Il giovane centauro
di
Gioia 73
genere
etero
Sono di fretta. E non proprio di ottimo umore. Questa città frenetica obbliga a tenere ritmi assurdi e mi fa venire un brutto carattere. Sto rientrando in ufficio in macchina, dopo essere stata a farmi fare un massaggio, giusto per sciogliere un po’ i nervi.
Sto ascoltando, a palla, una canzone adeguata al mio stato d’animo. Sono carica come una mitragliatrice. Il testo dice “Mi spari ma io non cadrò. Sono titanio…”
Non ho un particolare “lui” a cui sto pensando. È un atteggiamento nei confronti della vita, delle relazioni, dei problemi. Sono determinata da me stessa, non dal rapporto con un uomo. Uno solo poi…
Al semaforo si affianca alla mia auto un giovane centauro: jeans strappati, t-shirt e chiodo. Sorrido, mi ricorda una pubblicità di qualche anno fa con un giovane modello che entrava in una lavanderia, vestito più o meno così, si toglieva i Levi’s e…
Mentre mi perdo nei miei sogni erotici giovanili, vengo riportata alla realtà da un suono assordante. Il ragazzo sgasa rumorosamente. “Mmm che fastidio”. Ultimamente, la mia soglia di sopportazione del rumore è scesa decisamente. E non solo del rumore, a dirla tutta. Il giovane mi guarda con aria strafottente. A metà tra il “Senti qua cosa ho sotto” e il “Donna, scansati che’ sono arrivato”.
Se, mentre sul primo punto potrei soprassedere, magari anche letteralmente, sul secondo non ci siamo proprio. “Non mi scanso nemmeno se me lo chiedi per favore, figurati se fai lo strafottente… Adesso ti faccio mangiare un po’ di polvere, poi vediamo se ti faccio mangiare anche altro, tesoro.” Ultimamente devo avere una calamita per questi personaggi, li trovo tutti così. Fare sesso è come combattere una battaglia all’ultimo sangue.
Abbasso poco il finestrino, così può sentire che sto ascoltando musica a manetta. Guardo la moto, le cosce, gli stivaletti, alzo gli occhiali da sole sui capelli e lo fisso intensamente. “Guardami”, penso.
Le cosce così muscolose avvolte dai jeans mi risvegliano i sensi. Il tessuto e’ teso sui muscoli vigorosi e fatico a rimanere indifferente. Ho un debole per il quadricipite femorale. Da molti anni. Da quando ho scoperto il mondo del rugby. Chi ha guardato una partita di rugby, anche se per poco, non può non avere notato lo scatto di gambe dei giocatori (e anche delle giocatrici NdR: Idea, questa è una dedica a te!). Corrono, scartano, cambiano direzione velocemente. E hanno dei muscoli impressionanti, soprattutto, ma non solo, sulle gambe. E a guardare il tessuto teso, la mente mi porta indietro di qualche anno, alla mia seconda linea preferita. L’uomo che riusciva a tenermi sollevata sul muro durante l’amplesso, contro la forza di gravità, non so ancora come…L’uomo con cui ho cominciato a fare sesso sul pavimento, dopo aver distrutto un letto, un tavolo e alcune sedie. Una potenza della natura a cui avevo il coraggio di chiedere di starmi sopra. L’unico. Non sopporto essere sottomessa o pensare di non potermi muovere da una posizione. E, invece, con lui cercavo di provare questa sensazione di soffocamento che mi faceva impazzire. Più di 100 kg di muscoli che volevo sentire sopra e dentro di me.
Il bambolotto sgasa e mi riporta alla realtà.
