Caccia alla schiava (parte 4)
di
Kugher
genere
sadomaso
La schiava si rifugiò dietro al nascondiglio naturale, cercando inutilmente di farsi piccola.
Marco ed Anita cavalcavano sulla spiaggia.
Il rumore degli zoccoli assordava la schiava rimbombandole nel petto già riempito dai fortissimi battiti cardiaci.
Aveva sentito, durante la cena, di questa loro passione. Si erano infatti conosciuti in un maneggio.
Non aveva però pensato al fatto che avrebbero potuto usare i cavalli per cercarla.
La sicurezza del suo nascondiglio le sembrò divenire come un vetro, inutile per qualsiasi tipo di protezione.
Dentro si sentì persa, sensazione amplificata dal contrasto con la sicurezza provata sino a poco prima.
I cacciatori si misero a fianco delle rocce e iniziarono a perlustrare.
A differenza dei cani, quegli animali avrebbero potuto entrare in acqua, consentendo ai cavalieri una visuale da una posizione privilegiata.
Li sentì dire che una volta una schiava si era stupidamente rifugiata lì dentro ed era stata facilmente scoperta.
Li sentì avvicinare e, dal livello dell’acqua, potè osservare il loro sguardo vittorioso mentre la guardavano dall’alto.
Non le importava nemmeno più quanto tempo avrebbe dovuto passare fino alle prime luci che, a quel punto, non avrebbero rappresentato più nulla se non l’illuminazione della sua sconfitta.
“Esci bestiolina”.
Nella risata di Anita si percepiva l’eccitazione, quella del cacciatore che ha scovato la preda, quella della Padrona che sta per catturare una nuova schiava.
Il tentativo di fuga, una volta raggiunta la spiaggia, fu tanto patetica quanto eccitante per i Padroni che, spronando i cavalli, la raggiunsero prima che i polmoni potessero andare in credito di ossigeno.
La circondarono governando bene le briglie e facendole muro con la possenza dei cavalli.
Entrambi usarono la frusta lunga per fermarla.
Poi, quando lei si arrese e si lasciò cadere sulle ginocchia, Anita le andò alle spalle e, restando ancora in sella, la colpì con una frustata sulla schiena.
L’urlo della schiava, più per la sconfitta che per l’effettivo dolore, segnalò agli altri cacciatori lontani che avevano perso.
La preda cercò protezione abbassando la testa che coprì con le braccia.
Fu il turno di Marco nell’uso della frusta che arrivò a colpire la schiena.
A testa la frustarono ancora una volta mentre la ragazza si era stesa su un fianco in posizione fetale.
Si misero a girarle attorno coi cavalli, godendo della sua prostrazione fisica e morale che sanciva definitivamente la loro vittoria.
Era la seconda volta che vincevano quella gara tra amici.
“In piedi, schiava”.
Era il tono del cacciatore che ha in mano la preda.
“Mani dietro la schiena e avvicinati a me”.
Marco aveva una voce ed un tono come se ogni parola fosse una frustata.
La ragazza si avvicinò a testa china e, una volta raggiunto l’uomo, abbassò le ginocchia a terra e gli dovette baciare le scarpe in segno di sottomissione.
“Adesso da me”.
Anita reclamava lo stesso trattamento.
Anche da lei, si inginocchiò per poter baciare la calzatura.
La Padrona tolse il piede dalla staffa per metterglielo sul viso e darle una spinta.
“Qui al mio fianco per farmi da sgabello”.
Le occorse una frustata sulla schiena per capire cosa stesse intendendo la donna.
Si mise carponi in modo da consentire alla Padrona di scendere da cavallo e appoggiare sulla sua schiena entrambi i piedi, restando diritta su di lei che temeva di cedere da un momento all’altro.
Finalmente, scese a terra.
Col piede la spinse verso Marco.
Anche l’uomo la usò come sgabello restando, per lunghissimi secondi, in piedi sulla sua schiena.
Era iniziato il divertimento che, evidentemente, vedeva parte della consumazione sulla spiaggia, non potendo attendere il tempo di arrivare in camera.
“Come sgabello se la cava bene, vediamo come cavalla!”.
Anita le si sedette sulla schiena mentre era ancora a 4 zampe e pretese di essere portata.
La schiava riuscì ad accontentarla per alcuni metri, complice la morbida battigia che, se da una parte le rendeva pesante il procedere, dall’altra le assorbiva il peso sulle ginocchie private, così, dal dolore.
