Pigmei - commercio di schiave (parte 20)

di
genere
sadomaso

C’erano moltissimi uomini della tribù ad attenderli, davanti alla capanna del capo.
I tre soci pensarono ad un comitato di accoglienza e, per meglio evidenziare la qualità delle loro schiave, le frustarono per far loro assumere un portamento più elegante mentre, quali cavalle, tiravano il carro sul quale si trovavano.
“Forza bestie, fateci fare bella figura”.
Chanel era alla guida e con ottima precisione riuscì ad assestare una frustata per ciascuna cavalla.
Era un momento importante e non voleva far vedere di cedere materiale di scarto in cambio di roba pregiata.
Non destò sospetti in nessuno di loro l’assenza delle donne della tribù.
Le cose precipitarono in fretta, quando i pigmei circondarono i nuovi venuti. Inizialmente si avvicinarono come se fossero curiosi ma, ben presto, si videro le armi e gli sguardi accigliati ed attenti tipici di chi sa che sta per ingaggiare battaglia.
Coloro che erano stati assunti come guardie, abituati a vedere il pericolo, cercarono subito di reagire e di impossessarsi delle armi che avevano tenute celate sotto i vestiti. Antonio, rassicurato dalla giornata precedente, aveva insistito affinché nessuna lama fosse visibile per non destare inutili timori.
Gli uomini non erano d’accordo. Si sentivano nudi senza avere a portata di mano gli strumenti di difesa…o attacco. Loro non conoscevano quella realtà e non si fidavano certo delle valutazioni di quell’uomo imbellettato che non aveva sicuramente mai visto nemmeno una rissa da osteria.
Gli abiti leggeri non sarebbero stati molto d'impiccio se solo avessero avuto il tempo. Invece il nemico era ormai vicinissimo ed in netta superiorità numerica.
Furono più svelti i pigmei che subito ebbero in mano archi e cerbottane tenute nascoste ai visitatori fino all’ultimo momento.
Gli uomini vennero con facilità sopraffatti e colpiti da frecce e da bastonate, lasciati a terra, sanguinanti e immobili.
Chanel, terrorizzata, fermò il carro dal quale scese cercando di accennare una fuga senza pensare ai suoi amici e correndo più forte che poté.
Fu un gesto istintivo in quanto era ovvio che non avrebbe potuto andare da nessuna parte.
Infatti venne subito fermata da altri pigmei che fecero la loro comparsa inaspettata, come se fossero pronti a quella reazione.
Monique era congelata dalla paura e rimase impietrita sulla carovana. Due pigmei le si avvicinarono e la trascinarono di malo modo a terra, prendendola per i bei vestiti alla moda francese, mettendole sopra i piedi per tenerla giù, come se dovessero affermare il loro potere o impedire una fuga che nemmeno fu tentata.
La donna stava ferma, a terra, con un turbinio nella testa, congelata dal terrore mentre un piede sulla testa la schiacciava contro il terreno.
Non avvertiva il sasso sotto la guancia, come se la paura l’avesse completamente anestetizzata.
Nemmeno reagì quando una dei pigmei le strappò i vestiti mentre era bloccata con la faccia a terra. Quando fu nuda sentì forte il dolore delle frustate ed ebbe male al collo perché cercò di contorcersi mentre il pigmeo le schiacciava la testa col piede.
Chanel venne riportata indietro dal suo inutile tentativo di fuga, trascinata da un pigmeo che le aveva messo una corda al collo e legato le mani dietro alla schiena.
Un altro pigmeo, ridendo, la stava frustando per vincere le resistenze della donna.
Quei pochi attimi furono sospesi nel tempo e ricadde sulla terra quando vide Monique, nuda e frustata, a terra sotto il piede di un uomo con espressione vittoriosa.
Strapparono anche a lei i vestiti e la gettarono a terra accanto alla sua socia. Anche a lei vennero messi sopra i piedi dei pigmei per tenerla giù.
Cercò di ribellarsi, vanamente, per essere subito colpita da piccoli e flessibili bastoni che le fecero ricordare il male al quale non era mai riuscita ad abituarsi negli anni della sua schiavitù.