Sembra giovane, decisamente più giovane di me. Con il casco non riesco a capire bene l’età. Mi guarda e mi sorride, dolcemente. La dolcezza mi spiazza. Sono abituata a gestire la prepotenza, gli atteggiamenti violenti, non la dolcezza. Sta per dirmi qualcosa quando, improvvisamente, il semaforo diventa verde e lui parte, naturalmente sgasando rumorosamente. “Cazzo, che nervi…” Senza pensarci troppo, accelero, riesco a superarlo (o forse, meglio, decide di farsi superare…) e mi piazzo davanti a lui, con fare litigioso. Se fossi un uomo, credo che farei a botte un giorno sì e l’altro anche. Ovviamente, decelero improvvisamente e lui quasi mi viene addosso. Sorrido, come una vera stronza. Dato che mi disegnano così, ma non lo sono proprio del tutto, abbasso il finestrino. Lui si affianca e gli chiedo “Tutto bene?”. Questa volta apre il casco e mi guarda. Ha degli occhi scuri e profondi che incutono timore ma le labbra si aprono in un sorriso che mi tranquillizza. “Sei veramente una stronza”. Lo guardo rimanendo senza parole. Mentre penso che nessuno osa rivolgersi così a me, escono dalla mia bocca parole che mi fanno pensare di essere posseduta da uno spirito carnale e, con una voce più alta di due toni della mia, dico “Sì, decisamente. Ti piacciono le stronze?” E lui, sorridendo “Molto, mi piace soprattutto castigarle”.
Rimango, per la seconda volta, senza parole. A questo punto, l’anima saggia suggerisce di accelerare, salutare il giovane centauro e andare in ufficio. Invece no. Eros mi domina nuovamente e con lui arrivano pensieri sconci, voglie strane, il mio corpo comincia a fare cose che non vorrei fare, emette suoni che non vorrei emettere. ”E come le castighi?” chiedo. E’ inutile, è più forte di me. Non riesco a non infilarmi nei casini. O forse, sarebbe meglio dire, dentro i suoi pantaloni.
“Parcheggia e te lo racconto”. E la fortuna, il fato, il destino, chiamatelo come volete, mi fa trovare parcheggio. E questo è indubbiamente un segno del cielo. Lui scende dalla moto, prende un secondo casco, me lo porge e mi fa salire dietro di lui. Ripartiamo, non so bene per dove, ma mi piace abbracciarlo. Mi piace schiacciargli il seno contro la schiena, facendogli sentire i capezzoli che si sono ingrossati e sono diventati turgidi. Lo cingo con le braccia sull’addome. Qualche volta scendo con una mano a sfiorargli il quadricipite. Mi avvicino sempre di più al fuoco, ma senza toccarlo. Non vorrei rischiare di scottarmi.
Mi porta non tanto lontano, in una casa di ringhiera tipica della vecchia Milano e saliamo, da una scala stretta con scalini molto ripidi, in una mansarda ad un piano alto. La vista lascia senza parole. Mi indica una piccola finestra laterale e mi dice di aprirla. La vista sul parco delle Basiliche è unica. Davanti alla finestra c’è un tavolino, per cui mi devo piegare e sporgere in avanti per guardare bene fuori e mentre sono messa così, in ammirazione, guardando Milano da sopra i tetti, improvvisamente e senza dire una parola, alza la gonna, mi abbassa gli slip e mi penetra. Senza parlare. Senza un bacio. Senza una carezza. Ho un sussulto. Mi sbatte contro il tavolo, all’inizio dolcemente, poi aumentando sempre di più il ritmo, con forza, quasi con rabbia. Giro la testa e lo guardo. “Cazzo fai?”
“Ti castigo. Te lo avevo detto. E sei salita da me. Sapevi che lo avrei fatto”. Scoppio a ridere. Ha ragione. Non potevo aspettarmi altro. E tutto sommato, devo ammettere che mi piace. E inizia così il mio balletto erotico preferito, che prescinde dalle nudità corporee e diventa una finale di fioretto. Colpi precisi, che vanno dritti al punto e mi lasciano, mugolante e grondante, a bocca aperta e con un senso di appagamento che mi fa sentire bene, addirittura meglio del massaggio.
Dopo qualche minuto, non sazio, mi fa sedere sul tavolo, mi divarica le gambe, si inginocchia, mi bacia dolcemente gli adduttori, poi infila la testa tra le mie cosce e affonda la lingua tra le mie grandi labbra, indugiando con la bocca sul mio clitoride. Mi fa impazzire. Lo succhia, lo stropiccia, lo massaggia con la lingua. Lo spinge verso l’alto, lo muove da un lato all’altro, e io impazzisco. Mi sta facendo godere come non mai… anche perché mi rendo conto di avergli promesso che gli avrei fatto mangiare la polvere, e non solo quella. E io, le promesse, le mantengo sempre.