La cosa eccitò molto la Padrona che volle proseguire fino al momento in cui la cavalla umana cedette, facendo appena in tempo a poggiare a terra i piedi per non finire rovinosamente al suolo.
Marco le pose una scarpa sul collo impedendole di alzarsi.
Le schiacciò la testa sotto il peso del piede. Arrivò una piccola onda che le rese difficile il respiro lambendo bocca e naso.
Il Padrone schiacciò maggiormente la testa sotto il suo piede quando avvertì il suo tentativo di liberarsi.
Venne in soccorso la Padrona che le mise un piede sulla schiena tenendola giù.
L’acqua si ritirò e la ragazza si ritrovò con il viso schiacciato sulla battigia.
Anita iniziò a camminarle sopra mentre Marco ancora le teneva il piede sul collo, sempre premuto oltre quanto potesse essere utile.
In quel momento arrivarono le altre due coppie di cacciatori.
“Rimettiti a sgabello”!
La usarono nuovamente in quella funzione per lo scopo opposto al primo utilizzo.
Una volta in sella, le legarono i polsi con una corda tenuta in mano da Marco.
Venne trascinata così fino a casa, nella posa tipica del cacciatore che porta in trofeo le schiave catturate.
“Muoviti schiava”.
Non accennarono a fermarsi nemmeno quando la ragazza, inciampando, cadde a terra e dovette alzarsi in fretta per non essere trascinata.
Il corteo proseguiva con gli altri, gli sconfitti.
Arrivati alla casa colonica, la schiava dovette solo attendere ciò che già sapeva sarebbe giunto: l’ordine di fungere, ancora, da sgabello per far scendere i vincitori da cavallo.
Il terreno era costituito da cemento ruvido e questo le procurò molto dolore alle ginocchia.
Non cercò nemmeno di alzarsi.
Anita le legò al collo la corda che prima le aveva imprigionato i polsi.
Prima di avviarsi verso la camera dei Padroni, dovette chinarsi e rendere omaggio baciando le scarpe dei cacciatori che l’avevano conquistata.
“Muoviti”.
Si fecero seguire a 4 zampe verso l’interno della casa.
Marco ed Anita cavalcavano sulla spiaggia.
Il rumore degli zoccoli assordava la schiava rimbombandole nel petto già riempito dai fortissimi battiti cardiaci.
Aveva sentito, durante la cena, di questa loro passione. Si erano infatti conosciuti in un maneggio.
Non aveva però pensato al fatto che avrebbero potuto usare i cavalli per cercarla.
La sicurezza del suo nascondiglio le sembrò divenire come un vetro, inutile per qualsiasi tipo di protezione.
Dentro si sentì persa, sensazione amplificata dal contrasto con la sicurezza provata sino a poco prima.
I cacciatori si misero a fianco delle rocce e iniziarono a perlustrare.
A differenza dei cani, quegli animali avrebbero potuto entrare in acqua, consentendo ai cavalieri una visuale da una posizione privilegiata.
Li sentì dire che una volta una schiava si era stupidamente rifugiata lì dentro ed era stata facilmente scoperta.
Li sentì avvicinare e, dal livello dell’acqua, potè osservare il loro sguardo vittorioso mentre la guardavano dall’alto.
Non le importava nemmeno più quanto tempo avrebbe dovuto passare fino alle prime luci che, a quel punto, non avrebbero rappresentato più nulla se non l’illuminazione della sua sconfitta.
“Esci bestiolina”.
Nella risata di Anita si percepiva l’eccitazione, quella del cacciatore che ha scovato la preda, quella della Padrona che sta per catturare una nuova schiava.
Il tentativo di fuga, una volta raggiunta la spiaggia, fu tanto patetica quanto eccitante per i Padroni che, spronando i cavalli, la raggiunsero prima che i polmoni potessero andare in credito di ossigeno.
La circondarono governando bene le briglie e facendole muro con la possenza dei cavalli.
Entrambi usarono la frusta lunga per fermarla.
Poi, quando lei si arrese e si lasciò cadere sulle ginocchia, Anita le andò alle spalle e, restando ancora in sella, la colpì con una frustata sulla schiena.
L’urlo della schiava, più per la sconfitta che per l’effettivo dolore, segnalò agli altri cacciatori lontani che avevano perso.
La preda cercò protezione abbassando la testa che coprì con le braccia.