Antonio fu l'ultimo uomo a soccombere. Le due socie, a terra, non videro nemmeno i corpi degli uomini trascinati via perché il piede sulla testa teneva il loro viso schiacciato nella polvere.
I pigmei erano eccitati quando liberarono le schiave cavalle per portarle, tutte, al cospetto del capo tribù che attendeva l’esito degli eventi comodamente seduto sul suo trono umano.
Tutte le schiave vennero gettate a terra e furono costrette, strisciando sul ventre, a raggiungere i piedi del capo appoggiati sul ventre della stessa schiava tappeto del giorno prima.
Chanel e Monique furono lasciate per ultime e vennero convinte a strisciare con il ricorso impietoso alla frusta.
Dovettero assistere ad ogni omaggio ai piedi del capo tribù fatto dalle altre schiave.
Il breve percorso dalla porta al trono durò un tempo non calcolabile dalle loro menti, un tempo dilatato, durante il quale ogni sassolino sul percorso ventre a terra, sembrava un macigno che si posava su di loro per renderle appesantite.
Ogni centimetro con la polvere vicino agli occhi erano centinaia di chilometri tra loro e la libertà, tra loro e le ricche abitazioni nelle quali erano abituate in Francia.
Ricevettero più frustate di quelle necessarie per far loro raggiungere i piedi del nuovo Padrone.
Il momento più duro, paradossalmente, fu rappresentato dal brevissimo spazio che collegava la loro lingua al piede dell’uomo, quale definitiva testimonianza di schiavitù e di appartenenza a lui, alla tribù intera.
Furono impietosi i pigmei che diedero altre frustate per convincerle a compiere quell’ultimo addio alla libertà.
La prima a cedere fu Monique. La lingua iniziò a posarsi timida sul piede dell’uomo appoggiato sul seno della schiava tappeto.
Dopo le prime tre leccate, si lasciò andare e la lingua divenne una carezza, una resa per colei che fu travolta da quegli accadimenti e che sin dalla partenza ebbe uno strano senso di disagio allo stomaco.
Fu come se si fosse rotta una diga che tratteneva la sua libertà per lasciarla scorrere via, sostituita dalla rassegnazione a quella schiavitù dalla quale fortuitamente era riuscita a fuggire anni addietro.
La resa della ex socia e le frustate impietose ruppero le ultime difese anche per Chanel che iniziò a leccare il piede del Padrone cercando di trasmettere la propria coscienza del suo passaggio definitivo alla schiavitù.
Le due donne, ora nuovamente schiave, si accorsero che l’amaca, per la quale si erano eccitate la sera precedente, era vuota solo quando vennero portate, nude e segnate dalle frustate, vicino alle imbracature e legate.
Non furono necessarie altre frustate per riuscire a legarle in funzione di amaca umana.
Erano bellissime, coi lunghi capelli pendenti verso terra e col corpo tutto segnato, quale testimonianza della rinnovata schiavitù.
Vennero scelte loro in quella funzione perché, essendo le uniche non ancora schiave, erano le meno magre. Non grasse, assolutamente, ancora molto belle, ma nemmeno magre come le schiave abituate all’attività fisica tutti i giorni.
Il capo tribù tenne, tra le nuove cavalle, una schiava dai capelli rossi, da appaiare a quella che gli era stata regalata il giorno prima.
L’uomo che si dondolava sull’amaca, poté apprezzare il silenzio di Monique che era ancora scioccata, frastornata. Gli dava invece fastidio il lamentio di Chanel. Si spostò sull’amaca umana procurando dolore alle schiave sulle quali era steso, infilò uno straccio in bocca alla fonte del fastidio, si rimise comodo semi steso e appoggiò un piede sulla faccia di Chanel alla quale si rivolse.
“Bentornata a casa, animaletto. Non sapevo che avessi appreso la nostra lingua. Più tardi ti porterò in giro per il villaggio al guinzaglio, mentre starò a cavallo dell’altra bestia a te vicino. Tutti gli altri animali devono vedervi e capire che da qui non si scappa, che siete solo schiave di nostra proprietà. Questa sera entrambe dovrete succhiarmi il cazzo. Il precedente capo tribù raccontava cose fantastiche delle vostre bocche”.
di
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2024-06-07
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