Sto ascoltando, a palla, una canzone adeguata al mio stato d’animo. Sono carica come una mitragliatrice. Il testo dice “Mi spari ma io non cadrò. Sono titanio…”
Non ho un particolare “lui” a cui sto pensando. È un atteggiamento nei confronti della vita, delle relazioni, dei problemi. Sono determinata da me stessa, non dal rapporto con un uomo. Uno solo poi…
Al semaforo si affianca alla mia auto un giovane centauro: jeans strappati, t-shirt e chiodo. Sorrido, mi ricorda una pubblicità di qualche anno fa con un giovane modello che entrava in una lavanderia, vestito più o meno così, si toglieva i Levi’s e…
Mentre mi perdo nei miei sogni erotici giovanili, vengo riportata alla realtà da un suono assordante. Il ragazzo sgasa rumorosamente. “Mmm che fastidio”. Ultimamente, la mia soglia di sopportazione del rumore è scesa decisamente. E non solo del rumore, a dirla tutta. Il giovane mi guarda con aria strafottente. A metà tra il “Senti qua cosa ho sotto” e il “Donna, scansati che’ sono arrivato”.
Se, mentre sul primo punto potrei soprassedere, magari anche letteralmente, sul secondo non ci siamo proprio. “Non mi scanso nemmeno se me lo chiedi per favore, figurati se fai lo strafottente… Adesso ti faccio mangiare un po’ di polvere, poi vediamo se ti faccio mangiare anche altro, tesoro.” Ultimamente devo avere una calamita per questi personaggi, li trovo tutti così. Fare sesso è come combattere una battaglia all’ultimo sangue.
Abbasso poco il finestrino, così può sentire che sto ascoltando musica a manetta. Guardo la moto, le cosce, gli stivaletti, alzo gli occhiali da sole sui capelli e lo fisso intensamente. “Guardami”, penso.
Le cosce così muscolose avvolte dai jeans mi risvegliano i sensi. Il tessuto e’ teso sui muscoli vigorosi e fatico a rimanere indifferente. Ho un debole per il quadricipite femorale. Da molti anni. Da quando ho scoperto il mondo del rugby. Chi ha guardato una partita di rugby, anche se per poco, non può non avere notato lo scatto di gambe dei giocatori (e anche delle giocatrici NdR: Idea, questa è una dedica a te!). Corrono, scartano, cambiano direzione velocemente. E hanno dei muscoli impressionanti, soprattutto, ma non solo, sulle gambe. E a guardare il tessuto teso, la mente mi porta indietro di qualche anno, alla mia seconda linea preferita. L’uomo che riusciva a tenermi sollevata sul muro durante l’amplesso, contro la forza di gravità, non so ancora come…L’uomo con cui ho cominciato a fare sesso sul pavimento, dopo aver distrutto un letto, un tavolo e alcune sedie. Una potenza della natura a cui avevo il coraggio di chiedere di starmi sopra. L’unico. Non sopporto essere sottomessa o pensare di non potermi muovere da una posizione. E, invece, con lui cercavo di provare questa sensazione di soffocamento che mi faceva impazzire. Più di 100 kg di muscoli che volevo sentire sopra e dentro di me.
Il bambolotto sgasa e mi riporta alla realtà.