Fu il turno di Marco nell’uso della frusta che arrivò a colpire la schiena.
A testa la frustarono ancora una volta mentre la ragazza si era stesa su un fianco in posizione fetale.
Si misero a girarle attorno coi cavalli, godendo della sua prostrazione fisica e morale che sanciva definitivamente la loro vittoria.
Era la seconda volta che vincevano quella gara tra amici.
“In piedi, schiava”.
Era il tono del cacciatore che ha in mano la preda.
“Mani dietro la schiena e avvicinati a me”.
Marco aveva una voce ed un tono come se ogni parola fosse una frustata.
La ragazza si avvicinò a testa china e, una volta raggiunto l’uomo, abbassò le ginocchia a terra e gli dovette baciare le scarpe in segno di sottomissione.
“Adesso da me”.
Anita reclamava lo stesso trattamento.
Anche da lei, si inginocchiò per poter baciare la calzatura.
La Padrona tolse il piede dalla staffa per metterglielo sul viso e darle una spinta.
“Qui al mio fianco per farmi da sgabello”.
Le occorse una frustata sulla schiena per capire cosa stesse intendendo la donna.
Si mise carponi in modo da consentire alla Padrona di scendere da cavallo e appoggiare sulla sua schiena entrambi i piedi, restando diritta su di lei che temeva di cedere da un momento all’altro.
Finalmente, scese a terra.
Col piede la spinse verso Marco.
Anche l’uomo la usò come sgabello restando, per lunghissimi secondi, in piedi sulla sua schiena.
Era iniziato il divertimento che, evidentemente, vedeva parte della consumazione sulla spiaggia, non potendo attendere il tempo di arrivare in camera.
“Come sgabello se la cava bene, vediamo come cavalla!”.
Anita le si sedette sulla schiena mentre era ancora a 4 zampe e pretese di essere portata.
La schiava riuscì ad accontentarla per alcuni metri, complice la morbida battigia che, se da una parte le rendeva pesante il procedere, dall’altra le assorbiva il peso sulle ginocchie private, così, dal dolore.
La cosa eccitò molto la Padrona che volle proseguire fino al momento in cui la cavalla umana cedette, facendo appena in tempo a poggiare a terra i piedi per non finire rovinosamente al suolo.
Marco le pose una scarpa sul collo impedendole di alzarsi.
Le schiacciò la testa sotto il peso del piede. Arrivò una piccola onda che le rese difficile il respiro lambendo bocca e naso.
Il Padrone schiacciò maggiormente la testa sotto il suo piede quando avvertì il suo tentativo di liberarsi.
Venne in soccorso la Padrona che le mise un piede sulla schiena tenendola giù.
L’acqua si ritirò e la ragazza si ritrovò con il viso schiacciato sulla battigia.
Anita iniziò a camminarle sopra mentre Marco ancora le teneva il piede sul collo, sempre premuto oltre quanto potesse essere utile.
In quel momento arrivarono le altre due coppie di cacciatori.
“Rimettiti a sgabello”!
La usarono nuovamente in quella funzione per lo scopo opposto al primo utilizzo.
Una volta in sella, le legarono i polsi con una corda tenuta in mano da Marco.
Venne trascinata così fino a casa, nella posa tipica del cacciatore che porta in trofeo le schiave catturate.
“Muoviti schiava”.
Non accennarono a fermarsi nemmeno quando la ragazza, inciampando, cadde a terra e dovette alzarsi in fretta per non essere trascinata.
Il corteo proseguiva con gli altri, gli sconfitti.
Arrivati alla casa colonica, la schiava dovette solo attendere ciò che già sapeva sarebbe giunto: l’ordine di fungere, ancora, da sgabello per far scendere i vincitori da cavallo.
Il terreno era costituito da cemento ruvido e questo le procurò molto dolore alle ginocchia.
Non cercò nemmeno di alzarsi.
Anita le legò al collo la corda che prima le aveva imprigionato i polsi.
Prima di avviarsi verso la camera dei Padroni, dovette chinarsi e rendere omaggio baciando le scarpe dei cacciatori che l’avevano conquistata.
“Muoviti”.
Si fecero seguire a 4 zampe verso l’interno della casa.
1
9
voti
voti
valutazione
6.3
6.3
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Caccia alla schiava (parte 3)racconto sucessivo
Caccia alla schiava (parte 5)
Commenti dei lettori al racconto erotico