Schiava dei suoceri (parte 1)

di
genere
sadomaso

Irene si guardò allo specchio ed era fiera di sé stessa.
L’eleganza conferitale dal corpo slanciato veniva maggiormente evidenziata dall’abito nero che le fasciava il corpo.
Spruzzò un po’ di profumo sulla scollatura dalla quale si intuiva il seno sodo. Sperava che Marco, l’uomo che finalmente l’aveva invitata ad uscire, sarebbe stato abbastanza ardito da proseguire la serata in ambiente che gli avrebbe consentito di assaporare, da vicino, la fragranza delle gocce vaporizzate sulla pelle.
Era più vistoso lo spacco sulla schiena che, nuda, dichiarava l’assenza del reggiseno e, così, interrogarsi sulla presenza, o meno, delle mutandine.
Le autoreggenti, che avrebbe avuto cura di mostrare solo per qualche dettaglio, sarebbero state un importante indizio per la risposta a questa domanda che sarebbe stata in sospeso per tutta la serata.
Gli piaceva molto quell’uomo che aveva, nella sua comporta serietà, sempre una piccola luce negli occhi che anticipava frasi d’effetto dalle quali traspariva una sorta di anticonformismo in contrasto con l’abbigliamento.
Le piacevano i contrasti, la eccitavano.
Da tempo desiderava scoparselo e, se lo sentiva, quella sarebbe stata la serata buona.
Si sistemò meglio l’orlo delle autoreggenti prima di andare a scegliere le scarpe, quelle lucide, chiuse davanti, dal tacco alto ma non eccessivamente aggressivo.
Posò la borsetta, idonea ad ospitare solo il cellulare e le chiavi di casa, sul ripiano facendo cadere la fotografia che la ritraeva assieme a Italo, il marito che era mancato da due anni.
Se solo avesse potuto avrebbe fatto sparire definitivamente quell’immagine, magari tenendosi la cornice d’argento che aveva un certo valore.
Avrebbe dovuto attendere ancora un bel po’ ma, quando quel momento sarebbe arrivato, avrebbe fatto una gran festa.
Il suono che anticipava l’arrivo di un sms la mise in agitazione e le fece cadere l’orologio che si stava infilando.
Non poteva essere Marco.
Solo i suoi suoceri usavano ancora gli sms, i suoi suoceri e il precedente gestore telefonico che la invitava a tornare con loro con la promessa di una quantità enorme di giga ed una tariffa che, comunque, era superiore a quella attuale.
Sperò fino all’ultimo che fosse questa seconda ipotesi.
“Cagna, vieni subito”.
“Porca puttana!”.
L’espressione le uscì a voce alta, come se il suono potesse dare all’imprecazione un maggiore effetto contro quella situazione che doveva sopportare.
Gettò lontano la pochette dalla quale aveva preso il telefono e ripeté l’imprecazione più volte senza soluzione di continuità.
Sembrava che quegli stronzi avessero le antenne. Era stata da loro solo qualche sera addietro. Non avrebbero dovuto chiamarla per almeno una settimana.
Succedeva raramente che venisse convocata due volte.
“Cazzo! cazzo! cazzo!”.
Pensò ad una possibile scusa, ma sapeva che i suoi suoceri non l’avrebbero accettata e gliela avrebbero fatta pagare, cara, molto cara. Quegli stronzi non accettavano disubbidienze. La consideravano una cosa loro.
Lei non si sentiva di loro proprietà, non era una cosa loro. Però, però, però non poteva disubbidire, doveva cedere, soccombere, sottomettersi a tutte le loro angherie e voglie.
Sarebbe finita questa situazione, sicuramente, prima o poi. Il problema non era il “se” ma il “quando”.
Erano dei bastardi.
Purtroppo l’avevano in pugno per due motivi, due validissimi motivi. Ciascuno di essi sarebbe stato sufficiente per essere tenuta alla loro catena.
“Scusa tesoro, ho un imprevisto con mia madre, anziana. Devo correre da lei”.
Sperava che il riferimento al “tesoro” fosse sufficiente per fargli capire quanto teneva alla sua compagnia e alla scopata con lui, che doveva intendersi solo rinviata, almeno questa era la sua speranza.
Giocare sulla pietà per una anziana madre, solitamente, funzionava, sperando che questo non fosse di malaugurio per la madre che era tutt’altro che anziana e tutt’altro che malata.
Attese, ancora vestita, la risposta.
Arrivò qualche minuto dopo.
“Mi spiace moltissimo. Ci tenevo a passare una serata con te”.
Che cazzo di risposta era, quella.
bip bip.
Altro messaggio.
“Fisseremo altra data, adesso è importante la salute di tua madre. Un bacio!”.
Dai, forse era andata.
Evidentemente anche lui, rileggendo il messaggio, lo aveva trovato troppo freddo e staccato.
Irene lo chiamò, incoraggiata dalla risposta e lo salutò velocemente.
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2024-06-17
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