Sembra giovane, decisamente più giovane di me. Con il casco non riesco a capire bene l’età. Mi guarda e mi sorride, dolcemente. La dolcezza mi spiazza. Sono abituata a gestire la prepotenza, gli atteggiamenti violenti, non la dolcezza. Sta per dirmi qualcosa quando, improvvisamente, il semaforo diventa verde e lui parte, naturalmente sgasando rumorosamente. “Cazzo, che nervi…” Senza pensarci troppo, accelero, riesco a superarlo (o forse, meglio, decide di farsi superare…) e mi piazzo davanti a lui, con fare litigioso. Se fossi un uomo, credo che farei a botte un giorno sì e l’altro anche. Ovviamente, decelero improvvisamente e lui quasi mi viene addosso. Sorrido, come una vera stronza. Dato che mi disegnano così, ma non lo sono proprio del tutto, abbasso il finestrino. Lui si affianca e gli chiedo “Tutto bene?”. Questa volta apre il casco e mi guarda. Ha degli occhi scuri e profondi che incutono timore ma le labbra si aprono in un sorriso che mi tranquillizza. “Sei veramente una stronza”. Lo guardo rimanendo senza parole. Mentre penso che nessuno osa rivolgersi così a me, escono dalla mia bocca parole che mi fanno pensare di essere posseduta da uno spirito carnale e, con una voce più alta di due toni della mia, dico “Sì, decisamente. Ti piacciono le stronze?” E lui, sorridendo “Molto, mi piace soprattutto castigarle”.
Rimango, per la seconda volta, senza parole. A questo punto, l’anima saggia suggerisce di accelerare, salutare il giovane centauro e andare in ufficio. Invece no. Eros mi domina nuovamente e con lui arrivano pensieri sconci, voglie strane, il mio corpo comincia a fare cose che non vorrei fare, emette suoni che non vorrei emettere. ”E come le castighi?” chiedo. E’ inutile, è più forte di me. Non riesco a non infilarmi nei casini. O forse, sarebbe meglio dire, dentro i suoi pantaloni.
“Parcheggia e te lo racconto”. E la fortuna, il fato, il destino, chiamatelo come volete, mi fa trovare parcheggio. E questo è indubbiamente un segno del cielo. Lui scende dalla moto, prende un secondo casco, me lo porge e mi fa salire dietro di lui. Ripartiamo, non so bene per dove, ma mi piace abbracciarlo. Mi piace schiacciargli il seno contro la schiena, facendogli sentire i capezzoli che si sono ingrossati e sono diventati turgidi. Lo cingo con le braccia sull’addome. Qualche volta scendo con una mano a sfiorargli il quadricipite. Mi avvicino sempre di più al fuoco, ma senza toccarlo. Non vorrei rischiare di scottarmi.
Mi porta non tanto lontano, in una casa di ringhiera tipica della vecchia Milano e saliamo, da una scala stretta con scalini molto ripidi, in una mansarda ad un piano alto. La vista lascia senza parole. Mi indica una piccola finestra laterale e mi dice di aprirla. La vista sul parco delle Basiliche è unica. Davanti alla finestra c’è un tavolino, per cui mi devo piegare e sporgere in avanti per guardare bene fuori e mentre sono messa così, in ammirazione, guardando Milano da sopra i tetti, improvvisamente e senza dire una parola, alza la gonna, mi abbassa gli slip e mi penetra. Senza parlare. Senza un bacio. Senza una carezza. Ho un sussulto. Mi sbatte contro il tavolo, all’inizio dolcemente, poi aumentando sempre di più il ritmo, con forza, quasi con rabbia. Giro la testa e lo guardo. “Cazzo fai?”
“Ti castigo. Te lo avevo detto. E sei salita da me. Sapevi che lo avrei fatto”. Scoppio a ridere. Ha ragione. Non potevo aspettarmi altro. E tutto sommato, devo ammettere che mi piace. E inizia così il mio balletto erotico preferito, che prescinde dalle nudità corporee e diventa una finale di fioretto. Colpi precisi, che vanno dritti al punto e mi lasciano, mugolante e grondante, a bocca aperta e con un senso di appagamento che mi fa sentire bene, addirittura meglio del massaggio.
Dopo qualche minuto, non sazio, mi fa sedere sul tavolo, mi divarica le gambe, si inginocchia, mi bacia dolcemente gli adduttori, poi infila la testa tra le mie cosce e affonda la lingua tra le mie grandi labbra, indugiando con la bocca sul mio clitoride. Mi fa impazzire. Lo succhia, lo stropiccia, lo massaggia con la lingua. Lo spinge verso l’alto, lo muove da un lato all’altro, e io impazzisco. Mi sta facendo godere come non mai… anche perché mi rendo conto di avergli promesso che gli avrei fatto mangiare la polvere, e non solo quella. E io, le promesse, le mantengo sempre.
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