Caccia alla schiava (parte 3)

di
genere
sadomaso

La schiava corse finchè non sentì il prato sparire per lasciare posto alla morbida sabbia.
Si fermò quando l’acqua le lambì le caviglie.
Il fiato era corto e l’aria fresca della notte sembrava volesse bruciarle i polmoni ad ogni respiro affannato.
L’acqua le regalava la sicurezza dal fiuto dei cani ma, d’altrocanto, la esponeva alla vista come un pallone in mezzo ad un campo di calcio in attesa dell’ingresso delle squadre.
Alle spalle il mare, davanti la spiaggia ed il parco le cui piante la guardavano minacciose, come se da un momento all’altro potessero aprirsi per far passare i predatori.
Vide delle rocce e decise di dirigersi verso esse.
Il tempo necessario per raggiungerle le sembrò infinito. I secondi erano scanditi dal latrato dei cani che diventava sempre più forte.
Protetta dalle rocce, vide Gianni e Monica uscire dal verde minaccioso in corrispondenza del punto in cui anche lei era sbucata in cerca di salvezza.
Si fermarono. Liberarono i cani che corsero al punto in cui lei entrata in acqua e iniziarono ad annusare lì attorno sperando di ritrovare le tracce.
I cacciatori si guardarono intorno arrabbiati per essere stati giocati.
“Brutta troia!”.
Andarono verso le rocce ma non la trovarono. I cani non la potevano sentire perchè era in acqua.
Aveva trovato una piccola sporgenza, una delle tante.
Era aggrappata alla roccia e si teneva a galla.
I predatori ed i cani se ne andarono.
Li sentì parlare con il Professore e Fabrizia.
I quattro tornarono nel parco avendo pensato che avesse corso lungo la battigia e, all’estremità, camminando sulle rocce, ritornata nel verde senza lasciare tracce sulla sabbia.
La preda si sentì vittoriosa.
Pensò che quello avrebbe potuto essere il suo nascondiglio sicuro.
Avrebbe semplicemente dovuto reggersi fino al momento in cui i raggi del sole avrebbero illuminato la sua libertà.
Si sentì rilassare e la voce, appena pronunciata, non risparmiò di insulti i suoi persecutori, col tono tipico di chi si sente vittoriosa.
L’acqua cominciava ad essere fredda sul corpo che, privo di movimento, perdeva velocemente calore.
Era ancora tutto molto sopportabile.
Sentì nuovamente in lontananza il Professore con la sua amica, Fabrizia. Non l’aveva mai vista prima di allora.
Anzi, a parte il Professore non conosceva nessuno degli altri predatori.
Lui l’aveva fatta usare da altri suoi amici, ma nessuno dei partecipanti alla caccia.
Aveva paura di lui. Non tanto per il dolore, alla fine sopportabile, quanto per le umiliazioni cui la sottoponeva.
Una volta, durante una cena di amici, l’aveva costretta a pulire il pavimento stando a 4 zampe mentre tutti lanciavano a terra pezzi di cibo, meglio se unti, che lei avrebbe dovuto raccogliere con la bocca e mangiarli prima di pulire il pavimento.
Erano solo in 4 quella sera, due coppie.
Ogni tanto gli uomini si alzavano e la raggiungevano.
Non erano interessati a procurarle dolore, fatta eccezione per qualche colpo di frustino all’inizio della serata, giusto per riscaldare l’ambiente e la sua pelle.
Appena li sentiva vicini, lei aveva l’ordine di fermarsi e di poggiare la guancia a terra, offrendo i suoi buchi alla scelta del Padrone di turno.
La scopavano indifferentemente in uno dei due, senza godere ma, anzi, fermandosi al momento opportuno, in modo da prolungare il gioco e la cena.
Anche le donne le si avvicinavano.
In quel caso avrebbe dovuto stendersi a terra sulla schiena e offrire il suo corpo al loro divertimento.
A volte le camminavano sopra, altre si alzavano la gonna per abbassarsi e farsi leccare uno dei due buchi.
Maledisse il giorno in cui la sua compagna di stanza le aveva presentato il Professore al quale lei stessa si era ceduta più volte in cambio di qualche aiuto.
Avrebbe potuto smettere in qualsiasi momento, ma ormai si sentiva schiava non tanto dell’uomo, quanto degli ottimi risultati scolastici, iniziati quando aveva pensato di abbandonare gli studi.
Non l’aveva usata molte volte e lui aveva sempre mantenuto le promesse.
Le aveva proposto quel gioco come ultima sua “prestazione”, avvisandola che sarebbe stato forte e crudo ma che le sarebbe valsa la “liberazione” da ogni schiavitù.
Ormai si sentiva vittoriosa.
La luce della luna le dava un’ampia visuale regalandole una sorta di rilassamento perché sulla spiaggia non vedeva più nessuno.
In lontananza sentiva il latrato dei cani che, inutilmente, trovavano solo le tracce vecchie.
Per scaldarsi, ormai sicura di sé, ogni tanto si arrischiava anche in piccole nuotate, senza mettere troppa distanza tra sé ed il suo rifugio sicuro.
La tranquillità terminò con la stessa velocità con la quale un fulmine a ciel sereno anticipa brutto tempo.
Da lontano sentì arrivare due cavalli.
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2024-01-03
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