nozze, M. rimase incinta ed avemmo una bambina ma poi quei desideri riuscirono fuori più forti di prima. Per un paio d’anni provai a ricacciarli indietro ma non era facile. Quando ero ragazzo, m’immaginavo la mia donna forte e dominante quasi senza un volto ma adesso il volto ce l’aveva ed era quello di mia moglie. Sognavo lei, vestita sensuale, con degli aderentissimi pantaloni in lattice e scarpe col tacco talmente alto che me l’avrebbero fatta guardare dal basso verso l’alto, truccata di tutto punto che mi dava degli ordini con voce sicura e autoritaria e che naturalmente mi incuteva timore dall’alto della sua superiorità fisica. E, come quando ero ragazzo, il solo pensiero mi creava una considerevole erezione. E la donna che dormiva accanto a me aveva quelle potenzialità? Oh sì che le aveva. La sua carriera sportiva a dir la verità, non proseguì come era iniziata quando si diceva che fosse una potenziale medaglia olimpica e mondiale ma si tolse comunque diverse soddisfazioni. In ogni torneo al quale partecipava, era la cosiddetta mina vagante, capace di battere chiunque, anche la campionessa del mondo, e perdere poi con una schiappa che non valeva la metà di lei. Problemi di concentrazione, dicevano i suoi allenatori e credo che avessero ragione. Io ci aggiungerei anche una mancanza di cattiveria agonistica fondamentale in uno sport come il judo e non è trascurabile il fatto che avesse dovuto interrompere l’agonismo per oltre un anno e mezzo a causa della gravidanza e del post-parto proprio nel momento migliore della sua carriera. Ma quando era agonista, io a volte me l’andavo a vedere mentre si allenava, me la guardavo, con occhi pieni di amore e ammirazione mentre lo faceva anche con uomini e di come fosse in grado di atterrare con facilità anche loro, di come poi continuasse il combattimento a terra e di come spesso li costringeva ad arrendersi. Certo, erano semplici allenamenti e non erano combattimenti veri e propri ma per me vedere M che faceva volare a terra un uomo e vedere questi che batteva le classiche tre volte sul tatami in segno di resa, era qualcosa di inebriante. Avrei pagato chissà cosa per esserci io sotto di lei, a lottare e poi ad arrendermi alla sua superiorità ma rimanevano solo e soltanto sogni. Naturalmente, ci provavo a chiederle di farmi vedere qualche mossa ma mai che mi abbia accontentato. Mai, nemmeno una volta. Per lei era assolutamente impensabile dimostrare la sua bravura proprio contro di me. Nemmeno per scherzo. A dir la verità, non le piaceva proprio mettere in mostra le proprie abilità contro chiunque e se era costretta lo faceva davvero malvolentieri. Credo che fuori dalle competizioni e dalla routine dei suoi allenamenti sia accaduto solo una volta. Eravamo in vacanza, l’anno prima di sposarci. Eravamo con tutto il gruppo e avevamo scelto un villaggio turistico sulla costa adriatica, in Abruzzo nei pressi di Pescara. Sei ragazzi e sei ragazze ovvero il nostro affiatatissimo gruppo. Tra gli innumerevoli giochi e sport a disposizione abituali in un villaggio turistico come tennis e calcetto, c’era anche una piccola palestra dove avrebbero tenuto dei corsi di judo per principianti. Alcune delle ragazze chiesero a M. se fossero potute andare tutte quante a fare quel corso. Mia moglie, la mia ragazza allora, rispose che non era proprio il caso ma comunque si fece convincere, come al solito, ad andare a vedere di cosa si trattasse e ci presentammo tutti quanti per osservare. Il maestro, se così si poteva chiamare, era un ragazzo di una ventina d’anni cintura marrone, altezza media e corporatura nella norma. Era, come tutti i corsi di un villaggio turistico, soltanto un modo per passare un’oretta in compagnia e stringere nuove amicizie. C’erano una ventina di judogi, o meglio, c’era solo la parte superiore, che si poteva indossare se……. si trovava quello della misura giusta e poi si saliva sul tatami. Il maestro ci faceva segno di partecipare perché in effetti si erano presentati appena una decina di persone e il nostro gruppo gli avrebbe permesso una lezione con un numero più folto di partecipanti che era appunto lo scopo principale. Fu proprio allora che le altre ragazze spinsero M. sul tatami dicendo a tutti gli altri chi avevano di fronte, ovvero una campionessa nota anche a livello internazionale. Fra gli applausi di tutti i presenti fu costretta ad indossare il judogi e ad aiutare quel ragazzo nella lezione. Una lezione banalotta ma d’altronde era nelle aspettative. Cosa ci si poteva aspettare da un corso fatto in un villaggio turistico? Si limitarono ad insegnare come si dovesse cadere per poi passare a qualche presa molto semplice. Al termine però, il cosiddetto maestro chiese a M. se avessero potuto fare un combattimento di allenamento tra di loro per far vedere qualcosa agli allievi
“ Non credo che sia il caso” fece M. Ma il ragazzo insisteva, forse per capire se davvero quella ragazza fosse quella che diceva di essere ed alla fine fu costretta a capitolare. Si posizionarono uno di fronte all’altra. Il ragazzo col suo judogi perfetto e M. con una casacca che aveva visto tempi migliori e sotto col costume che si intravvedeva e a gambe nude. Durò una trentina di secondi. Il tempo per M. di riuscire ad afferrare il ragazzo ed effettuare una semplice tecnica di proiezione. Il ragazzo cadde con una sonora schienata e M. sopra di lui. Ippon. Il tipo si rialzò guardandosi intorno un po’ stranito chiedendosi probabilmente chi glie l’avesse fatto fare a chiedere di combattere e M. gli diede una pacca sulle spalle tra lo scrosciare degli applausi dei presenti. Io ero fuori di testa. Orgoglioso, eccitato, quasi imbambolato al solo pensiero di poterci essere io al posto di quel giovanotto. E se aveva sconfitto una cintura marrone con una facilità davvero irrisoria, figuriamoci come sarebbe stato facile per lei mettere sotto uno come me.
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